sabato 17 gennaio 2004

Disastro Moratti

Marco Cedolin

Raramente nella storia del nostro paese ci si è trovati di fronte a un tale condensato d'incapacità manifesta, servilismo nei confronti del mondo industriale e dell'interesse privato, approssimazione e pressappochismo, quale quello proposto dai vaneggianti dettami della riforma Moratti.
Una riforma che se posta in atto otterrà il devastante risultato di sfasciare definitivamente il mondo dell'istruzione pubblica, essendo essa stata concepita senza tenere in minima considerazione lo scopo precipuo che la scuola ha rivestito fin dai tempi antichi in ogni società e cioè l'insegnamento, la cultura e la formazione caratteriale delle nuove generazioni.
La trasformazione delle scuole pubbliche in “aziende” e dei presidi in “manager” ci ha già posti in questi ultimi anni di fronte al paradosso d'istituti pubblici costretti a fare pubblicità come fossero fabbrichette in una sorta di lotta vergognosa per contendersi l'iscrizione degli allievi.
La situazione degli insegnanti precari già fino ad oggi parossistica viene acuita nella propria drammaticità da un sistema cervellotico di punteggi che nel nome di una falsa meritocrazia impone la dottrina della competizione selvaggia passando attraverso la giungla dei corsi d'aggiornamento e i sacrifici inenarrabili di chi aspirando all'insegnamento si ritrova sballottato a destra e a manca senza una prospettiva.

Ma è tutto lo spirito che permea la riforma a lasciare allibiti per il sovvertimento del valore basilare di eguaglianza nel diritto all'istruzione, valore dal quale nessun paese civile può permettersi di prescindere senza snaturare le proprie caratteristiche di civiltà.
Il taglio degli organici e la soppressione del “tempo pieno” che già in questi giorni hanno prodotto proteste e fermento sono un chiaro esempio della miopia con la quale è stato approcciato l'argomento.
In una società forzatamente ipercinetica come la nostra, nella quale i genitori sono costretti a lavorare come forsennati per cercare di mantenere in piedi economicamente la famiglia (dall'introduzione dell'euro in poi in verità con poche speranze di riuscirci) si prospetta l'abominio di eliminare il tempo pieno, con le devastanti conseguenze che facilmente si possono immaginare.

Già dalla scuola elementare vengono legalizzate le disuguaglianze di trattamento fra bambini poveri e ricchi, più intelligenti o meno, tutto ciò naturalmente ad insindacabile giudizio del “tutor”, una sorta di mutazione genetica del vecchio maestro, con il compito d'indirizzare il futuro della risorsa umana in erba a seconda delle proprie possibilità economiche e cognitive.
Non ultima inoltre fra le aberrazioni di nuova introduzione la possibilità di destinare all'insegnamento elementi privati qualora l'organico non si riveli sufficiente, aprendo così la porta ad una commistione fra pubblico e privato che mai avrebbe avuto ragione di essere.

Passando poi alle scuole superiori il disastro si evidenzia in tutta la sua imponenza ed emerge la sudditanza verso la grande imprenditoria e il patetico tentativo di scimmiottare il sistema d'istruzione americano, uno dei peggiori al mondo per qualità, ne è la riprova il bassissimo livello culturale dello statunitense medio.
Il concetto secondo il quale se ad un giovane dai una buona cultura di base e un'istruzione appropriata egli saprà poi districarsi agevolmente nel mondo del lavoro avendo a disposizione ottimi strumenti per farlo, viene completamente capovolto.
Si sceglie di perseguire non l'accrescimento culturale dell'individuo, bensì le competenze tecniche della risorsa umana, con la risultante di un giovane ignorante ma già adatto da subito ad operare in un campo lavorativo specifico.
Questa strada ovviamente garantirà alla grande imprenditoria una forza lavoro competente senza necessità di lungo tirocinio ma si rivelerà notevolmente lesiva per il futuro dei giovani che si ritroveranno privati di contenuti indispensabili e come contropartita la capacità di svolgere un lavoro specifico al di fuori del quale non avranno strumenti per trovare alternative.

In conclusione nulla avviene per caso nei programmi di questo governo asservito al capitale, il cui scopo palese è quello di creare un mondo del lavoro con manodopera a basso costo e lavoratori che si lascino vessare in silenzio, schiavi della loro stessa precarietà.La riforma Moratti si muove di concerto con la riforma Biagi, su una linea comune che prevede la formazione dell'imprenditoria del domani in un sistema scolastico elitario a pagamento e la manodopera da crescere invece in una scuola in via di smantellamento sempre più simile ad una sorta di officina per poveri.

giovedì 8 gennaio 2004

Arruolati anche tu!

Marco Cedolin

Lo spirito indomito dell'ideologia rivoluzionaria hai ormai travalicato ogni genere di divisione, particolarismo o appartenenza politica.
Il terrore del nuovo millennio non ha più sigle o bandiere, le brigate rosse, prima linea, i nap o i nar sono solo anacronistici retaggi del passato, legati a quegli anni di piombo nei quali lottare contro il sistema significava gambizzare un dirigente d'industria, ammazzare un ministro per educarne 100 o far fuori la pattuglia di carabinieri che ti fermava al posto di blocco.

L'eversione oggi sta tornando di moda ma per rimanere al passo coi tempi ha dovuto cucirsi addosso una nuova pelle che la rendesse più “trend” e in grado di esercitare sulle giovani generazioni un ritrovato “appeal”, come scriverebbero nel loro vernacolo italoamericano i deficienti che impiastricciano i quotidiani di casa nostra fingendosi giornalisti eruditi.
La democrazia Cristiana, il grande nemico di un tempo non esiste più, o meglio nella diaspora fra asinelli, alleanze, cori da stadio e fiori di campo, oggi si chiama Forza Italia, Margherita, Alleanza Nazionale (l'ala sionista) Democratici di sinistra e Lega Nord, oltre ovviamente a quei pochi sprovveduti che rifiutandosi di cambiare nome hanno finito per sostituire percentualmente il partito repubblicano ai tempi degli anni di piombo.

Arruolare un terrorista oggi è cosa assai più semplice e meno onerosa rispetto al passato. Innanzitutto i disoccupati, quelli veri non affiliati ai clan della camorra, (a dispetto delle statistiche che da un po' di anni vengono per errore fatte su marte) sono molti di più rispetto a una trentina di anni fa e le possibilità che trovino un lavoro risultano praticamente ridotte a zero.
In secondo luogo, come faceva oggi rilevare nell'audizione alla camera quel dotto osservatore dell'animo umano che è il ministro Pisanu, sembra si stia creando una sorta di “Pedemontana eversiva” (sono le sue parole per cui non chiedetemi il significato ma improvvisate voi) che si muove, probabilmente per un non meglio precisato effetto Maometto, nell'intento di legare fra loro le diverse anime del terrorismo rupestre, a dispetto delle differenze ideologiche e dei diversi retaggi socio culturali preesistenti.

Tutto ciò elimina la noiosa perdita di tempo che consisteva nel dover dividere l'aspirante terrorista di sinistra da quello di destra, l'anarchico dall'autonomo e così via. Oggi basta tu sia italiano, antimperialista, con una buona conoscenza dei computer palmari ed il gioco è fatto.
Ma la ragione che più di ogni altra rende oggi facile fare proseliti consta nella sicurezza di poter offrire un lavoro semplice e sicuro.
Niente più omicidi di politici illustri, al massimo qualche sindacalista o economista sconosciuto che per ignote ragioni risulti scomodo al palazzo, niente più capitalisti da gambizzare, generali americani da rapire, banche da svaligiare per autofinanziarsi, niente più sangue, kalashnikov, covi angusti dentro ai seminterrati, conflitti a fuoco con la polizia.

Quando sarai terrorista potrai continuare a fare la tua vita di sempre, gustarti un dvd di stallone sul tuo nuovo home tehatre mentre sorseggi un martini, portare a fare shopping la mogliettina e i tuoi figlioletti, fare una settimana di vacanza (perché si sa due stancano) in qualche isola calda calda e comprarti la macchina nuova di quelle da 0 a 100 in 5” la qual cosa fa tanto snob ora che la patente è a punti.
Il lavoro lo puoi fare tranquillamente seduto alla scrivania dello studio, qualche pacco bomba….beh bomba non esageriamo che magari poi mi fraintendi e combini qualche casino. Quando dico bomba non intendo ingegneristiche opere tipo unabomber, ma qualcosa di semplice semplice e soprattutto inoffensivo, qualcosa insomma che ogni cristiano normodotato è in grado di fare, un pochetto di polvere pirica, un innesco ed il gioco è fatto, in fin dei conti l'importante è che non si faccia male nessuno.
Toccherà poi scrivere anche qualche rivendicazione e anche in questo caso senza scomodarti dalla scrivania dello studio, per il testo non occorre tu ti sia fatto una cultura leggendo il foglio di Giuliano Ferrara, ti basterà copiare quei volantini degli anni 70 che ti abbiamo dato insieme al computer palmare, sono perfetti e non necessita che tu aggiunga neppure una virgola.

Lo so, lo so a questo punto ti senti oltremodo tentato nel mettere la tua firma in calce a questo contratto ma ancora non si è parlato del trattamento economico ed è il denaro che in fondo in fondo fa girare tutto a questo mondo.
Sarò sincero, non posso prometterti una cifra esatta e garantita, i governi cambiano ed ogni anno occorre attendere il varo della nuova finanziaria, però tutto sommato tieni conto che si tratta di un impiego statale sicuro e ben remunerato, con tutta la gente che per 106 euro al mese di aumento salariale la digos è costretta ad affrontarla veramente e rischia pure di farsi male, al posto tuo non avrei poi molte esitazioni.

