mercoledì 31 dicembre 2003

L'anno che verrà

Marco Cedolin

Basta volgere un attimo lo sguardo alle nostre spalle per rendersi conto del fatto che gli ultimi dodici mesi sono stati un marasma senza soluzione di continuità di tensioni, accadimenti luttuosi, soppressione dei diritti e prevaricazione sui più deboli.
L'invasione dell'Iraq da parte degli americani e dei loro alleati potrebbe essere il simbolo di questo 2003 che ci ha lasciato in bocca il sapore acre della tragedia. Un simbolo certo, non solo per il carico di morte e disperazione inflitto ad un popolo già duramente provato da 12 anni di embargo criminale, ma anche per la palese dimostrazione del fatto che non esiste più alcun genere di diritto internazionale, non esiste più l'ONU (ammesso che sia mai esistita), non esiste più alcuna regola che non sia quella della sopraffazione armata, delle bombe, degli ultimatum, di una nazione che in preda al delirio di onnipotenza si considera divina dispensatrice di vita e di morte.
Da almeno mezzo secolo non si sentiva dissertare con tanta assiduità e veemenza di carri armati, bombe intelligenti, fortezze volanti, armi e soldati. Da almeno mezzo secolo i governi dei paesi occidentali non mettevano in cima alla lista delle proprie priorità l'incremento delle spese militari, il rinnovamento e l'ampliamento dei propri armamenti, la costruzione di eserciti dalle migliorate capacità devastanti.

L'ultima volta che l'Europa corse ad armarsi fu nel decennio precedente la seconda guerra mondiale, ma la lezione della storia sembra sia stata utile solo a riempire qualche libro di testo e nulla più.
E' stato l'anno del terrorismo, della minaccia globale, di quell'ologramma costruito ad arte sulla testa di noi tutti per giustificare quello che altrimenti sarebbe ingiustificabile. Per giustificare due stati sovrani invasi e devastati in meno di tre anni, per giustificare Guantanamo, la detenzione dei sospetti senza un adeguato processo, le intercettazioni telefoniche, la violazione di ogni genere di privacy, l'incremento smisurato delle forze di polizia e della loro ingerenza nella nostra vita di tutti i giorni.
Il terrorista è il nemico ideale, poiché non esistendo si può fingere di combatterlo ad oltranza, senza pietà, senza abbassare mai la guardia e nel frattempo creare tanti regimi di polizia, come piccole scatole cinesi che fanno capo ad un'unica grande scatola colorata a stelle e strisce.

Abbiamo visto per un mese telegiornali e quotidiani monopolizzati dalla SARS, comparsa in Cina misteriosamente, ad evocare l'atavico incubo della pestilenza, e poi sparita altrettanto misteriosamente lasciandoci stampate negli occhi quelle pagine del PNAC (progetto per un nuovo secolo americano) nel quale si fa esplicito riferimento all'uso imminente di armi biologiche innovative in grado di colpire selettivamente soltanto determinati genotipi della razza umana.

Abbiamo dovuto indignarci tante, troppe volte per un governo che sta costruendo proditoriamente un'Italia che nessuno vorrebbe per i propri figli.
Ci siamo trasformati nel paese con la maggiore flessibilità d'Europa, un regalo all'elite degli industriali che tutte le famiglie pagheranno sotto forma di un futuro carico d'incertezze e di precarietà.
Abbiamo accolto tributandogli ogni onore il boia Sharon, uno dei veri criminali di guerra dei nostri giorni, ed avallato la politica di un uomo che ha scavalcato la pena di morte attraverso la pratica degli “omicidi mirati” e sta costruendo nientemeno che un muro per confinare i novelli pellerossa palestinesi dentro ad una riserva fatta di misere vite da spendere in un sacrificio estremo fatto di tritolo.

C'è stato spazio per tutto, per un presidente del consiglio che si è fatto dichiarare “intoccabile” nell'intento di sfuggire ad un processo nel quale era implicato fino al collo, per un ministro che ha messo alla berlina i cani, le porzioni abbondanti dentro i ristoranti e i distributori automatici di sigarette da frequentare solo con il favore delle tenebre. Per la criminalizzazione delle discoteche, degli automobilisti, perfino dello spinello che nel disegno di legge del camerata pentito Fini Gianfranco diventa motivo per essere sbattuti in galera senza esitazione.

