Marco Cedolin
Il 2008 è iniziato come peggio non sarebbe stato possibile, non solo per i cittadini di Napoli fatti oggetto di ogni sorta di angheria, ma anche per tutti gli altri italiani trattati come decerebrati da politici e disinformatori di professione che in queste ultime settimane stanno offrendo il meglio del proprio repertorio costituito da decisioni prive di ogni logica e cattiva informazione dispensata a piene mani senza alcun ritegno.
Curiosamente i cittadini che vivono nel napoletano sono assurti all’onore delle cronache di stampa e TV solamente quando, ormai esasperati oltre ogni limite, hanno deciso di scendere in strada per impedire la riapertura dell’ennesima discarica fra le tante che da decenni li stanno costringendo a frequentare in massa gli ormai strapieni reparti di oncologia degli ospedali della propria città. L’informazione “che conta” ha deciso di farli emergere dallo stato ectoplasmatico nel quale erano da sempre relegati, solamente per stigmatizzarli come facinorosi, violenti, piromani, contestatori, teppisti, nemici dello Stato ed amici della camorra, per il solo fatto di avere osato opporsi ad una decisione imposta dal governo e da una sequela di autorità in gran parte commissariate o in fase di commissariamento.
Quella stessa informazione “che conta” dormiva sonni tranquilli fatti di fogli intonsi e completa inanità quando nel 2004 autorevoli riviste internazionali quali Lancet Oncology e Newsweek si occupavano dei cittadini che vivono nel napoletano pubblicando ottime inchieste nelle quali si metteva in evidenza come il gran numero di discariche legali ed illegali fosse la causa principale della vera e propria epidemia di affezioni a carattere tumorale che ammorba pesantemente quella zona della Campania ormai tristemente nota come “triangolo della morte”.
La disastrosa situazione rifiuti di Napoli della quale la classe politica è prima responsabile insieme ad imprenditori senza scrupoli, viene presentata all’opinione pubblica come una conseguenza “dell’egoismo” dei cittadini partenopei e delle mire di una fantomatica camorra tanto impalpabile quanto utile per scusare ogni genere di nefandezza.
E’ stata la politica (e non la camorra, a meno che la politica in essa si riconosca) a decidere come gestire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nel napoletano durante gli ultimi anni. Così come è stata la politica a consegnare tale gestione e smaltimento nelle mani delle fallimentari Fibe s.p.a. e Fibe Campania s.p.a. Così come sono state Fibe s.p.a e Fibe Campania s.p.a. società del gruppo Impregilo (e non la camorra, a meno che Impregilo in essa si riconosca) a condurre tale gestione e smaltimento in maniera disastrosa creando i presupposti per la situazione grottesca che è stata esacerbata ad arte nelle ultime settimane.I cittadini di Pianura, come tutti gli altri che in questi giorni stanno scendendo in strada per difendere la propria salute ed il proprio futuro, hanno dovuto subire tanto la tracotanza della camorra che li avvelenava giorno per giorno con le discariche illegali, quanto quella della politica e delle imprese beneficiarie degli appalti che facevano altrettanto con le discariche spesso a torto considerate “legali”.
Oggi come se non bastasse questi stessi cittadini, secondo un vecchio copione che per molti versi ricorda il calvario dei NO TAV in Val di Susa nell’inverno 2005, sono additati dall’informazione come violenti e facinorosi e bastonati da quella polizia alla quale manca perfino la benzina qualora si tratti d’inseguire i delinquenti ma non difettano uomini e mezzi quando l’obiettivo è la testa degli onesti cittadini.Qualunque governo in possesso di una sia pur minima dignità avrebbe reagito a questa situazione imponendo in primo luogo le dimissioni di coloro che ne erano maggiormente responsabili, ad iniziare da quel Bassolino il cui “smaltimento” sembra essere assai più problematico di quello dei rifiuti. La logica avrebbe poi voluto che si riorganizzasse completamente la gestione dei rifiuti in Campania, partendo dalla costruzione di un’efficiente raccolta differenziata, magari cogliendo l’occasione per costruire un circolo virtuoso dei rifiuti che in Italia ad oggi esiste solo in poche e circoscritte realtà.