Desiderando arruolarmi firmo in calce questa domanda ...........................

mercoledì 31 dicembre 2003

L'anno che verrà

Marco Cedolin

Basta volgere un attimo lo sguardo alle nostre spalle per rendersi conto del fatto che gli ultimi dodici mesi sono stati un marasma senza soluzione di continuità di tensioni, accadimenti luttuosi, soppressione dei diritti e prevaricazione sui più deboli.
L'invasione dell'Iraq da parte degli americani e dei loro alleati potrebbe essere il simbolo di questo 2003 che ci ha lasciato in bocca il sapore acre della tragedia. Un simbolo certo, non solo per il carico di morte e disperazione inflitto ad un popolo già duramente provato da 12 anni di embargo criminale, ma anche per la palese dimostrazione del fatto che non esiste più alcun genere di diritto internazionale, non esiste più l'ONU (ammesso che sia mai esistita), non esiste più alcuna regola che non sia quella della sopraffazione armata, delle bombe, degli ultimatum, di una nazione che in preda al delirio di onnipotenza si considera divina dispensatrice di vita e di morte.
Da almeno mezzo secolo non si sentiva dissertare con tanta assiduità e veemenza di carri armati, bombe intelligenti, fortezze volanti, armi e soldati. Da almeno mezzo secolo i governi dei paesi occidentali non mettevano in cima alla lista delle proprie priorità l'incremento delle spese militari, il rinnovamento e l'ampliamento dei propri armamenti, la costruzione di eserciti dalle migliorate capacità devastanti.

L'ultima volta che l'Europa corse ad armarsi fu nel decennio precedente la seconda guerra mondiale, ma la lezione della storia sembra sia stata utile solo a riempire qualche libro di testo e nulla più.
E' stato l'anno del terrorismo, della minaccia globale, di quell'ologramma costruito ad arte sulla testa di noi tutti per giustificare quello che altrimenti sarebbe ingiustificabile. Per giustificare due stati sovrani invasi e devastati in meno di tre anni, per giustificare Guantanamo, la detenzione dei sospetti senza un adeguato processo, le intercettazioni telefoniche, la violazione di ogni genere di privacy, l'incremento smisurato delle forze di polizia e della loro ingerenza nella nostra vita di tutti i giorni.
Il terrorista è il nemico ideale, poiché non esistendo si può fingere di combatterlo ad oltranza, senza pietà, senza abbassare mai la guardia e nel frattempo creare tanti regimi di polizia, come piccole scatole cinesi che fanno capo ad un'unica grande scatola colorata a stelle e strisce.

Abbiamo visto per un mese telegiornali e quotidiani monopolizzati dalla SARS, comparsa in Cina misteriosamente, ad evocare l'atavico incubo della pestilenza, e poi sparita altrettanto misteriosamente lasciandoci stampate negli occhi quelle pagine del PNAC (progetto per un nuovo secolo americano) nel quale si fa esplicito riferimento all'uso imminente di armi biologiche innovative in grado di colpire selettivamente soltanto determinati genotipi della razza umana.

Abbiamo dovuto indignarci tante, troppe volte per un governo che sta costruendo proditoriamente un'Italia che nessuno vorrebbe per i propri figli.
Ci siamo trasformati nel paese con la maggiore flessibilità d'Europa, un regalo all'elite degli industriali che tutte le famiglie pagheranno sotto forma di un futuro carico d'incertezze e di precarietà.
Abbiamo accolto tributandogli ogni onore il boia Sharon, uno dei veri criminali di guerra dei nostri giorni, ed avallato la politica di un uomo che ha scavalcato la pena di morte attraverso la pratica degli “omicidi mirati” e sta costruendo nientemeno che un muro per confinare i novelli pellerossa palestinesi dentro ad una riserva fatta di misere vite da spendere in un sacrificio estremo fatto di tritolo.

C'è stato spazio per tutto, per un presidente del consiglio che si è fatto dichiarare “intoccabile” nell'intento di sfuggire ad un processo nel quale era implicato fino al collo, per un ministro che ha messo alla berlina i cani, le porzioni abbondanti dentro i ristoranti e i distributori automatici di sigarette da frequentare solo con il favore delle tenebre. Per la criminalizzazione delle discoteche, degli automobilisti, perfino dello spinello che nel disegno di legge del camerata pentito Fini Gianfranco diventa motivo per essere sbattuti in galera senza esitazione.

Abbiamo visto la televisione sostituirsi a quell'organo ormai desueto chiamato parlamento e trasmissioni come porta a porta nelle quali il braccio politico delle multinazionali si perde in sterili discussioni fingendo di dividersi in centrodestra e centrosinistra, dimentico del fatto che il capitale non ha mai perseguito altro che il profitto.

Non è cosa facile correre con il pensiero oltre il brindisi che fra poche ore sancirà la fine di questo anno disgraziato. I deficienti dell'uniero e l'omino dallo sguardo imbecille che fa girare l'economia con la patetica borsa della spesa sono parodie caricaturali ben lontane dalla realtà.
Sicuramente quelli che ci attendono saranno dodici mesi carichi d'inquietudine, figli di un'economia malata, di una società sempre più schizofrenica, della progressiva estinzione di quel bene prezioso chiamato libertà, della guerra globale che ci attende dietro l'angolo.
Non per questo possiamo permetterci di smettere di lottare e sperare, non per questo possiamo permetterci di lasciarci vivere ed abituarci al mesto colore della vergogna.Continueremo a far sentire la nostra voce più forte che mai perché è meno semplice di quanto si pensi lobotomizzarci.

lunedì 22 dicembre 2003

Schiavi selvaggi

Marco Cedolin

Le renne della slitta di Babbo Natale hanno deciso di ascoltare i rimbrotti provenienti dai loro stomaci, hanno puntato i piedi e si sono fermate proprio nella settimana sacra del regalo consumista.
Quale ignominia, quale catastrofe, quale lettura distorta e atipica dell'atmosfera di fraterno amore prenatalizia. Già atipica, come in Italia sta diventando la condizione dei lavoratori tutti, ma proprio tutti, credetemi.
106 euro di aumento per il recupero dell'inflazione (parziale perché calcolati sull'inflazione ufficiale che si sa bene non ha rispondenza nella realtà) sulle buste paga degli autisti dei mezzi pubblici sono bastati a mandare in crisi il sistema Italia costretto a prendere atto con sguardo attonito e sgomento del fatto che se agli schiavi dimentichi di mettere le catene ai polsi può ancora capitare che si siedano e incrocino le braccia.

Nella vicenda il governo, i sindacati e le aziende del trasporto pubblico stanno collezionando figuracce a raffica e si ritrovano ormai sull'orlo dell'isteria ad auspicare atteggiamenti degni di ogni regime totalitario che si rispetti quali precettazioni, denunce all'autorità giudiziaria, invio delle “squadre” di polizia nei depositi dei mezzi pubblici. Il tutto nel nome del diritto dei cittadini alla libera circolazione.
Fatta la debita premessa che il cittadino costretto a circolare a piedi non viene per questo in alcun modo privato del suo diritto a deambulare, mi viene spontaneo domandarmi, non trattandosi di ectoplasmi senza volto ma di persone con una loro vita che respirano e mangiano e lavorano, cosa s'intende quando genericamente si afferma di tutelare i diritti dei cittadini che poi in realtà siamo noi tutti autoferrotranvieri compresi?

In realtà questo concetto di “Stato Famiglia” che nel suo patetico monologo pre elettorale di ieri l'imbonitore di Arcore non ha mancato di menzionare, altro non è se non una metafora quanto mai fuori luogo di un regime sempre più arrogante ed autoritario che cerca di far sopravvivere un condensato di capitalismo liberista, poggiando unicamente sulle spalle dei lavoratori ridotti progressivamente ad uno stato di semischiavitù.

I “nuovi schiavi” al soldo delle agenzie interinali, anche grazie alla sistematica soppressione di un rapporto di lavoro corretto favorita dalla riforma Biagi, stanno man mano scalzando in molti settori il lavoro dipendente tradizionale che entro pochi anni diventerà un miraggio inarrivabile.
La forbice fra costo della vita e reddito dei cittadini si sta spaventosamente allargando e già oggi induce un grande numero di persone alla consapevolezza di non potersi più permettere neppure di scioperare o protestare, senza mettere a repentaglio la sussistenza loro e delle proprie famiglie.

La protesta di chi, come gli autoferrotranviari non chiede altro se non quello che gli spetta di diritto viene definita selvaggia, selvaggia perché nell'Italia del 2003 il penoso circo consumista del Natale viene prima del diritto dei cittadini ad avere un contratto di lavoro che venga rispettato.
Poliziotti con lo scudiscio anziché biada per far ripartire la slitta dell'effimero, questa risulta essere la ricetta invocata dal Ministro Maroni e avallata da un mondo sindacale la cui connivenza con il capitale è ormai sotto gli occhi di tutti, una ricetta in verità molto pericolosa in quanto mette a nudo il vero volto di chi sta gestendo una democrazia moribonda che di democratico mantiene solamente il nome e poco più.

giovedì 18 dicembre 2003

Sotto l'albero

Marco Cedolin

Quello datato 2003 sarà un Natale felice, uno di quelli insomma che nascono sotto i migliori auspici e da qui alla notte di Betlemme le prospettive non potranno che migliorare.
I Re Magi hanno portato in dono nientemeno che Saddam Hussein, l'incarnazione terrena del satana e già si sta preparando legna per arderlo sul rogo della "giustizia".
Poco importa che quell'anziano dalla lunga barba mostrato in Tv e sui giornali somigli più a un eremita dedito all'ascetica contemplazione piuttosto che a un carnefice in grado di spodestare Attila dal trono della storia.
Poco importa che gli americani ammettano di sottoporre l'impotente belzebù alla "tortura soft" di visionare in continuazione i filmati amatoriali concernenti tutte le atrocità da lui commesse (qualcosa come costringere Antonio Ricci a rivedere dalla prima all'ultima tutte le puntate di quel pessimo polpettone consumistico qualunquista chiamato striscia la notizia).

L'evento basta perchè l'Onnipotente G.W.Bush possa asserire - avevo ragione io- e -dopo la guerra e la cattura di lucifero ora il mondo è un posto più sicuro". Molto ci sarebbe da dissertare sulla sicurezza del pianeta, fintanto che l'amministrazione statunitense sarà gestita dai firmatari del "progetto per un nuovo secolo americano" ma siamo qui per parlare del Natale e non divaghiamo.
Sono felici i DS, i girotondini, l'elite illuminata della sinistra chic (la parte non illuminata è alle prese con quella quadratura del cerchio che di nome fa rinnovo dei contratti dei lavoratori).
Il Presidente Ciampi, stanco di celebrare ricorrenze delle quali non importa niente a nessuno ha dimostrato che in fondo in fondo il libero arbitrio alligna in ogni creatura e si è rifiutato dii firmare la legge Gasparri, notando in essa qualche piccola incongruenza con la costituzione che ci appartiene.

