Ho
viaggiato per almeno 20 anni su una mezza dozzina di modelli
Volkswagen, fino a quando un po' di anni fa dopo avere perso la mia
fonte di reddito ho dovuto accontentarmi di una vecchia Jeep ormai
prossima al suo ventesimo compleanno. Solo per questo, grazie al
fatto di essere caduto in miseria, ho potuto salvarmi dall'onta di
possedere una super macchina inquinante di quelle che hanno
contribuito a far morire nel mondo solo l'anno scorso 8 milioni di
persone, per avere respirato aria malsana. Naturalmente non solo dai
tubi di scappamento delle auto Volswagen, ma anche da quello delle
BMW, delle Fiat, delle Mazda, delle Toyota, delle Chrysler, delle
Ford, delle Renault, delle Daewoo, delle Ferrari, delle Peugeot e di
molte altre. Naturalmente non solamente dai tubi di scappamento delle
automobili, delle moto, dei furgoni, dei TIR e degli autobus, ma
anche dai camini degli inceneritori di rifiuti, delle acciaierie, dei
cementifici, delle centrali a carbone e di qualsiasi processo
industriale inquinante contribuisca al mito della crescita e dello
sviluppo.....
Senza
dimenticare i camini delle nostre case, dove "è piacevole"
stare in camicia anche durante l'inverno, mentre fuori nevica e fa
freddo.
Ma
non divaghiamo e torniamo alla Volkswagen e al pericolo che ho
scampato. Dopo essere stata messa sotto accusa per avere "barato"
sui test antinquinamento delle proprie auto diesel negli Stati Uniti,
l'azienda tedesca sembra essere entrata in una sorta di "tempesta
perfetta" dalla quale ben che vada uscirà con tutte le ossa
rotte, magari pronta per essere acquistata proprio da qualche grande
industria automobilistica statunitense.
Dopo
avere perso il suo amministratore delegato Martin
Winterkorn (andato
in pensione con una buonuscita milionaria) il colosso di Wolfsburg si
sta apprestando a richiamare nei concessionari circa 11 milioni di
autovetture e veicoli commerciali, per sostituire il software che
avrebbe ingannato l'America. Con un costo stimato di 6,5 miliardi di
dollari che secondo gli esperti potrebbe lievitare fino a 20
miliardi nel caso l'azienda decida di fare un "buon lavoro".
Ai quali si aggiungeranno le multe USA per la truffa, attualmente
stimate in circa 18 milardi di dollari ed i costi del crollo del
titolo in borsa che a breve verrà eliminato dal Dow Jones
Sustainability Index che raggruppa le aziende attente alla
sostenibilità. Unitamente al costo (difficilmente quantificabile)
della distruzione di un marchio fra i più conosciuti ed apprezzati
nel mondo ed alle miriade di class action che probabilmente verranno
istruite contro Volkswagen nei prossimi mesi.
Insomma
una vera e propria ecatombe per la casa del Maggiolino, un disatro
così grave da preoccupare perfino Bankitalia che durante
un'audizione al Parlamento è arrivata a dichiarare per bocca del
vicedirettore generale Luigi Federico Signorini che il "dieselgate"
potrebbe costituire un pericolo per la ripresa dell'intera Europa,
ammesso che qualcuno creda ancora nelle possibilità di ripresa
europee come Signorini sembra fare.
Da
un lato rivaluto positivamente il mio essere caduto in miseria,
comprendendo di averla scampata bella, dall'altro da inguaribile
complottista non riesco a fare a meno di domandarmi come mai questo
scandalo sia esploso proprio adesso? Come mai proprio contro la
Volswagen e negli stati Uniti? Probabilmente nei prossimi mesi
inizierannoa fiorire le risposte, ma sicuramente non dai tubi di
scappamento delle auto, da lì trucchi o non trucchi esce sempre
solamente la stessa cosa.
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