Marco Cedolin
L’ad delle Ferrovie di Stato Mauro Moretti in contemporanea con l’introduzione del nuovo orario estivo che entrerà in vigore fra 2 settimane ha annunciato cospicui tagli dei servizi ferroviari che complessivamente ridurranno di circa il 3% il già scarso volume dell’offerta attuale.
Diminuiranno i collegamenti con Francia e Germania e verranno eliminate alcune corse di Intercity ed Eurostar, determinando un’ulteriore riduzione delle opzioni offerte ai viaggiatori. Verranno chiuse definitivamente altre 27 biglietterie “tradizionali”sostituite dalle macchinette automatiche e saranno ridimensionati notevolmente gli impianti del servizio cargo che scenderanno da 314 a 198.
I motivi di questa nuova riduzione dei servizi ferroviari per passeggeri e merci, secondo Moretti, sono da ricercarsi nella pesante situazione economica del Gruppo che continua ad essere oberato da rilevanti perdite che rischierebbero di condurlo sulla stessa strada già percorsa da Alitalia, nonostante in questi ultimi anni i tagli dei costi e del personale (20.000 lavoratori in meno negli ultimi 8 anni) e gli aumenti del prezzo dei biglietti siano stati praticamente all’ordine del giorno.
Moretti lamenta la necessità di maggiori finanziamenti da parte dello Stato e delle Regioni, ma finge di dimenticare le immense risorse pubbliche drenate nel corso degli ultimi 15 anni dalla costruzione delle infrastrutture per l’alta velocità ferroviaria che non rispondono ad alcuna delle esigenze dei viaggiatori e delle imprese che necessitano di movimentare le proprie merci. All’alta velocità Moretti dedica solo un timido pensiero, vaticinando che “nei prossimi due anni i treni TAV collegheranno con tempi degni di un viaggio in aereo Napoli con Milano”, pur essendo ben conscio del fatto che fra Napoli e Milano oltre ad una miriade infinita di problemi si frappone il sottoattraversamento della città di Firenze che da solo comporterà anni e anni di pesanti lavori. Il TAV ad essere molto ottimisti potrà correre da Napoli a Milano forse fra 5 o 6 anni e non sarà comunque mai in grado di farlo con tempi anche solo assimilabili a quelli di un viaggio in aereo, dovendo contentarsi di avere come unica affinità con i voli l’elevato costo del biglietto.
Come sempre saranno i passeggeri, l’80% dei quali pendolari, a pagare sotto forma di disservizio sempre più acuto e generalizzato, il conto delle speculazioni messe in atto dallo Stato e dalle Ferrovie. Moretti afferma di guardare come esempio alla Francia e alla Germania, noi ci contenteremmo di aspirare ad un servizio ferroviario che rispondesse ai bisogni dei cittadini piuttosto che non alla fame di profitti della lobby del cemento e del tondino come è accaduto in questi ultimi 15 anni.
sabato 31 maggio 2008
venerdì 30 maggio 2008
Il Papa abbraccia Veltrusconi
Marco Cedolin
Benedetto XVI parlando alla 58esima assemblea della Cei si è detto profondamente soddisfatto del clima politico instauratosi dopo le elezioni dello scorso aprile ed ha affermato "Avvertiamo con particolare gioia i segnali di un clima nuovo, più fiducioso e più costruttivo. Esso è legato al profilarsi di rapporti più sereni tra le forze politiche e le istituzioni, in virtù di una percezione più viva delle responsabilità comuni per il futuro della Nazione".
Ha poi spezzato una lancia in favore degli obiettivi di sviluppo e crescita economica, ritenuti evidentemente prioritari anche dalla Chiesa, oltre che dai partiti politici e dai grandi poteri finanziari, industriali e sindacali, arrivando a ribadire che "E' diffuso il desiderio di riprendere il cammino, di affrontare e risolvere insieme almeno i problemi più urgenti e più gravi, di dare avvio a una nuova stagione di crescita economica ma anche civile e morale". Aggiungendo che occorre non perdere tempo e cogliere, il più velocemente possibile, risultati positivi.
Personalmente non mi riesce davvero di condividere la gioia del Pontefice che guarda con ottimismo al nuovo clima politico, anzi devo confessare di avere la netta percezione che attraverso il sempre più palese inciucio fra PDL e PD si stiano ponendo le basi per costruire azioni assai poco responsabili e assolutamente prive di qualsiasi velleità di miglioramento del bene comune.
Il nuovo governo Berlusconi, in perfetta sintonia con quello virtuale di Veltroni deputato a fargli ombra, sta proseguendo con passo celere nell’opera di smantellamento dei diritti del cittadino e distruzione sistematica dell’ambiente che i governi precedenti avevano iniziato. Si stanno ponendo le basi per il ritorno del nucleare (nonostante fosse stato bandito in seguito al risultato di un referendum popolare), per la costruzione di nuovi inceneritori, per continuare a dare seguito alla truffa del TAV, per porre sotto segreto militare le grandi infrastrutture d’interesse nazionale, per gestire attraverso l’esercito le contestazioni popolari, per arrestare e condannare fino a 5 anni i cittadini che protestano difendendo la propria salute ed il proprio futuro. Il tutto nel contesto di una sempre più evidente diminuzione del potere di acquisto dei salari, del continuo aumento del prezzo dei beni di consumo, di un sempre più pesante indebitamento delle famiglie, di sempre più scarse prospettive occupazionali e del dilagare della precarietà.
Davvero molto difficile trovare motivi di giubilo nel rasserenamento dei rapporti fra governo e opposizione, alla luce di tutto ciò che sta accadendo.
Ancora più difficile, soprattutto nell’ottica di quello che dovrebbe essere il messaggio cattolico, più affine ai principi di sobrietà e convivialità piuttosto che non a quelli della bulimia consumista e della competizione economica, risulta condividere l’assurto espresso dal Pontefice secondo cui i problemi più urgenti e gravi che affliggono il nostro Paese dovrebbero essere risolti attraverso una “nuova stagione di crescita economica”, quella stessa crescita economica che ha contribuito in buona misura ad ingenerare i problemi stessi.
Credo fosse lecito aspettarsi dal santo Padre un messaggio molto differente da quello che è stato esplicitato, nel quale magari i propositi di cooperazione, rispetto ambientale e bene comune fossero anteposti ai dogmi dello sviluppo economico e della crescita per la crescita. Un messaggio nel quale si cercasse d’infondere fiducia alle nuove generazioni prospettando per loro un futuro che non parlasse il linguaggio del precariato, dell’instabilità sociale, dei mutamenti climatici, delle guerre preventive, degli intrighi di palazzo.
Benedetto XVI parlando alla 58esima assemblea della Cei si è detto profondamente soddisfatto del clima politico instauratosi dopo le elezioni dello scorso aprile ed ha affermato "Avvertiamo con particolare gioia i segnali di un clima nuovo, più fiducioso e più costruttivo. Esso è legato al profilarsi di rapporti più sereni tra le forze politiche e le istituzioni, in virtù di una percezione più viva delle responsabilità comuni per il futuro della Nazione".
Ha poi spezzato una lancia in favore degli obiettivi di sviluppo e crescita economica, ritenuti evidentemente prioritari anche dalla Chiesa, oltre che dai partiti politici e dai grandi poteri finanziari, industriali e sindacali, arrivando a ribadire che "E' diffuso il desiderio di riprendere il cammino, di affrontare e risolvere insieme almeno i problemi più urgenti e più gravi, di dare avvio a una nuova stagione di crescita economica ma anche civile e morale". Aggiungendo che occorre non perdere tempo e cogliere, il più velocemente possibile, risultati positivi.
Personalmente non mi riesce davvero di condividere la gioia del Pontefice che guarda con ottimismo al nuovo clima politico, anzi devo confessare di avere la netta percezione che attraverso il sempre più palese inciucio fra PDL e PD si stiano ponendo le basi per costruire azioni assai poco responsabili e assolutamente prive di qualsiasi velleità di miglioramento del bene comune.
Il nuovo governo Berlusconi, in perfetta sintonia con quello virtuale di Veltroni deputato a fargli ombra, sta proseguendo con passo celere nell’opera di smantellamento dei diritti del cittadino e distruzione sistematica dell’ambiente che i governi precedenti avevano iniziato. Si stanno ponendo le basi per il ritorno del nucleare (nonostante fosse stato bandito in seguito al risultato di un referendum popolare), per la costruzione di nuovi inceneritori, per continuare a dare seguito alla truffa del TAV, per porre sotto segreto militare le grandi infrastrutture d’interesse nazionale, per gestire attraverso l’esercito le contestazioni popolari, per arrestare e condannare fino a 5 anni i cittadini che protestano difendendo la propria salute ed il proprio futuro. Il tutto nel contesto di una sempre più evidente diminuzione del potere di acquisto dei salari, del continuo aumento del prezzo dei beni di consumo, di un sempre più pesante indebitamento delle famiglie, di sempre più scarse prospettive occupazionali e del dilagare della precarietà.
Davvero molto difficile trovare motivi di giubilo nel rasserenamento dei rapporti fra governo e opposizione, alla luce di tutto ciò che sta accadendo.
Ancora più difficile, soprattutto nell’ottica di quello che dovrebbe essere il messaggio cattolico, più affine ai principi di sobrietà e convivialità piuttosto che non a quelli della bulimia consumista e della competizione economica, risulta condividere l’assurto espresso dal Pontefice secondo cui i problemi più urgenti e gravi che affliggono il nostro Paese dovrebbero essere risolti attraverso una “nuova stagione di crescita economica”, quella stessa crescita economica che ha contribuito in buona misura ad ingenerare i problemi stessi.
Credo fosse lecito aspettarsi dal santo Padre un messaggio molto differente da quello che è stato esplicitato, nel quale magari i propositi di cooperazione, rispetto ambientale e bene comune fossero anteposti ai dogmi dello sviluppo economico e della crescita per la crescita. Un messaggio nel quale si cercasse d’infondere fiducia alle nuove generazioni prospettando per loro un futuro che non parlasse il linguaggio del precariato, dell’instabilità sociale, dei mutamenti climatici, delle guerre preventive, degli intrighi di palazzo.
mercoledì 28 maggio 2008
Politica camorra e fantasia
Marco Cedolin
I carabinieri del NOE hanno eseguito il 27 maggio 25 ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di dipendenti e funzionari del Commissariato ai rifiuti della regione Campania. I reati contestati sarebbero traffico illecito di rifiuti, falso ideologico e truffa ai danni dello Stato e l’indagine nata da un’intercettazione avrebbe come oggetto il trattamento improprio delle ecoballe frantumate e sversate in discarica.
Il Prefetto di Napoli Alessandro Pansa ha ricevuto un avviso di garanzia concernente un atto da lui firmato, riguardante alcune prescrizioni alle quali avrebbe dovuto attenersi Fibe s.p.a. La società Fibe del gruppo Impregilo che gestiva l’intero ciclo dei rifiuti in Campania è attualmente sotto inchiesta insieme al presidente della Regione Antonio Bassolino. Michele Greco, attuale dirigente della Regione Campania e precedentemente alla Protezione civile, risulta fra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare, così come resterà “confinata” ai domiciliari Marta De Gennaro, già vice del sottosegretario Guido Bertolaso e responsabile del settore sanità della Protezione civile.
La nuova inchiesta culminata con le ordinanze del 27 maggio, portata avanti dai PM Paolo Sirleo e Giuseppe Loviello che in precedenza avevano già rinviato a giudizio i vertici della società Impregilo e lo stesso presidente Bassolino, mette in luce in maniera impietosa le profonde connivenze che intercorrono fra quella multinazionale del malaffare che è la camorra, molti rappresentanti della classe politica campana e delle istituzioni, unitamente ad elementi di spicco dell’imprenditoria nostrana. Non è facile comprendere (e forse non lo sarà mai) se sia stata la camorra a gestire la politica, le istituzioni e le società private, oppure viceversa sia stato il “carrozzone istituzionale” a gestire la camorra, ma dovrebbe essere ormai chiaro a tutti come l’emergenza dei rifiuti di Napoli sia stata ingenerata dall’operato di questo sodalizio criminale che proprio all’interno dell’emergenza ha costruito e continua a costruire profitti miliardari sulle spalle di tutti i cittadini italiani e in particolar modo di quelli campani che oltre a pagare il conto economico come tutti gli altri, hanno perso il diritto alla salute come le esperienze di chi vive nel “triangolo della morte” stanno tristemente a dimostrare.
