Marco Cedolin
Raramente nella storia del nostro paese ci si è trovati di fronte a un tale condensato d'incapacità manifesta, servilismo nei confronti del mondo industriale e dell'interesse privato, approssimazione e pressappochismo, quale quello proposto dai vaneggianti dettami della riforma Moratti.
Una riforma che se posta in atto otterrà il devastante risultato di sfasciare definitivamente il mondo dell'istruzione pubblica, essendo essa stata concepita senza tenere in minima considerazione lo scopo precipuo che la scuola ha rivestito fin dai tempi antichi in ogni società e cioè l'insegnamento, la cultura e la formazione caratteriale delle nuove generazioni.
La trasformazione delle scuole pubbliche in “aziende” e dei presidi in “manager” ci ha già posti in questi ultimi anni di fronte al paradosso d'istituti pubblici costretti a fare pubblicità come fossero fabbrichette in una sorta di lotta vergognosa per contendersi l'iscrizione degli allievi.
La situazione degli insegnanti precari già fino ad oggi parossistica viene acuita nella propria drammaticità da un sistema cervellotico di punteggi che nel nome di una falsa meritocrazia impone la dottrina della competizione selvaggia passando attraverso la giungla dei corsi d'aggiornamento e i sacrifici inenarrabili di chi aspirando all'insegnamento si ritrova sballottato a destra e a manca senza una prospettiva.
Ma è tutto lo spirito che permea la riforma a lasciare allibiti per il sovvertimento del valore basilare di eguaglianza nel diritto all'istruzione, valore dal quale nessun paese civile può permettersi di prescindere senza snaturare le proprie caratteristiche di civiltà.
Il taglio degli organici e la soppressione del “tempo pieno” che già in questi giorni hanno prodotto proteste e fermento sono un chiaro esempio della miopia con la quale è stato approcciato l'argomento.
In una società forzatamente ipercinetica come la nostra, nella quale i genitori sono costretti a lavorare come forsennati per cercare di mantenere in piedi economicamente la famiglia (dall'introduzione dell'euro in poi in verità con poche speranze di riuscirci) si prospetta l'abominio di eliminare il tempo pieno, con le devastanti conseguenze che facilmente si possono immaginare.
Già dalla scuola elementare vengono legalizzate le disuguaglianze di trattamento fra bambini poveri e ricchi, più intelligenti o meno, tutto ciò naturalmente ad insindacabile giudizio del “tutor”, una sorta di mutazione genetica del vecchio maestro, con il compito d'indirizzare il futuro della risorsa umana in erba a seconda delle proprie possibilità economiche e cognitive.
Non ultima inoltre fra le aberrazioni di nuova introduzione la possibilità di destinare all'insegnamento elementi privati qualora l'organico non si riveli sufficiente, aprendo così la porta ad una commistione fra pubblico e privato che mai avrebbe avuto ragione di essere.
Passando poi alle scuole superiori il disastro si evidenzia in tutta la sua imponenza ed emerge la sudditanza verso la grande imprenditoria e il patetico tentativo di scimmiottare il sistema d'istruzione americano, uno dei peggiori al mondo per qualità, ne è la riprova il bassissimo livello culturale dello statunitense medio.
Il concetto secondo il quale se ad un giovane dai una buona cultura di base e un'istruzione appropriata egli saprà poi districarsi agevolmente nel mondo del lavoro avendo a disposizione ottimi strumenti per farlo, viene completamente capovolto.
Si sceglie di perseguire non l'accrescimento culturale dell'individuo, bensì le competenze tecniche della risorsa umana, con la risultante di un giovane ignorante ma già adatto da subito ad operare in un campo lavorativo specifico.
Questa strada ovviamente garantirà alla grande imprenditoria una forza lavoro competente senza necessità di lungo tirocinio ma si rivelerà notevolmente lesiva per il futuro dei giovani che si ritroveranno privati di contenuti indispensabili e come contropartita la capacità di svolgere un lavoro specifico al di fuori del quale non avranno strumenti per trovare alternative.
In conclusione nulla avviene per caso nei programmi di questo governo asservito al capitale, il cui scopo palese è quello di creare un mondo del lavoro con manodopera a basso costo e lavoratori che si lascino vessare in silenzio, schiavi della loro stessa precarietà.La riforma Moratti si muove di concerto con la riforma Biagi, su una linea comune che prevede la formazione dell'imprenditoria del domani in un sistema scolastico elitario a pagamento e la manodopera da crescere invece in una scuola in via di smantellamento sempre più simile ad una sorta di officina per poveri.
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