Ad una settimana dall’esplosione dell’epidemia di
Coronavirus in Italia possiamo affermare senza tema di smentita di averne viste
davvero di tutti i colori. Sullo sfondo dell’abnegazione con cui ha lavorato
senza sosta (per molti versi eroicamente ) il personale sanitario delle zone
maggiormente interessate dal contagio, il resto del sistema Paese è riuscito a
dare veramente il peggio di sé.
La politica non è stata in grado di leggere la gravità e la
complessità della situazione nella sua interezza, finendo per abbandonarsi ad
una sterile fibrillazione. Litigi, contraddizioni, conflitti di potere e di
competenze, hanno fatto da corollario a meschini tentativi d'imbastire proprio
sull’emergenza virus l'asse portante d'improbabili campagne elettorali.
I virologi, pseudo virologi o comunque esperti nostrani sono
andati in TV e sui giornali in ordine sparso, spesso contraddicendosi l'uno con
l'altro, difendendo ciascuno la propria teoria, forti di una sicumera che non
aveva ragione di esistere dal momento che il virus in questione è un qualcosa
di nuovo anche per loro.
I media mainstream, già poco avvezzi a raccontare la realtà così
come si manifesta, hanno perso di vista completamente quello che dovrebbe
essere il loro ruolo, riuscendo a passare in pochi giorni dall'allarmismo più becero
alla reticenza squallida di un giornale di regime….
Gli italiani si sono mostrati spaventati (mai nel panico), confusi,
talvolta increduli, molto spesso contrariati per i danni economici sofferti o
in prospettiva, ma non avrebbe potuto essere diversamente con una classe
dirigente che ha raccontato loro tutto ed il contrario di tutto. Da sabato a martedì
il Coronavirus è stato presentato come un mostro da affrontare con una tuta
modello CDC, in grado di sterminare la popolazione. Da mercoledì a venerdì si è
magicamente trasformato in un semplice raffreddore in grado di far male
solamente alle persone anziane già sofferenti di patologie pregresse, considerate
come morituri senza importanza.
Nella prima parte della settimana chiunque fosse venuto a
contatto con un infetto doveva premurarsi di denunciarlo e sottoporsi al
tampone per appurare se fosse stato contagiato. Due volte al giorno giornali e
TV fornivano i numeri concernenti i contagiati e purtroppo i morti, come si
trattasse di un bollettino di guerra. Stabilimenti con centinaia o migliaia di
dipendenti (vedi Unilever di Casalpusterlengo o Italdesign di Torino)
chiudevano nell’eventualità del contagio di anche un solo dipendente.
Nella seconda parte della settimana giornali e TV
trasudavano da ogni poro l’ottimismo della vita, quasi si trattasse
dell’indimenticabile spot Unieuro. I troppi tamponi effettuati diventavano la
vera causa dell'epidemia e non sarebbero più stati necessari per chiunque non
manifestasse sintomi. La movida di Milano ripartiva più forte che mai insieme
agli spot su internet destinati a diventare virali. I “bollettini di guerra”
sparivano dal mainstream, sostituiti dal numero degli infettati guariti ed era
tutto un tripudio di articoli ed interventi creati artatamente per sminuire la
pericolosità del virus e innescare un pensiero positivo.
Nel frattempo anche il resto d'Europa iniziava a fare i
conti con il contagio, senza ostentare lo stesso ottimismo, Ginevra annullava
il Salone dell'auto (uno dei più importanti al mondo) l'OMS elevava il rischio
globale del Coronavirus a molto alto ed i “bollettini di guerra” nonostante il
dietrofront sui tamponi continuavano a mostrare dati preoccupanti.
Insomma il Coronavirus fortunatamente non sembra avere le
potenzialità per diventare un flagello in grado di uccidere centinaia di
milioni di persone, come l’influenza spagnola con cui fecero i conti i nostri
nonni, ma non è neppure simile ad un raffreddore o all’influenza stagionale, perché
si manifesta assai più pericoloso di essi.
L'ultimo bollettino emesso alle 18 di ieri annovera 821
persone contagiate (nonostante il dietrofront sui tamponi) di cui la metà in
quarantena domiciliare con sintomi lievi e l'altra metà ricoverate in ospedale,
64 delle quali in rianimazione, mentre i soggetti considerati guariti sono 46 e
coloro che non ce l'hanno fatta 21, con un tasso di mortalità del 2,6%, almeno
una ventina di volte più alto rispetto a quello dell'influenza stagionale.
La prima ragione per cui occorre premurarsi con ogni mezzo possibile
per evitare il dilagare dei contagi è quella che un gran numero delle persone
colpite dal virus (circa l'8%) necessita di un ricovero in terapia intensiva,
mentre i letti disponibili nelle strutture ospedaliere di questo tipo sono
limitati ed in gran parte necessari per fare fronte ad altri problemi,
incidenti stradali, interventi chirurgici, infarti ecc. Già negli ultimi due
giorni le strutture di Cremona e di Lodi sono andate in crisi per questa
ragione, ma fortunatamente è stato possibile trasferire i pazienti in esubero in
altri ospedali disponibili. Qualora il grosso del contagio travalicasse il
lodigiano ed il basso Veneto e si estendesse all’Italia intera è evidente come
il sistema andrebbe in crisi, con le conseguenze che è facile immaginare.
La seconda ragione è invece determinata dal fatto che
riguardo a questo virus (sia esso naturale o creato in laboratorio) sappiamo
davvero molto poco e non possediamo le coordinate necessarie per poterlo
affrontare con sufficienza e superficialità, senza rischiare di bruciarci le
dita.
Calma e gesso insomma, niente panico e nessun isterismo, ma
piuttosto la massima attenzione ed anche un po’ di pazienza qualora il
contenerlo costi dei sacrifici. I sacrifici ed i rischi sarebbero probabilmente
molto più grandi nel caso lo si sottovaluti e si agisca con pressapochismo.
Nessuno dei nostri privilegi e nessuna delle nostre abitudini vale quanto una
vita, questo non dimentichiamolo mai.
1 commento:
Ottimo articolo, molto equilibrato. Bravo!
Posta un commento