Il parlamentare Italo Bocchino, capogruppo vicario del Pdl alla Camera, sembra invece vivere in un microcosmo costruito ad hoc dove le inchieste dei magistrati restano relegate nel novero della fantasia e la camorra, quella vera, è costituita dai cittadini napoletani che protestano, non perché si rifiutino di accettare di buon grado un futuro di tumori per sé stessi e per i loro figli, ma semplicemente in quanto “pagati” per farlo dalla camorra stessa.
Bocchino in un’intervista resa al Giornale, a metà fra il delirio onirico e l’esercizio della più becera disinformazione, rende noto perfino il “tariffario camorrista” oltretutto superscontato dal momento che a suo dire basterebbero 20 euro per far bruciare un cassonetto, 50 euro per costituire un blocco stradale e 100 euro per un’intera giornata di protesta.
Non sappiamo quanti euro siano stati necessari per indurre il deputato Bocchino a gettare discredito sulle spalle dei cittadini napoletani che protestano, anche se probabilmente si è trattato di un conto abbastanza salato, ma siamo certi che questo fulgido esempio di uomo politico nostrano non si è mai avventurato fra le fila dei contestatori di Napoli per cercare la conferma delle sue parole. Avrebbe trovato uomini e donne che stanno difendendo con i denti il loro diritto ad avere un futuro e sono costretti a combattere “gratis” ogni giorno, non solo contro la camorra ma anche contro beceri politicanti senza arte né parte che ne sostengono l’operato dispensando a piene mani la disinformazione.
I carabinieri del NOE hanno eseguito il 27 maggio 25 ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di dipendenti e funzionari del Commissariato ai rifiuti della regione Campania. I reati contestati sarebbero traffico illecito di rifiuti, falso ideologico e truffa ai danni dello Stato e l’indagine nata da un’intercettazione avrebbe come oggetto il trattamento improprio delle ecoballe frantumate e sversate in discarica.
Il Prefetto di Napoli Alessandro Pansa ha ricevuto un avviso di garanzia concernente un atto da lui firmato, riguardante alcune prescrizioni alle quali avrebbe dovuto attenersi Fibe s.p.a. La società Fibe del gruppo Impregilo che gestiva l’intero ciclo dei rifiuti in Campania è attualmente sotto inchiesta insieme al presidente della Regione Antonio Bassolino. Michele Greco, attuale dirigente della Regione Campania e precedentemente alla Protezione civile, risulta fra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare, così come resterà “confinata” ai domiciliari Marta De Gennaro, già vice del sottosegretario Guido Bertolaso e responsabile del settore sanità della Protezione civile.
La nuova inchiesta culminata con le ordinanze del 27 maggio, portata avanti dai PM Paolo Sirleo e Giuseppe Loviello che in precedenza avevano già rinviato a giudizio i vertici della società Impregilo e lo stesso presidente Bassolino, mette in luce in maniera impietosa le profonde connivenze che intercorrono fra quella multinazionale del malaffare che è la camorra, molti rappresentanti della classe politica campana e delle istituzioni, unitamente ad elementi di spicco dell’imprenditoria nostrana. Non è facile comprendere (e forse non lo sarà mai) se sia stata la camorra a gestire la politica, le istituzioni e le società private, oppure viceversa sia stato il “carrozzone istituzionale” a gestire la camorra, ma dovrebbe essere ormai chiaro a tutti come l’emergenza dei rifiuti di Napoli sia stata ingenerata dall’operato di questo sodalizio criminale che proprio all’interno dell’emergenza ha costruito e continua a costruire profitti miliardari sulle spalle di tutti i cittadini italiani e in particolar modo di quelli campani che oltre a pagare il conto economico come tutti gli altri, hanno perso il diritto alla salute come le esperienze di chi vive nel “triangolo della morte” stanno tristemente a dimostrare.
Il parlamentare Italo Bocchino, capogruppo vicario del Pdl alla Camera, sembra invece vivere in un microcosmo costruito ad hoc dove le inchieste dei magistrati restano relegate nel novero della fantasia e la camorra, quella vera, è costituita dai cittadini napoletani che protestano, non perché si rifiutino di accettare di buon grado un futuro di tumori per sé stessi e per i loro figli, ma semplicemente in quanto “pagati” per farlo dalla camorra stessa.
Bocchino in un’intervista resa al Giornale, a metà fra il delirio onirico e l’esercizio della più becera disinformazione, rende noto perfino il “tariffario camorrista” oltretutto superscontato dal momento che a suo dire basterebbero 20 euro per far bruciare un cassonetto, 50 euro per costituire un blocco stradale e 100 euro per un’intera giornata di protesta.
Non sappiamo quanti euro siano stati necessari per indurre il deputato Bocchino a gettare discredito sulle spalle dei cittadini napoletani che protestano, anche se probabilmente si è trattato di un conto abbastanza salato, ma siamo certi che questo fulgido esempio di uomo politico nostrano non si è mai avventurato fra le fila dei contestatori di Napoli per cercare la conferma delle sue parole. Avrebbe trovato uomini e donne che stanno difendendo con i denti il loro diritto ad avere un futuro e sono costretti a combattere “gratis” ogni giorno, non solo contro la camorra ma anche contro beceri politicanti senza arte né parte che ne sostengono l’operato dispensando a piene mani la disinformazione.
martedì 27 maggio 2008
Nel cantiere CGIL zero sicurezza
Marco Cedolin
Tre studenti dell’Università Cattolica di Milano dopo avere “studiato” a lungo il cantiere, situato a Milano in via Oglio 8, all’interno del quale la lega Cooperative sta costruendo i nuovi uffici della CGIL, oltretutto a poche centinaia di metri dagli uffici dell’Asl incaricata di vigilare in tema di sicurezza sul lavoro, hanno documentato attraverso filmati e fotografie una situazione parossistica nell’ambito della quale i muratori operavano senza rispettare neppure le più elementari norme di sicurezza.
Lavoratori sospesi sulle impalcature senza imbracature e senza casco, ponteggi non a norma e molte altre infrazioni sono state annotate e documentate all’interno di un dossier che gli studenti hanno consegnato al Corriere della Sera e alle organizzazioni sindacali.
La reazione dei sindacalisti della CGIL, sempre pronti a strumentalizzare la piaga delle morti sul lavoro quando la cosa giova al loro tornaconto, ma molto meno frequentemente disposti a mettersi in gioco in prima persona per produrre qualcosa di concreto è risultata a dir poco disarmante. Semplicemente una sorta di scaricabarile nei confronti della Asl preposta ai controlli e delle cooperative rosse incaricate dell’appalto, che a loro volta hanno accusato le cooperative alle quali era stato assegnato il subappalto, che per finire hanno scaricato ogni responsabilità sui lavoratori incoscienti e poco disposti a rispettare le regole di sicurezza.
Come sempre in un sistema come quello dell’edilizia, basato sui subappalti al massimo ribasso e con larga presenza di lavoratori in nero, le responsabilità costituiscono una sorta di miraggio evanescente assolutamente impalpabile e gli unici colpevoli alla fine risultano essere quegli stessi lavoratori la cui vita viene messa seriamente a repentaglio dalla massimizzazione del profitto operata da tutti quei soggetti abituati a maramaldeggiare sopra le loro teste.
La CGIL e le cooperative rosse, abituate da sempre a predicare bene ma razzolare male, non rappresentano certo un’eccezione in questo senso, ma sarebbe bene mandarlo a memoria quando in occasione del prossimo incidente mortale sul lavoro i loro leader torneranno a presenziare sopra a un palco pontificando in difesa dei lavoratori che hanno perso la vita, quegli stessi lavoratori che nei loro cantieri in fondo il pericolo “se lo stanno cercando”.
Tre studenti dell’Università Cattolica di Milano dopo avere “studiato” a lungo il cantiere, situato a Milano in via Oglio 8, all’interno del quale la lega Cooperative sta costruendo i nuovi uffici della CGIL, oltretutto a poche centinaia di metri dagli uffici dell’Asl incaricata di vigilare in tema di sicurezza sul lavoro, hanno documentato attraverso filmati e fotografie una situazione parossistica nell’ambito della quale i muratori operavano senza rispettare neppure le più elementari norme di sicurezza.
Lavoratori sospesi sulle impalcature senza imbracature e senza casco, ponteggi non a norma e molte altre infrazioni sono state annotate e documentate all’interno di un dossier che gli studenti hanno consegnato al Corriere della Sera e alle organizzazioni sindacali.
La reazione dei sindacalisti della CGIL, sempre pronti a strumentalizzare la piaga delle morti sul lavoro quando la cosa giova al loro tornaconto, ma molto meno frequentemente disposti a mettersi in gioco in prima persona per produrre qualcosa di concreto è risultata a dir poco disarmante. Semplicemente una sorta di scaricabarile nei confronti della Asl preposta ai controlli e delle cooperative rosse incaricate dell’appalto, che a loro volta hanno accusato le cooperative alle quali era stato assegnato il subappalto, che per finire hanno scaricato ogni responsabilità sui lavoratori incoscienti e poco disposti a rispettare le regole di sicurezza.
Come sempre in un sistema come quello dell’edilizia, basato sui subappalti al massimo ribasso e con larga presenza di lavoratori in nero, le responsabilità costituiscono una sorta di miraggio evanescente assolutamente impalpabile e gli unici colpevoli alla fine risultano essere quegli stessi lavoratori la cui vita viene messa seriamente a repentaglio dalla massimizzazione del profitto operata da tutti quei soggetti abituati a maramaldeggiare sopra le loro teste.
La CGIL e le cooperative rosse, abituate da sempre a predicare bene ma razzolare male, non rappresentano certo un’eccezione in questo senso, ma sarebbe bene mandarlo a memoria quando in occasione del prossimo incidente mortale sul lavoro i loro leader torneranno a presenziare sopra a un palco pontificando in difesa dei lavoratori che hanno perso la vita, quegli stessi lavoratori che nei loro cantieri in fondo il pericolo “se lo stanno cercando”.
domenica 25 maggio 2008
Spazzatura e manganelli
Marco Cedolin
A Chiaiano, come a Serre, come in Val di Susa, la lunga teoria dei manganelli continua a perpetuarsi sempre uguale a sé stessa, senza alcuna logica che prescinda dalla sopraffazione violenta calata come un maglio sulla testa dei cittadini.
Cambiano i governi ma non cambiano i metodi, non cambia la protervia e neppure l’arroganza di una classe politica che dopo avere scaricato sulle spalle della popolazione le conseguenze della propria manifesta incapacità, continua a gestire il dissenso facendo bastonare dalle forze dell’ordine chiunque osi opporsi alle decisioni scellerate partorite nell’oscurità dei bugigattoli del potere.
Anche a Chiaiano come prima di oggi in molti altri “angoli” d’Italia i cittadini che scendono in strada per difendere il proprio diritto ad esistere, vengono considerati alla stessa stregua di un nemico da abbattere, un nemico composto da uomini, donne e bambini con le braccia alzate, tanto più pericoloso quanto più eterogeneo, multiforme ed armato di sola tenacia.
Quale credibilità può avere un governo che ordina di manganellare i cittadini che dovrebbe rappresentare ogni qualvolta intendono far valere i propri diritti? Quale credibilità può avere uno Stato che usa l’esercito per tentare di annientare le sacrosante proteste della popolazione? Quale credibilità può avere una classe politica che discetta di democrazia nascondendosi dietro ai caschi e agli scudi della polizia?
La notte di questa Italia, senza stelle e senza luna, continua a farsi sempre più buia, buia come la notte di Chiaiano che sprofonda in quel baratro sempre più profondo che separa il potere accoccolato nelle ville in Sardegna e negli attici romani da tutti coloro che sono costretti a difendere con i denti la propria “vita”. Una vita da cittadini “normali” trasformatisi improvvisamente in delinquenti, rivoltosi e terroristi, per la sola ragione di avere avuto il coraggio di dire NO a chi dopo avergli rubato il presente intendeva rubare loro anche il futuro.
A Chiaiano, come a Serre, come in Val di Susa, la lunga teoria dei manganelli continua a perpetuarsi sempre uguale a sé stessa, senza alcuna logica che prescinda dalla sopraffazione violenta calata come un maglio sulla testa dei cittadini.
Cambiano i governi ma non cambiano i metodi, non cambia la protervia e neppure l’arroganza di una classe politica che dopo avere scaricato sulle spalle della popolazione le conseguenze della propria manifesta incapacità, continua a gestire il dissenso facendo bastonare dalle forze dell’ordine chiunque osi opporsi alle decisioni scellerate partorite nell’oscurità dei bugigattoli del potere.