Abbiamo visto la televisione sostituirsi a quell'organo ormai desueto chiamato parlamento e trasmissioni come porta a porta nelle quali il braccio politico delle multinazionali si perde in sterili discussioni fingendo di dividersi in centrodestra e centrosinistra, dimentico del fatto che il capitale non ha mai perseguito altro che il profitto.

Non è cosa facile correre con il pensiero oltre il brindisi che fra poche ore sancirà la fine di questo anno disgraziato. I deficienti dell'uniero e l'omino dallo sguardo imbecille che fa girare l'economia con la patetica borsa della spesa sono parodie caricaturali ben lontane dalla realtà.
Sicuramente quelli che ci attendono saranno dodici mesi carichi d'inquietudine, figli di un'economia malata, di una società sempre più schizofrenica, della progressiva estinzione di quel bene prezioso chiamato libertà, della guerra globale che ci attende dietro l'angolo.
Non per questo possiamo permetterci di smettere di lottare e sperare, non per questo possiamo permetterci di lasciarci vivere ed abituarci al mesto colore della vergogna.Continueremo a far sentire la nostra voce più forte che mai perché è meno semplice di quanto si pensi lobotomizzarci.

lunedì 22 dicembre 2003

Schiavi selvaggi

Marco Cedolin

Le renne della slitta di Babbo Natale hanno deciso di ascoltare i rimbrotti provenienti dai loro stomaci, hanno puntato i piedi e si sono fermate proprio nella settimana sacra del regalo consumista.
Quale ignominia, quale catastrofe, quale lettura distorta e atipica dell'atmosfera di fraterno amore prenatalizia. Già atipica, come in Italia sta diventando la condizione dei lavoratori tutti, ma proprio tutti, credetemi.
106 euro di aumento per il recupero dell'inflazione (parziale perché calcolati sull'inflazione ufficiale che si sa bene non ha rispondenza nella realtà) sulle buste paga degli autisti dei mezzi pubblici sono bastati a mandare in crisi il sistema Italia costretto a prendere atto con sguardo attonito e sgomento del fatto che se agli schiavi dimentichi di mettere le catene ai polsi può ancora capitare che si siedano e incrocino le braccia.

Nella vicenda il governo, i sindacati e le aziende del trasporto pubblico stanno collezionando figuracce a raffica e si ritrovano ormai sull'orlo dell'isteria ad auspicare atteggiamenti degni di ogni regime totalitario che si rispetti quali precettazioni, denunce all'autorità giudiziaria, invio delle “squadre” di polizia nei depositi dei mezzi pubblici. Il tutto nel nome del diritto dei cittadini alla libera circolazione.
Fatta la debita premessa che il cittadino costretto a circolare a piedi non viene per questo in alcun modo privato del suo diritto a deambulare, mi viene spontaneo domandarmi, non trattandosi di ectoplasmi senza volto ma di persone con una loro vita che respirano e mangiano e lavorano, cosa s'intende quando genericamente si afferma di tutelare i diritti dei cittadini che poi in realtà siamo noi tutti autoferrotranvieri compresi?

In realtà questo concetto di “Stato Famiglia” che nel suo patetico monologo pre elettorale di ieri l'imbonitore di Arcore non ha mancato di menzionare, altro non è se non una metafora quanto mai fuori luogo di un regime sempre più arrogante ed autoritario che cerca di far sopravvivere un condensato di capitalismo liberista, poggiando unicamente sulle spalle dei lavoratori ridotti progressivamente ad uno stato di semischiavitù.

I “nuovi schiavi” al soldo delle agenzie interinali, anche grazie alla sistematica soppressione di un rapporto di lavoro corretto favorita dalla riforma Biagi, stanno man mano scalzando in molti settori il lavoro dipendente tradizionale che entro pochi anni diventerà un miraggio inarrivabile.
La forbice fra costo della vita e reddito dei cittadini si sta spaventosamente allargando e già oggi induce un grande numero di persone alla consapevolezza di non potersi più permettere neppure di scioperare o protestare, senza mettere a repentaglio la sussistenza loro e delle proprie famiglie.

