mercoledì 28 ottobre 2009

La crescita verniciata di verde


Marco Cedolin
L’importanza del business ecologico, quale fonte di facile profitto e altrettanto facile costruzione di popolarità politica, continua a diventare ogni giorno più evidente. Lo hanno compreso perfettamente i grandi e piccoli leader politici, impegnati ormai da qualche tempo a dipingere di un’improbabile tinta verde i propri programmi elettorali e le proprie azioni, pur continuando senza posa nella sistematica devastazione dell’ambiente. Così come lo hanno capito le grandi industrie ed i grandi gruppi legati all’energia che pur portando avanti politiche ambientalmente criminali, vengono rappresentati dai giornalisti e pubblicitari al proprio servizio, in TV e sulla carta stampata, sotto forma di aziende interessate in primo luogo alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.

Proprio il comparto dell’energia e quello dei trasporti, intimamente legati fra loro, sono risultati essere fra i più sensibili al canto delle “sirene ambientaliste”, arrivando a produrre ossimori e cortocircuiti logici di ogni sorta. Questo poiché i dogmi della crescita e dello sviluppo impongono il consumo di quantità sempre crescenti di energia e solamente attraverso l’illusione che tale energia possa venire prodotta in quantità pressoché illimitata e con scarse ricadute in termini d’inquinamento ambientale, si riuscirà a veicolare nell’immaginario collettivo il convincimento che sia possibile continuare a procedere all’infinito sulla strada intrapresa.

All’interno di questa scuola di pensiero sono molti i casi di mistificazioni macroscopiche, attraverso le quali si è inteso creare patenti di “sostenibilità ecologica” nei confronti di strumenti che risultano privi di qualunque presupposto volto a meritarle. Basti pensare ai forni inceneritori a recupero energetico spacciati come un metodo “pulito” attraverso il quale produrre energia tramite i rifiuti, nonostante risultino essere strumenti di morte tanto dannosi per la salute quanto insostenibili dal punto di vista economico. Alle centrali nucleari, ai treni ad alta velocità, alle centrali a carbone "pulito" ed a quelle turbogas. Tutte tecnologie altamente impattanti, presentate come la nuova frontiera dell’ambientalismo, dopo essere state ricoperte di una mano di vernice verde.

Nonostante l’opera di tinteggiatura e la ridda di mistificazioni messe in atto, continua però a risultare evidente l’assoluta inadeguatezza degli strumenti esistenti, nel garantire la progressiva crescita delle risorse energetiche a disposizione nei decenni futuri, anche a fronte del possibile esaurimento dei giacimenti petroliferi. Ecco allora fuoriuscire come d’incanto dal cilindro del prestigiatore tutta una serie di progetti più o meno fantascientifici, più o meno realizzabili, più o meno aderenti alla realtà, che infarciscono le pagine dell’informazione, promettendo al lettore per il prossimo futuro energia a iosa, pulitissima ed eterna.
Dal momento che ai tinteggiatori del futuro la fantasia non manca, l’elenco si manifesta lungo ed assai variegato e spazia dalla centrale eolica (grande quanto il Galles) da posizionare nel deserto del Sahara, che al modico costo di 50 miliardi di euro sarebbe in grado d’illuminare l’intera Europa, alla città Ziggurat in grado di ospitare un milione di persone all’interno di soli 2,3 chilometri quadrati, alle navi robotizzate che dovrebbero risolvere il problema del riscaldamento globale attraverso l’irrorazione delle nuvole con acqua marina, fino a giungere al progetto del "traffico rinnovabile" prodotto dalla società israeliana Innowattech.