Anche a Chiaiano come prima di oggi in molti altri “angoli” d’Italia i cittadini che scendono in strada per difendere il proprio diritto ad esistere, vengono considerati alla stessa stregua di un nemico da abbattere, un nemico composto da uomini, donne e bambini con le braccia alzate, tanto più pericoloso quanto più eterogeneo, multiforme ed armato di sola tenacia.
Quale credibilità può avere un governo che ordina di manganellare i cittadini che dovrebbe rappresentare ogni qualvolta intendono far valere i propri diritti? Quale credibilità può avere uno Stato che usa l’esercito per tentare di annientare le sacrosante proteste della popolazione? Quale credibilità può avere una classe politica che discetta di democrazia nascondendosi dietro ai caschi e agli scudi della polizia?
La notte di questa Italia, senza stelle e senza luna, continua a farsi sempre più buia, buia come la notte di Chiaiano che sprofonda in quel baratro sempre più profondo che separa il potere accoccolato nelle ville in Sardegna e negli attici romani da tutti coloro che sono costretti a difendere con i denti la propria “vita”. Una vita da cittadini “normali” trasformatisi improvvisamente in delinquenti, rivoltosi e terroristi, per la sola ragione di avere avuto il coraggio di dire NO a chi dopo avergli rubato il presente intendeva rubare loro anche il futuro.
venerdì 23 maggio 2008
Deliri nucleari
Marco Cedolin
La classe dirigente italiana continua a mostrare limiti sempre più evidenti che prendono corpo in questi primi giorni di governo Berlusconi, durante i quali il nuovo esecutivo sta tentando in maniera molto maldestra di dipingersi addosso un’immagine di modernità ed innovazione assolutamente inesistente.
Riuscire ad immaginare come elementi di novità i personaggi che compongono l’armata Brancaleone creata dal Cavaliere richiede l’ausilio di davvero molta fantasia, in quanto politicanti imbolsiti come Matteoli, Schifani, Maroni, Sacconi e tanti altri, in questa veste risultano davvero impresentabili. Ma neppure la fantasia potrebbe venirci in aiuto se tentassimo d’interpretare in chiave di modernità ciò che il governo si propone di “creare” nell’ambito dell’energia e dei rifiuti.
La costruzione “a pioggia” di nuovi inceneritori (in Campania sono già diventati quattro) in mancanza di qualunque strategia concernente la creazione di un circolo virtuoso dei rifiuti, lascia semplicemente basiti, in quanto nulla risulta essere più anacronistico dell’incenerimento del pattume e basterebbe gettare una rapida occhiata verso gli altri Paesi, non solo europei, per rendersi conto che siamo rimasti gli unici a destinare ogni risorsa disponibile verso una tecnologia nella quale all’interno dei paesi “sviluppati” ormai più nessuno crede.
All’insana passione per la pratica dell’incenerimento, nuova come potrebbe esserlo un dinosauro, sta affiancandosi in questi giorni anche una martellante ed ossessiva campagna in favore del ritorno delle centrali nucleari, bandite dal nostro Paese nel 1987 grazie al risultato di un referendum.
L’armata Berlusconi, che ancora dovrebbe spiegare agli italiani cosa intenderà fare delle tonnellate di rifiuti radioattivi attualmente stipati in depositi di fortuna, come quello di Saluggia, dove inquinano le falde acquifere e migrano regolarmente nell’ambiente, sta tentando in ogni modo di riportare l’Italia sulla via dell’atomo, spacciando la scelta nucleare come un qualcosa di nuovo e moderno.
Non esistono elementi di novità nella scelta atomica, così come negli inceneritori, anche se si tentano giochi di prestigio sintattici definendoli nucleare di “nuova generazione” e “termovalorizzatori”, così come non esiste novità nella banda di governo che pretenderebbe di “rialzare l’Italia” mentre non riesce neppure a rialzare gli occhi da terra per volgere lo sguardo verso i Paesi che le stanno attorno. Quasi tutti i Paesi “sviluppati” con l’eccezione della Francia, del Giappone e pochi altri hanno da tempo smesso d’investire nel nucleare in quanto la gestione (lo smaltimento in quest’ambito non esiste) delle scorie radioattive risulta troppo costosa e pericolosa. Quasi tutti i Paesi “sviluppati” stanno orientando altrove i propri programmi energetici, ma di questo il “nuovo” governo sembra non essersi assolutamente accorto, tanta e tale risulta la limitazione di capacità e d’idee che affligge i componenti del nuovo esecutivo.
Se lor Signori, come dicono, intendono raccogliere l’eredità del “vecchio nucleare”, inizino a parlarci delle scorie di Saluggia e dell’acquedotto del Monferrato che ne raccoglie la radioattività, delle centrali dismesse che nessuna osa demolire perché darebbero origine a nuove scorie che non si saprebbe dove stipare, della realtà incontrovertibile che testimonia come il Gotha della scienza mondiale di fronte al problema delle scorie nucleari si sia da tempo arreso ed abbia abdicato da quello che avrebbe dovuto essere il suo ruolo.
Inizino a parlarci di queste cose gli illuminati del nuovo governo e soprattutto inizino a guardare anche i paesi che stanno loro intorno, così potranno evitare di continuare a proporre come novità inusitate pratiche che altrove si stanno abbandonando come vecchie, antieconomiche ed ambientalmente insostenibili.
La classe dirigente italiana continua a mostrare limiti sempre più evidenti che prendono corpo in questi primi giorni di governo Berlusconi, durante i quali il nuovo esecutivo sta tentando in maniera molto maldestra di dipingersi addosso un’immagine di modernità ed innovazione assolutamente inesistente.
Riuscire ad immaginare come elementi di novità i personaggi che compongono l’armata Brancaleone creata dal Cavaliere richiede l’ausilio di davvero molta fantasia, in quanto politicanti imbolsiti come Matteoli, Schifani, Maroni, Sacconi e tanti altri, in questa veste risultano davvero impresentabili. Ma neppure la fantasia potrebbe venirci in aiuto se tentassimo d’interpretare in chiave di modernità ciò che il governo si propone di “creare” nell’ambito dell’energia e dei rifiuti.
La costruzione “a pioggia” di nuovi inceneritori (in Campania sono già diventati quattro) in mancanza di qualunque strategia concernente la creazione di un circolo virtuoso dei rifiuti, lascia semplicemente basiti, in quanto nulla risulta essere più anacronistico dell’incenerimento del pattume e basterebbe gettare una rapida occhiata verso gli altri Paesi, non solo europei, per rendersi conto che siamo rimasti gli unici a destinare ogni risorsa disponibile verso una tecnologia nella quale all’interno dei paesi “sviluppati” ormai più nessuno crede.
All’insana passione per la pratica dell’incenerimento, nuova come potrebbe esserlo un dinosauro, sta affiancandosi in questi giorni anche una martellante ed ossessiva campagna in favore del ritorno delle centrali nucleari, bandite dal nostro Paese nel 1987 grazie al risultato di un referendum.
L’armata Berlusconi, che ancora dovrebbe spiegare agli italiani cosa intenderà fare delle tonnellate di rifiuti radioattivi attualmente stipati in depositi di fortuna, come quello di Saluggia, dove inquinano le falde acquifere e migrano regolarmente nell’ambiente, sta tentando in ogni modo di riportare l’Italia sulla via dell’atomo, spacciando la scelta nucleare come un qualcosa di nuovo e moderno.
Non esistono elementi di novità nella scelta atomica, così come negli inceneritori, anche se si tentano giochi di prestigio sintattici definendoli nucleare di “nuova generazione” e “termovalorizzatori”, così come non esiste novità nella banda di governo che pretenderebbe di “rialzare l’Italia” mentre non riesce neppure a rialzare gli occhi da terra per volgere lo sguardo verso i Paesi che le stanno attorno. Quasi tutti i Paesi “sviluppati” con l’eccezione della Francia, del Giappone e pochi altri hanno da tempo smesso d’investire nel nucleare in quanto la gestione (lo smaltimento in quest’ambito non esiste) delle scorie radioattive risulta troppo costosa e pericolosa. Quasi tutti i Paesi “sviluppati” stanno orientando altrove i propri programmi energetici, ma di questo il “nuovo” governo sembra non essersi assolutamente accorto, tanta e tale risulta la limitazione di capacità e d’idee che affligge i componenti del nuovo esecutivo.
Se lor Signori, come dicono, intendono raccogliere l’eredità del “vecchio nucleare”, inizino a parlarci delle scorie di Saluggia e dell’acquedotto del Monferrato che ne raccoglie la radioattività, delle centrali dismesse che nessuna osa demolire perché darebbero origine a nuove scorie che non si saprebbe dove stipare, della realtà incontrovertibile che testimonia come il Gotha della scienza mondiale di fronte al problema delle scorie nucleari si sia da tempo arreso ed abbia abdicato da quello che avrebbe dovuto essere il suo ruolo.
Inizino a parlarci di queste cose gli illuminati del nuovo governo e soprattutto inizino a guardare anche i paesi che stanno loro intorno, così potranno evitare di continuare a proporre come novità inusitate pratiche che altrove si stanno abbandonando come vecchie, antieconomiche ed ambientalmente insostenibili.
domenica 18 maggio 2008
Per i rifiuti di Napoli è pronto il metodo camorra
Marco Cedolin
Che in tema di rifiuti la classe dirigente italiana ignori perfino le nozioni più elementari è ormai cosa consaputa, per prenderne coscienza basta osservare i politici nostrani che ogni qualvolta sono costretti ad argomentare sulla questione iniziano a farfugliare cose senza senso con sul viso dipinta un’espressione beota, sulla falsariga dell’ormai “mitica” apparizione a Matrix dell’ex ministro Gasparri.
Ne consegue che in merito alla disastrosa situazione dei rifiuti napoletani, da essi stessi creata, non sappiano davvero che pesci pigliare e Silvio Berlusconi annaspi affannosamente come prima di lui aveva fatto Romano Prodi, con l’unica differenza che i mesi continuano a passare ed il nuovo governo sembra stia iniziando a perdere ogni coordinata, fino al punto da confondere la creazione di una corretta gestione della spazzatura (come avviene in tutto il mondo) con la preparazione di una missione di guerra in Afghanistan o in Iraq, magari condita da risvolti spionistici che ricordano gli anni della guerra fredda.
Il supercommissario Gianni De Gennaro si è ormai sgonfiato come un vecchio canotto, dopo avere preso coscienza del fatto che avvelenare la gente ormai consapevole degli effetti del veleno è pratica molto più difficile e sottile di quanto non lo sia farla manganellare a sua insaputa mentre sta manifestando e sembra ormai prossima la sua destituzione. Ritornerà probabilmente in sella l’immarcescibile Guido Bertolaso, che in tema di rifiuti non ha mai risolto nulla, però vanta ormai grande esperienza nella difesa dei profitti di quei “poteri forti” che nei rifiuti sguazzano a meraviglia, quasi si trattasse delle piscine adagiate nei giardini delle loro ville che proprio i rifiuti hanno contribuito a costruire.
Nel nuovo “piano” di Berlusconi, che ancora non ha compreso se il nemico da combattere sia costituito dai rifiuti o dai napoletani, sembra sarà contemplato l’uso dell’esercito che dovrebbe secondo le parole del Corriere Della Sera “gestire problemi di ordine pubblico, prevenire situazioni critiche come quelle che si stanno nuovamente acuendo, ma soprattutto partecipare direttamente al trasferimento dell'immondizia nelle discariche, bypassando posti di blocco e proteggendo uno dei profili nuovi delle possibili misure”
Proprio codesto “profilo” sembra sarà uno degli assi nella manica sfoderati dal Cavaliere che avrebbe intenzione di secretare la scelta, la destinazione e le procedure di gestione dei nuovi siti adibiti a discarica dei rifiuti. L’idea potrebbe anche funzionare ma bisognerebbe spiegargli che non è sua né tanto meno originale, dal momento che si tratta della pratica che la camorra sta portando avanti da decenni senza neppure avere bisogno dell’aiuto dell’esercito.
