Le pesanti critiche di cui il sistema
Mose è stato fatto oggetto fin dalla presentazione del primo
progetto nel 1992, riguardano sia l’enorme impatto delle opere sul
territorio e sull’economia locale (pesca, acquacoltura, turismo e
porto) sia la scarsa utilità dell’infrastruttura, sia l’altissimo
costo di un progetto che non garantisce risultati proporzionati
all’investimento, sia il fatto che la scelta del MOSE sia stata
portata avanti senza mai prendere in considerazione progetti
alternativi caratterizzati da diverse concezioni progettuali e
modalità di gestione.
Rifiutando tutte le più elementari
regole della logica il Mose si propone inoltre di risolvere il
problema delle “acque alte” intervenendo solamente sul fenomeno e
non sulle cause che contribuiscono ad ingenerarlo....
Sostanzialmente anche nel caso del
MOSE, come spesso ci accadrà di riscontrare durante il nostro
viaggio all’interno delle grandi opere, l’uomo moderno continua
ad inseguire il mito dell’onnipotenza della tecnica, cercando di
rimediare ad un problema (quello delle alte maree) aggravato dalla
sconsiderata attività umana ( lo scavo dei fondali, la sottrazione
di territorio alla laguna, lo sfruttamento delle falde ad uso
industriale) attraverso un’altrettanto sconsiderata ed invasiva
attività umana (il MOSE) con il rischio di peggiorare ulteriormente
la situazione, probabilmente in maniera irreversibile. Si crea una
spirale perversa dove la risposta della natura violentata
dall’ingerenza dell’intervento umano, viene affrontata attraverso
nuovi interventi umani ancora più violenti che ingenereranno per
forza di cose ancora più drammatiche risposte da parte della natura
alle quali con tutta probabilità non saremo in grado di fare fronte.
Le riflessioni riguardo alla reale
utilità del sistema Mose prendono spunto dal fatto che le paratoie
sono progettate per entrare in funzione solamente quando l’alta
marea supera il livello dei 110 cm. e in conseguenza di ciò l’opera
non è in grado di offrire assolutamente alcun genere di protezione
per tutte le acque alte di portata inferiore ai 110 cm. A questo
riguardo occorre anche sottolineare come nell’ambito di un progetto
di questo tipo sarebbe impossibile abbassare sotto i 110 cm. la
soglia di messa in funzione delle paratoie, senza penalizzare
oltremisura l’attività portuale ed aumentare in maniera
sostanziosa l’inquinamento delle acque lagunari a causa del
sopravvenuto limitato interscambio fra mare e laguna.
I dati statistici concernenti l’ultimo
decennio indicano che una struttura come quella del Mose si sarebbe
attivata mediamente circa tre volte l’anno, a fronte di oltre una
cinquantina di casi annui di acque alte minori di 110 cm. che
avrebbero continuato a creare danni e disagi nonostante la presenza
dell’opera. A dimostrazione di questa realtà oggettiva basti
pensare che nel corso del 2003 si sono verificati solamente 7 casi
di marea superiore ai 110 cm. contro 87 casi di alta marea inferiore
alla soglia, nel 2004 solo 5 casi di marea superiore a fronte di 80
inferiori, nel 2005 un solo caso superiore ai 110 cm. contro 61 di
portata inferiore.
Il sistema Mose si presenta dunque come
un progetto di scarsa utilità, in quanto nonostante un investimento
colossale di 4,5 miliardi di euro, la città di Venezia continuerebbe
a restare in balia di tutte le alte maree (la stragrande maggioranza)
che non arrivano a superare i 110 cm.
Inoltre se negli anni a venire
continuasse l’innalzamento del livello marino in conseguenza
dell’effetto serra, come ampiamente previsto dagli scienziati, il
Mose perderebbe anche la poca utilità residuale, diventando
completamente inutilizzabile. Il progetto che necessita di almeno 10
anni per essere portato a termine rischierebbe perciò di diventare
anacronistico prima ancora della sua inaugurazione.
Un’altra fondata critica che fin
dall’inizio è stata mossa al sistema Mose riguarda l’assoluta
irreversibilità dell’impatto dell’opera sul sistema ambientale
sia acquatico che terrestre, indotta dalla posa dei pali di
fondazione e dei cassoni di alloggiamento, alla quale si verrebbe ad
aggiungere il pericolo legato alla possibilità d’infiltrazioni di
gas metano e anidride solforosa attraverso le solette dei manufatti
in calcestruzzo. A questo proposito vale la pena di ricordare che
proprio le Leggi Speciali per Venezia, fissano come fondamentali i
criteri di reversibilità, gradualità, flessibilità e
sperimentabilità per qualsiasi intervento venga compiuto in laguna.