Quest’ultimo, consistente nell’impiego di generatori piezoelettrici che affogati nell’asfalto delle autostrade sfrutterebbero l’energia meccanica determinata dal passaggio delle automobili e dei mezzi pesanti, producendo in questo modo energia elettrica, merita un’attenzione particolare.
I dati diffusi dalla stessa Innowattech, relativi alla possibilità di produrre, quando c’è gran traffico, circa 100 kW all’ora per ogni km di corsia autostradale, non significano infatti nulla, non potendo essere letti in funzione del costo al km dell’impianto e dei dati relativi al carico economico determinato dalla manutenzione ed alla frequenza della stessa, che al momento risultano sconosciuti. Ma la natura del progetto sembra calzare davvero a pennello per i sogni di tutti coloro che sono impegnati a dipingere di verde la macchina della crescita e potrebbero “finalmente” costruire dappertutto autostrade e tangenziali a 6, 8 o 12 corsie, sulle quali far correre milioni di autovetture e mezzi pesanti, raccontando che lo stanno facendo unicamente per il bene dell’ambiente. Proprio l’equilibrio ambientale dovrebbe infatti trarre enormi benefici, insieme all’economia, dalla produzione di così tanta “energia pulita” che scorreva dinanzi ai nostri occhi senza che ce ne fossimo mai accorti, impegnati com’eravamo ad osservare unicamente il mare di petrolio necessario a muovere quegli stessi milioni di autoveicoli. Un mare di petrolio senza il quale però i generatori piezoelettrici della Innowattech non potrebbero accendere neppure una lampadina, facendo si che scrostata la mano di vernice si finisca per ritornare al punto di partenza, laddove giace senza vita e senza senso il mito defunto della crescita infinita.
L’unica strada praticabile ha una sola corsia ed è anche a senso unico: ridurre la movimentazione schizofrenica delle merci e delle persone ed adottare sempre più massicciamente la filosofia del km zero, l’unica che permetta di accendere sempre e comunque la lampadina del buon senso.

8 commenti:

Lorenzo ha detto...

Caro Marco

nel novero delle tecnologie falsamente "ambientaliste" forse andrebbero ascritti pannnelli solari e impianti fotovoltaici, col bel carico di silicio da smaltire una volta esaurita la ventennale (o forse più) attività dell'impianto in questione. Come ha detto M.Pallante, prima combattiamo gli sprechi, poi implementiamo la rinnovabile solare, a tutt'oggi largamente insufficiente, alla luce degli sprechi e dei consumi correnti.
E come dice S.Montanari, se le ingenti risorse destinate allo sciagurato incenerimento fossero state destinate allo studio di un materiale più sostenibile del silicio per catturare l'energia del sole, a quest'ora avremmo a disposizione pannelli più ecologici.
A tal proposito vorrei citare uno studio dell'Università di Messina (noi siciliani produciamo anche qualcosa di buono) su materiali organici (addirittura bucce di melanzane) che potrebbero, in un futuro non troppo lontano, sostituire l'ecologicamente pesante silicio.
Un'ultima annotazione: per costruire i pannelli solari e fotovoltaici, a tutt'oggi occorre un'enorme quantità di petrolio in fase di produzione.
Tutto questo (mi scuso per essermi dilungato) per capire che nell'alveo dell'ambientalismo non tutto è oro quello che luccica. Come hai detto nel post, Marco.
Grazie Lorenzo

Alba Kan ha detto...

Caro Marco...
hai elencato tante soluzioni (così le chiamano loro...) in questo articolo, ma il problema vero è che anche l'ambientalismo è un grosso affare dove lucrare, non si cerca di risolvere il problema dell'inquinamento, ma si cerca di sfruttarlo, perchè anche quello può portare nuovi introiti...

Una delle trappole peggiori che hanno accompagnato il Protocollo di Kyoto (parte della Convenzione sul Cambiamento Climatico) è che i governi hanno accettato che invece di ridurre effettivamente le emissioni di gas che causano l’effetto serra alla fonte, i paesi del Nord e le aziende che lo producono maggiormente possono pagare gli altri (che hanno meno emissioni) per continuare ad inquinare, sia attraverso di fondi controllati dai governi, sia attraverso i mercati privati del carbonio. Questo non migliora il cambiamento climatico ma ha permesso nuove fonti d’affari e di speculazione finanziaria con mercati primari e secondari per i crediti di carbonio. Peggio ancora , i chiamati “condotti di carbonio” con i quali le aziende comprano i loro diritti per inquinare, sono attività lucrative per le stesse o altre grandi multinazionali, come nel caso delle estese piantagioni di monocoltivazioni di alberi, con enormi impatti ambientali e sociali.

Una forma di questo mercato perverso è quello chiamato "Clean Development Mechanism (CDM)" che esiste nella Convenzione sul Cambiamento Climatico. Si basa sul compensare le aziende che “evitano” l' ipotetica emissione futura di gas ad effetto serra. La maggior parte dei progetti del CDM favoriscono aziende terribilmente inquinanti e dannose per l’ambiente, perché il risarcimento è dato in base alla produzione più sporca senza aver presentato il progetto. Questa contabile non tiene conto ciò di cio che è realmente necessario: che questo tipo di produzione deve sparire...