Sempre nel solco della stessa filosofia “camorrista” il Silvio nazionale sembra abbia anche intenzione di eliminare per mezzo di un decreto legge le procedure burocratiche per la progettazione e la costruzione di nuovi inceneritori che il Corriere, dando ennesimo sfoggio dell’incompetenza dei pennivendoli che concorrono alla sua stesura, si ostina a definire “termovalorizzatori” facendo ricorso ad un termine inesistente sia nel lemmario italiano che in quello scientifico. Idea questa forse un poco più originale, ma assai pericolosa, perché quelle che vengono liquidate superficialmente come “procedure burocratiche” sono in larga parte norme costruite per salvaguardare la salute dei cittadini e l’integrità dell’ambiente e farne carta straccia con l’ausilio di un decreto è un modo di agire molto simile a quello della camorra che ha sempre operato in spregio di quelle stesse norme come ora il governo intende fare “legalmente”.
Nei giorni scorsi Berlusconi aveva definito il problema dei rifiuti di Napoli molto più difficile da risolvere rispetto a quello di Alitalia e di questo non c’è da stupirsi dal momento che la classe politica con le speculazioni di borsa e gli intrighi societari ha grande dimestichezza, mentre sembra non avere la benché minima idea di come andrebbero smaltiti correttamente i rifiuti.
Anziché mobilitare l’esercito non sarebbe meglio iniziare a costruire la raccolta differenziata e mobilitare un esercito di spazzini, dal momento che oltretutto le scope ed i compattatori sembrano più adatti allo scopo di quanto non lo siano i fucili ed i carri armati che sono in genere destinati ad altri tipi di “pulizie”?
Anziché costruire discariche segrete come quelle della camorra ed inceneritori illegali legalizzati non sarebbe forse meglio iniziare a praticare il riciclaggio ed il riutilizzo, approfittando dei finanziamenti miliardari che cadranno a pioggia sulla regione per costruire una realtà virtuosa che costituisca un esempio per tutto il resto d’Italia? Basterebbe semplicemente copiare gli esempi che ci vengono dall’estero, da città come San Francisco, Edmonton, Perth, anziché copiare quelli fin troppo italiani che ci vengono dalla camorra.
Che in tema di rifiuti la classe dirigente italiana ignori perfino le nozioni più elementari è ormai cosa consaputa, per prenderne coscienza basta osservare i politici nostrani che ogni qualvolta sono costretti ad argomentare sulla questione iniziano a farfugliare cose senza senso con sul viso dipinta un’espressione beota, sulla falsariga dell’ormai “mitica” apparizione a Matrix dell’ex ministro Gasparri.
Ne consegue che in merito alla disastrosa situazione dei rifiuti napoletani, da essi stessi creata, non sappiano davvero che pesci pigliare e Silvio Berlusconi annaspi affannosamente come prima di lui aveva fatto Romano Prodi, con l’unica differenza che i mesi continuano a passare ed il nuovo governo sembra stia iniziando a perdere ogni coordinata, fino al punto da confondere la creazione di una corretta gestione della spazzatura (come avviene in tutto il mondo) con la preparazione di una missione di guerra in Afghanistan o in Iraq, magari condita da risvolti spionistici che ricordano gli anni della guerra fredda.
Il supercommissario Gianni De Gennaro si è ormai sgonfiato come un vecchio canotto, dopo avere preso coscienza del fatto che avvelenare la gente ormai consapevole degli effetti del veleno è pratica molto più difficile e sottile di quanto non lo sia farla manganellare a sua insaputa mentre sta manifestando e sembra ormai prossima la sua destituzione. Ritornerà probabilmente in sella l’immarcescibile Guido Bertolaso, che in tema di rifiuti non ha mai risolto nulla, però vanta ormai grande esperienza nella difesa dei profitti di quei “poteri forti” che nei rifiuti sguazzano a meraviglia, quasi si trattasse delle piscine adagiate nei giardini delle loro ville che proprio i rifiuti hanno contribuito a costruire.
Nel nuovo “piano” di Berlusconi, che ancora non ha compreso se il nemico da combattere sia costituito dai rifiuti o dai napoletani, sembra sarà contemplato l’uso dell’esercito che dovrebbe secondo le parole del Corriere Della Sera “gestire problemi di ordine pubblico, prevenire situazioni critiche come quelle che si stanno nuovamente acuendo, ma soprattutto partecipare direttamente al trasferimento dell'immondizia nelle discariche, bypassando posti di blocco e proteggendo uno dei profili nuovi delle possibili misure”
Proprio codesto “profilo” sembra sarà uno degli assi nella manica sfoderati dal Cavaliere che avrebbe intenzione di secretare la scelta, la destinazione e le procedure di gestione dei nuovi siti adibiti a discarica dei rifiuti. L’idea potrebbe anche funzionare ma bisognerebbe spiegargli che non è sua né tanto meno originale, dal momento che si tratta della pratica che la camorra sta portando avanti da decenni senza neppure avere bisogno dell’aiuto dell’esercito.
Sempre nel solco della stessa filosofia “camorrista” il Silvio nazionale sembra abbia anche intenzione di eliminare per mezzo di un decreto legge le procedure burocratiche per la progettazione e la costruzione di nuovi inceneritori che il Corriere, dando ennesimo sfoggio dell’incompetenza dei pennivendoli che concorrono alla sua stesura, si ostina a definire “termovalorizzatori” facendo ricorso ad un termine inesistente sia nel lemmario italiano che in quello scientifico. Idea questa forse un poco più originale, ma assai pericolosa, perché quelle che vengono liquidate superficialmente come “procedure burocratiche” sono in larga parte norme costruite per salvaguardare la salute dei cittadini e l’integrità dell’ambiente e farne carta straccia con l’ausilio di un decreto è un modo di agire molto simile a quello della camorra che ha sempre operato in spregio di quelle stesse norme come ora il governo intende fare “legalmente”.
Nei giorni scorsi Berlusconi aveva definito il problema dei rifiuti di Napoli molto più difficile da risolvere rispetto a quello di Alitalia e di questo non c’è da stupirsi dal momento che la classe politica con le speculazioni di borsa e gli intrighi societari ha grande dimestichezza, mentre sembra non avere la benché minima idea di come andrebbero smaltiti correttamente i rifiuti.
Anziché mobilitare l’esercito non sarebbe meglio iniziare a costruire la raccolta differenziata e mobilitare un esercito di spazzini, dal momento che oltretutto le scope ed i compattatori sembrano più adatti allo scopo di quanto non lo siano i fucili ed i carri armati che sono in genere destinati ad altri tipi di “pulizie”?
Anziché costruire discariche segrete come quelle della camorra ed inceneritori illegali legalizzati non sarebbe forse meglio iniziare a praticare il riciclaggio ed il riutilizzo, approfittando dei finanziamenti miliardari che cadranno a pioggia sulla regione per costruire una realtà virtuosa che costituisca un esempio per tutto il resto d’Italia? Basterebbe semplicemente copiare gli esempi che ci vengono dall’estero, da città come San Francisco, Edmonton, Perth, anziché copiare quelli fin troppo italiani che ci vengono dalla camorra.
venerdì 16 maggio 2008
Anche l'ambiente è fuori dal Parlamento
Marco Cedolin
Sul sito web di Repubblica si può leggere un interessante articolo a firma Valerio Gualerzi, all’interno del quale viene messa in luce l’anomalia costituita dal fatto che in un momento come quello attuale in cui la sensibilità nei confronti dei temi ambientali sta crescendo in tutto il mondo, le due maggiori formazioni politiche italiane (PD e PDL) che praticamente monopolizzano il Parlamento, manifestino al contrario scarsissima attenzione per l’ambiente.
Roberto Della Seta, membro del PD ed ex Presidente di Legambiente (associazione ambientalista nata agli inizi degli anni 80 nell’ambito della sinistra), dichiara di ritenere che la tradizione marxista di matrice operaista poco attenta all’ambiente, ancora fortemente presente nel partito di Veltroni, pesi notevolmente nel determinare una scarsa sensibilità ambientalista e cita il programma dei conservatori britannici come il più avanzato al mondo dal punto di vista ecologista. Sottolinea inoltre come il pensiero di Beppe Grillo abbia fatto breccia, soprattutto a sinistra, non solo per i contenuti di “antipolitica e anticasta” ma anche per le sue molte battaglie di carattere ambientalista, la cui importanza è stata sottovalutata dai media.
Massimo De Maio, Presidente di Fare Verde (associazione ambientalista nata nel 1987 nell’ambito della destra sociale) dichiara di considerare la destra attuale “un contenitore elettorale privo d’ideali” e sottolinea come l’ambientalismo non sia né di destra né di sinistra.
Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace, ribadisce che i temi ambientali sono molto sentiti fra i cittadini, anche se il risultato elettorale sembrerebbe testimoniare il contrario e si domanda se davvero qualcuno intende affermare che il nucleare e le autostrade rappresentano la modernità.
Partendo dal presupposto che la sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali non rappresenta un patrimonio riconducibile in alcun modo alla destra o alla sinistra, come affermato dal caro amico De Maio con il quale condivido la partecipazione al Movimento per la decrescita felice, ritengo che l’articolo di Gualerzi costituisca un ottimo spunto intorno al quale riflettere.
Il Parlamento uscito dalle urne del 14 aprile è costituito nella sua totalità da formazioni politiche che si pongono unicamente obiettivi di crescita economica e sviluppo infrastrutturale, senza tenere nella minima considerazione le tematiche ambientali.
Dopo la scomparsa dei verdi, che pure interpretavano la questione ambiente in maniera poco consona al loro nome, tutti i partiti che hanno rappresentanza parlamentare manifestano scarsa o nulla sensibilità ecologista e vantano programmi elettorali fotocopia imperniati sulla costruzione di grandi opere altamente impattanti (TAV, autostrade, inceneritori, rigassificatori, centrali a carbone e turbogas ecc.) e votati a creare una crescita dei consumi energetici assolutamente incompatibile con le problematiche che stanno prospettandosi per i decenni futuri.
Contrariamente a quello che sta accadendo nel resto d’Europa la nostra classe politica non tiene nella minima considerazione la questione ambientale e propone come esempi di modernità infrastrutture e processi (ripristino delle centrali nucleari ed incenerimento dei rifiuti su tutti) che molti altri paesi europei stanno gradualmente abbandonando in quanto considerati ormai anacronistici ed insostenibili dal punto di vista ambientale.
Nonostante tutto ciò la sensibilità dei cittadini italiani nei confronti dell’ambiente in cui vivono e la volontà di preservare la propria salute dagli effetti disastrosi dell’inquinamento, stanno aumentando sempre più di pari passo con il loro desiderio d’informarsi ed accumulare conoscenza.
Chi oggi gioisce pensando di avere lasciato gli ambientalisti fuori dal parlamento, si tratti del governo “illuminato” di Berlusconi o di quello ombra di Veltroni, farebbe bene ad operare più di una riflessione. L’integrità dell’ambiente e la salute dei cittadini sono temi troppo importanti perché possano venire accantonati semplicemente facendo finta che non esistano e il problema ambientale continuerà a rappresentare il perno focale della sfida con la quale occorrerà confrontarsi nei decenni futuri, anche se attraverso le alchimie costituite da soglie e sbarramenti la politica intenderà ostinarsi a tenere l’ambiente fuori dal Parlamento.
Sul sito web di Repubblica si può leggere un interessante articolo a firma Valerio Gualerzi, all’interno del quale viene messa in luce l’anomalia costituita dal fatto che in un momento come quello attuale in cui la sensibilità nei confronti dei temi ambientali sta crescendo in tutto il mondo, le due maggiori formazioni politiche italiane (PD e PDL) che praticamente monopolizzano il Parlamento, manifestino al contrario scarsissima attenzione per l’ambiente.
Roberto Della Seta, membro del PD ed ex Presidente di Legambiente (associazione ambientalista nata agli inizi degli anni 80 nell’ambito della sinistra), dichiara di ritenere che la tradizione marxista di matrice operaista poco attenta all’ambiente, ancora fortemente presente nel partito di Veltroni, pesi notevolmente nel determinare una scarsa sensibilità ambientalista e cita il programma dei conservatori britannici come il più avanzato al mondo dal punto di vista ecologista. Sottolinea inoltre come il pensiero di Beppe Grillo abbia fatto breccia, soprattutto a sinistra, non solo per i contenuti di “antipolitica e anticasta” ma anche per le sue molte battaglie di carattere ambientalista, la cui importanza è stata sottovalutata dai media.
Massimo De Maio, Presidente di Fare Verde (associazione ambientalista nata nel 1987 nell’ambito della destra sociale) dichiara di considerare la destra attuale “un contenitore elettorale privo d’ideali” e sottolinea come l’ambientalismo non sia né di destra né di sinistra.
Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace, ribadisce che i temi ambientali sono molto sentiti fra i cittadini, anche se il risultato elettorale sembrerebbe testimoniare il contrario e si domanda se davvero qualcuno intende affermare che il nucleare e le autostrade rappresentano la modernità.
Partendo dal presupposto che la sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali non rappresenta un patrimonio riconducibile in alcun modo alla destra o alla sinistra, come affermato dal caro amico De Maio con il quale condivido la partecipazione al Movimento per la decrescita felice, ritengo che l’articolo di Gualerzi costituisca un ottimo spunto intorno al quale riflettere.
Il Parlamento uscito dalle urne del 14 aprile è costituito nella sua totalità da formazioni politiche che si pongono unicamente obiettivi di crescita economica e sviluppo infrastrutturale, senza tenere nella minima considerazione le tematiche ambientali.
Dopo la scomparsa dei verdi, che pure interpretavano la questione ambiente in maniera poco consona al loro nome, tutti i partiti che hanno rappresentanza parlamentare manifestano scarsa o nulla sensibilità ecologista e vantano programmi elettorali fotocopia imperniati sulla costruzione di grandi opere altamente impattanti (TAV, autostrade, inceneritori, rigassificatori, centrali a carbone e turbogas ecc.) e votati a creare una crescita dei consumi energetici assolutamente incompatibile con le problematiche che stanno prospettandosi per i decenni futuri.
Contrariamente a quello che sta accadendo nel resto d’Europa la nostra classe politica non tiene nella minima considerazione la questione ambientale e propone come esempi di modernità infrastrutture e processi (ripristino delle centrali nucleari ed incenerimento dei rifiuti su tutti) che molti altri paesi europei stanno gradualmente abbandonando in quanto considerati ormai anacronistici ed insostenibili dal punto di vista ambientale.
Nonostante tutto ciò la sensibilità dei cittadini italiani nei confronti dell’ambiente in cui vivono e la volontà di preservare la propria salute dagli effetti disastrosi dell’inquinamento, stanno aumentando sempre più di pari passo con il loro desiderio d’informarsi ed accumulare conoscenza.
Chi oggi gioisce pensando di avere lasciato gli ambientalisti fuori dal parlamento, si tratti del governo “illuminato” di Berlusconi o di quello ombra di Veltroni, farebbe bene ad operare più di una riflessione. L’integrità dell’ambiente e la salute dei cittadini sono temi troppo importanti perché possano venire accantonati semplicemente facendo finta che non esistano e il problema ambientale continuerà a rappresentare il perno focale della sfida con la quale occorrerà confrontarsi nei decenni futuri, anche se attraverso le alchimie costituite da soglie e sbarramenti la politica intenderà ostinarsi a tenere l’ambiente fuori dal Parlamento.
martedì 13 maggio 2008
Terremoto in Cina, trema la diga delle Tre Gole
Marco Cedolin
Le conseguenze del disastroso terremoto, di magnitudo 7,8 gradi della scala Richter che ha devastato il sud ovest della Cina non sono ancora conosciute nella loro interezza.
Il panorama tratteggiato dalle prime notizie che arrivano dalla regione racconta un’ecatombe di proporzioni immense che sembra continuare ad aggravarsi con il passare delle ore.
Oltre 8700 morti e 10.000 feriti nella sola provincia di Sichuan dove è stato individuato l’epicentro del sisma. Almeno 900 studenti sono stati sepolti nel crollo di un liceo di Dujiangyan, altri 8 edifici scolastici sono crollati seppellendo gli studenti, due importanti impianti chimici nello Shifang sono rovinati al suolo travolgendo centinaia di dipendenti e liberando nell’ambiente 80 tonnellate di ammoniaca.
Un’area di 1,3 milioni di chilometri quadrati, popolata da circa 180 milioni di persone, (un decimo dell’intera popolazione cinese) altamente antropizzata e ricca d’infrastrutture industriali e civili è stata pesantemente colpita dal movimento tellurico, scoprendosi estremamente vulnerabile anche in virtù della presenza di un grandissimo numero d’impianti ed opere ad altissimo rischio nell’eventualità di una catastrofe naturale.
La diga delle Tre Gole, soprannominata “la Grande Muraglia” del terzo millennio, inaugurata nel mese di giugno 2006 ma ancora in fase di completamento, che sbarra il flusso del fiume Yangtze
nella provincia dello Hubei, non lontana dall’epicentro del sisma, sembra non abbia subito gravi conseguenze a fronte del movimento tellurico e se confermata si tratterà di una notizia estremamente confortante, in quanto nel caso l’infrastruttura fosse stata lesionata le conseguenze avrebbero potuto rivelarsi catastrofiche.
La diga è infatti collocata sopra ad una faglia ed è pertanto soggetta ad un grave rischio sismico. Rischio che secondo gli esperti sismologici potrebbe essere amplificato dall’enorme peso dell’invaso che sarebbe in grado di alterare gli equilibri geostatici dell’intera regione, aumentando il pericolo di devastanti terremoti.
Già il 20 novembre del 2005 una scossa di terremoto di grado Richter 5,7 aveva colpito la regione dello Jiangxi dove sorge la diga causando 15 vittime e la distruzione di migliaia di case.
Numerosi esperti internazionali hanno a più riprese sollevato pesanti interrogativi riguardo all’eventualità che un’opera ciclopica come la diga delle Tre Gole, con un invaso di 1084 kmq della lunghezza di oltre 600 km possa essere in grado di compromettere gli equilibri di un’area già ad alto rischio sismico, mettendo oltretutto in evidenza come nel malaugurato caso di un cedimento strutturale dell’immensa diga si determinerebbe un disastro di proporzioni gigantesche, superiori a quelle di un bombardamento nucleare, in grado di portare alla morte oltre 100 milioni di persone.
Le conseguenze del disastroso terremoto, di magnitudo 7,8 gradi della scala Richter che ha devastato il sud ovest della Cina non sono ancora conosciute nella loro interezza.
Il panorama tratteggiato dalle prime notizie che arrivano dalla regione racconta un’ecatombe di proporzioni immense che sembra continuare ad aggravarsi con il passare delle ore.
Oltre 8700 morti e 10.000 feriti nella sola provincia di Sichuan dove è stato individuato l’epicentro del sisma. Almeno 900 studenti sono stati sepolti nel crollo di un liceo di Dujiangyan, altri 8 edifici scolastici sono crollati seppellendo gli studenti, due importanti impianti chimici nello Shifang sono rovinati al suolo travolgendo centinaia di dipendenti e liberando nell’ambiente 80 tonnellate di ammoniaca.
Un’area di 1,3 milioni di chilometri quadrati, popolata da circa 180 milioni di persone, (un decimo dell’intera popolazione cinese) altamente antropizzata e ricca d’infrastrutture industriali e civili è stata pesantemente colpita dal movimento tellurico, scoprendosi estremamente vulnerabile anche in virtù della presenza di un grandissimo numero d’impianti ed opere ad altissimo rischio nell’eventualità di una catastrofe naturale.
La diga delle Tre Gole, soprannominata “la Grande Muraglia” del terzo millennio, inaugurata nel mese di giugno 2006 ma ancora in fase di completamento, che sbarra il flusso del fiume Yangtze
nella provincia dello Hubei, non lontana dall’epicentro del sisma, sembra non abbia subito gravi conseguenze a fronte del movimento tellurico e se confermata si tratterà di una notizia estremamente confortante, in quanto nel caso l’infrastruttura fosse stata lesionata le conseguenze avrebbero potuto rivelarsi catastrofiche.
La diga è infatti collocata sopra ad una faglia ed è pertanto soggetta ad un grave rischio sismico. Rischio che secondo gli esperti sismologici potrebbe essere amplificato dall’enorme peso dell’invaso che sarebbe in grado di alterare gli equilibri geostatici dell’intera regione, aumentando il pericolo di devastanti terremoti.
Già il 20 novembre del 2005 una scossa di terremoto di grado Richter 5,7 aveva colpito la regione dello Jiangxi dove sorge la diga causando 15 vittime e la distruzione di migliaia di case.
Numerosi esperti internazionali hanno a più riprese sollevato pesanti interrogativi riguardo all’eventualità che un’opera ciclopica come la diga delle Tre Gole, con un invaso di 1084 kmq della lunghezza di oltre 600 km possa essere in grado di compromettere gli equilibri di un’area già ad alto rischio sismico, mettendo oltretutto in evidenza come nel malaugurato caso di un cedimento strutturale dell’immensa diga si determinerebbe un disastro di proporzioni gigantesche, superiori a quelle di un bombardamento nucleare, in grado di portare alla morte oltre 100 milioni di persone.
domenica 11 maggio 2008
Mostrine e collari nello stesso falò
Marco Cedolin
Un nuovo scandalo avente per oggetto le salme dei soldati americani caduti in Iraq e in Afghansitan sta turbando l’opinione pubblica statunitense, da tempo contrariata per la scarsa sensibilità mostrata dall’amministrazione USA nella gestione delle spoglie terrene dei militari morti in guerra.
Secondo quanto reso pubblico dal Washington Post infatti, almeno 200 soldati americani morti in guerra in Iraq e in Afghanistan sarebbero stati cremati a Dover nel Delaware insieme ai corpi di animali domestici, utilizzando il “Friends for ever pet cremation service”, senza oltretutto che fossero presenti i familiari o i commilitoni dei defunti come imporrebbe il codice d’onore.
La grottesca vicenda che fa seguito ad alcune discutibili decisioni dell’amministrazione, finalizzate a limitare l’impatto mediatico degli oltre 4000 morti già ritornati dai teatri di guerra, come il divieto di fotografare le bare e la chiusura al pubblico della base di Dover, è venuta alla luce la settimana scorsa quando un ufficiale distaccato al Pentagono si è recato nel Delaware per assistere alla cremazione di un commilitone morto in Iraq e con suo grande stupore si è reso conto di trovarsi all’interno di un forno crematorio per animali. L’ufficiale profondamente turbato dal trattamento riservato all’amico e dal fatto che negli USA gli “eroi di guerra” una volta passati a miglior vita si ritrovino a condividere la stessa sorte degli animali da compagnia, dopo aver scattato alcune foto a testimonianza della macabra scoperta si è affrettato a rendere pubblico il tutto.
Il ministro della Difesa Robert Gates, venuto a conoscenza della vicenda, (nonostante sembri alquanto improbabile che ne fosse realmente all’oscuro) si è mostrato sconvolto ed ha ordinato l’ispezione di tutti i forni crematori usati dalle forze armate. Il portavoce del Pentagono Geoff Morrel si è affrettato a porgere le più sentite scuse ai soldati e alle loro famiglie, ma ancora una volta l’assoluta mancanza di rispetto dell’amministrazione americana nei confronti dei militari caduti in guerra e dei loro congiunti è emersa in maniera a dir poco preoccupante.
Per un Paese che fonda la propria propaganda di guerra sul mito del patriottismo e dovrebbe esaltare gli “eroici soldati” che hanno sacrificato la vita per la patria, la realtà costituita da un sergente dei marines cremato insieme al barboncino di una signora snob sembra davvero rivelarsi assai poco edificante, anche se in fondo solo di cenere si tratta.
Un nuovo scandalo avente per oggetto le salme dei soldati americani caduti in Iraq e in Afghansitan sta turbando l’opinione pubblica statunitense, da tempo contrariata per la scarsa sensibilità mostrata dall’amministrazione USA nella gestione delle spoglie terrene dei militari morti in guerra.
Secondo quanto reso pubblico dal Washington Post infatti, almeno 200 soldati americani morti in guerra in Iraq e in Afghanistan sarebbero stati cremati a Dover nel Delaware insieme ai corpi di animali domestici, utilizzando il “Friends for ever pet cremation service”, senza oltretutto che fossero presenti i familiari o i commilitoni dei defunti come imporrebbe il codice d’onore.
La grottesca vicenda che fa seguito ad alcune discutibili decisioni dell’amministrazione, finalizzate a limitare l’impatto mediatico degli oltre 4000 morti già ritornati dai teatri di guerra, come il divieto di fotografare le bare e la chiusura al pubblico della base di Dover, è venuta alla luce la settimana scorsa quando un ufficiale distaccato al Pentagono si è recato nel Delaware per assistere alla cremazione di un commilitone morto in Iraq e con suo grande stupore si è reso conto di trovarsi all’interno di un forno crematorio per animali. L’ufficiale profondamente turbato dal trattamento riservato all’amico e dal fatto che negli USA gli “eroi di guerra” una volta passati a miglior vita si ritrovino a condividere la stessa sorte degli animali da compagnia, dopo aver scattato alcune foto a testimonianza della macabra scoperta si è affrettato a rendere pubblico il tutto.