Festa grande, balli, canti, trepidazione, poco importa il fatto che a giorni il governo varerà un decreto per far si che gli interessi del Cavaliere non vengano lesi in alcun modo dalle bizzarrie di questo attempato signore in età.
Si sta approvando con grande frenesia su questa fulgida strada per Betlemme, lastricata dai ciotoli della speranza che brillano al baluginio della cometa Tremonti anche la nuova finanziaria e qui in verità i doni avvoltolati nella carta argentata sono davvero molti.

Il più grande va a tutti coloro che hanno vissuto al di fuori della legge e si sono a vario titolo arricchiti indebitamente, si chiama condono e altro non fa che mettere nero su bianco la solidarietà del governo per i propri simili.
Ma regali ce ne sono per tutti e i pochi esempi che mi vengono alla mente sono già di per se stessi quanto mai esaustivi.

Chi viaggerà in aereo potrà usufruire del prelievo coatto di un euro per finanziare l'omino in divisa che lo perquisisce e gli guarda dentro la valigia.

Chi beve birra (ho detto birra non vodka) avrà in dono il privilegio di pagarla un poco più cara.

I fumatori preserveranno la propria salute fumando meno, essendo ormai arrivate le sigarette a costare quasi quanto uno spinello.

Chi comprerà o venderà una casa avrà in regalo una tassa più alta.

Il "sociale" pur non essendo una persona fisica sarà felice di donare oltre il 50% dei denari a lui destinati (derivanti dall'8 per mille di competenza dello stato) nientemeno che alla sicurezza, della quale si sa c'è tanto bisogno.
Una vera pioggia di presenti poi per i figli armati del regime, poliziotti, carabinieri, militari, e vigili del fuoco che in verità proprio armati non sono se non di buona volontà.

Viene inoltre istituito un fondo di riserva di 1200 milioni di euro (si ho scritto proprio 1200 ed è di riserva) per eventuali esigenze connesse con la proroga delle missioni intrernaziionali di pace, la cui importanza capitale è ovviamente fuori discussione.

Un pacco dono anche per la santa sede, 29 milioni di euro per l'acqua in ottemperanza agli accordi in sede di Patti Lateranensi...quando si dice una civiltà del presente con profonde radici nel passato.

Ma 500.000 euro vengono anche omaggiati al ricordo e alla ricerca relativi alla Shoan...no, i tranvieri di Milano non c'entrano ma cosa avete capito?

E poi il mega pacco dono sfavillante con ologramma di fiocco rosso su carta dorata dedicato a tutte, ma proprio tutte le famiglie degli italiani che con la bocca spalancata agognano ad acquistare i miracoli della tecnologia.
200 euro per l'acquisto di un nuovo pc, 75 per passare ad internet veloce e... udite udite addirittura 150 euro per coloro che acquisteranno un decoder per passare alla TV digitale terrestre, poco importa il fatto che la schiera di questi miracolati il decoder in questione potranno usarlo come soprammobile o alla bisogna come eccentrico portavivande, poichè il digitale terrestre è una tecnologia che nella realtà esiste solo nelle fantasie oniriche del ministro Gasparri e non sarà disponibile per gli italiani almeno fino al 2010 e fra 7 anni quei decoder a prescindere dall'uso improprio al quale saranno stati destinati nel frattempo risulteranno comunque un poco datati.

Un gentile omaggio ai piromani d'interesse che avranno più facilità nel ricostruire sulle aree incendiate.

Un regalone pesante pesante di 50 milioni di euro all'Opus Dei per la costruzione di un campus biomedico.

Una piccola elemosina che trasuda vergogna per le vittime del terrorissmo il cui vitalizio passa a 500 euro al mese....quando si dice stato e riconoscenza, due rette parallele che non s'incontrano mai.
Un ultimo pensiero per il popolo degli sciatori che finalmente avrà il proprio codice della strada, i propri caschi, le proprie multe, ma dovrà ancora attendere le patenti a punti, ma abbiate fede, le vie del lucro, del divieto e dell'obbligo sono infinite e prima o poi ci si penserà.

giovedì 11 dicembre 2003

Fahrenait 2003

Marco Cedolin

Mi sorprendo in un freddo pomeriggio di dicembre, quando già la luce del giorno sta volgendo al crepuscolo, a concedermi un paio d'ore rubate a quell'ipercinetismo che sempre mi bracca, un paio d'ore dedicate ad annusare questo nostro futuro che ogni giorno che passa s'impregna sempre più dell'odore acre del passato.
Il ministro Maroni ha incontrato i sindacati per discutere la riforma delle pensioni. CGIL, CISL e UIL hanno ottenuto di essere (grazie al milione di persone scese in piazza al loro fianco sabato) accreditate dal governo come interlocutori validi sull'argomento. Il governo ha incassato la condiscendenza dei vertici sindacali riguardo all'assurto secondo il quale una riforma del sistema pensionistico in Italia è comunque cosa necessaria ed indispensabile.
Poi si sono dati tutti appuntamento a data da destinarsi, ma nel leggere i punti salienti del disegno di legge di Maroni e delle controproposte sindacali, l'unica impressione che si riesce a trarne è che quando saremo "riformati" staremo peggio, ma molto peggio di come siamo stati fino ad adesso.

Silvio Berlusconi, padrone sempre più incontrastato ed arrogante della televisione italiana, ha approfittato dell'ennesima serata d'onore nel salottino mediatico dell'amico Bruno Vespa per esternare dinanzi a milioni di teleconsumatori quella che è la sua idea riguardo al futuro dell'informazione. La parola scritta non è altro che un anacronistico retaggio del passato, destinata ad una elitè d'intellettuali, marginale per numero e per importanza.
Chi si ostina a scrivere su quotidiani e periodici somiglia ai patetici costruttori di carrozze che nel secolo scorso tentavano invano di osteggiare la nascita dell'automobile.
Naturalmente per quest'uomo che di libri in vita sua ne ha letti proprio pochini, l'automobile altro non è che la televisione, il magico schermo all'interno del quale convivono in perfetta sinergia cultura, informazione, divertimento, futuro.
Il tutto sotto forma di consigli per gli acquisti, giochini scemi per minorati mentali, quiz più noiosi di una giornata uggiosa, televendite, telepromozioni, telegiornali per lobotomizzati, dibattiti politici da bar dello sport, veline, letterine, scemine assortite, rassegne di gossip, saranno famosi (in quanto organismi unicellulari), pubblicità nella quale annegare qualche misero film ultradatato (chi vuole quelli nuovi sarà costretto a finanziare l'amico Murdoch), fiction scadenti sui carabinieri, sulla polizia, sui preti, su tutte le perle della società insomma.
Ecco il futuro, non più qualcosa da leggere, bensì scemenze all'ennesima potenza da guardare, per un pubblico di deficenti da imbonire al fine di guadagnare milioni di euro nella vendita degli spazi pubblicitari, quegli spazi che la neonata legge Gasparri si sta premurando di allargare a dismisura.

La Rai negli ultimi due anni è diventata la negazione assoluta della pluralità di pensiero e tutte le persone che erano brave nel fare il loro lavoro sono state epurate in ossequio ad una logica che intende dar spazio solo alla mediocrità dei personaggi scodinzolanti.
Proprio oggi il consiglio d'amministrazione ha deciso la definitiva soppressione di Raiot di Sabina Guzzanti, asserendo che forse se ne riparlerà in primavera, o più probabilmente fra qualche anno quando quella massa d'italiani che non sono deficenti sarà riuscita a rimandare a casa il cavaliere dell'etere.

Proprio oggi il senato ha approvato il disegno di legge sulla procreazione assistita, con l'aiuto insperato dei voti di Rutelli e di buona parte dei DS. Un disegno di legge anacronistico per davvero che altro non fa se non discriminare la diversità ed appiattirsi sulle posizioni vetero massimaliste della chiesa di Roma.
Un bell'esempio insomma di questo nuovo che avanza facendo proprie parole intrise di modernità quali censura, divieto, discriminazione.

Purtroppo le mie due ore di relax sono ormai finite, mentre avrei ancora molte domande da pormi, non riesco a capire per quale ragione i lavoratori del futuro debbano, in ottemperanza a qualche volontà divina, essere schiavi della flessibilità, la qual cosa li porterà a dover cambiare lavoro in continuazione, pagare i contributi ma aver diritto alla pensione solo quando si saranno trasformati in cariatidi. Non riesco a capire per quale ragione si stia facendo di tutto per costruire un mondo più brutto, per esacerbare le disuguaglianze, per precarizzare la vita dell'individuo.
E soprattutto mi piacerebbe comprendere perché in futuro non si debba più leggere ma solo rincoglionirsi dinanzi a una TV. Quanto tempo passerà prima che i pompieri del 2000, belli ed impettiti come quelli di New York inizino ad accendere il falò dei libri, inutili orpelli per pochi intellettuali magari etichettati impropriamente come di sinistra?

sabato 6 dicembre 2003

Vessati ed usati

Marco Cedolin

Bella la manifestazione indetta dai sindacati oggi a Roma, contro la finanziaria e la riforma delle pensioni.
Oltre un milione di persone in piazza, (250.000 secondo la questura, ma è cosa consaputa che i tutori dell'ordine non sanno far di conto, essendo ben altre le loro qualità) le bandiere che garriscono al vento, i fischietti, i tamburi, gli striscioni, gli slogan.
Bello ritrovare i sindacati nuovamente uniti, in una piazza, davanti alla gente, a manifestare per i diritti dei lavoratori e non nel “buio” di un palazzetto dello sport, davanti a pochi intimi a manifestare contro l'ologramma di un terrorismo che non c'è.
Importante che stamani in Piazza San Giovanni ci fossero tutti i rappresentanti dell'opposizione, da Fassino a Rutelli a D'Alema, fino a Bertinotti che le piazze in verità non ha mai avuto problema a calcarle.
Straordinario il fatto che il Tg1 abbia dedicato all'evento quasi dieci minuti di servizio, con una ricchezza d'interviste ed una dovizia di particolari alle quali non eravamo in verità più da tempo abituati.
Ma lo sguardo non ha potuto prescindere dall'insinuarsi giocoforza nelle pieghe dell'animo della gente comune, nella realtà di quel milione d'italiani che hanno ritenuto giusto far sentire la propria voce ed il proprio pensiero.

