Marco Cedolin
Dopo esserci occupati dei rischi per la salute indotti dal consumo del cibo spazzatura e dei progetti di “colonizzazione” della catena MC Donald’s, alla conquista di spazi di prestigio dove collocare i propri nuovi fast food, vogliamo focalizzare l’attenzione su una vicenda estremamente indicativa dell’arroganza con cui la multinazionale americana gestisce la propria presenza sul mercato.
A Rivoli, grande comune alle porte di Torino, due giovani imprenditori decidono di coniugare il proprio spirito commerciale con il profondo legame con il territorio e le tradizioni locali e “inventano” un fast food praticamente a km zero, in grado di rappresentare l’esatta antitesi alla catena delle polpette globalizzate.
La carne, arriva dall’azienda di famiglia di uno dei soci, sita ad un paio di km di distanza, dove si allevano 380 bovini di razza Piemontese, 180 maiali, 2500 polli e 800 conigli sfamati al 90% con il foraggio coltivato sui 50 ettari su cui si estende l’azienda fondata dal bisnonno. La birra artigianale proviene da Vaie in Val di Susa, il pane è prodotto in un panificio artigianale ad Alpignano a pochi km di distanza, i formaggi e le tome arrivano da Villastellone (altro comune della cintura torinese) i vini e le patate sono rigorosamente piemontesi, privilegiando senza compromessi la filosofia della filiera corta.
Gli hamburger hanno nomi che si rifanno al dialetto piemontese, da quello con cipolla e pancetta chiamato “Gaute mac da suta”, a quello con la fetta di toma fusa “Chiel”, così come le robiole cotte al forno presentate con le pere “Ai Pruss”, al peperoncino “Mac ca brusa” e con la rucola “Mac al verd”.
Anche il nome scelto per il locale, “MAC BUN” in sintonia con lo stesso spirito ed un pizzico di arguzia commerciale, si rifà al dialetto locale, dal momento che in piemontese il senso delle due parole accostate sta a significare “Solo buono”.
Proprio il marchio dell’impresa, recentemente depositato presso la Camera di Commercio dai due soci, ha evidentemente indispettito oltremisura i responsabili della multinazionale americana, fino al punto da indurli a fare recapitare loro (quando erano passati appena venti giorni dal deposito del marchio stesso) da parte dell’avvocato che cura gli interessi della società, una raccomandata nella quale MC Donald’s intimava di ritirare immediatamente la domanda di marchio, dal momento che secondo la multinazionale americana la famiglia di marchi contenenti il prefisso “Mac/Mc” avrebbe un’ampia ed assoluta notorietà e rinomanza presso il pubblico come sinonimo di McDonald’s».
Anche i creatori della nuova “Agrihamburgeria” sono naturalmente ricorsi al proprio avvocato, sostenendo che il termine “mac bun” in dialetto piemontese ha un significato peculiare che richiama il buon cibo genuino, e adesso la questione finirà in tribunale.
Nel frattempo il locale (già aperto) sta per venire ufficialmente inaugurato e tutte le insegne riporteranno il logo visibilmente censurato “M** Bün” come si può apprezzare nella foto.
A Rivoli, grande comune alle porte di Torino, due giovani imprenditori decidono di coniugare il proprio spirito commerciale con il profondo legame con il territorio e le tradizioni locali e “inventano” un fast food praticamente a km zero, in grado di rappresentare l’esatta antitesi alla catena delle polpette globalizzate.
La carne, arriva dall’azienda di famiglia di uno dei soci, sita ad un paio di km di distanza, dove si allevano 380 bovini di razza Piemontese, 180 maiali, 2500 polli e 800 conigli sfamati al 90% con il foraggio coltivato sui 50 ettari su cui si estende l’azienda fondata dal bisnonno. La birra artigianale proviene da Vaie in Val di Susa, il pane è prodotto in un panificio artigianale ad Alpignano a pochi km di distanza, i formaggi e le tome arrivano da Villastellone (altro comune della cintura torinese) i vini e le patate sono rigorosamente piemontesi, privilegiando senza compromessi la filosofia della filiera corta.
Gli hamburger hanno nomi che si rifanno al dialetto piemontese, da quello con cipolla e pancetta chiamato “Gaute mac da suta”, a quello con la fetta di toma fusa “Chiel”, così come le robiole cotte al forno presentate con le pere “Ai Pruss”, al peperoncino “Mac ca brusa” e con la rucola “Mac al verd”.
Anche il nome scelto per il locale, “MAC BUN” in sintonia con lo stesso spirito ed un pizzico di arguzia commerciale, si rifà al dialetto locale, dal momento che in piemontese il senso delle due parole accostate sta a significare “Solo buono”.