Il ministro della Difesa Robert Gates, venuto a conoscenza della vicenda, (nonostante sembri alquanto improbabile che ne fosse realmente all’oscuro) si è mostrato sconvolto ed ha ordinato l’ispezione di tutti i forni crematori usati dalle forze armate. Il portavoce del Pentagono Geoff Morrel si è affrettato a porgere le più sentite scuse ai soldati e alle loro famiglie, ma ancora una volta l’assoluta mancanza di rispetto dell’amministrazione americana nei confronti dei militari caduti in guerra e dei loro congiunti è emersa in maniera a dir poco preoccupante.
Per un Paese che fonda la propria propaganda di guerra sul mito del patriottismo e dovrebbe esaltare gli “eroici soldati” che hanno sacrificato la vita per la patria, la realtà costituita da un sergente dei marines cremato insieme al barboncino di una signora snob sembra davvero rivelarsi assai poco edificante, anche se in fondo solo di cenere si tratta.
sabato 10 maggio 2008
Faranno ombra per l'estate
Marco Cedolin
Chi pensava si fosse toccato il fondo con il giuramento del IV governo Berlusconi, patetica rappresentazione di una politica sempre più ingessata ed autoreferenziale, impegnata unicamente a perpetuare sé stessa, ha dovuto prontamente ricredersi.
Walter Veltroni, probabilmente invidioso per non avere potuto partecipare alla sceneggiata, è infatti riuscito nella non facile impresa di rendersi ancora più ridicolo di quanto non lo sia l’armata Brancaleone forgiata dal Cavaliere, annunciando la creazione di un governo ombra che scimmiotta in tutto e per tutto quello reale.
Seguendo un copione tanto grottesco quanto ridicolo, Veltroni in qualità di premier ombra votato da elettori ombra, ha battezzato 21 ministri ombra che presiederanno altrettanti ministeri ombra, varando disegni di legge e finanziarie ombra, praticando consigli dei ministri ombra e probabilmente passando attraverso crisi di governo ombra.
Fassino fingerà di fare il ministro degli esteri, Bersani quello dell’economia, Chiamparino (l’uomo che è felice quando la tangenziale è bloccata perché vuole dire che la città cresce) quello delle riforme. L’industriale Colaninno si dedicherà allo sviluppo economico ombra, Enrico Letta curerà l’ombra del welfare ed Ermete Realacci l’ombra dell’ambiente, cosa quanto mai opportuna in tempi global warming. La salute, che in Italia, unico fra i paesi occidentali, non avrà più un ministero ad essa dedicato per volere di Berlusconi, sarà anche priva della propria ombra, in quanto Veltroni è stato inflessibile nel sostenere che solo le cose reali possono vantare il privilegio di possedere un’ombra.
Il varo del governo Veltroni ha indotto anche qualche momento di tensione fra coloro, Di Pietro in primis, che sono stati esclusi anche dall’ombra e si dovranno rassegnare alla disidratazione indotta dalla canicola estiva, ma nel complesso gli elettori ombra hanno gradito le scelte e il Presidente della Repubblica ombra si è detto soddisfatto del nuovo esecutivo virtuale.
Il rischio, continuando a restare all’ombra potrebbe essere quello di una perdita d’identità, ma dal momento che il PD un’identità non l’ha mai avuta credo si tratti di un rischio trascurabile, e poi approssimandosi l’estate un poco d’ombra in fondo non potrà che fare bene. L’armata di Walter governerà solo con la fantasia ma almeno potrà godersi la frescura meglio di quanto non sia consentito ai pensionati italiani che per fuggire dalla canicola dovranno continuare ad accontentarsi delle panchine dei centri commerciali.
Chi pensava si fosse toccato il fondo con il giuramento del IV governo Berlusconi, patetica rappresentazione di una politica sempre più ingessata ed autoreferenziale, impegnata unicamente a perpetuare sé stessa, ha dovuto prontamente ricredersi.
Walter Veltroni, probabilmente invidioso per non avere potuto partecipare alla sceneggiata, è infatti riuscito nella non facile impresa di rendersi ancora più ridicolo di quanto non lo sia l’armata Brancaleone forgiata dal Cavaliere, annunciando la creazione di un governo ombra che scimmiotta in tutto e per tutto quello reale.
Seguendo un copione tanto grottesco quanto ridicolo, Veltroni in qualità di premier ombra votato da elettori ombra, ha battezzato 21 ministri ombra che presiederanno altrettanti ministeri ombra, varando disegni di legge e finanziarie ombra, praticando consigli dei ministri ombra e probabilmente passando attraverso crisi di governo ombra.
Fassino fingerà di fare il ministro degli esteri, Bersani quello dell’economia, Chiamparino (l’uomo che è felice quando la tangenziale è bloccata perché vuole dire che la città cresce) quello delle riforme. L’industriale Colaninno si dedicherà allo sviluppo economico ombra, Enrico Letta curerà l’ombra del welfare ed Ermete Realacci l’ombra dell’ambiente, cosa quanto mai opportuna in tempi global warming. La salute, che in Italia, unico fra i paesi occidentali, non avrà più un ministero ad essa dedicato per volere di Berlusconi, sarà anche priva della propria ombra, in quanto Veltroni è stato inflessibile nel sostenere che solo le cose reali possono vantare il privilegio di possedere un’ombra.
Il varo del governo Veltroni ha indotto anche qualche momento di tensione fra coloro, Di Pietro in primis, che sono stati esclusi anche dall’ombra e si dovranno rassegnare alla disidratazione indotta dalla canicola estiva, ma nel complesso gli elettori ombra hanno gradito le scelte e il Presidente della Repubblica ombra si è detto soddisfatto del nuovo esecutivo virtuale.
Il rischio, continuando a restare all’ombra potrebbe essere quello di una perdita d’identità, ma dal momento che il PD un’identità non l’ha mai avuta credo si tratti di un rischio trascurabile, e poi approssimandosi l’estate un poco d’ombra in fondo non potrà che fare bene. L’armata di Walter governerà solo con la fantasia ma almeno potrà godersi la frescura meglio di quanto non sia consentito ai pensionati italiani che per fuggire dalla canicola dovranno continuare ad accontentarsi delle panchine dei centri commerciali.
giovedì 8 maggio 2008
Il Think Tank di Montezemolo
Marco Cedolin
Nella sezione economia del sito web La Stampa di Torino compare un articolo a firma Paolo Baroni, a metà fra l’intervista e lo spot pubblicitario, che traccia il bilancio del personaggio Montezemolo che si sta apprestando ad abbandonare la presidenza di Confindustria dopo 4 anni e rende noti i progetti futuri di un “professionista” bravo come pochi altri nel costruire il profitto privato all’interno del libero mercato, per mezzo delle sovvenzioni statali, attingendo a copiose elargizioni di denaro pubblico a fondo perduto.
Il giornale torinese di casa Agnelli, la cui propensione a produrre disinformazione è così spiccata da avergli fatto meritare nel tempo il soprannome di “La Busiarda”, inizia con il mettere il luce i tanti motivi di orgoglio della presidenza Montezemolo che avrebbe “imposto all’attenzione del Paese temi come la crescita, la competitività, ed il taglio delle tasse al grido di facciamo squadra, rimbocchiamoci le maniche, avrebbe aumentato del 9,1% il numero degli iscritti all’associazione e creato nuovi e più forti rapporti con le banche e le altre associazioni. Continua poi enunciando i reiterati tentativi di condizionare l’attività dei governi che si sono succeduti alla guida del Paese, praticati da Montezemolo in qualità di presidente di Confindustria e considerati nell’articolo “battaglie per l’innovazione ed il merito e per le riforme dello Stato che costituirebbero ancora oggi la priorità delle priorità.”
Riporta le parole di Montezemolo che “boccia la pubblicazione su Internet dei redditi degli italiani perché, spiega, la gogna mediatica non va bene: fa male al Paese e si rischia di mettere gli uni contro gli altri. E per di più non c’è la stessa trasparenza nel dar conto di come lo Stato spende i soldi raccolti con le tasse”.
Probabilmente se lo Stato rendesse pubblici i canali attraverso i quali distribuisce il denaro estirpato dalle tasche dei contribuenti, i cittadini non sarebbero così felici di sapere che una delle destinazioni preferenziali è costituita dal finanziamento alle grandi imprese private come la Fiat, alle quali paga sotto forma di cassa integrazione una parte considerevole degli stipendi dei dipendenti, ma comunque Montezemolo sa bene che la trasparenza in Italia continuerà a restare una chimera e pertanto può permettersi di auspicarla senza per questo correre il rischio che venga messa in pratica.
La parte più interessante dell’articolo di Baroni riguarda comunque il futuro di Montezemolo che a suo dire non assumerà nessun incarico politico ma continuerà invece a fare il suo mestiere. Mestiere che ci pare di capire sia costituito dall’amministrare imprese private sovvenzionate a fondo perduto dallo Stato e creare dei gruppi di potere che si adoperino attraverso pressioni di vario tipo per condizionare a loro favore l’operato della politica.
Montezemolo oltre che della Ferrari si occuperà della Fiat e della “ nuova importante avventura nel settore privato dei treni ad alta velocità, che presenterà al governo a settembre e che aumenterà la concorrenza nel settore”.
La Fiat in realtà si occupa da quasi 17 anni dell’avventura dell’alta velocità ferroviaria, avendo fino ad oggi costruito in qualità di general contractor (cioè in regime di monopolio e senza alcun rischio d’impresa) buona parte delle tratte TAV italiane, accumulando profitti miliardari pagati dai contribuenti italiani. Da settembre sembra tenterà di “mungere” denaro anche praticando il servizio, probabilmente aggiudicandosi le “corse” migliori e lasciando che siano le FS (che hanno finanziato l’infrastruttura) a gestire quelle scarsamente remunerative.
Montezemolo continuerà inoltre a fare il presidente della Luiss e dopo l’estate lavorerà alla creazione di un think tank, «che vuole essere un centro di progettualità di pensiero a supporto di governo e Parlamento». Si tratterà ovviamente di un gruppo di pressione costituito da “esperti illuminati” sullo stile della commissione Attali francese, che avrà il compito di dettare alla politica i termini di un camminamento costituito da riforme impopolari quanto mai gradite alla finanza e all’industria.
Montezemolo conclude le proprie esternazioni citando Einstein “Sei giovane se i sogni prevalgono sui rimpianti... e io ho ancora sogni”.
Mi permetto di aggiungere che sono gli italiani, soprattutto i giovani, che grazie a faccendieri come Montezemolo continuano ad avere sempre più incubi.
Nella sezione economia del sito web La Stampa di Torino compare un articolo a firma Paolo Baroni, a metà fra l’intervista e lo spot pubblicitario, che traccia il bilancio del personaggio Montezemolo che si sta apprestando ad abbandonare la presidenza di Confindustria dopo 4 anni e rende noti i progetti futuri di un “professionista” bravo come pochi altri nel costruire il profitto privato all’interno del libero mercato, per mezzo delle sovvenzioni statali, attingendo a copiose elargizioni di denaro pubblico a fondo perduto.
Il giornale torinese di casa Agnelli, la cui propensione a produrre disinformazione è così spiccata da avergli fatto meritare nel tempo il soprannome di “La Busiarda”, inizia con il mettere il luce i tanti motivi di orgoglio della presidenza Montezemolo che avrebbe “imposto all’attenzione del Paese temi come la crescita, la competitività, ed il taglio delle tasse al grido di facciamo squadra, rimbocchiamoci le maniche, avrebbe aumentato del 9,1% il numero degli iscritti all’associazione e creato nuovi e più forti rapporti con le banche e le altre associazioni. Continua poi enunciando i reiterati tentativi di condizionare l’attività dei governi che si sono succeduti alla guida del Paese, praticati da Montezemolo in qualità di presidente di Confindustria e considerati nell’articolo “battaglie per l’innovazione ed il merito e per le riforme dello Stato che costituirebbero ancora oggi la priorità delle priorità.”
Riporta le parole di Montezemolo che “boccia la pubblicazione su Internet dei redditi degli italiani perché, spiega, la gogna mediatica non va bene: fa male al Paese e si rischia di mettere gli uni contro gli altri. E per di più non c’è la stessa trasparenza nel dar conto di come lo Stato spende i soldi raccolti con le tasse”.
