Marco Cedolin
A Chiaiano, come a Serre, come in Val di Susa, la lunga teoria dei manganelli continua a perpetuarsi sempre uguale a sé stessa, senza alcuna logica che prescinda dalla sopraffazione violenta calata come un maglio sulla testa dei cittadini.
Cambiano i governi ma non cambiano i metodi, non cambia la protervia e neppure l’arroganza di una classe politica che dopo avere scaricato sulle spalle della popolazione le conseguenze della propria manifesta incapacità, continua a gestire il dissenso facendo bastonare dalle forze dell’ordine chiunque osi opporsi alle decisioni scellerate partorite nell’oscurità dei bugigattoli del potere.
Anche a Chiaiano come prima di oggi in molti altri “angoli” d’Italia i cittadini che scendono in strada per difendere il proprio diritto ad esistere, vengono considerati alla stessa stregua di un nemico da abbattere, un nemico composto da uomini, donne e bambini con le braccia alzate, tanto più pericoloso quanto più eterogeneo, multiforme ed armato di sola tenacia.
Quale credibilità può avere un governo che ordina di manganellare i cittadini che dovrebbe rappresentare ogni qualvolta intendono far valere i propri diritti? Quale credibilità può avere uno Stato che usa l’esercito per tentare di annientare le sacrosante proteste della popolazione? Quale credibilità può avere una classe politica che discetta di democrazia nascondendosi dietro ai caschi e agli scudi della polizia?
La notte di questa Italia, senza stelle e senza luna, continua a farsi sempre più buia, buia come la notte di Chiaiano che sprofonda in quel baratro sempre più profondo che separa il potere accoccolato nelle ville in Sardegna e negli attici romani da tutti coloro che sono costretti a difendere con i denti la propria “vita”. Una vita da cittadini “normali” trasformatisi improvvisamente in delinquenti, rivoltosi e terroristi, per la sola ragione di avere avuto il coraggio di dire NO a chi dopo avergli rubato il presente intendeva rubare loro anche il futuro.
2 commenti:
L'INTERCETTAZIONE BERTOLASO CATENACCI:
a proposito del perchè vogliono costruire inceneritori
LE INTERCETTAZIONI / Catenacci: «Fanno un affare da 1.325 miliardi»
E Bertolaso esclamò al telefono: «Mortacci»
di Gianluca Abate
NAPOLI — Il calcolo delle ecoballe accatastate in giro per la Campania lo fa Corrado Catenacci. È il 7 marzo 2005, e alle 18.59 l’ex commissario telefona al capo della protezione civile Guido Bertolaso. La conversazione viene intercettata. Eccola.
Catenacci: «Ci sono almeno due milioni e mezzo di balle in tutta la Campania… Per quanto riguarda gli importi, secondo me sono circa 400 miliardi di lire».
Bertolaso: «Perché loro bruciandoli ricavano energia elettrica, no?».
Catenacci: «Gliela pagano a tariffa agevolata, tutto uno strano movimento che hanno fatto loro».
Diciotto minuti dopo, alle 19.17, il prefetto richiama.
Catenacci: «Ho fatto i conti con Turiello, viene una cifra mostruosa, 1.325 miliardi di lire».
Bertolaso: «Mortacci ragazzi…».
Cosa vogliano dire le due intercettazioni è cosa che il giudice spiega chiaramente. La prima conversazione è relativa al numero di ecoballe (o rifiuti, stando all’accusa) accatastate a quella data, numero che di lì in poi crescerà fino a tre milioni. La seconda, invece, fa riferimento ai previsti introiti derivanti dalla vendita di energia elettrica prodotta bruciando milioni di balle che la Procura ritiene per nulla eco. E che non fossero eco (a dar credito al giudice) se n’erano accorti i cittadini che accanto a quei siti ci vivevano, tanto che «le prime proteste delle popolazioni per i miasmi concorrevano a determinare la presentazione di interrogazioni parlamentari degli onorevoli Emiddio Novi e Alfonso Pecoraro Scanio». Il 27 febbraio 2002, il ministero dell’Ambiente «segnala l’opportunità di accertamenti». Gli rispondono che va tutto bene, grazie anche alla «prassi di addomesticare i risultati» che «deve ritenersi provata».
Così come «provata» è anche la circostanza che sin dall’inizio appariva chiara la difficoltà di smaltire le ecoballe. Sergio Pomodoro, dirigente della Impregilo, ai pm la spiega così: «Verificai che, ove si fossero utilizzati tutti i cementifici italiani e si fosse ricorsi anche a forme di combustione nei gruppi alimentati a carbone, la produzione di cdr avrebbe saturato tutti quegli impianti». Il 5 marzo 2003, invece, viene intercettata una conversazione dell’allora amministratore delegato di Fibe Armando Cattaneo. Angelo Pelliccia, il suo interlocutore, dice che è meglio «lasciare il giocattolo in mano alla Regione». Il manager risponde così: «Saremo l’unico termovalorizzatore che dà 10 euro a tonnellata per il fos, cdr… Ci bruciamo tutto quello che non ci crea problemi, ci piace così ed è finito». Il 2 aprile 2005, lo stesso Armando Cattaneo parla con un avvocato della conversione del decreto legge sull’additivazione dei rifiuti: «Siniscalchi dice che al Senato la Lega è stata tranquilla perché aveva la devolution e s’è guardata bene dal rompere le scatole, ma alla Camera si aspettano maggiore battaglia… Si teme frange di An e Lega contro… Vabbuò ci siete voi Ds».
Il 7 marzo 2005, invece, le microspie registrano la conversazione di un funzionario del commissariato per i rifiuti. Sono le 13.16. E la telefonata per il gip non ha bisogno di commenti: «Non è più il combustibile che deve essere stoccato…
Questa è monnezza vera e propria».
Come sempre ciò che scrivi mi colpisce per la limpidezza e la completezza.... oltre che per la corrosività. Bellissimo blog...
Ti ho aggiunto fra i miei blog amici! Spero che ti leggano sempre più persone, sarebbe molto utile... ciao
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