La protesta di chi, come gli autoferrotranviari non chiede altro se non quello che gli spetta di diritto viene definita selvaggia, selvaggia perché nell'Italia del 2003 il penoso circo consumista del Natale viene prima del diritto dei cittadini ad avere un contratto di lavoro che venga rispettato.
Poliziotti con lo scudiscio anziché biada per far ripartire la slitta dell'effimero, questa risulta essere la ricetta invocata dal Ministro Maroni e avallata da un mondo sindacale la cui connivenza con il capitale è ormai sotto gli occhi di tutti, una ricetta in verità molto pericolosa in quanto mette a nudo il vero volto di chi sta gestendo una democrazia moribonda che di democratico mantiene solamente il nome e poco più.

giovedì 18 dicembre 2003

Sotto l'albero

Marco Cedolin

Quello datato 2003 sarà un Natale felice, uno di quelli insomma che nascono sotto i migliori auspici e da qui alla notte di Betlemme le prospettive non potranno che migliorare.
I Re Magi hanno portato in dono nientemeno che Saddam Hussein, l'incarnazione terrena del satana e già si sta preparando legna per arderlo sul rogo della "giustizia".
Poco importa che quell'anziano dalla lunga barba mostrato in Tv e sui giornali somigli più a un eremita dedito all'ascetica contemplazione piuttosto che a un carnefice in grado di spodestare Attila dal trono della storia.
Poco importa che gli americani ammettano di sottoporre l'impotente belzebù alla "tortura soft" di visionare in continuazione i filmati amatoriali concernenti tutte le atrocità da lui commesse (qualcosa come costringere Antonio Ricci a rivedere dalla prima all'ultima tutte le puntate di quel pessimo polpettone consumistico qualunquista chiamato striscia la notizia).

L'evento basta perchè l'Onnipotente G.W.Bush possa asserire - avevo ragione io- e -dopo la guerra e la cattura di lucifero ora il mondo è un posto più sicuro". Molto ci sarebbe da dissertare sulla sicurezza del pianeta, fintanto che l'amministrazione statunitense sarà gestita dai firmatari del "progetto per un nuovo secolo americano" ma siamo qui per parlare del Natale e non divaghiamo.
Sono felici i DS, i girotondini, l'elite illuminata della sinistra chic (la parte non illuminata è alle prese con quella quadratura del cerchio che di nome fa rinnovo dei contratti dei lavoratori).
Il Presidente Ciampi, stanco di celebrare ricorrenze delle quali non importa niente a nessuno ha dimostrato che in fondo in fondo il libero arbitrio alligna in ogni creatura e si è rifiutato dii firmare la legge Gasparri, notando in essa qualche piccola incongruenza con la costituzione che ci appartiene.

Festa grande, balli, canti, trepidazione, poco importa il fatto che a giorni il governo varerà un decreto per far si che gli interessi del Cavaliere non vengano lesi in alcun modo dalle bizzarrie di questo attempato signore in età.
Si sta approvando con grande frenesia su questa fulgida strada per Betlemme, lastricata dai ciotoli della speranza che brillano al baluginio della cometa Tremonti anche la nuova finanziaria e qui in verità i doni avvoltolati nella carta argentata sono davvero molti.

Il più grande va a tutti coloro che hanno vissuto al di fuori della legge e si sono a vario titolo arricchiti indebitamente, si chiama condono e altro non fa che mettere nero su bianco la solidarietà del governo per i propri simili.
Ma regali ce ne sono per tutti e i pochi esempi che mi vengono alla mente sono già di per se stessi quanto mai esaustivi.

Chi viaggerà in aereo potrà usufruire del prelievo coatto di un euro per finanziare l'omino in divisa che lo perquisisce e gli guarda dentro la valigia.

Chi beve birra (ho detto birra non vodka) avrà in dono il privilegio di pagarla un poco più cara.

I fumatori preserveranno la propria salute fumando meno, essendo ormai arrivate le sigarette a costare quasi quanto uno spinello.

Chi comprerà o venderà una casa avrà in regalo una tassa più alta.