Anonimo ha detto...

Leggevo proprio ieri che l'ombra della mafia è arrivata pure in Sardegna, visto che una società che avrebbe dovuto occuparsi della costruzione di una centrale eolica nel sud sardegna (San Giovanni Suergiu), è inquisita in Sicilia per reati stampo mafioso.

A dimostrazione che gran parte di qusta ultima moda "ecologica" sia solo un enorme business, e i criminali l'hanno capito ben prima di noi....!

Si, appunto tante chiacchiere e tanto business verniciato di verde ( e sotto c'è il marcio).

Un saluto a questo bellissimo blog.

marco cedolin ha detto...

Caro Lorenzo,
concordo, nell'ambientalismo non è tutto oro quello che luccica.
In modo particolare spesso è proprio l'approccio nei confronti dell'energia rinovabile a risultare profondamente sbagliato, poichè si tende a replicare le stesse "cattive abitudini" già presenti nella produzione energetica di combustibili fossili.
Megacentrali solari (a ricoprire il suolo) la cui energia andrà in larga parte dispersa durante il trasporto, invece di pannelli (o tegole)da posizionare sul tetto delle case dove l'energia verrà consumata.
Megaimpianti eolici con torri di cemento alte 120 metri, invece di mini pale eoliche posizionate anche in questo caso laddove avverrà il consumo e così via.

Se a questo aggiungiamo la mancata volontà di ridurre gli sprechi ecco che il quadro complessivo si presenta a tinte fosche.
Ti ringrazio per l'informazione concernente lo studio dell'Università di Messina e lasciami aggiungere che al di là dei luoghi comuni voi siciliani producete molto di buono.

Un caro saluto
Marco

marco cedolin ha detto...

Cara Alba,
In effetti, come dici tu, larga parte del mondo ambientalista in realtà rappresenta un ambientalismo di facciata, che non tenta di risolvere il problema dell'inquinamento, bensì di sfruttarlo per ottenere profitto.
Proprio per questa ragione tutti i grandi gruppi di potere ed i partiti politici portano avanti progetti ispirati allo "sviluppo sostenibile" spesso (caso eclatante quello di Legambiente)con la collaborazione di gruppi ambientalisti ai cui leader assicurano poi comode poltrone di governo e sottogoverno.

Tutte le storture che hai segnalato, concernenti il protocollo di Kyoto, esistono proprio nei termini che hai segnalato tu.
Sottolinerei inoltre il fatto che mentre esiste un'attenzione quasi maniacale nei confronti della CO2, viene al contrario ignorata la maggior parte degli agenti inquinanti, per non parlare delle nanopolveri.

Pensa inoltre che la maggior parte di quelli che vengono impropriamente definiti "parchi eolici" sono spesso strutture costruite con il solo scopo di accumulare certificati verdi da parte di aziende che producono veleni di ogni tipo.

marco cedolin ha detto...

Caro bananas,
basta entrare un poco fra le pieghe del mondo ambientalista (o presunto tale) per accorgersi che accanto a molte brave persone che si spendono in totale buona fede, c'è tanto di quel marcio da far si che nessun tappeto possa ricoprirlo.

Grazie per i complimenti, sono felice del fatto che trovi il blog interessante.

Marco

Lorenzo ha detto...

Be', Marco

non è che volessi recriminare sul fatto che noi siciliani produciamo qualcosa di buono.In fondo, sono il primo ad essere insofferente di fronte alla realtà della nostra terra. Molti dei luoghi comuni più in voga rispecchiano quasi fedelmente lo stato dell'arte. E l'arte di oggi è tutt'altro che esaltante. Per cui, mi faceva piacere esaltare le nostre eccellenze; lo studio dell'Università di Messina è fra queste.
Grazie per l'attenzione che rivolgi agli utenti di questo blog, non è da tutti.
Lorenzo

Flavio ha detto...

Educazione... al risparmio è l'unica risposta ma controproducente per l'attuale sistema che induce più che mai al consumo.
Se poi vogliamo parlare di inquinamento chi mai avrà il coraggio di puntare il dito sull'elemento più pericoloso per la biosfera? l'essere umano siamo più di 6 miliardi... la sola nostra presenza (senza gli orpelli che produciamo) ha alterato l'ecosistema che si fa? chi ha proposte o consigli per ridurre la causa principale dell'inquinamento? ;)

Ciao Flavio