Ogni volta che come oggi ricorre
l'anniversario della strage di via D'Amelio, nella quale venne
assassinato il giudice Paolo Borsellino, così come quando cade
l'anniversario dell'attentato di Capaci in cui venne massacrato il
giudice Falcone, tutto il bestiario politico appollaiato nella
porcilaia delle istituzioni si sente in dovere di prodursi in
esternazioni di dubbio gusto su quanto la mafia sia un pericolo
ferale da combattere con ogni mezzo, su come sia necessario fare luce
al più presto dove non si è accesa neppure una candela in 25 anni,
su come vada incentivata la cultura della legalità e tante altre
amenità sui generis....
utili per rinfoltire il già corposo novero dei
luoghi comuni, attraverso i quali c'è perfino chi è riuscito a
costruire ricchissime carriere letterarie o chi si reca a Latina per
condurre in porto le proprie antistoriche battaglie personali.
Ma la mafia purtroppo non è, come
questa pletora di cineasti incollati alla poltrona vorrebbe indurci a
credere, un qualcosa di estraneo al Paese e allo Stato, quasi si
trattasse dell'Isis o di un'organizzazione terroristica che vive di
vita propria.
La mafia è qui fra noi, più viva e
vitale di quanto non lo fosse 25 anni fa ed alligna con profonde
radici in quelle stesse istituzioni che ogni anno dispensano proclami
roboanti promettendo di combatterla.
La mafia vive e prospera all'interno
delle banche che dissanguano il paese, negli appalti del TAV e delle
grandi opere, nelle cooperative che lucrano miliardi
sull'immigrazione piu redditizia della droga, nelle leggi create ad
arte per favorire questo o quel gruppo di potere, nella svendita
incondizionata di ogni briciola di sovranità nazionale.
La mafia è qui e ad ogni anniversario di una strage mafiosa si
riempe la bocca parlando della mafia e di come la combatterà senza
tregua negli anni a venire, quando riparlerà di mafia e di legalità
perpetuando sé stessa.
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