Persone amareggiate, preoccupate, in difficoltà. Persone costrette a convivere ogni giorno con una realtà fatta di precarietà, di salari che non bastano più ad arrivare alla fine del mese, di posti di lavoro in pericolo, di diritti annientati, di pensioni inadeguate a mantenere almeno un minimo di dignità.
Persone costrette a guardare un futuro che trasuda solamente incertezza per sé stessi e per i propri figli, un futuro fatto di lavoro interinale, di ricatti chiamati “flessibilità”, di pensioni che arriveranno (forse) solo nell'età della vecchiaia avanzata, d'insicurezze vissute con lo spettro della disoccupazione e della miseria.

Senza dubbio il malessere nel paese esiste ed è palpabile, fra i lavoratori come fra i pensionati, fra i giovani come fra gli anziani ed è un malessere transgenerazionale ed interclassista, nel senso che coinvolge una massa di persone quanto mai variegata per età, stato sociale ed ideologia politica, tutta la massa di coloro (ed ogni giorno sono di più) che si stanno rendendo conto di come la strada intrapresa e perseguita dal governo non può fare altro che condurci sempre più in basso nel baratro della recessione, della precarietà e della soppressione del diritto.

Nell'osservare la bella manifestazione di oggi ho però percepito una sensazione che non mi è piaciuta affatto.
Ho avuto l'impressione che i leader sindacali e quelli politici dell'opposizione stiano cercando di appropriarsi del malcontento dilagante e di quei milioni d'italiani che stanno prendendo coscienza della realtà, unicamente nel tentativo di mostrare i muscoli ed avere maggiore considerazione nella distribuzione del potere.
Tutti insomma sono pronti a scendere in piazza con sguardo fiero, quando si tratta di arrogarsi il merito di aver portato in piazza un milione di persone, ma tutti fino ad oggi sono stati pronti a defilarsi allorché si è trattato di difendere realmente e non a parole i diritti di quei lavoratori.
Proprio i sindacati e buona parte di quei leader della sinistra oggi in grande spolvero erano al mare quando si è trattato di votare il referendum sull'astensione dell'articolo 18. Forse i lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti sono a loro avviso dei paria i cui diritti non valgono la pena di essere tutelati?
Avete visto voi i sindacati indire (ed i partiti del centrosinistra appoggiare) uno sciopero generale ad oltranza contro la riforma Biagi? Mai successo, eppure la riforma Biagi è quanto di più grave sia accaduto nella storia recente del nostro paese in tema di soppressione dei diritti dei lavoratori e precarizzazione degli stessi.
Sono mai stati indetti degli scioperi “seri” nel senso che mirino realmente a far ritirare un provvedimento e a mettere il governo realmente in difficoltà? Giammai!

Ecco, la mia impressione nel vedere salire sul palco Pezzotta e Angeletti (firmatari del famoso Patto per L'Italia) e tutti gli altri leader è stata purtroppo quella di una classe sindacale e politica pronta più ad usare per i propri fini l'indignazione di lavoratori e pensionati, piuttosto che disposta a tentare di dar loro una risposta con i fatti.
Temo davvero che chi vorrà ottenere sul serio qualcosa dovrà imitare i vituperati (dagli stessi sindacati che oggi pontificavano) tranvieri di Milano, perchè quando si fa uno sciopero o una protesta, se la cosa non crea disagio a nessuno, si rischia di essere stati si folkloristici ma completamente ignorati da tutti e da tutto.

martedì 18 novembre 2003

Sciacalli d'Italia

Marco Cedolin

La strage di Nassirya è da ormai quasi una settimana il fulcro intorno al quale si stanno muovendo tutti i palinsesti TV, in una corsa al degrado che non ha risparmiato nessuno e nulla fra coloro che di televisione vivono esistenze non proprio condite col risparmio.
Nell'arena insanguinata dei poveri carabinieri dai corpi straziati, ancorchè nei secoli fedeli, si sono lanciati veramente tutti al pari di un'orda di avvoltoi famelici: giornalisti, presentatori, commentatori, generali in pensione, attori di sitcom, rappresentanti del mondo politico, preti, maghi, calciatori, veline, carabinieri di ogni sorta e specie, militaristi, antimilitaristi e perfino due baroni intoccabili del piccolo schermo come Bruno Vespa e Maurizio Costanzo.

Ma la cosa peggiore, in questa settimana nella quale i programmi TV hanno aggiunto costantemente vergogna alla vergogna, è stato il modo nel quale la massa vociante degli sciacalli ha fatto scempio di quei berretti con la fiamma ormai spenta, alla spasmodica ricerca di qualche briciola di audience in più.
I pianti degli sconsolati familiari delle vittime si sono intrecciati con gli esperti di politica internazionale vestiti di tutto punto, la rabbia per una disgrazia di queste dimensioni è stata vissuta sull'onda di un amor patrio che ricorda i peggiori momenti del ventennio, le povere vittime di una guerra inutile e assassina si sono tramutate in martiri del terrorismo internazionale.

Tutto ma proprio tutto è stato rivoltato come un calzino, i sentimenti della gente, l'oggettività degli accadimenti, il senso delle parole e quello delle lacrime.
Un marasma di espressioni idiote, una cacofonia di suoni senza un senso compiuto, un'anarchia di parole pronunciate al solo scopo di tenere in esercizio quell'inutile propaggine chiamata lingua.
C'è chi ha palesato geniali parallelismi con "ground zero", chi ha chiamato in causa Bin Ladin e Saddam, chi ha confuso l'arma con la croce rossa, chi è riuscito a trovare un senso artistico nell'altare della patria, chi ha esposto al balcone il tricolore, chi ha inventato così su due piedi lo "sciopero di lutto", chi ha dispensato a piene mani minuti di silenzio intercalati ad ore di parole che uccidono l'intelligenza e la dignità umana, chi ha perquisito la casa dell'Imam di Carmagnola, chi ha predicato odio contro i mussulmani, chi si è sentito in guerra contro i terroristi, chi si è sentito come i personaggi che interpreta dentro una fiction, chi invece stava là perchè girava un film e in diretta TV gli hanno suggerito perfino il titolo, col consiglio di montare tutto in fretta e furia che intanto il promo è già partito qualche giorno fa.

Domani con i funerali solenni ci sarà l'apoteosi, l'apoteosi del nulla, di troppe parole usate solo per incensare il niente, del dolore inscatolato dentro il tubo catodico e usato come simulacro di civiltà, di troppe frasi infarcite di retorica, di troppe lacrime che avrebbero meritato un pò di silenzio, un pò di dignità, un pò di rispetto, ma non vi possono essere dignità e rispetto nell'animo di chi senza esitazione e pietà non esita a strumentalizzare i morti nel nome della patria e della guerra santa.

martedì 11 novembre 2003

Il paese di bengodi

Marco Cedolin

Casualmente, grazie alla segnalazione di una cara amica, mi sono imbattuto in un documento scaricabile sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali i cui contenuti a dir poco deliranti sembrano fare riferimento alla realtà di qualche pianeta alieno anziché a quella del nostro paese.
Alla voce “Piano di azione nazionale contro la povertà e l'esclusione sociale 2003 - 2005” vengono sciorinate la bellezza di 44 pagine di testo nelle quali, usando il linguaggio italo - americano tanto caro agli studenti della Bocconi, si cerca di dimostrare come in Italia negli ultimi anni si sia più ricchi, si viva meglio, si trovi più facilmente lavoro e la povertà stia gradualmente scendendo.

Vi domanderete, come ho fatto anche io, in quale maniera sia possibile far credere che gli asini volano, la terra è quadrata e l'energia nucleare fa bene alla salute, ma vi assicuro che il lavoro di questi amanuensi, che magari non hanno mai letto il Capitale di Marx ma fanno tesoro delle innovative teorie degli economisti neoliberal a stelle e strisce, è svolto con cura certosina con il chiaro intento di fuorviare l'opinione degli italiani.
La spina dorsale sulla quale si regge tutto questo lungo trattato è ovviamente costituita da cifre, dati, percentuali.
Prestandosi da sempre i numeri ad ogni genere di mistificazione, soprattutto qualora essi vengano citati avulsi dal contesto nel quale sono fisiologicamente inseriti.
Gli “economisti della libertà” asseriscono così che la ricchezza in Italia è aumentata, facendo riferimento ad un risibile aumento del PIL, dato che di per se stesso non significa nulla se non comparato con quello dell'inflazione e soggettivato al modo nel quale la “ricchezza” viene poi distribuita nel paese, valori questi che vengono ovviamente sottaciuti.

Sempre i mentori del liberal pensiero citano 684.000 nuovi posti di lavoro creatisi, guardandosi bene dall'entrare nel merito di quali lavori effettivamente si tratti (l'operatrice di un call center in un anno può arrivare a trovare 4 nuovi posti di lavoro, essendo assunta per tre mesi ogni volta ma non significa aver creato 4 posti di lavoro) e dal comparare i “nuovi assunti” con coloro che il lavoro lo hanno perso e forse non lo troveranno mai più.
Come se non bastasse il tasso di occupazione è secondo lor signori salito di due punti percentuali negli ultimi due anni, peccato nel sostenere l'insostenibile si ometta di entrare nel merito di quali occupazioni concorrono a comporre questi dati. Sarebbe infatti molto interessante scoprire che una larga fetta di coloro che secondo le cifre del ministero risultano occupati guadagnano mensilmente una cifra che potrebbe al massimo sostentare un animale domestico, sempre che sia di piccola taglia.