Probabilmente se lo Stato rendesse pubblici i canali attraverso i quali distribuisce il denaro estirpato dalle tasche dei contribuenti, i cittadini non sarebbero così felici di sapere che una delle destinazioni preferenziali è costituita dal finanziamento alle grandi imprese private come la Fiat, alle quali paga sotto forma di cassa integrazione una parte considerevole degli stipendi dei dipendenti, ma comunque Montezemolo sa bene che la trasparenza in Italia continuerà a restare una chimera e pertanto può permettersi di auspicarla senza per questo correre il rischio che venga messa in pratica.
La parte più interessante dell’articolo di Baroni riguarda comunque il futuro di Montezemolo che a suo dire non assumerà nessun incarico politico ma continuerà invece a fare il suo mestiere. Mestiere che ci pare di capire sia costituito dall’amministrare imprese private sovvenzionate a fondo perduto dallo Stato e creare dei gruppi di potere che si adoperino attraverso pressioni di vario tipo per condizionare a loro favore l’operato della politica.
Montezemolo oltre che della Ferrari si occuperà della Fiat e della “ nuova importante avventura nel settore privato dei treni ad alta velocità, che presenterà al governo a settembre e che aumenterà la concorrenza nel settore”.
La Fiat in realtà si occupa da quasi 17 anni dell’avventura dell’alta velocità ferroviaria, avendo fino ad oggi costruito in qualità di general contractor (cioè in regime di monopolio e senza alcun rischio d’impresa) buona parte delle tratte TAV italiane, accumulando profitti miliardari pagati dai contribuenti italiani. Da settembre sembra tenterà di “mungere” denaro anche praticando il servizio, probabilmente aggiudicandosi le “corse” migliori e lasciando che siano le FS (che hanno finanziato l’infrastruttura) a gestire quelle scarsamente remunerative.
Montezemolo continuerà inoltre a fare il presidente della Luiss e dopo l’estate lavorerà alla creazione di un think tank, «che vuole essere un centro di progettualità di pensiero a supporto di governo e Parlamento». Si tratterà ovviamente di un gruppo di pressione costituito da “esperti illuminati” sullo stile della commissione Attali francese, che avrà il compito di dettare alla politica i termini di un camminamento costituito da riforme impopolari quanto mai gradite alla finanza e all’industria.
Montezemolo conclude le proprie esternazioni citando Einstein “Sei giovane se i sogni prevalgono sui rimpianti... e io ho ancora sogni”.
Mi permetto di aggiungere che sono gli italiani, soprattutto i giovani, che grazie a faccendieri come Montezemolo continuano ad avere sempre più incubi.
mercoledì 7 maggio 2008
Matrix spazzatura
Marco Cedolin
Se esistesse un “teleratto” offerto come premio per la migliore trasmissione di disinformazione, la puntata di Matrix andata in onda martedì 6 maggio non avrebbe sicuramente avuto problema ad aggiudicarselo.
Nell’avvilente panorama offerto dall’informazione televisiva, abituata a balbettare slogan senza senso, i teatrini privi di costrutto sono all’ordine del giorno, ma raramente il livello della rappresentazione ha raggiunto vette demenziali come accaduto a Matrix ieri sera.
Enrico Mentana nel palese tentativo di screditare Beppe Grillo ed il recente V Day tenutosi a Torino, approfittando della mancanza di un contraddittorio, ha aperto la trasmissione con uno spezzone dello stesso, durante il quale il comico genovese apostrofava in malo modo il cerusico ed ex ministro Veronesi, colpevole di essere più sensibile alle prebende delle multinazionali che sponsorizzano la sua fondazione, piuttosto che non ai risultati delle ricerche scientifiche in tema di malattie ingenerate dall’incenerimento dei rifiuti.
Presenti in studio gli ex ministri Maurizio Gasparri ed Antonio Di Pietro, il giornalista de Il Giornale Filippo Facci e il giornalista Andrea Scanzi autore del recente libro “ve lo do io Beppe Grillo” che hanno immediatamente preso le difese di Veronesi, tessendone le lodi in maniera tanto sperticata quanto assolutamente priva di fondamento.
Collegati tramite video il dott. Stefano Montanari, direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena, candidato premier alle recenti elezioni politiche con la lista per il Bene Comune nonché noto ricercatore da sempre contrario agli inceneritori ed un docente del Politecnico di Milano di cui mi sfugge il nome, deputato a sostenere il contraddittorio dal punto di vista scientifico.
Ad introdurre il tema “caldo” della serata, costituito da inceneritori e rifiuti, un lungo servizio della redazione nel quale venivano vantate, senza produrre un solo dato scientifico, le mirabolanti virtù di un nuovo forno inceneritore (in realtà si trattava del potenziamento di un forno già esistente) situato alle porte di Milano, dal cui camino pareva uscire solamente profumo di violette. A testimonianza di questa mirabilia alcune interviste visibilmente pilotate ad abitanti della zona, scelti fra coloro che non erano in possesso della minima cognizione in tema di rifiuti ed incenerimento e la testimonianza di un tecnico dell’impianto, pronto a negare tutta l’evidenza scientifica in materia d’inquinamento da inceneritori e disposto a giurare che solamente il profumo di violette sarebbe uscito dal forno in questione negli anni a venire.
Tornati in studio il dramma iniziava a consumarsi, poiché Montanari, al quale Mentana aveva dato la parola, prendeva a spiegare con dovizia di dati le ragioni per cui la scelta d’incenerire i rifiuti si rivela sbagliata, antieconomica e dannosa, per la salute della popolazione e per quella dell’ambiente, mentre gli ospiti ascoltavano con espressione attonita quasi il ricercatore si stesse esprimendo in una sorta di dialetto sconosciuto.
Di Pietro abbozzava una difesa di Grillo affermando che dagli inceneritori in effetti non esce proprio profumo di violette, però sono necessari, per adesso. Gasparri che probabilmente non aveva neppure compreso di cosa si stesse parlando irrideva Montanari che, a suo dire, alle elezioni avrebbe ottenuto lo 0%. Facci intento a ravvivarsi la frangetta modello novello Sgarbi biascicava qualcosa d’incomprensibile. Mentana prendendo spunto dai cittadini intervistati nel filmato sosteneva che dei rifiuti bisognava pur far qualcosa per non fare la fine di Napoli. Il professore del Politecnico si produceva in una tanto lunga quanto sterile dissertazione sulle nanopolveri, concludendo con l’affermazione secondo cui gli inceneritori inquinano come le centrali a gas e petrolio.
Montanari provava allora a spiegare come si dovrebbero trattare i rifiuti evitando l’incenerimento, illustrando la pratica “rifiuti zero” già diventata realtà in molte città come San Francisco, Edmonton e Perth.
Mentana obiettava dicendo che in Italia la situazione è grave e non permette di applicare tecniche sperimentali, Gasparri non avendo ancora afferrato l’argomento della discussione ribadiva che Montanari aveva ottenuto alle elezioni lo 0%, il professore del Politecnico sosteneva che le esperienze di piccoli paesi canadesi ed australiani non erano rilevanti, come al contrario si manifesta invece una grande realtà come quella di Brescia, con il suo mega inceneritore che offre energia a migliaia di famiglie.
Montanari faceva notare al professore che Edmonton ha 900.000 abitanti, mentre Perth è la quarta città dell’Australia con oltre un milione e mezzo di abitanti e si tratta perciò di realtà notevolmente superiori a quelle di Brescia. Inoltre ribadiva come la pratica virtuosa consista nel fornire energia a migliaia di persone in maniera economica, poiché se come a Brescia la si fornisce pagandola tre volte di più non c’è davvero nulla di cui vantarsi.
Di Pietro non afferrando il senso della discussione si produceva in qualche freddura da bar dello sport, Gasparri ridacchiava con espressione ebete a triste testimonianza del nulla che alberga nella mente della classe dirigente del Paese, Facci continuava a ravvivarsi i capelli ed il professore del Politecnico, cui erano venute meno elementari nozioni di geografia, dimostrava di avere ormai “dato” tutto quello che era nelle sue possibilità. Così Mentana convinto di avere ormai sviscerato a sufficienza l’argomento rifiuti ed inceneritori, annunciava un nuovo attacco a Beppe Grillo anticipato dalla visione di uno spezzone del V Day di Torino nel quale il comico denunciava lo scempio costituito dalle basi statunitensi sul suolo italiano e motivava l’opposizione dei cittadini vicentini alla nuova base americana Dal Molin. Ma volevo parlare solo di spazzatura e a quel punto la scritta off sul telecomando somigliava tropo al canto delle sirene di Ulisse, errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
Se esistesse un “teleratto” offerto come premio per la migliore trasmissione di disinformazione, la puntata di Matrix andata in onda martedì 6 maggio non avrebbe sicuramente avuto problema ad aggiudicarselo.
Nell’avvilente panorama offerto dall’informazione televisiva, abituata a balbettare slogan senza senso, i teatrini privi di costrutto sono all’ordine del giorno, ma raramente il livello della rappresentazione ha raggiunto vette demenziali come accaduto a Matrix ieri sera.
Enrico Mentana nel palese tentativo di screditare Beppe Grillo ed il recente V Day tenutosi a Torino, approfittando della mancanza di un contraddittorio, ha aperto la trasmissione con uno spezzone dello stesso, durante il quale il comico genovese apostrofava in malo modo il cerusico ed ex ministro Veronesi, colpevole di essere più sensibile alle prebende delle multinazionali che sponsorizzano la sua fondazione, piuttosto che non ai risultati delle ricerche scientifiche in tema di malattie ingenerate dall’incenerimento dei rifiuti.
Presenti in studio gli ex ministri Maurizio Gasparri ed Antonio Di Pietro, il giornalista de Il Giornale Filippo Facci e il giornalista Andrea Scanzi autore del recente libro “ve lo do io Beppe Grillo” che hanno immediatamente preso le difese di Veronesi, tessendone le lodi in maniera tanto sperticata quanto assolutamente priva di fondamento.
Collegati tramite video il dott. Stefano Montanari, direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena, candidato premier alle recenti elezioni politiche con la lista per il Bene Comune nonché noto ricercatore da sempre contrario agli inceneritori ed un docente del Politecnico di Milano di cui mi sfugge il nome, deputato a sostenere il contraddittorio dal punto di vista scientifico.
Ad introdurre il tema “caldo” della serata, costituito da inceneritori e rifiuti, un lungo servizio della redazione nel quale venivano vantate, senza produrre un solo dato scientifico, le mirabolanti virtù di un nuovo forno inceneritore (in realtà si trattava del potenziamento di un forno già esistente) situato alle porte di Milano, dal cui camino pareva uscire solamente profumo di violette. A testimonianza di questa mirabilia alcune interviste visibilmente pilotate ad abitanti della zona, scelti fra coloro che non erano in possesso della minima cognizione in tema di rifiuti ed incenerimento e la testimonianza di un tecnico dell’impianto, pronto a negare tutta l’evidenza scientifica in materia d’inquinamento da inceneritori e disposto a giurare che solamente il profumo di violette sarebbe uscito dal forno in questione negli anni a venire.
Tornati in studio il dramma iniziava a consumarsi, poiché Montanari, al quale Mentana aveva dato la parola, prendeva a spiegare con dovizia di dati le ragioni per cui la scelta d’incenerire i rifiuti si rivela sbagliata, antieconomica e dannosa, per la salute della popolazione e per quella dell’ambiente, mentre gli ospiti ascoltavano con espressione attonita quasi il ricercatore si stesse esprimendo in una sorta di dialetto sconosciuto.
Di Pietro abbozzava una difesa di Grillo affermando che dagli inceneritori in effetti non esce proprio profumo di violette, però sono necessari, per adesso. Gasparri che probabilmente non aveva neppure compreso di cosa si stesse parlando irrideva Montanari che, a suo dire, alle elezioni avrebbe ottenuto lo 0%. Facci intento a ravvivarsi la frangetta modello novello Sgarbi biascicava qualcosa d’incomprensibile. Mentana prendendo spunto dai cittadini intervistati nel filmato sosteneva che dei rifiuti bisognava pur far qualcosa per non fare la fine di Napoli. Il professore del Politecnico si produceva in una tanto lunga quanto sterile dissertazione sulle nanopolveri, concludendo con l’affermazione secondo cui gli inceneritori inquinano come le centrali a gas e petrolio.