Proprio il marchio dell’impresa, recentemente depositato presso la Camera di Commercio dai due soci, ha evidentemente indispettito oltremisura i responsabili della multinazionale americana, fino al punto da indurli a fare recapitare loro (quando erano passati appena venti giorni dal deposito del marchio stesso) da parte dell’avvocato che cura gli interessi della società, una raccomandata nella quale MC Donald’s intimava di ritirare immediatamente la domanda di marchio, dal momento che secondo la multinazionale americana la famiglia di marchi contenenti il prefisso “Mac/Mc” avrebbe un’ampia ed assoluta notorietà e rinomanza presso il pubblico come sinonimo di McDonald’s».
Anche i creatori della nuova “Agrihamburgeria” sono naturalmente ricorsi al proprio avvocato, sostenendo che il termine “mac bun” in dialetto piemontese ha un significato peculiare che richiama il buon cibo genuino, e adesso la questione finirà in tribunale.
Nel frattempo il locale (già aperto) sta per venire ufficialmente inaugurato e tutte le insegne riporteranno il logo visibilmente censurato “M** Bün” come si può apprezzare nella foto.
La guerra della polpetta globalizzata è anche questa, soprattutto questa, quando gli interessi commerciali di chi gestisce a livello mondiale la distribuzione dei polpettoni standard, rischiano di venire intaccati da piccole imprese che costruiscono una concorrenza di qualità, attraverso i legami con il territorio e le tradizioni, praticando la filosofia della filiera corta.
Guai ad usare i prefissi “Mac/Mc”, ma soprattutto guai a proporre delle alternative alla gastronomia malata, fatta di prodotti spazzatura, figli degli allevamenti intensivi, destinati a viaggiare per migliaia di km a bordo di veicoli inquinanti, prima di arrivare a destinazione ed iniziare ad inquinare anche il nostro corpo.
7 commenti:
Gentile Marco
io ho risolto il problema alla radice con una dieta vegetariana, da più di un anno convintamente praticata. E per quanto l'iniziativa di M** sia comunque apprezzabile (Km zero è una gran cosa), ritengo che sia proprio il concetto di fast food ad essere sbagliato, foraggiando le nevrosi di una società che non trova neppure il tempo di mangiare. Ad ogni modo, se serve a togliere un po' di clienti al più famoso Mc, ben venga.
Un saluto Lorenzo
sottoscrivo e quoto Lorenzo in toto. E' bene che la gente si abitui a vedere McD nel mirino del proprio radiatore del trattore, come fece il grande no-global francese -scordato il nome mannaggia - ma il modo migliore per salvare il pianeta e le nostre vite è quello di mollare, o ridurre enormemente, tutti, il consumo di carne bovina
torinese di nascita, milanese da 30 anni, mi ha fatto tanta tenerezza rileggere nomi di paesi che mi hanno visto in bicicletta.
io non rinuncio alla carne, e ho scoperto che qui, all'IPER di basiano, ricevono settimanalmente carne di "manzo piemontese" (che è bestia adulta) che regolarmente acquisto perchè tenera e gustosissima.
Caro Andrea
nessuno dice di rinunciare in toto alla carne. E' una scelta "radicale",non è da tutti.
Credo, tuttavia, che l'invitare alla moderazione nei consumi di carne (e non solo rossa) vada incontro a due esigenze diverse:
1) salutistiche (sfido a dimostrare il contrario);
2) ecologiche, specie in presenza di allevamenti intensivi, siano essi piemontesi o americani. Gli allevamenti intensivi sono insostenibili (causa sprechi d'acqua e di cereali).
Tralascio le motivazioni etiche: questo non è un forum di vegetariani, ma di amanti dell'ambiente. In questa direzione va l'invito ad un consumo molto moderato di carne.
Ben venga l'allevamento biologico (mi pare di aver capito) di M**, è il male minore.
Anche noi, Adr e Rob mangiamo poca carne e che sappiamo da dove viene.
Un po per motivi ecologici, un po egoistici (è molto più buona).
si può mangiare di qualità anche se si ha poco tempo, magari mentre ti fermi durante il lavoro.
Questa del locale di qualità m**bun comunque mi sembra un'idea straordinaria, da replicare ed esportare in tutte le realtà e comunità che vogliono valorizzare i propri prodotti e non uno stile di vita del tutto suicida come -mangiaresempreugualelostessoschifoovunquesianelmondo-
Dopo Altamura...che a colpi di focaccia ha sconfitto il colosso: Rivoli.
Mi sembra un ottima notizia e sono curioso degli esiti legali...
Mi raccomando ai gestori di mac bun l'acqua alla spina, e l'adesione (almeno come principi, mica è un imposizione) ai "locali della decresita".
Se passo di li, verrò a mangiare di sicuro, specie i formaggi.
Appoggio e spero in ottimi sviluppi con gli stessi principi!
W la filiera corta
Roberto
ci dicono che siamo liberi.... si! liberi di non infastidire i capitalisti che calpestano il mondo e la nostra salute.
Grazie a tutti gli amici per i commenti molto interessanti che hanno sicuramente contribuito ad arricchire l'articolo, ampliandone il senso e la prospettiva.
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