Interessante è anche il modo nel quale viene evidenziato un fantomatico aumento della spesa sociale, anche qui citando semplici cifre comparate con il passato e dimentichi dell'esistenza dell'inflazione.
Curioso è poi il riferimento all'aumentata età media della popolazione, nel tentativo in verità patetico di arrogare al governo Berlusconi perfino la normale curva dell'evoluzione.

Gli argomenti interessanti nel testo, fra una parola italiana ed una americana (che sicuramente fa più scena ed intellettualmente chic) continuano ancora a lungo, ma sono certo che, chi di voi avrà voglia di leggerlo integralmente troverà modo di divertirsi oltremisura meglio che con un romanzo di fantascienza.

La parola “divertirsi” naturalmente la uso in un'accezione insolitamente amara del termine, come quel riso dolceamaro che ci pervade accostandoci ai molti non sense del nostro tempo.
E' parossistico infatti come certi economisti attenti solo alla “voce del padrone” si profondano nel tentativo di dimostrare agli italiani che la realtà di tutti i giorni è solo frutto di un'immensa allucinazione collettiva.
Le fabbriche che chiudono? Miraggi di calore….
Le mille lire diventate un Euro? Fantasie oniriche importate dal dormiveglia.
Il valore dei salari che continua a scendere? Solo un'illusione priva di realtà.
Un'economia prossima al collasso? Ma che scherzate?....Mai andati meglio!
Quando si è governati da una classe dirigente che si rifiuta perfino di riconoscere la realtà oggettiva dei fatti ci si ritrova un poco come i passeggeri di un aereo sul quale i piloti stanno lanciandosi con gli unici due paracadute presenti a bordo….le cifre, prese nella maniera adatta a compiacerci possono dimostrare qualunque assurdità le si voglia far dire, peccato però siano ipocaloriche, poco commestibili e del tutto inadatte a mantenere una famiglia o a preparare il desco.

mercoledì 5 novembre 2003

Sondaggi cattivi

Marco Cedolin

La figuraccia inattesa aveva già coinvolto poco tempo fa Rai 1 e Silvio Berlusconi, additato dagli italiani come l'archetipo degli uomini politici che dicono e non fanno, ricordate?
Ma questa volta l'imbarazzante siparietto ha coinvolto l'intera Unione Europea, allorchè alla domanda su "quale fosse nel globo la nazione più pericolosa nel compromettere la pace mondiale" la maggior parte degli europei ha dato ad Israele (e al boia Sharon che lo governa) la proprio non ambita palma.
Agli uomini politici contemporanei, sempre troppo indaffarati nel curare l'immagine ed il proprio appeal in TV deve essere sfuggito un particolare piccolo ma pregno di significato.
Quando si governa nel nome dei popoli facendo e dicendo cose che i popoli non condividono, bisogna evitare di proporre e rendere pubblici sondaggi di qualunque genere essi siano, onde evitare di venire smentiti clamorosamente.

Il problema è tutto qui, non alligna nell'antisemitismo di noi europei e neppure in un sondaggio che qualche uomo politico sull'orlo di una crisi di nervi ha tentato d'interpretare come tendenzioso e neanche in uno sbaglio nella composizione del campione.
Il problema nasce e muore dentro la realtà di questa oligarchia che siede sul trono d'Europa senza altro scopo se non quello di essere il braccio politico delle multinazionali e perseguire una strada utilitaristica che con gli interessi e la volontà del popolo nulla ha da spartire.

Se si fosse fatto un sondaggio sul collaborazionismo dell'UE all'invasione americana dell'Iraq la posizione dei governi sarebbe stata clamorosamente smentita.
Se si chiedesse agli italiani quanto sono "felici" della riforma Biagi, di quella della scuola, del grande benessere conseguente all'introduzione dell'Euro o della nuova "geniale" riforma delle pensioni i risultati sarebbero tali da far sprofondare in una melma di cocente imbarazzo un'intera classe politica.

La "gente" per quanto la si bombardi con una disinformazione mediatica scandalosa, la si "impasticchi" di pubblicità idiota dal mattino alla sera, la si ricatti con il miraggio evanescente dell'agognato arricchimento, un minimo di raziocinio è riuscita comunque a mantenerlo.
Quando le si pongono domandine facili facili e risponde in sincerità non può fare altro che additare Israele come il paese che più di ogni altro si manifesta guerrafondaio, arrogante, prevaricatore e quanto mai lontano dall'essere una democrazia.
Nelle democrazie i criminali di guerra vengono processati e poi tradotti alle patrie galere, non incensati e lasciati con potere assoluto alla guida del paese.

Quante figure patetiche si stanno dibattendo in questi giorni nel tentativo di screditare in qualche maniera i risultati di un sondaggio che non avrebbe dovuto stupire nessuno.
Dal misrabbino Fini Gianfranco a quel Romano Prodi scelto dalla sinistra chic per compiere la "missione impossibile" di riuscire a perdere perfino le prossime elezioni, dalle metastasi di democrazia cristiana come Follini e Casini, fino ad un uomo come Marcello Pera che per conservare un minimo di dignità dovrebbe restare sempre in silenzio.
Tutti a vaneggiare ancora una volta di antisemitismo, tutti a cercare di difendere l'indifendibile Sharon, tutti a combattere con indignazione quello che è in effetti il loro unico nemico: il pensiero del popolo.

Siccome stamattina nel leggere quattro pagine della Stampa (dico quattro e le prime quattro oltretutto) dedicate esclusivamente all'argomento, sono rimasto per un attimo incredulo e basito vorrei permettermi, con l'umiltà che da sempre contraddistingue noi persone comuni, di dare un piccolo consiglio a lor signori.
Il lodo Maccanico è ormai caduto nel dimenticatoio, la vostra propensione a vietare tutto e il contrario di tutto è fuori discussione, perchè dunque non promuovere una bella legge che vieti i sondaggi a qualunque titolo e in qualunque forma?E' l'unico modo, datemi retta,per evitare non solo di sprecare inutilmente fiato prezioso, ma anche per far si non si palesi quello che in fondo in fondo è il vostro vero grande problema: il fatto di non rappresentare in realtà niente e nessuno, tranne i vostri padroni.

martedì 4 novembre 2003

Silvio Berlusconi, scioperassi anche te

Marco Cedolin

Il "diritto di sciopero" sta turbando sempre più le notti di Silvio il riformatore e di quella consorteria che ardisce farsi chiamare "casa delle libertà".
Scioperano i medici, gli insegnanti, gli operai, i giudici, i giornalisti, gli assistenti di volo, i ferrovieri, gli allevatori, i postini, gli autotrasportatori, gli agricoltori, insomma tutti gli italiani che possono farlo, non essendo ancora disoccupati.
Scioperano perchè minacciati dai tagli del personale, perchè vessati dalle "grandi riforme", per contestare i salari che stanno perdendo ogni contatto col costo della vita.

Le privatizzazioni esasperate e la politica dello "stato azienda", scellerata al limite dell'autolesionismo stanno producendo i loro nefasti effetti su un mondo del lavoro già martoriato dai governi precedenti.
La logica secondo la quale uno stato ha come scopo precipuo quello di perseguire il bene dei cittadini, mentre un'azienda esiste con l'unico fine di ottenere il maggior profitto possibile non dovrebbe poi essere di così difficile comprensione nemmeno per le teste di legno che affermano di lavorare per il bene del paese.

Pensare di poter risolvere i tanti problemi che affliggevano l'amministrazione pubblica semplicemente ricorrendo alla privatizzazione selvaggia significa essere degli sprovveduti senza un minimo di lungimiranza.
Qualunque democrazia moderna non può sfuggire alla ricerca del giusto equilibrio fra pubblico e privato, senza finire per minare inesorabilmente il mondo del lavoro, il benessere dei cittadini e consequenzialmente la propria economia.

Risulta troppo semplicistico ed indicativo delle scarse capacità cognitive del cavaliere affermare che tutto sta andando a rotoli unicamente perchè egli stesso è un perseguitato.
Perseguitato dai giudici, dai comunisti, dagli operai, dagli insegnanti, dai controllori di volo, dagli assistenti di volo, dai giornalisti, dai dottori, dagli avvocati, dai contadini, insomma da tutti gli italiani.
Quegli italiani che cantano canzoni cattive e sono disposti a finire a dormire sotto un ponte pur di boicottarlo ed impedirgli di costruire il paese di bengodi.

Forse anche in questa situazione così deteriorata un rimedio ci sarebbe e non consiste nell'abolire a colpi di maggioranza, dopo l'articolo 18 anche il diritto di sciopero.
Si prenda una pausa, lavorare troppo logora e induce in stato di stress.
Cominci a scioperare anche lei, un lungo sciopero senza soluzione di continuità contro tutti coloro che la perseguitano senza le sia mai stato dato modo di capire il perchè. Scioperi e poi scioperi ancora, ci lasci una speranza.

domenica 2 novembre 2003

Brigate? Rosse?

Marco Cedolin

In questi ultimi giorni a cavallo fra ottobre e novembre si sta consumando uno dei peggiori crimini degli ultimi anni e come in ogni giallo che si rispetti il delitto va compiuto al riparo da sguardi indiscreti.
Essendo il crimine costituito dalla nuova finanziaria in fase di approvazione e gli sguardi indiscreti quelli degli italiani tutti ecco che ogni trovata diventa buona qualora serva a fuorviare l'attenzione delle italiche pupille.
Laddove i crocefissi e le scuole non si dimostrino bastevoli alla bisogna ecco spuntare magicamente dal "cilindro delle libertà" un fatto di cronaca che certo non può fallire come catalizzatore maximo della pubblica attenzione: la scoperta e lo smantellamento....udite udite nientepopodimeno che delle "nuove Brigate Rosse" (nuove perchè...il progresso innanzitutto, rosse perchè il terrorismo va sempre associato a quegli odiosi comunisti) e la dettagliata ricostruzione ad anni di distanza degli efferati omicidi D'Antona e Biagi.
Entriamo un attimo nel merito di questo coniglietto estratto al momento giusto dalle abili mani del prestidigitatore, anche se nel farlo avverto la netta impressione sarebbe meglio continuassimo tutti a tenere sguardo e attenzione focalizzati sulla nuova finanziaria.
Le incongruenze riguardanti le nuove "Brigate Rosse", le indagini, gli arresti e la dinamica dei delitti ad esse attribuiti sono talmente tante da far somigliare tutta l'intera vicenda più ad una forzatura della realtà che non ad un'analisi della stessa seguendo deduzioni logiche.....