Anche dal punto di vista
economico/sociale il Mose manifesta una lunga serie di negatività di
assoluta importanza.
Le ricadute di un progetto talmente
invasivo da mutare in modo permanente il regime idraulico dell’intera
laguna, penalizzeranno in primo luogo le attività di pesca,
inducendo trasformazioni e mutamenti nella morfologia lagunare e
nella fauna ittica, nonché una notevole perdita delle biodiversità.
Le opere determineranno gravi intralci
alla navigazione dei pescherecci, metteranno a rischio di erosione e
d’inquinamento il lido di Sottomarina, a causa dell’alterazione
del regime delle correnti, danneggeranno il turismo, determinando un
mutamento irreversibile del paesaggio lagunare ed imponendo la
presenza di grandi cantieri che per almeno 10 anni devasteranno aree
di assoluta importanza paesaggistica, alcune delle quali protette. In
virtù di ciò il 18 gennaio 2006 la Commissione Europea ha avviato
una procedura d’infrazione nei confronti del governo italiano,
riguardante i lavori preliminari già in corso nella laguna di
Venezia.
Il progetto Mose penalizzerà inoltre
in maniera pesante il porto commerciale, destinato a subire in futuro
le conseguenze di diversi giorni di chiusura delle bocche di porto e
dirotterà su un’unica opera tutte le risorse finanziarie della
Legge Speciale per Venezia, svuotando gli enti locali delle risorse
indispensabili per la manutenzione dei centri storici e per la
pianificazione della riqualificazione urbanistica ed ambientale.
L’ingegnere idraulico Arturo
Colamussi, che ha lavorato per anni con il Consorzio Venezia Nuova,
ha elaborato recentemente uno studio per il comune di Venezia. Egli
mette in evidenza come nessuno sbarramento antimarea al mondo abbia
un numero così grande di moduli interdipendenti da controllare (il
Tamigi ne ha 6, la diga mobile Maesland sulla Schelda e la Hartel
Barrier ne hanno 2) e tutti consentono ispezioni all’asciutto. Il
Mose permette invece solamente ispezioni sottomarine estremamente più
complesse e costose. Colamussi evidenzia inoltre come nel caso (più
che probabile nel tempo) di malfunzionamento di una delle paratoie,
l’accumulo dei sedimenti nel varco lasciato libero potrebbe
impedire il funzionamento delle paratoie vicine arrivando a mettere
in crisi l’intero sistema.
Il professor Giovanni Benvenuto del
Dipartimento di ingegneria navale e Tecnologie marine dell’Università
di Genova, conferma l’esistenza di aspetti critici nel progetto
Mose. Egli evidenzia in particolare i problemi relativi ai connettori
meccanici, ai tunnel, alla difficoltà di manutenzione e alla
presenza di gas pericolosi. Benvenuto critica la scelta della
disposizione delle paratoie che a suo avviso non garantisce una
stabilità intrinseca, per cui è necessario utilizzare un complesso
sistema di controllo attivo che comporta un consistente consumo di
energia e il rischio d’instabilità in caso di avarie.
Il professor Antonio Campanile,
ordinario di strutture Offshore all’Università di Napoli, invita
ad eseguire mirate prove sperimentali in quanto lo sfasamento di moto
delle paratoie potrebbe ridurre le capacità di tenuta della
barriera.
Tratto da Grandi Opere Arianna Edizioni 2008
2 commenti:
Pero' , 110 e' effettivamente la soglia di disturbo , il livello sopra il quale Venezia diviene meno fruibile , la mia lunga esperienza conferma il valore di quella quota...e non c'e' dubbio che il rischio di infognarsi ostacolando il ricambio...e' il rischio piu' importante .
Quello che trovo frustrante e' che con 5 mld........si sarebbe anche potuto affrontare il problema in modo piu' sano....ma i 5 mld sono usciti.....e non possiamo tornare indietro...
che gigantesche infrastrutture , tra cui alcune isole...sono li....e riciclarle richiede studi approfonditi..
che nessuno ha il potere di fermare tutto e ricominciare nel modo migliore....
che mentre noi chiacchieriamo....sicuramente c'e' una lobby alternativa che si sta organizzando per rubare altri 5 mld sostenendo di essere diversi cdai precedenti...
Senza dubbio, Marco, l'opera è ormai in buona parte costruita ed il punto di non ritorno è stato superato da un pezzo. Purtroppo il suo carattere è irreversibile, ma come hai detto tu troveranno sicuramente il modo di rubare altri 5 miliardi, magari attraverso un'alternativa che ne depotenzi i danni...
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