Montanari provava allora a spiegare come si dovrebbero trattare i rifiuti evitando l’incenerimento, illustrando la pratica “rifiuti zero” già diventata realtà in molte città come San Francisco, Edmonton e Perth.
Mentana obiettava dicendo che in Italia la situazione è grave e non permette di applicare tecniche sperimentali, Gasparri non avendo ancora afferrato l’argomento della discussione ribadiva che Montanari aveva ottenuto alle elezioni lo 0%, il professore del Politecnico sosteneva che le esperienze di piccoli paesi canadesi ed australiani non erano rilevanti, come al contrario si manifesta invece una grande realtà come quella di Brescia, con il suo mega inceneritore che offre energia a migliaia di famiglie.
Montanari faceva notare al professore che Edmonton ha 900.000 abitanti, mentre Perth è la quarta città dell’Australia con oltre un milione e mezzo di abitanti e si tratta perciò di realtà notevolmente superiori a quelle di Brescia. Inoltre ribadiva come la pratica virtuosa consista nel fornire energia a migliaia di persone in maniera economica, poiché se come a Brescia la si fornisce pagandola tre volte di più non c’è davvero nulla di cui vantarsi.
Di Pietro non afferrando il senso della discussione si produceva in qualche freddura da bar dello sport, Gasparri ridacchiava con espressione ebete a triste testimonianza del nulla che alberga nella mente della classe dirigente del Paese, Facci continuava a ravvivarsi i capelli ed il professore del Politecnico, cui erano venute meno elementari nozioni di geografia, dimostrava di avere ormai “dato” tutto quello che era nelle sue possibilità. Così Mentana convinto di avere ormai sviscerato a sufficienza l’argomento rifiuti ed inceneritori, annunciava un nuovo attacco a Beppe Grillo anticipato dalla visione di uno spezzone del V Day di Torino nel quale il comico denunciava lo scempio costituito dalle basi statunitensi sul suolo italiano e motivava l’opposizione dei cittadini vicentini alla nuova base americana Dal Molin. Ma volevo parlare solo di spazzatura e a quel punto la scritta off sul telecomando somigliava tropo al canto delle sirene di Ulisse, errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
lunedì 5 maggio 2008
Decrescita o Impoverimento?
Marco Cedolin
Molte volte quando scrivo o parlo di decrescita, qualcuno di fronte al progressivo impoverimento delle famiglie italiane sottolinea che la decrescita è già in atto e non si tratta in fondo di una gran bella cosa. Confondere l’impoverimento con la decrescita è un atteggiamento abbastanza comune e tutto sommato comprensibile per chi non abbia approfondito l’argomento ma rischia di creare una confusione di fondo in grado di far perdere ogni coordinata.
L’impoverimento e la decrescita non hanno nulla in comune, anche se una delle tante risultanti di entrambe le situazioni può essere costituita dal ritornare a coltivare l’orticello ereditato dal nonno, pratica comunque virtuosa in sé a prescindere dalle motivazioni che hanno indotto la scelta.
L’impoverimento è una situazione imposta dalla congiuntura economica che determina un decadimento del benessere individuale. L’impoverito è costretto ad acquistare merci a basso costo di qualità scadente, importate da paesi a migliaia di km di distanza. L’impoverito deve basare la propria alimentazione sulle offerte promozionali dei discount, a fronte di viaggi in auto alla ricerca della promozione più alettante e di prodotti che spesso arrivano da molto lontano, dalle dubbie qualità sia sotto l’aspetto organolettico sia dal punto di vista nutrizionale. L’impoverito è costretto ad operare delle rinunce che mettono a repentaglio il suo benessere e la qualità della sua vita, solamente al fine di ottenere un risparmio monetario che possa permettergli di sopravvivere.....
Molte volte quando scrivo o parlo di decrescita, qualcuno di fronte al progressivo impoverimento delle famiglie italiane sottolinea che la decrescita è già in atto e non si tratta in fondo di una gran bella cosa. Confondere l’impoverimento con la decrescita è un atteggiamento abbastanza comune e tutto sommato comprensibile per chi non abbia approfondito l’argomento ma rischia di creare una confusione di fondo in grado di far perdere ogni coordinata.
L’impoverimento e la decrescita non hanno nulla in comune, anche se una delle tante risultanti di entrambe le situazioni può essere costituita dal ritornare a coltivare l’orticello ereditato dal nonno, pratica comunque virtuosa in sé a prescindere dalle motivazioni che hanno indotto la scelta.
L’impoverimento è una situazione imposta dalla congiuntura economica che determina un decadimento del benessere individuale. L’impoverito è costretto ad acquistare merci a basso costo di qualità scadente, importate da paesi a migliaia di km di distanza. L’impoverito deve basare la propria alimentazione sulle offerte promozionali dei discount, a fronte di viaggi in auto alla ricerca della promozione più alettante e di prodotti che spesso arrivano da molto lontano, dalle dubbie qualità sia sotto l’aspetto organolettico sia dal punto di vista nutrizionale. L’impoverito è costretto ad operare delle rinunce che mettono a repentaglio il suo benessere e la qualità della sua vita, solamente al fine di ottenere un risparmio monetario che possa permettergli di sopravvivere.....
venerdì 2 maggio 2008
La metropoli galleggiante
Marco Cedolin
La Indipendence of the seas, transatlantico di lusso della compagnia Royal Caribbean International campeggiava in questi giorni sul sito web di Repubblica in un articolo a sfondo promozionale che in occasione del suo varo la definiva “Regina dei mari” e ne lodava le qualità e le dimensioni che la rendono il vascello più grande del mondo con 160.000 tonnellate di stazza e una lunghezza di 339 metri superiore all’altezza della Torre Eiffel.
La passione per le crociere nell’ultimo decennio sembra stia continuando ad aumentare in maniera esponenziale. Secondo i dati diffusi dalla Ocean Shipping consultants, una società di ricerca indipendente con sede in Gran Bretagna, nel solo anno 2005 oltre 13 milioni di persone nel mondo (9,2 milioni nordamericani e 3,2 milioni europei) hanno scelto la crociera come “meta”della propria vacanza. Le previsioni per il futuro, incuranti della carestia energetica che sembra prospettarsi a breve termine, appaiono se possibile ancora più rosee e gli esperti del settore ritengono si arriverà alla cifra di 20 milioni di croceristi/anno entro il 2015. A fronte di risultati così positivi tutti i maggiori armatori mondiali stanno attrezzandosi per rispondere alla crescita della domanda attraverso il varo di nuove navi che siano in grado d’interpretare sempre meglio i desideri di coloro che si rendono protagonisti di una vera e propria sorta di colonizzazione delle distese marine.
La Indipendence of the seas, raccontata su Repubblica in ogni minimo dettaglio, sembra essere attrezzata al meglio per rispondere alle esigenze della clientela, anche quando si tratta di quella più raffinata e snob.
Ospiterà una “popolazione” di 5000 persone, un teatro con 1350 posti adatto anche a spettacoli sul ghiaccio, disporrà di una sua 5th Avenue e di una via Condotti dove praticare in tutta libertà lo shopping compulsivo e sarà priva delle periferie e dei quartieri malfamati che “ammorbano” le metropoli della terraferma. Avrà un centro fitness con 126 diverse macchine, una piscina per il surf dove oltre 130.000 litri d'acqua al minuto si sposteranno alla velocità di 30 chilometri l'ora per simulare l'effetto-onda e favorire le "cavalcate" in piedi sulle tavole, 11 diversi percorsi di arrampicata sulla palestra di rocca alta 13 metri che svetta sull'oceano, la pista di pattinaggio, le piscine riscaldate, il parco acquatico per bambini.
La sua costruzione ha consumato 350.000 lastre d'acciaio, 523 chilometri di profilati d'acciaio, 1623 chilometri di cordone per saldatura, 504.000 litri di vernice, 3540 chilometri di cavi elettrici, 161 chilometri di tubi, 5800 metri quadrati di vetrate. Consuma ogni giorno 1400 tonnellate di acqua (580 delle quali per le sole piscine) e 35 tonnellate di cubetti di ghiaccio per i drink degli ospiti. La potenza dei suoi motori basterebbe ad alimentare una città di 200.000 abitanti e nei suoi ristoranti verranno serviti ogni giorno tanti pasti di lusso quanti in una grande città come Torino.
Misure da record, consumi da record, sprechi da record e proprio nello spreco elevato a virtù e nel gigantismo strutturale vissuto come elemento di esclusività si possono leggere le chiavi del successo di un tipo di vacanza considerato sempre più “snob” in un momento in cui la scarsità delle fonti energetiche e delle risorse idriche sta imponendo a tutti i “comuni mortali” maggiore sobrietà. Una esperienza di vacanza tanto energivora e incurante dell’ambiente quanto elitaria e gratificante proprio perché il crocerista è consapevole di potersi permettere questo genere di atteggiamento.
La Indipendence of the seas, transatlantico di lusso della compagnia Royal Caribbean International campeggiava in questi giorni sul sito web di Repubblica in un articolo a sfondo promozionale che in occasione del suo varo la definiva “Regina dei mari” e ne lodava le qualità e le dimensioni che la rendono il vascello più grande del mondo con 160.000 tonnellate di stazza e una lunghezza di 339 metri superiore all’altezza della Torre Eiffel.
La passione per le crociere nell’ultimo decennio sembra stia continuando ad aumentare in maniera esponenziale. Secondo i dati diffusi dalla Ocean Shipping consultants, una società di ricerca indipendente con sede in Gran Bretagna, nel solo anno 2005 oltre 13 milioni di persone nel mondo (9,2 milioni nordamericani e 3,2 milioni europei) hanno scelto la crociera come “meta”della propria vacanza. Le previsioni per il futuro, incuranti della carestia energetica che sembra prospettarsi a breve termine, appaiono se possibile ancora più rosee e gli esperti del settore ritengono si arriverà alla cifra di 20 milioni di croceristi/anno entro il 2015. A fronte di risultati così positivi tutti i maggiori armatori mondiali stanno attrezzandosi per rispondere alla crescita della domanda attraverso il varo di nuove navi che siano in grado d’interpretare sempre meglio i desideri di coloro che si rendono protagonisti di una vera e propria sorta di colonizzazione delle distese marine.
La Indipendence of the seas, raccontata su Repubblica in ogni minimo dettaglio, sembra essere attrezzata al meglio per rispondere alle esigenze della clientela, anche quando si tratta di quella più raffinata e snob.
Ospiterà una “popolazione” di 5000 persone, un teatro con 1350 posti adatto anche a spettacoli sul ghiaccio, disporrà di una sua 5th Avenue e di una via Condotti dove praticare in tutta libertà lo shopping compulsivo e sarà priva delle periferie e dei quartieri malfamati che “ammorbano” le metropoli della terraferma. Avrà un centro fitness con 126 diverse macchine, una piscina per il surf dove oltre 130.000 litri d'acqua al minuto si sposteranno alla velocità di 30 chilometri l'ora per simulare l'effetto-onda e favorire le "cavalcate" in piedi sulle tavole, 11 diversi percorsi di arrampicata sulla palestra di rocca alta 13 metri che svetta sull'oceano, la pista di pattinaggio, le piscine riscaldate, il parco acquatico per bambini.
La sua costruzione ha consumato 350.000 lastre d'acciaio, 523 chilometri di profilati d'acciaio, 1623 chilometri di cordone per saldatura, 504.000 litri di vernice, 3540 chilometri di cavi elettrici, 161 chilometri di tubi, 5800 metri quadrati di vetrate. Consuma ogni giorno 1400 tonnellate di acqua (580 delle quali per le sole piscine) e 35 tonnellate di cubetti di ghiaccio per i drink degli ospiti. La potenza dei suoi motori basterebbe ad alimentare una città di 200.000 abitanti e nei suoi ristoranti verranno serviti ogni giorno tanti pasti di lusso quanti in una grande città come Torino.
Misure da record, consumi da record, sprechi da record e proprio nello spreco elevato a virtù e nel gigantismo strutturale vissuto come elemento di esclusività si possono leggere le chiavi del successo di un tipo di vacanza considerato sempre più “snob” in un momento in cui la scarsità delle fonti energetiche e delle risorse idriche sta imponendo a tutti i “comuni mortali” maggiore sobrietà. Una esperienza di vacanza tanto energivora e incurante dell’ambiente quanto elitaria e gratificante proprio perché il crocerista è consapevole di potersi permettere questo genere di atteggiamento.
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