.....I nuovi brigatisti sembrano aver carpito dai loro predecessori solamente la firma illustre e poco più.
Sprovveduti, distratti, maldestri, deacumenizzati fino a rasentare l'autolesionismo.
Si disinteressano dell'esistenza delle telecamere, compiono infiniti sopralluoghi sulle future scene dei delitti, inscenano perfino una sorta di "prova generale" dell'omicidio.
Il tutto naturalmente muovendosi per mezzo delle Ferrovie dello Stato in modo da potere essere più facilmente identificati nei loro spostamenti.
Il loro rapporto con la tecnologia è poi disastroso fino al parossismo, rivendicano gli attentati con schede telefoniche (quelle degli apparecchi pubblici per intenderci) che poi anzichè gettare nel primo cestino dei rifiuti preferiscono invece usare fino all'ultima lira per chiamare amici, parenti, fidanzate e compagni d'armi (eh...questa si che è una sana educazione al risparmio).

Ma non è finita qui, per evitare che qualcuno li immagini quei luddisti che non sono si premurano anche di scrivere i dettagli delle "operazioni" su computer, palmari e non, quasi invece che di attentati terroristici si trattasse di trading on line. Tali dettagli sull'organizzazione dei delitti non vengono poi neppure cancellati al compimento degli stessi, ma anzi mantenuti in memoria a beneficio dei posteri e perchè, già che ci siamo non aggiungerci anche una bella rubrichetta con nomi e indirizzi di tutti i componenti della cellula eversiva come si trattasse degli amici del golf?

A queste piccole "disattenzioni" va ovviamente aggiunto il fatto (trascurabile?) che le presunte menti pensanti dell'eversione italiana, dopo aver compiuto omicidi, sopralluoghi e quant'altro in favore di telecamera, non si danno alla macchia ma continuano invece a compiere il loro lavoro di sempre e ad accudire le proprie famiglie, in stato di continua facile reperibilità.
Se concludiamo le nostre osservazioni con il fatto che D'antona e Biagi (le vittime) non erano al momento degli omicidi persone note all'opinione pubblica, bensì solamente agli addetti ai lavori, abbiamo chiaro il quadro di questo "gruppetto fantozziano" che nella logica del terrorismo ha davvero sbagliato tutto, dai modi ai tempi, ai metodi ai bersagli stessi.

Certamente migliore figura non la fa neppure chi ha condotto le indagini, anni a brancolare nel buio in presenza di una tale scia d'indizi da costituire la felicità di qualunque investigatore dilettante, la "rivelazione" solamente con la cattura peraltro casuale di Desdemona Lioce. L'illuminazione tardiva riguardo a ciò che avrebbe dovuto essere palese sin dall'inizio, per uno strano caso della sorte proprio in questi giorni di finanziaria.
Come dimenticare oltretutto la sorte toccata al povero Michele Landi, il perito informatico che indagava sulla rivendicazione dell'omicidio Biagi trovato morto nella propria abitazione in uno dei tanti casi di omicidio-suicidio nei quali eccelle la storia del nostro paese?
E come dimenticare il quantomeno “strano” particolare della scorta tolta al povero Biagi praticamente alla vigilia dell'omicidio?
Non sarà che questo variegato groppone di presunti “terroristi sbadati” oltre a rivelarsi utilissimo nello sviare l'attenzione pubblica dai problemi seri che affliggono il paese possa in ultima istanza diventare anche il capro espiatorio (come è già successo più volte in passato) di omicidi che con il terrorismo sembravano avere davvero poco da spartire?

Sarà un particolare di secondaria importanza ma, anomalia nell'anomalia, finora nel corso delle perquisizioni che hanno preceduto, contornato e seguito gli arresti non sono state trovate armi, né traccia di un “covo arsenale”, né altre prove materiali che possano collegare gli inquisiti agli attentati in questione.
Stesso discorso vale per i presunti fiancheggiatori, alla ricerca dei quali le forze dell'ordine stanno praticamente setacciando gli ambienti dell'estrema sinistra con l'unico indizio della “ricostruzione” dei files di un computer palmare.
Brigatisti, terroristi, estremisti, comunisti, brutta gente, una storia già vista troppe volte per mantenere ancora un'aura di credibilità.

giovedì 30 ottobre 2003

The Iraqui Freedom Show

Marco Cedolin

In un parallelismo a dir poco scioccante con la “rappresentazione” del crollo del World Trade Center di New York anche la dinamica della guerra in Iraq, i motivi che sono stati addotti per giustificare l'invasione, nonchè la gestione della sucessiva occupazione lasciano molte perplessità ed inducono ad alcune riflessioni che vanno al di là della semplice manipolazione dei media.
Tutto inizia con le truppe americane impantanate a un centinaio di km. da Baghdad fra roventi polemiche di strategia militare, con alle spalle Bassora e le altre città del sud che avevano resistito strenuamente all'avversario. La guerra lampo propagandata fino a quel momento spariva, nell'evidenza di un popolo Iracheno ben lungi dall'incensare con fiori e bandierine a stelle e strisce i mercenari di Bush.
Era diventato evidente per tutti che la guerra sarebbe durata e che le forze angloamericane a causa del proprio esiguo numero avrebbero dovuto attendere almeno tre settimane per ricevere i rinforzi necessari.

Da questo momento in poi sparisce completamente ogni informazione documentata. Gli americani avanzano improvvisamente in virtù di un non meglio specificato "cambio di strategia" e sulla strada di Baghdad schiantano intere divisioni corazzate "fantasma" in violentissime battaglie "fantasma". Non un fotogramma documenta gli scontri a fuoco che se avvenuti, coinvolgendo intere divisioni avrebbero dovuto lasciare sul terreno una carneficina di dimensioni inenarrabili e una porzione di deserto coperta di mezzi militari distrutti.
Non esiste una sola prova che dimostra siano avvenuti questi combattimenti. Dove sono le decine di migliaia di prigionieri conseguenti all'annientamento di alcune divisioni Irachene? E le migliaia di morti e feriti risultato della mattanza? E i caduti fra i mercenari americani che alla fine della guerra (quella combattuta ufficialmente) sembra siano in totale poco più di un centinaio? Perchè i generali Iracheni avrebbero lasciato libera, senza minarla o comunque renderla inservibile nientemeno che un'autostrada a 6 corsie sulla quale i convogli americani hanno potuto marciare in tutta tranquillità, anzichè dover arrancare nel deserto? Perchè gli Iracheni non hanno fatto saltare i ponti come sempre è accaduto in ogni guerra di resistenza a un'invasione pur avendo avuto tutto il tempo materiale per farlo?

Le stranezze continuano con la "presa" dell'aeroporto civile di Baghdad, anche in questo caso a seguito di violentissimi combattimenti durati almeno un paio di giorni. Anche qui nessuna immagine, nessuna testimonianza diretta, nulla che possa avvalorare gli accadimenti. Nessuna traccia di altre migliaia fra prigionieri, morti e feriti che sarebbero la naturale conseguenza di una battaglia delle dimensioni di quella che ci è stata descritta. Inoltre, ammesso e non concesso che l'aeroporto fosse un obiettivo di primaria importanza per gli americani, perchè mai gli Iracheni avrebbero dovuto farsi massacrare nella strenua difesa di una cattedrale nel deserto del tutto inutile essendo i cieli dominio esclusivo dell'aviazione statunitense? Le uniche immagini dell'aeroporto sono state portate in Tv dall'inviata del Tg 3 Giovanna Botteri e risalgono a circa quattro ore prima del presunto inizio dei combattimenti.
Tutta la struttura risultava completamente abbandonata da parecchio tempo, solo un soldato la presidiava con la funzione di custode. Secondo le parole della stessa Botteri scrutando il deserto a perdita d'occhio non si vedeva traccia delle truppe americane. Ma soprattutto a chiunque avesse visto il servizio risultava evidente che gli edifici non avevano subito alcun bombardamento e gli Iracheni non si erano assolutamente premurati di mettere mezzi corazzati, soldati, cannoni nè alcuna altra forma di difesa a presidio dell'aeroporto. In conseguenza di ciò lo scontro all'ultimo sangue perpetratosi di lì a poche ore sembra per lo meno alquanto improbabile.

Un'altra grande perplessità concerne i bombardamenti.
Le uniche immagini, purtroppo tragiche che abbiamo avuto modo di vedere riguardano i cosidetti " effetti collaterali", civili orrendamente dilaniati nei mercati o sotto le macerie delle proprie abitazioni.
Ma tutte le altre migliaia di bombe e missili che sono andati a segno cosa hanno colpito? Da quello che ci hanno raccontato gli obiettivi sono sempre stati per 20 giorni i ministeri, le residenze di Saddam, le caserme della guardia nazionale, le sedi del partito Baath, e le postazioni della contraerea.
Essendosi trattato di bombardamenti continui, se le notizie che ci hanno dato fossero esatte ognuna di queste strutture sarebbe stata colpita come minimo 50 volte, non essendo ministeri, residenze, caserme e sedi del partito, presenti a Baghdad in numero infinito.
Al contrario con grande stupore abbiamo assistito in questi giorni a filmati che ritraggono i soldati americani fare irruzione in residenze e ministeri praticamente intatti, nonchè i saccheggiatori fare scempio di strutture pubbliche che a rigor di logica non avrebbero più dovuto esistere. Il ministero dell'informazione,ad esempio è stato nominato come oggetto dei bombardamenti decine di volte ma all'ingresso dei marines in Baghdad è stata data la notizia della sua occupazione. Se le informazioni fossero state corrette i soldati americani avrebbero potuto occupare solo un immenso cratere.
Su che cosa e per quali fini gli americani hanno lanciato una quantità di bombe a dir poco spaventosa? E le hanno lanciate veramente? O si sono limitati al massacro dei civili e alla distruzione delle infrastrutture quali trasmettitori Tv, rete elettrica e telefonica e tutto ciò che potesse in qualche modo collegare Baghdad al resto del mondo, e se fosse così perchè?

