martedì 2 novembre 2004

Allarme Bolkenstein

Marco Cedolin

Continua la propria corsa all'interno del Parlamento europeo la proposta di direttiva Bolkenstain (che prende il nome dal commissario europeo per la concorrenza ed il mercato interno) forse il più fulgido esempio della direzione nella quale l'Unione Europea intende muoversi nel prossimo futuro, attraverso una strada lastricata dalla sistematica soppressione dello stato sociale, dei diritti dei lavoratori e della libertà individuale.

Contrariamente al nobile proposito di ridurre gli intralci burocratici che soffocano la competitività europea, di creare crescita e nuovi posti di lavoro, la direttiva in oggetto si manifesta fin da subito come un flagello in grado di smantellare definitivamente lo stato sociale, i diritti dei lavoratori e gli equilibri salariali.

Innescandosi sulla situazione attuale già profondamente compromessa dalle privatizzazioni indiscriminate, dalla pesante recessione economica, dalla disoccupazione in continua ascesa, la Direttiva Bolkstein si propone di stabilire un quadro giuridico applicabile, salvo rare eccezioni, a tutte le attività economiche di servizi, perseguendo un approccio orizzontale e rifiutando a priori ogni sforzo di armonizzazione con le singole legislazioni dei vari paesi.
Per rendere l'idea di quanto vasto sia il settore di applicazione della proposta, basti pensare che i servizi in essa contemplati rappresentano oltre il 50% dell'intera attività economica dell'UE.

I reali obiettivi che la Direttiva Bolkstein intende perseguire appaiono chiari non appena si prova a trasporre nella realtà il testo della stessa, spogliandolo della maschera di falsi buoni propositi, della quale si è inteso infarcirlo in maniera quasi ossessiva.
Scopriremo così come fra le pieghe di favole quali la "riduzione degli oneri amministrativi" "l'incentivazione all'espansione transfrontaliera delle imprese" "la riduzione dei prezzi attraverso lo stimolo alla concorrenza" "la sequela infinita di vantaggi per il consumatore" ed altre amenità sui generis, si celi invece una realtà destinata a parlare un linguaggio per molti versi antitetico.

Gli ostacoli che la proposta intende seriamente smantellare, riguardano la tutela del consumatore, la trasparenza nelle procedure, le garanzie sociali ed ambientali, la qualità dei servizi, la possibilità di prendere decisioni da parte delle autorità locali, nonchè i pochi paletti che ancora si frappongono ad una privatizzazione selvaggia dei settori pubblici dell'istruzione e della sanità, il tutto perseguendo l'isolamento ed il disarmo incondizionato delle organizzazioni sindacali.

Il punto attraverso il quale si può apprezzare in maniera più evidente il reale spirito che anima la direttiva è costituito dall'art. 16 che introduce il "Principio del paese di origine".
In base a codesto principio, sovvertendo la legislazione finora in vigore, un qualsivoglia fornitore di servizi è tenuto a rispettare solo e solamente la legislazione del paese nel quale ha sede la propria impresa, potendosi così permettere d'ignorare le leggi dei vari paesi nei quali fornisce il servizio.
Appare immediatamente in tutta la sua evidenza, come una norma di questo genere, che si va ad innescare su una molteplicità di stati sovrani ben lontani dal rappresentare un'omogeneità legislativa a livello sociale, fiscale ed ambientale, si proponga come trampolino di lancio per una serie di conseguenze che anche un ottimista non esiterebbe a definire catastrofiche.
In primo luogo le imprese risulteranno fortemente incentivate al trasferimento delle proprie sedi sul suolo di quei paesi la cui legislatura meno tutela i lavoratori ed il sociale.
In secondo luogo si creerà una sperequazione sociale fra lavoratori operanti nello stesso stato, con conseguente progressivo appiattimento verso il basso dei diritti e delle retribuzioni di coloro che lavorano nei paesi che fino ad oggi sono stati più attenti alla tutela del lavoro e dei diritti.
Più in generale s'introduce una cacofonia legislativa che da un lato deregolamenta completamente il mondo dei servizi e dall'altro esautora le organizzazioni sindacali e gli enti locali da ogni possibilità d'intervento.

La direttiva Bolkenstain non va letta come un errore di percorso, come un qualcosa di avulso al contesto nel quale l'UE si sta muovendo da ormai molti anni con risolutezza.
L'Europa del futuro, quella che man mano si sta tratteggiando, sia pur permeata dai falsi buoni propositi, sarà in realtà permeata dal progressivo regresso delle conquiste sociali che i suoi cittadini avevano conquistato nella seconda metà del novecento.
Si profila un domani da vivere (o sopravvivere) in un mondo del lavoro precarizzato oltremisura, dove lo stato di diritto e quello sociale diverranno ben presto retaggi del passato.
Un'Europa sempre più privatizzata, succube della competizione sfrenata, probabilmente più omogenea perché appiattita su un livello di qualità della vita decisamente più basso rispetto a quello di oggi.
Un Europa dove perderà sempre più importanza il valore dell'individuo, immolato sull'altare della competitività, del mercato e della concorrenza. Un'Europa sempre più schiava del capitale, delle Corporation, delle banche, delle grandi multinazionali. Ancora una volta il passato che ritorna viene spacciato per "nuovo" nell'intento di ottenere la supina accettazione da parte dell'opinione pubblica.

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