Marco Cedolin
Dopo trent’anni dall’assassinio di Aldo Moro non è ancora stata fatta (e probabilmente non lo sarà mai) piena luce sulle dinamiche e sulle responsabilità concernenti una delle pagine più buie della storia italiana. Sull’argomento sono stati scritti libri e costruiti film e documentari, alcuni dei quali molto interessanti, ma la verità sembra continuare ad allignare al di sotto della superficie, per emergere solo a tratti e in maniera parcellare, nonostante gli sforzi dei tanti che hanno cercato e stanno cercando di ricostruire la vicenda.
Il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema che al tempo dell’uccisione dello statista democristiano ne era antagonista militando nel PCI, non sembra invece interessato tanto alla ricostruzione della tragedia, quanto piuttosto a raccoglierne l’eredità politica, imbarcando proditoriamente il pensiero di Aldo Moro sul pullman del Partito Democratico per meri interessi di campagna elettorale.
In un’intervista comparsa sull’Unità D’Alema ha dichiarato infatti di considerare il PD l’erede della “visione democratica di Moro” in quanto erediterebbe “la visione della necessità di una democrazia compiuta, di una riforma delle istituzioni in grado di organizzare una democrazia dell’alternanza” mentre il PDL di Berlusconi invece rappresenterebbe “il contrario di Moro” cioè l’idea che “la politica debba rispecchiare una somma di istanze particolaristiche agitate in modo confuso”. Trascinato dall’enfasi del suo discorso D’Alema non ha poi esitato a compiere esercizi di equilibrismo logico assai discutibili per tentare di dimostrare la tesi assolutamente improponibile di una contiguità di pensiero fra la visione politica di Moro e quella del suo partito.
Aldo Moro è stato sicuramente un uomo politico di grande levatura e riguardo alla sua tragica fine sarebbe bello un giorno potere conoscere la verità, ma il suo pensiero e la sua visione politica sono figli del proprio tempo ed appartengono soltanto a lui.
Appropriarsi vergognosamente del pensiero di Moro trent’anni dopo la sua morte, per usarlo come strumento di propaganda nella farsa di una campagna elettorale schizofrenica, come ha tentato di fare D’alema, equivale a rapirlo una seconda volta e certamente questo non lo merita.
Le due “armate Brancaleone” confezionate all’ultimo momento da Veltroni e Berlusconi attraverso l’arruolamento di personaggi mediaticamente interessanti non sono in realtà in grado di raccogliere l’eredità di nessuno. Per il semplice fatto che un pensiero ed una visione politica non li posseggono, essendo semplici contenitori d’interessi costruiti per suggestionare l’elettorato e nulla più.
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