Il "sociale" pur non essendo una persona fisica sarà felice di donare oltre il 50% dei denari a lui destinati (derivanti dall'8 per mille di competenza dello stato) nientemeno che alla sicurezza, della quale si sa c'è tanto bisogno.
Una vera pioggia di presenti poi per i figli armati del regime, poliziotti, carabinieri, militari, e vigili del fuoco che in verità proprio armati non sono se non di buona volontà.

Viene inoltre istituito un fondo di riserva di 1200 milioni di euro (si ho scritto proprio 1200 ed è di riserva) per eventuali esigenze connesse con la proroga delle missioni intrernaziionali di pace, la cui importanza capitale è ovviamente fuori discussione.

Un pacco dono anche per la santa sede, 29 milioni di euro per l'acqua in ottemperanza agli accordi in sede di Patti Lateranensi...quando si dice una civiltà del presente con profonde radici nel passato.

Ma 500.000 euro vengono anche omaggiati al ricordo e alla ricerca relativi alla Shoan...no, i tranvieri di Milano non c'entrano ma cosa avete capito?

E poi il mega pacco dono sfavillante con ologramma di fiocco rosso su carta dorata dedicato a tutte, ma proprio tutte le famiglie degli italiani che con la bocca spalancata agognano ad acquistare i miracoli della tecnologia.
200 euro per l'acquisto di un nuovo pc, 75 per passare ad internet veloce e... udite udite addirittura 150 euro per coloro che acquisteranno un decoder per passare alla TV digitale terrestre, poco importa il fatto che la schiera di questi miracolati il decoder in questione potranno usarlo come soprammobile o alla bisogna come eccentrico portavivande, poichè il digitale terrestre è una tecnologia che nella realtà esiste solo nelle fantasie oniriche del ministro Gasparri e non sarà disponibile per gli italiani almeno fino al 2010 e fra 7 anni quei decoder a prescindere dall'uso improprio al quale saranno stati destinati nel frattempo risulteranno comunque un poco datati.

Un gentile omaggio ai piromani d'interesse che avranno più facilità nel ricostruire sulle aree incendiate.

Un regalone pesante pesante di 50 milioni di euro all'Opus Dei per la costruzione di un campus biomedico.

Una piccola elemosina che trasuda vergogna per le vittime del terrorissmo il cui vitalizio passa a 500 euro al mese....quando si dice stato e riconoscenza, due rette parallele che non s'incontrano mai.
Un ultimo pensiero per il popolo degli sciatori che finalmente avrà il proprio codice della strada, i propri caschi, le proprie multe, ma dovrà ancora attendere le patenti a punti, ma abbiate fede, le vie del lucro, del divieto e dell'obbligo sono infinite e prima o poi ci si penserà.

giovedì 11 dicembre 2003

Fahrenait 2003

Marco Cedolin

Mi sorprendo in un freddo pomeriggio di dicembre, quando già la luce del giorno sta volgendo al crepuscolo, a concedermi un paio d'ore rubate a quell'ipercinetismo che sempre mi bracca, un paio d'ore dedicate ad annusare questo nostro futuro che ogni giorno che passa s'impregna sempre più dell'odore acre del passato.
Il ministro Maroni ha incontrato i sindacati per discutere la riforma delle pensioni. CGIL, CISL e UIL hanno ottenuto di essere (grazie al milione di persone scese in piazza al loro fianco sabato) accreditate dal governo come interlocutori validi sull'argomento. Il governo ha incassato la condiscendenza dei vertici sindacali riguardo all'assurto secondo il quale una riforma del sistema pensionistico in Italia è comunque cosa necessaria ed indispensabile.
Poi si sono dati tutti appuntamento a data da destinarsi, ma nel leggere i punti salienti del disegno di legge di Maroni e delle controproposte sindacali, l'unica impressione che si riesce a trarne è che quando saremo "riformati" staremo peggio, ma molto peggio di come siamo stati fino ad adesso.