Romano Prodi ed il suo governo in tutta evidenza non hanno alcuna familiarità né con la dignità né tanto meno con la logica e le prime scelte messe in essere lo dimostrano senza dare adito a dubbi.Gianni De Gennaro, uomo con molte responsabilità riguardo alle violenze gratuite al G8 di Genova, promosso Supercommissario per l’emergenza rifiuti, quasi si trattasse di reprimere nel sangue ogni protesta dei cittadini. L’esercito chiamato in causa accanto alle forze dell’ordine per combattere la battaglia contro i rifiuti (è proprio vero il vecchio adagio secondo il quale quando uno ha in testa un martello continua a vedere ogni cosa sotto forma di chiodo) quasi si trattasse di soldati nemici.La costruzione di ben tre cancrovalorizzatori che anziché avvelenare i cittadini attraverso il percolato, diffonderanno le sostanze cancerogene in quantità ben maggiore sotto forma di diossina, polveri sottili, furani, idrocarburi policiclici ed altre sostanze ad alta patogenicità.
Proprio intorno al progetto dei nuovi megainceneritori sembra chiudersi il cerchio di tutta questa triste vicenda, a tal punto che l’emergenza rifiuti di Napoli è stata occasione per tanta “buona” stampa e TV di prodursi in articoli e servizi privi di qualunque fondamento scientifico che hanno vantato le mirabolanti virtù di codesti impianti, presentandoli come innovativi e puliti. La lobby dell’incenerimento, in Italia floridissima, coinvolgendo buona parte delle ex municipalizzate alcune delle quali ormai quotate in borsa, e facente capo all’illuminato Ministro Bersani ha colto al volo l’occasione, o creato l’occasione per poi coglierla al volo, e si sta producendo in una campagna mediatica senza eguali volta a qualificare i costosissimi e pericolosissimi cancrovalorizzatori come la soluzione ultima al problema dei rifiuti.
Giornali e TV hanno però dimenticato di dire che la pratica dell’incenerimento dei rifiuti non contiene nulla d’innovativo, come dimostrato dal fatto che mentre l’Italia sta spendendo tutte le proprie energie nella costruzione di questi impianti, nel resto dei paesi cosiddetti sviluppati l’incenerimento trova sempre meno consensi, al punto che perfino gli Stati Uniti ed il Giappone (le nazioni in passato più propense ad incenerire i rifiuti) da anni non stanno più costruendo nuovi inceneritori ed hanno iniziato a demolire quelli vecchi. Così come hanno scordato di rendere pubblico che la pratica dell’incenerimento dei rifiuti, contrariamente a quanto spesso affermato da parte di esperti direttamente o indirettamente a libro paga dei grandi gruppi industriali o della pubblica amministrazione, non rappresenta un metodo di smaltimento migliorativo rispetto alla discarica. Al contrario, come sottolineato anche nel rapporto dell’Associazione Medici Per l’ambiente ISDE Italia l’incenerimento si dimostra fra tutte le tecnologie di trattamento dei rifiuti, in assoluto la meno rispettosa dell’ambiente e della salute. Questo poiché la combustione trasforma anche i rifiuti relativamente innocui quali imballaggi e scarti di cibo, in composti tossici e pericolosi sotto forma di emissioni gassose, nanopolveri, ceneri volatili e ceneri residue. Così come hanno evitato accuratamente di ricordare che oltre a dimostrarsi una calamità dal punto di vista sanitario, come tanti studi stanno a dimostrare, i megainceneritori si rivelano fallimentari anche sotto l’aspetto economico, al punto che se non usufruissero in maniera fraudolenta degli incentivi statali cip6, in quanto impropriamente equiparati per legge alle fonti energetiche rinnovabili, la loro esistenza non avrebbe economicamente alcun senso. Così come non hanno informato i cittadini riguardo al fatto che la costruzione di un megainceneritore, oltre ad avvelenare l’aria ed i suoli elimina ogni prospettiva futura di gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti in quanto annienta la raccolta differenziata che priverebbe l’impianto degli elementi come la plastica, il legno, la carta ed il cartone che più gli sono necessari per produrre le alte temperature alle quali opera.