Nei giorni che hanno preceduto la presa della città i carri armati americani girovagavano a loro piacimento nel centro della capitale trovando talmente poca resistenza da potersi permettere di farlo in ordine sparso. Secondo i comandi usa erano operazioni per saggiare la consistenza del nemico ma risultava evidente che città non era più difesa e avrebbero potuto conquistarla immediatamente. Invece hanno scelto di tergiversare, nell'attesa di cosa?
L'unica documentazione video di questo periodo è stata un filmato alquanto strano girato con tutta probabilità dall'Hotel Palestine. In esso due mezzi corazzati statunitensi "passeggiano" in prossimità di un ponte sull'Eufrate mentre sono fatti oggetto di un fuoco apparentemente di mitragliatrice. I marines, cosa inconcepibile, anzichè rispondere al fuoco coi cannoni dei carri preferiscono scendere dagli stessi, abbandonando ogni scudo difensivo e sparare coi propri mitragliatori. A questo punto gli Iracheni smettono di sparare e un gruppo di loro viene inquadrato mentre scappa sulla riva del fiume,uno di loro è in mutande. Nel finale due Iracheni salgono una scaletta con le mani alzate, si arrendono coricandosi in terra e lì vengono brutalmente uccisi a sangue freddo.
Quando mai si sono visti gli occupanti di un tank, sotto un fuoco leggero abbandonare il mezzo ed esporsi alle mitragliate? Per quale ragione gli Iracheni non avevano paura dei micidiali cannoni ma invece fuggivano terrorizzati dinanzi ai fucili dei marines? Quella che si è vista è sembrata a tutti gli effetti un'esecuzione sommaria di prigionieri di guerra arresisi. Per quale ragione gli inviati si sono limitati a raccontare gli eventi senza esprimere alcuna indignazione di fronte a un fatto tanto grave? E come mai nessuna trasmissione ha successivamente approfondito le immagini in questione?

Passiamo alla vigilia della "liberazione", quando i mercenari di Bush sparano deliberatamente con un carro armato contro l'Hotel dei giornalisti, uccidendo due di loro, ma le vittime avrebbero potuto essere molte di più. Contemporaneamente una bomba colpisce la sede della Tv Al Jazeera uccidendo un altro cronista.
Perchè mai accanirsi in modo tanto violento contro quei giornalisti che 24 ore dopo sarebbero stati lo strumento attraverso il quale veicolare il patetico teatrino dei "liberatori" che entrano in città applauditi da un centinaio di ragazzotti festanti reclutati chissà dove?

Ma dopo la caduta della statua, le immagini stereotipate di Iracheni?! festanti impegnati a distruggere le effigi del dittatore e i commenti vergognosamente condiscendenti di giornali e Tv resta ancora un piccolo particolare da approfondire.
Che fine hanno fatto Saddam, i suoi collaboratori, la guardia repubblicana, l'esercito Iracheno e tutte le altre milizie? Non hanno combattuto,in quanto Baghdad è stata lasciata senza nessuna difesa organizzata, non sono scappati a Tikrit, dove gli americani hanno conquistato una città fantasma.
E che fine hanno fatto le migliaia di miliziani Iracheni che presidiavano le città del sud, abbandonate contemporaneamente alla caduta di Baghdad?
Ai satelliti americani, purtroppo in grado di leggere la targa della nostra auto sarebbe mai potuto sfuggire lo spostamento di decine di migliaia di persone e relativi mezzi?
Per quale ragione i soldati americani hanno lasciato si compisse in maniera indiscriminata e selvaggia il saccheggio di ospedali, musei, scuole e orfanotrofi guardandosi bene dall'instaurare almeno una parvenza di ordine pubblico?

Dopo che G.W.Bush ha dichiarato terminata la guerra il grosso dei giornalisti ha abbandonato l'Iraq e le informazioni sono diventate se possibile ancora più episodiche, frammentarie e pilotate, oltretutto limitate alla città di Baghdad e occasionalmente a un paio di altri grossi centri del paese.
Dopo l'ondata dei "saccheggi" la popolazione è sembrata rientrare nei ranghi, sotto il controllo di una neonata forza di polizia che altro non è se non la preesistente polizia di Saddam diventata "buona" ora che a comandarla sono gli statunitensi, anche se il giorno deputato al pagamento degli stipendi Saddam pare fosse molto più preciso e puntuale.

Tutti gli ultimi mesi sono stati simili alla visione di un film attraverso un vetro smerigliato.
Fragili tentativi, perpetrati peraltro con evidente scarsa convinzione, di instaurare una qualche forma di governo coloniale, notizie quasi sempre imprecise e frammentarie di manifestazioni popolari represse a mitragliate dai mercenari USA e poi pian piano l'inizio dello stillicidio di soldati americani uccisi, prima nel corso di non meglio precisate "imboscate" poi a poco a poco per mezzo di veri e propri attentati terroristici suicidi.
Eh già, proprio il terrorismo, proprio lui, è stata l'unica ragione per la quale in questo ultimo mese i media sono ritornati a parlare d'Iraq.
Un terrorismo strano, sempre limitato alla città di Baghdad o al massimo Tikrit, un terrorismo che potrebbe avere il sapore della resistenza se non ci venisse presentato il più delle volte come opera di cittadini stranieri, un terrorismo che sembra molto più utile a giustificare il persistere ad oltranza della vergognosa occupazione americana piuttosto che non a porre le basi per la liberazione del popolo iracheno.

Le domande che mi vengono alla mente in questo dopoguerra fatto di nebbia e oscurità sono tante e mi piace porle come credo le porrebbe qualunque cittadino che basa la propria informazione su giornali e TV.
Che fine ha fatto il petrolio iracheno? Quel petrolio del quale per buona del XX secolo hanno beneficiato esclusivamente nazioni straniere.
Che cosa fanno tutto il giorno gli oltre 18 milioni di persone che popolano l'Iraq, dal momento che il paese è stato respinto ad un'era preindustriale, non esiste più uno stato, non esiste più un'economia, non esiste più una forma di lavoro organizzato, se escludiamo forse in parte l'agricoltura?
Con quali soldi gli iracheni mangiano, si vestono, pagano la luce, il gas o la benzina?
Che ne è stato dei fantomatici programmi di ricostruzione del paese e che fine hanno fatto e faranno gli stanziamenti di centinaia di milioni di euro che la UE, Italia in testa, ha destinato all'Iraq?
Che ne è delle centinaia di città e cittadine che non si chiamano Baghdad e Tikrit? E i carri armati americani (e dei loro alleati) sono presenti in numero tale da poter essere presenti in ogni centro abitato del paese?
Che differenza c'è fra resistenza all'invasore e terrorismo? Chiamiamo forse terroristi gli uomini della resistenza partigiana in Italia in Francia o in Spagna?
I poliziotti iracheni al soldo di Bush sono in realtà così diversi dai collaborazionisti di Vichy?
Per quanti anni o decenni il popolo iracheno sarà costretto a vivere dentro a questo vergognoso medioevo a stelle e strisce?


Tutte le incongruenze, le mistificazioni e la mancanza di un'informazione trasparente finora descritte m'inducono a pensare che per la seconda volta,come nel caso del crollo del WTC ci si trovi dinanzi a una diabolica "rappresentazione" costruita nell'intento di plasmare l'opinione pubblica mondiale appiattendola sulla logica della "guerra duratura" contro le forze del male tanto cara all'amministrazione Bush.
Per la seconda volta gli unici a pagare dazio sono stati e sono proprio i civili, riguardo al massacro dei quali non esistono dubbi, essendoci abbondanza di foto e filmati.Confesso che un simile livello di manipolazione della realtà mi spaventa in quanto parte di un piano di "dominazione mondiale" che rasenta la follia e non esita a sacrificare migliaia di vite umane se funzionali alla causa.

sabato 18 ottobre 2003

Abbiamo scelto il letargo del pensiero

Marco Cedolin

Si percepisce una strana sensazione nell'aria umida che già parla di autunno, nelle giornate che si accorciano, nelle foglie ingiallite che frusciano nei viali sballottate dal vento come le nostre coscienze.
Rassegnazione è una brutta parola, poichè sottende una resa incondizionata, un disimpegno, un lasciarsi vivere, ma proprio di rassegnazione sembrano permeati gli ultimi mesi di questo anno che sta per finire.
Dopo l'overdose d'informazione, d'impegno sociale, di rabbia genuina, ingenerata dall'invasione dell'Iraq, dopo l'indignazione per i "colpi di mano" con i quali il governo del cavaliere ci ha resi sempre più vicini agli Stati Uniti ma sempre più lontani dall'essere un paese democratico, ecco subentrare pian piano una sensazione di resa all'ineluttabilità, quasi fossimo noi tutti seduti in galleria a vedere un film che possiamo giudicare ma non ci riguarda certo personalmente.

Le bandiere della pace ancora appese a qualche balcone sono fantasmi ingialliti, malinconici simulacri d'inutilità, nonostante l'indignazione popolare la guerra gli americani l'hanno fatta comunque nei modi e nei tempi che desideravano, il nostro paese li ha appoggiati ideologicamente e materialmente e l'occupazione persisterà fintanto che la cosa garberà a Bush e compagni, l'ONU non esiste più ma siamo in molti a pensare non sia in effetti mai esistita.

Sharon continua ad applicare la pena di morte generalizzata a suo insindacabile giudizio verso il popolo palestinese ma a quella grande istituzione democratica che è la UE di questi genocidi non importa assolutamente nulla.

Il mondo del lavoro è stato oggetto di una rivoluzione epocale attraverso la quale al lavoratore possono essere imposte vessazioni di ogni genere ma nessuno ha dimostrato seriamente di essersene accorto.
Le agenzie interinali, vere sanguisughe abbarbicate sulla pelle dei poveri stanno nascendo come funghi velenosi e il loro veleno si chiama "ricatto", ma i media non ne fanno menzione e va bene così.

