Marco Cedolin
Evviva! Milano avrà l’Expo 2015.
La notizia rimbalza roboante sui TG della sera illuminando come non mai i teleschermi sempre più piatti degli italiani, per poi andare a riempire le prime pagine dei giornali, incastonata all’interno di titoloni che esaltano ora l’orgoglio, ora la commozione, ora la felicità di un Paese in festa, quasi si trattasse del revival degli ultimi vittoriosi mondiali di calcio.
La “vittoria” ottenuta da Letizia Moratti riuscendo a portare l’expo 2015 sotto la Madonnina riesce ad oscurare qualsiasi problema di questa Italia disgraziata, poco importa se i salari degli italiani continuano a restare i più bassi, poco importa se i morti sul lavoro continuano ad aumentare anche adesso che in campagna elettorale non fanno più notizia, poco importa se non si riesce neppure a decidere a chi “regalare” la compagnia aerea di bandiera, poco importa se sulle prime pagine di ieri l’inflazione era schizzata al 3,3% toccando il livello più alto degli ultimi 12 anni, adesso abbiamo l’Expo e possiamo guardare al futuro con giustificato ottimismo, godendoci la “Milano da bere” che ritorna e le fantasie visionarie che amministratori, architetti, giornalisti ed opinion leader ormai scatenati stanno affrettandosi a “mettere in cantiere” per noi.
Gli aggettivi si affastellano gli uni agli altri con i loro suoni suadenti e carichi di musicalità, somigliano alle sirene di Ulisse nate per ammaliare, imbonire, suggestionare e persuadere il cittadino – consumatore di sogni, incantesimi ed alchimie.
Le cifre vengono sciorinate disordinatamente in un crescendo musicale carico di suggestioni immaginifiche promettendo per tutti scampoli di quella “ricchezza” ormai dimenticata dai più, fra le pieghe di un divenire sempre più incerto.
Tutto è grande se osservato sotto le fantasmagoriche luci dell’Expo, immensa l’area di esposizione prevista in 1,7 milioni di metri quadri, così come lo spazio di 530 mila metri quadrati dedicato ai parcheggi, colossali gli investimenti (in larga parte pubblici) stimati in 20 miliardi di euro, enorme il numero dei visitatori attesi, oltre 29 milioni, straordinarie le ipotesi d’incremento di fatturato per le aziende locali che ammonterebbero a 44 miliardi di euro secondo una ricerca della Camera di commercio milanese, addirittura incredibile il numero di “posti di lavoro” che potrebbe creare la manifestazione, secondo una ricerca condotta dalla Bocconi che li stima in circa 70.000.
Tutto cresce nella fantascientifica Milano “del futuro” che nascerà attraverso oltre 7 anni di cantieri finalizzati a stravolgerne in profondità la fisionomia, fino a trasformarla in una piccola Dubai, tanto artificiale quanto improbabile nella sua veste di metropoli “ecosostenibile” incastonata all’ombra della futura Expo Tower che s’innalzerà nel cielo per 200 metri, pronta a specchiarsi dentro a laghi e torrenti artificiali contornati dalla nuova stazione del TAV, da nuovo cemento, nuove strade, nuove occasioni di speculazione edilizia.
Tutto resta uguale nelle case delle famiglie italiane, milanesi e non, spesso abbarbicate nei quartieri dormitorio delle grandi periferie atomizzate, dove mancano anche i servizi primari e l’unico panorama godibile è costituito dal muro di un palazzone scrostato e fatiscente. Tutto resta uguale nell’Italia della disoccupazione dimenticata dall’Istat e del lavoro precario che avvelena la vita annientando anche la speranza. Tutto resta uguale per gli italiani costretti a tirare la fine del mese con sempre meno potere di acquisto perché schiacciati (come gli viene raccontato dagli economisti) da un debito pubblico insostenibile.
Eppure saranno proprio loro, le famiglie italiane che non sono state invitate a partecipare al baccanale, a finanziare attraverso nuovo debito pubblico, anche la mega kermesse dell’Expo di Milano 2015 dove la lobby del cemento e del tondino, sotto la direzione degli architetti di grido, costruirà la “città del futuro”, luminosa, colossale, artificiale, ecosostenibile, universalmente inutile e soprattutto lontana, così lontana dal Paese reale da perdersi in quella cappa di nebbia e smog che nonostante il miracolo dell’Expo a Milano continua a farla da padrone.
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