Ecoballe, cancrovalorizzatori, polizia, esercito e perfino un Supercommissario preceduto dalla propria fama, gli elementi ci sono tutti per rendere il futuro, se possibile, ancora più grottesco del presente, ma fortunatamente l’ostinazione dei cittadini di Pianura lascia intuire come, smentendo una tristemente nota affermazione di Romano Prodi, gli italiani nutrano sempre più l’ambizione di essere migliori della classe politica che li governa con questi risultati.
giovedì 10 gennaio 2008
domenica 6 gennaio 2008
Il progresso è come un albero di Natale
Marco Cedolin
Può capitare di soffermarsi a riflettere su quanto sia effimera l’illusione del progresso che ci accompagna fra le pieghe della nostra vita iper tecnologica, fatta di schermi al plasma, lettori dvd, satelliti, sistemi di guida intelligenti, cibi precotti, telefoni cellulari e microchip assortiti ad assisterci lungo tutto l’arco della giornata.
Sono bastati pochi giorni di blocco degli autotrasportatori per portare alla luce molte delle contraddizioni presenti in una società come quella moderna, tanto progredita tecnologicamente quanto estremamente vulnerabile a qualsiasi anomalia che ne possa mettere in crisi i delicati equilibri.
Le immagini dei consumatori che si aggiravano disperati e disperanti fra gli scaffali semivuoti alla ricerca dei pandorini ormai esauriti hanno fatto il paio con quelle delle code chilometriche davanti ai benzinai ormai più a secco di quanto non lo fossero i serbatoi degli automobilisti.Senza TIR niente più benzina e gasolio, niente più merce da consumare, niente più merce da produrre e niente più regali di Natale.
Sarebbero rimaste solamente le luminarie che addobbavano le nostre città rimpolpando i consumi energetici nonostante siano tempi di global warming ed il buon senso consiglierebbe di risparmiare energia.Basterebbero una serie di black out indotti dalla scarsità di risorse energetiche o da qualche catastrofico evento naturale per sprofondare tutto e tutti nel caos. Computer e telefoni relegati al ruolo di soprammobili, elettrodomestici inservibili, trasporti bloccati, case ridotte ad igloo, merci ed alimenti stipati all’interno di magazzini automatizzati ed ipermercati fuori servizio, mancanza assoluta di qualsiasi coordinata necessaria per fare fronte all’emergenza.
La realtà ci sussurra impietosamente che le nostre possibilità di sopravvivenza sono appese ad un filo sottilissimo che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. Il nostro “progredire” ci ha resi totalmente dipendenti dal sistema di produzione e distribuzione globalizzato e dalle immense quantità di energia necessarie per farlo funzionare. Dipendenti perché ormai assolutamente incapaci di autoprodurre qualsiasi bene o servizio indispensabile per consentirci di sopravvivere. “Coltiviamo” le nostre verdure negli ipermercati, così come negli ipermercati “alleviamo” le nostre mucche, i nostri polli ed i nostri maiali ed acquistiamo ogni cosa possa esserci (o sembrarci) utile.
Manteniamo in vita i nostri “cavalli” per mezzo degli oleodotti e sempre tramite gasdotti ed oleodotti riscaldiamo le nostre case, le illuminiamo, comunichiamo fra noi e creiamo quello che ci piace chiamare benessere. Abbiamo rotto tutti i ponti con il nostro passato, relegato generazioni di saperi dentro a un vecchio cassetto di cui abbiamo perso la chiave, messo alla berlina quelle pratiche di sobrietà e riproduzione durevole che avevano consentito all’umanità di sopravvivere e prosperare per millenni. Abbiamo creato il mito del consumo, coccolando lo spreco come una virtù e ridotto l’ambiente allo stato di risorsa da plasmare ed alienare a nostro piacimento. Dimenticato che siamo parte integrante della biosfera e in quanto tali la nostra sopravvivenza è legata indissolubilmente al suo stato d’integrità.Il nostro progresso è come un albero di Natale, addobbato da palline colorate e fantasmagoriche lucine che baluginano ammaliatrici per convincerci che è tutto reale.