Il mondo della scuola è stato stravolto, il ruolo dei docenti trasfigurato nella sostanza e nel merito ma se si escludono le proteste di insegnanti e presidi direttamente coinvolti nel proprio “particulare”, all'italiano medio dell'istruzione pare non importi proprio nulla.

Il sistema televisivo è stato radicalmente cambiato, per compiacere un singolo individuo, con il solo effetto di peggiorare un insieme di meccanismi che già erano un vero e proprio coacervo di difetti....ma daltronde se hanno deciso così che ci si poteva fare?

Il lodo Maccanico ha concesso "l'impunità" a chi stava per essere ormai condannato dopo indagini e processi dai tempi biblici ma l'indignazione si è subito smussata in un rassegnato storcere la bocca.
Qualcuno di voi ha avuto più notizie del fantomatico referendum per abrogare la "grazia"? Probabilmente c'era il rischio di vincerlo e la cosa non sarebbe convenuta a nessuno.

L'ultimo regalo è la riforma delle pensioni, dove la parola "riforma" somiglia tanto a "soppressione", ovviamente differita nello spazio e nel tempo.
I sindacati hanno promesso 4 ore di sciopero generale e questo sicuramente risolverà tutto, uomini e donne una mattina in piazza coi fischietti ad ascoltare gli interventi di quei leader che hanno deciso di affossare l'art.18 (quel referendum si sarebbe comunque perso perciò si poteva farlo senza alcun problema).
Sarebbe più serio consigliare ai lavoratori di accaparrarsi qualche dose di gerovital e raccomandarsi alla grazia del buo dio.

Per precisione cronologica dovrei anche dire quattro parole sulla boutade del camerata pentito Fini Gianfranco che dopo aver esternato amore folle per la banda Sharon si erge oggi come il paladino degli immigrati, di colore e non, perlomeno di quelli che hanno un certo reddito e non si sono mai goduti le patrie galere, con la speranza forse un pò utopistica che folgorati dal tricolore votino per lui.

Tornando a guardare fuori dalla finestra il cielo brumoso dell'autunno, ciò che maggiormente mi preoccupa non è la confraternita di personaggi asserviti al dominio delle multinazionali, i Bush, i Berlusconi, gli Aznar, i Blair e tutti gli altri benefattori dell'umanità che non ho citato esistono ed esisteranno sempre laddove ci sia da lucrare sulle spalle altrui.
La vera preoccupazione mi sorge dal fatto che ci stiamo abituando ad ogni genere d'ingiustizia sociale e di prevaricazione.
L'apparente mancanza di mezzi tangibili utili a veicolare la nostra protesta ci sta chiudendo nella prigione dell'incomunicabilità.
L'accettazione rassegnata dell'ineluttabile è proprio il mezzo scelto dai globalizzatori mondiali per avere carta bianca su ogni fronte.Non mandiamo in letargo le nostre coscienze, perchè in primavera, al risveglio potrebbe essere troppo tardi per dare corpo alla nostra voce.

giovedì 2 ottobre 2003

Chi ha riformato la democrazia?

Marco Cedolin
Non so se vi è mi capitato di farci caso ma il nostro è un sistema politico davvero originale.
Siamo una Repubblica fondata sul lavoro, sulla libertà e la democrazia, ma le parole nel nuovo lemmario del neonato millennio hanno ancora un senso compiuto o si ergono a sterili contenitori del nulla?
La democrazia nel nostro paese (e in tutti i sistemi democratici occidentali in genere) si limita alla penosa parodia del giorno in cui ci si reca alle urne.
A votare chi? Che cosa? Un uomo? Un programma? Un partito? Un'idea?
Giammai!
Semplicemente una delle due consorterie di seggiole che grazie alla "Riforma" della legge elettorale hanno, esse sole il diritto sacrosanto di disputarsi la guida del paese.
In quelle 36 ore nelle quali il cittadino si tappa il naso prodigandosi nella "missione impossibile" di scegliere il male minore, la democrazia nasce e muore come in una dissolvenza e già si leva il grido "l'Italia siamo noi", già noi, ma noi chi?

E'accaduto così anche questa volta ma non sarebbe oggettivamente stato possibile finisse diversamente.
In Italia la "cosca" che in qualche maniera riesce a vincere le lezioni, accaparrandosi i voti di quei pochi italiani che ancora ci credono assurge al ruolo di oligarchia assolutistica e intoccabile senza che a nessuno sia dato modo di contrastarla.

E il parlamento? E' ormai ridotto al ruolo di inutile orpello, fonte di ricchi guadagni per i tanti scaldaseggiole incravattati, ma completamente esautorato da quello che avrebbe dovuto essere il suo ruolo precipuo.
Oggi chi ha il 51% dei voti di quella parte d'italiani che ancora perde il proprio tempo a gettare le ultime speranze nel buio dell'urna, può praticamente fare e disfare tutto a proprio piacimento senza che a nessuno sia dato modo di eccepire alcunchè.
Un perfetto esempio di tutto ciò ci viene offerto da questo primo periodo di malgoverno della Casa delle libertà.
Non che io abbia alcun tipo di preconcetto nei confronti di Silvio Berlusconi, a parte il latino maccheronico e la sgradevolezza del soggetto, credo infatti che qualunque altro politicante del nostro “bestiario” parlamentare farebbe pressappoco le stesse cose.
A colpi di leggi delega, fiducia, decreti legge e quant'altro, il tutto ovviamente spacciato per riforme il governo sta calpestando ogni diritto dei lavoratori (sul cui operato era fondata la Repubblica, ricordate?) senza che nessuno possa porre freno all'abominio che si sta perpetrando in spregio alle regole democratiche più elementari.

Sono stati stravolti il mondo del lavoro e quello dell'istruzione e si sta procedendo in questi giorni a fare la stessa cosa con il sistema pensionistico e l'informazione televisiva.
In particolare è quanto mai originale il modo nel quale Tremonti & Company intendono riformare le pensioni, l'impressione è che i lavoratori continueranno a pagare altissimi contributi (ai quali dovranno fra l'altro sommare anche le “tangenti” agli squali delle assicurazioni private ritenute ormai indispensabili) senza però avere la minima idea del se, quando e come potranno poi usufruire della pensione maturata col sudore del proprio lavoro .
Gli anni di contributi indispensabili continueranno ad alzarsi, l'età minima per richiedere la pensione anche, in poche parole somiglierà sempre più ad un sussidio indirizzato a chi ormai deteriorato nel fisico non potrà più contribuire al sistema lavoro, ma ahimè neppure godersi qualche anno di pace e tranquillità.
La ciliegina sulla torta, che è poi dimostrazione emblematica di quanto sia differente operare con lungimiranza dal fare leggi che abbiano il solo scopo di raccattare qualche danaro per dopare i conti pubblici prossimi al collasso è costituita dai contributi destinati a chi, pur avendone diritto, anziché andare in pensione sceglie di continuare a lavorare.
Sicuramente un'idea eccellente per dare spazio ai giovani che, entrando nel mondo del lavoro già trovano spazi quanto mai esigui.
Il futuro “delle libertà” sarà dunque all'insegna della gioventù sempre più disoccupata che dovrà farsi mantenere vitto e alloggio da padri e nonni settantenni in carriera?

Ci saranno scioperi, proteste, mugugni, critiche, come al solito, ma nulla di tutto ciò potrà minimamente scalfire la protervia con la quale il governo porterà avanti i propri disegni, ben sapendo di poterlo fare in tutta tranquillità.La verità è che in questa società delle riforme, dove “riforma” è sinonimo di giusto, buono e bello è stata riformata a monte, purtroppo anche la democrazia.

domenica 28 settembre 2003

Hanno deciso di lasciarci al buio

Marco Cedolin

Da questa notte alle 3.30, non senza genuina sorpresa siamo tutti un po' più americani non solo nella epocale “battaglia al terrorismo” ma anche nella condivisione di un inspiegabile Black out generalizzato.
In queste prime ore il circo dei media di regime si sta profondendo in ogni genere d'informazione, affrontando con estrema noncuranza il problema di cadere continuamente in contraddizione.
La cronaca racconta di treni bloccati in galleria, paura per gli ammalati la cui vita è legata alle macchine, coraggiosa reazione dei cittadini che, come i temerari americani non si sono lasciati prendere dal panico.

Non sarebbe serio così a caldo e senza le informazioni necessarie incominciare a disquisire sulle cause ed i perché di questa anomalia, ma una certezza già si evince dalle parole dei primi “esperti” che si stanno profondendo in TV.
Ci diranno che il nostro sistema energetico è giunto al collasso e l'energia non basta più a soddisfare i consumi, peccato però che il Black out sia iniziato nel cuore della notte, quando la portata dei consumi è ahiloro del tutto insignificante.

Non importa troveranno comunque motivazioni complesse ed esaudienti per la maggior parte di noi che purtroppo non siamo in possesso di approfondite competenze sul funzionamento delle centrali elettriche e della produzione di energia in generale.
Ci diranno che la situazione in Italia è parossistica, noi abbiamo superficialmente abiurato il “nucleare” ed ora siamo costretti con enorme dispendio monetario ad importare energia proprio da quei paesi come la Francia che con grande lungimiranza il nucleare lo hanno invece sposato in pieno.

Ci chiederanno, sia pur soppesando con attenzione le parole quanto ci sia piaciuto provare l'ebbrezza delle città sprofondate nel buio, come tante piccole Baghdad, ci prospetteranno lo spettro della rinuncia a tutta la tecnologia della quale siamo giocoforza figli adottivi.
Parleranno di centrali nucleari “sicure”, di necessità impellenti, di programmi improcrastinabili, della inevitabilità di muoverci per tentare di colmare il gap che ci divide dal resto d'Europa.
Ci chiederanno un sacrificio, ma piccolo, quello di ripensarci ed abbracciare col sorriso sulle labbra il ritorno del nucleare in Italia.

E' il momento di guardarci davvero tutti negli occhi e dimostrare che il nostro cervello non si è ancora liquefatto nel caleidoscopio di uno schermo TV. Una notte di Black out non può e non potrà mai indurre le persone intelligenti a scendere nel buio, quello vero, che non sparisce quando riallacciamo due fili di rame.