Luca Matteazzi
«Vi stanno prendendo per il culo, e tanto anche». Quando gli si chiede di commentare le ultime novità sul passaggio della Tav a Vicenza, Marco Cedolin non le manda certo a dire. Di Tav lui si occupa da tempo. Come giornalista, blogger,
scrittore (tra i suoi libri ci sono “Tav in Val di Susa, un buio nel
tunnel della democrazia” e “Grandi Opere, le infrastrutture
dell’assurdo”), militante dei No Tav piemontesi ed esponente del
movimento per la “decrescita felice”. E smonta punto per punto il
progetto di alta velocità low cost presentato la settimana scorsa dalle
categorie economiche vicentine e fatto suo dal sindaco Achille Variati
del Pd. «È tutto fumo. È una proposta fatta per la stampa e per trovare
consenso tra la popolazione, ma in realtà priva di senso».
Si comincia con il progetto della nuova stazione in zona Fiera....
,
che sulla carta dovrebbe eliminare il problema della stazione
sotterranea, ridurre i costi, permettere la sosta di almeno qualche
treno superveloce e rappresentare un punto di contatto con le altre
infrastrutture della zona: A4, Pedemontana, Valdastico. «Quella della
stazione è la bufala più grossa, e al tempo stesso quella che serve di
più a creare consenso. La Tav non fermerà mai a Vicenza, perché non
avrebbe nessun senso, soprattutto su una tratta corta come quella tra
Milano e Venezia. Guardate come funziona in Emilia: metà dei treni si
ferma a Bologna, l’altra metà non fa nemmeno quella fermata lì. In tutte
le altre città, Parma, Reggio Emilia, Modena, la Tav passa e basta,
senza fermarsi. E non c’è stata nessuna ricaduta sull’economia locale».
Tra Veneto e Lombardia, con Brescia, Verona, Vicenza e Padova in
successione, si ripeterebbe lo stesso copione. La stazione magari si
costruirà. Ma i treni da 300 chilometri all’ora non vi faranno certo
tappa. « È quello che è successo a Reggio Emilia: lì hanno fatto la
stazione nuova, firmata da un grande architetto e costata un sacco di
milioni. Ma i treni Tav non ci si fermano. Le stazioni magari le fanno,
perché rientrano nella speculazione e ci si possono mettere dei centri
commerciali. Ma non servono».
La seconda bufala, per continuare con l’espressione di Cedolin, è che la Tav servirà anche a spostare le merci.
«Non è vero: in tutto il mondo la Tav serve solo ai treni passeggeri.
Quella Italiana, in realtà, è l’unica linea costruita con una struttura
tale da permettere anche il passaggio di lunghi convogli merci. Ma
gestire le due cose è insostenibile, in termini di costi e di tempi. E
infatti nei mille chilometri di Tav già realizzati e attivi in Italia
non è mai passato un solo treno merci. Questo è bene chiarirlo, perché
su questo argomento si fa molta confusione: la Tav per le merci non
esiste». In Italia, poi, è tutta la politica del trasporto merci su
rotaia ad essere allo sbando. E non ha alcun senso immaginare treni
merci ad alta velocità quando poi i prodotti rischiano di languire per
settimane nei centri di smistamento a causa della mancanza dei servizi
logistici di supporto. «Quando vi dicono che sulla Tav viaggeranno le
merci, non credeteci», chiosa Cedolin.
Infine, terza bufala della serie, il capitolo costi.
«Ho visto che si parla di 700 milioni per il tratto vicentino. È una
cifra inverosimile: per fare la stazione e il tratto in galleria
serviranno minimo minimo 3 o 4 miliardi». E se una parte li mettessero i
privati con un project financing, ipotesi a cui stanno lavorando le
categorie economiche della città? «Gli industriali avranno tanti difetti
ma non sono pazzi. Io non ho mai visto un industriale investire soldi
in qualcosa che non ha possibilità di dare un ritorno. E sulla Tav non
c’è nessuna possibilità di guadagno: a meno che non la si intenda come
un prestito allo Stato». A meno che, in altre parole, il project
financing non nasconda il solito investimento coperto e garantito dal
pubblico, che alla fine, in un modo o nell’altro, si accolla tutti i
costi.
Antieconomica, di forte impatto sul territorio, inutile
in una realtà policentrica e ad urbanizzazione diffusa come quella
della pianura padana. Questa la Tav secondo Cedolin. E allora perché
tanta insistenza? «Chi guadagna da opere di questo tipo sono soprattutto
due categorie: le grandi imprese di movimento terra come Impregilo,
Italcementi, Mantovani, e le banche, che prestano soldi allo Stato e poi
intascano rate e interessi per decenni. Ora i grandi nomi
dell’imprenditoria italiano hanno quote in tutti e due, e quindi
spingono in questa direzione. I piccoli e medi imprenditori, che non
hanno un interesse diretto, ho l’impressione che siano un po’ trascinati
dai grandi».
Il discorso sarebbe diverso se, invece che puntare alla realizzazione di binari dedicati ai treni superveloci (su cui poi non possono circolare i convogli normali), si mirasse al raddoppio della linea attuale. Ipotesi che sembrava caldeggiata, peraltro, dagli stessi industriali.
«Dove il servizio ferroviario è ormai intasato il raddoppio della linea
storica avrebbe senso – conclude Cedolin -. Ma ormai hanno già fatto il
tratto di Tav tra Padova e Venezia e anche un pezzo da Milano verso
Brescia. Porteranno avanti il Tav, perché a loro interessa quella». Così
mentre un po’ in tutto il mondo (Cedolin porta gli esempi di Germania,
Inghilterra ea Spagna) si sta facendo marcia indietro sui progetti di
linee ferroviarie dedicate all’alta velocità – prendendo atto che i
costi sono troppo elevati rispetto ai benefici – in Italia si continua a
lavorare per quella che rischia di rivelarsi solo un’altra,
costosissima «cattedrale nel deserto».
La Nuova Vicenza
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