Come ogni albero di Natale, quando le feste sono finite e arriva l’Epifania, si spengono le luci, viene riposto in cantina dentro ad uno scatolone e fino all’anno prossimo non ci si pensa più. La nostra Epifania sta sopraggiungendo a grandi passi ma purtroppo non stiamo dimostrando di essercene accorti e un intero “anno” di buio e digiuno rischia di essere davvero molto lungo.
Può capitare di soffermarsi a riflettere su quanto sia effimera l’illusione del progresso che ci accompagna fra le pieghe della nostra vita iper tecnologica, fatta di schermi al plasma, lettori dvd, satelliti, sistemi di guida intelligenti, cibi precotti, telefoni cellulari e microchip assortiti ad assisterci lungo tutto l’arco della giornata.
Sono bastati pochi giorni di blocco degli autotrasportatori per portare alla luce molte delle contraddizioni presenti in una società come quella moderna, tanto progredita tecnologicamente quanto estremamente vulnerabile a qualsiasi anomalia che ne possa mettere in crisi i delicati equilibri.
Le immagini dei consumatori che si aggiravano disperati e disperanti fra gli scaffali semivuoti alla ricerca dei pandorini ormai esauriti hanno fatto il paio con quelle delle code chilometriche davanti ai benzinai ormai più a secco di quanto non lo fossero i serbatoi degli automobilisti.Senza TIR niente più benzina e gasolio, niente più merce da consumare, niente più merce da produrre e niente più regali di Natale.
Sarebbero rimaste solamente le luminarie che addobbavano le nostre città rimpolpando i consumi energetici nonostante siano tempi di global warming ed il buon senso consiglierebbe di risparmiare energia.Basterebbero una serie di black out indotti dalla scarsità di risorse energetiche o da qualche catastrofico evento naturale per sprofondare tutto e tutti nel caos. Computer e telefoni relegati al ruolo di soprammobili, elettrodomestici inservibili, trasporti bloccati, case ridotte ad igloo, merci ed alimenti stipati all’interno di magazzini automatizzati ed ipermercati fuori servizio, mancanza assoluta di qualsiasi coordinata necessaria per fare fronte all’emergenza.
La realtà ci sussurra impietosamente che le nostre possibilità di sopravvivenza sono appese ad un filo sottilissimo che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. Il nostro “progredire” ci ha resi totalmente dipendenti dal sistema di produzione e distribuzione globalizzato e dalle immense quantità di energia necessarie per farlo funzionare. Dipendenti perché ormai assolutamente incapaci di autoprodurre qualsiasi bene o servizio indispensabile per consentirci di sopravvivere. “Coltiviamo” le nostre verdure negli ipermercati, così come negli ipermercati “alleviamo” le nostre mucche, i nostri polli ed i nostri maiali ed acquistiamo ogni cosa possa esserci (o sembrarci) utile.
Manteniamo in vita i nostri “cavalli” per mezzo degli oleodotti e sempre tramite gasdotti ed oleodotti riscaldiamo le nostre case, le illuminiamo, comunichiamo fra noi e creiamo quello che ci piace chiamare benessere. Abbiamo rotto tutti i ponti con il nostro passato, relegato generazioni di saperi dentro a un vecchio cassetto di cui abbiamo perso la chiave, messo alla berlina quelle pratiche di sobrietà e riproduzione durevole che avevano consentito all’umanità di sopravvivere e prosperare per millenni. Abbiamo creato il mito del consumo, coccolando lo spreco come una virtù e ridotto l’ambiente allo stato di risorsa da plasmare ed alienare a nostro piacimento. Dimenticato che siamo parte integrante della biosfera e in quanto tali la nostra sopravvivenza è legata indissolubilmente al suo stato d’integrità.Il nostro progresso è come un albero di Natale, addobbato da palline colorate e fantasmagoriche lucine che baluginano ammaliatrici per convincerci che è tutto reale.
Come ogni albero di Natale, quando le feste sono finite e arriva l’Epifania, si spengono le luci, viene riposto in cantina dentro ad uno scatolone e fino all’anno prossimo non ci si pensa più. La nostra Epifania sta sopraggiungendo a grandi passi ma purtroppo non stiamo dimostrando di essercene accorti e un intero “anno” di buio e digiuno rischia di essere davvero molto lungo.
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