Silvio Berlusconi, padrone sempre più incontrastato ed arrogante della televisione italiana, ha approfittato dell'ennesima serata d'onore nel salottino mediatico dell'amico Bruno Vespa per esternare dinanzi a milioni di teleconsumatori quella che è la sua idea riguardo al futuro dell'informazione. La parola scritta non è altro che un anacronistico retaggio del passato, destinata ad una elitè d'intellettuali, marginale per numero e per importanza.
Chi si ostina a scrivere su quotidiani e periodici somiglia ai patetici costruttori di carrozze che nel secolo scorso tentavano invano di osteggiare la nascita dell'automobile.
Naturalmente per quest'uomo che di libri in vita sua ne ha letti proprio pochini, l'automobile altro non è che la televisione, il magico schermo all'interno del quale convivono in perfetta sinergia cultura, informazione, divertimento, futuro.
Il tutto sotto forma di consigli per gli acquisti, giochini scemi per minorati mentali, quiz più noiosi di una giornata uggiosa, televendite, telepromozioni, telegiornali per lobotomizzati, dibattiti politici da bar dello sport, veline, letterine, scemine assortite, rassegne di gossip, saranno famosi (in quanto organismi unicellulari), pubblicità nella quale annegare qualche misero film ultradatato (chi vuole quelli nuovi sarà costretto a finanziare l'amico Murdoch), fiction scadenti sui carabinieri, sulla polizia, sui preti, su tutte le perle della società insomma.
Ecco il futuro, non più qualcosa da leggere, bensì scemenze all'ennesima potenza da guardare, per un pubblico di deficenti da imbonire al fine di guadagnare milioni di euro nella vendita degli spazi pubblicitari, quegli spazi che la neonata legge Gasparri si sta premurando di allargare a dismisura.

La Rai negli ultimi due anni è diventata la negazione assoluta della pluralità di pensiero e tutte le persone che erano brave nel fare il loro lavoro sono state epurate in ossequio ad una logica che intende dar spazio solo alla mediocrità dei personaggi scodinzolanti.
Proprio oggi il consiglio d'amministrazione ha deciso la definitiva soppressione di Raiot di Sabina Guzzanti, asserendo che forse se ne riparlerà in primavera, o più probabilmente fra qualche anno quando quella massa d'italiani che non sono deficenti sarà riuscita a rimandare a casa il cavaliere dell'etere.

Proprio oggi il senato ha approvato il disegno di legge sulla procreazione assistita, con l'aiuto insperato dei voti di Rutelli e di buona parte dei DS. Un disegno di legge anacronistico per davvero che altro non fa se non discriminare la diversità ed appiattirsi sulle posizioni vetero massimaliste della chiesa di Roma.
Un bell'esempio insomma di questo nuovo che avanza facendo proprie parole intrise di modernità quali censura, divieto, discriminazione.

Purtroppo le mie due ore di relax sono ormai finite, mentre avrei ancora molte domande da pormi, non riesco a capire per quale ragione i lavoratori del futuro debbano, in ottemperanza a qualche volontà divina, essere schiavi della flessibilità, la qual cosa li porterà a dover cambiare lavoro in continuazione, pagare i contributi ma aver diritto alla pensione solo quando si saranno trasformati in cariatidi. Non riesco a capire per quale ragione si stia facendo di tutto per costruire un mondo più brutto, per esacerbare le disuguaglianze, per precarizzare la vita dell'individuo.
E soprattutto mi piacerebbe comprendere perché in futuro non si debba più leggere ma solo rincoglionirsi dinanzi a una TV. Quanto tempo passerà prima che i pompieri del 2000, belli ed impettiti come quelli di New York inizino ad accendere il falò dei libri, inutili orpelli per pochi intellettuali magari etichettati impropriamente come di sinistra?

sabato 6 dicembre 2003

Vessati ed usati

Marco Cedolin

Bella la manifestazione indetta dai sindacati oggi a Roma, contro la finanziaria e la riforma delle pensioni.
Oltre un milione di persone in piazza, (250.000 secondo la questura, ma è cosa consaputa che i tutori dell'ordine non sanno far di conto, essendo ben altre le loro qualità) le bandiere che garriscono al vento, i fischietti, i tamburi, gli striscioni, gli slogan.
Bello ritrovare i sindacati nuovamente uniti, in una piazza, davanti alla gente, a manifestare per i diritti dei lavoratori e non nel “buio” di un palazzetto dello sport, davanti a pochi intimi a manifestare contro l'ologramma di un terrorismo che non c'è.
Importante che stamani in Piazza San Giovanni ci fossero tutti i rappresentanti dell'opposizione, da Fassino a Rutelli a D'Alema, fino a Bertinotti che le piazze in verità non ha mai avuto problema a calcarle.
Straordinario il fatto che il Tg1 abbia dedicato all'evento quasi dieci minuti di servizio, con una ricchezza d'interviste ed una dovizia di particolari alle quali non eravamo in verità più da tempo abituati.
Ma lo sguardo non ha potuto prescindere dall'insinuarsi giocoforza nelle pieghe dell'animo della gente comune, nella realtà di quel milione d'italiani che hanno ritenuto giusto far sentire la propria voce ed il proprio pensiero.

Persone amareggiate, preoccupate, in difficoltà. Persone costrette a convivere ogni giorno con una realtà fatta di precarietà, di salari che non bastano più ad arrivare alla fine del mese, di posti di lavoro in pericolo, di diritti annientati, di pensioni inadeguate a mantenere almeno un minimo di dignità.
Persone costrette a guardare un futuro che trasuda solamente incertezza per sé stessi e per i propri figli, un futuro fatto di lavoro interinale, di ricatti chiamati “flessibilità”, di pensioni che arriveranno (forse) solo nell'età della vecchiaia avanzata, d'insicurezze vissute con lo spettro della disoccupazione e della miseria.

Senza dubbio il malessere nel paese esiste ed è palpabile, fra i lavoratori come fra i pensionati, fra i giovani come fra gli anziani ed è un malessere transgenerazionale ed interclassista, nel senso che coinvolge una massa di persone quanto mai variegata per età, stato sociale ed ideologia politica, tutta la massa di coloro (ed ogni giorno sono di più) che si stanno rendendo conto di come la strada intrapresa e perseguita dal governo non può fare altro che condurci sempre più in basso nel baratro della recessione, della precarietà e della soppressione del diritto.

Nell'osservare la bella manifestazione di oggi ho però percepito una sensazione che non mi è piaciuta affatto.
Ho avuto l'impressione che i leader sindacali e quelli politici dell'opposizione stiano cercando di appropriarsi del malcontento dilagante e di quei milioni d'italiani che stanno prendendo coscienza della realtà, unicamente nel tentativo di mostrare i muscoli ed avere maggiore considerazione nella distribuzione del potere.
Tutti insomma sono pronti a scendere in piazza con sguardo fiero, quando si tratta di arrogarsi il merito di aver portato in piazza un milione di persone, ma tutti fino ad oggi sono stati pronti a defilarsi allorché si è trattato di difendere realmente e non a parole i diritti di quei lavoratori.
Proprio i sindacati e buona parte di quei leader della sinistra oggi in grande spolvero erano al mare quando si è trattato di votare il referendum sull'astensione dell'articolo 18. Forse i lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti sono a loro avviso dei paria i cui diritti non valgono la pena di essere tutelati?
Avete visto voi i sindacati indire (ed i partiti del centrosinistra appoggiare) uno sciopero generale ad oltranza contro la riforma Biagi? Mai successo, eppure la riforma Biagi è quanto di più grave sia accaduto nella storia recente del nostro paese in tema di soppressione dei diritti dei lavoratori e precarizzazione degli stessi.
Sono mai stati indetti degli scioperi “seri” nel senso che mirino realmente a far ritirare un provvedimento e a mettere il governo realmente in difficoltà? Giammai!

Ecco, la mia impressione nel vedere salire sul palco Pezzotta e Angeletti (firmatari del famoso Patto per L'Italia) e tutti gli altri leader è stata purtroppo quella di una classe sindacale e politica pronta più ad usare per i propri fini l'indignazione di lavoratori e pensionati, piuttosto che disposta a tentare di dar loro una risposta con i fatti.
Temo davvero che chi vorrà ottenere sul serio qualcosa dovrà imitare i vituperati (dagli stessi sindacati che oggi pontificavano) tranvieri di Milano, perchè quando si fa uno sciopero o una protesta, se la cosa non crea disagio a nessuno, si rischia di essere stati si folkloristici ma completamente ignorati da tutti e da tutto.