Marco Cedolin
Mi è accaduto più volte di domandarmi e sentirmi domandare quante e  quali siano le consonanze fra la lotta contro il TAV che portiamo avanti  noi valsusini e il pensiero della decrescita, del quale Maurizio  Pallante ritengo sia uno degli interpreti più brillanti e concreti.
In  realtà quando 15 anni fa qui in Val di Susa un esiguo gruppo di  cittadini, esperti ed ambientalisti iniziò ad opporsi al progetto del  treno veloce, concetti come quelli di decrescita o democrazia  partecipata erano in Italia semisconosciuti e nessuno fra coloro che  avevano intrapreso tale battaglia poteva nutrire velleità di questo  genere. Né tanto meno poteva supporre che la lotta NO TAV avrebbe nel  tempo acquisito una rilevanza tale da arrivare a rivestire un ruolo di  “esempio” per chiunque oggi in Italia si batta contro le grandi opere e  le nocività.
Coloro che per primi in Valsusa iniziarono ad  opporsi al TAV erano semplicemente un gruppo di persone preoccupate per  le sorti del territorio in cui vivevano, che poste di fronte ad un  progetto devastante avevano iniziato ad accumulare conoscenze  sull’argomento, a porsi delle domande, a sviluppare il proprio senso  critico. In Val di Susa in quegli anni si stava ancora completando la  costruzione dell’autostrada A32 Torino - Bardonecchia, un’opera  altamente impattante per il territorio, la cui opportunità era stata  giustificata attraverso il nobile proposito di velocizzare e favorire il  traffico dei mezzi pesanti, liberando in questo modo le statali ed i  paesi dall’ingombrante ed inquinante passaggio dei TIR. Prima ancora che  l’autostrada fosse interamente terminata si stava già progettando una  nuova opera ancora più enorme ed impattante che secondo le parole dei  proponenti avrebbe avuto lo scopo di spostare quegli stessi TIR  dall’autostrada ai vagoni dei nuovi convogli ad alta capacità.  Chiaramente i conti non tornavano ed il cortocircuito logico risultava  più che evidente.....
 Perché mai spendere miliardi, deturpare una valle  alpina con colate di cemento e gallerie, condannare gli abitanti ad anni  e anni di sofferenza e disagio a causa dei lavori per la costruzione di  un’autostrada che prima ancora di essere terminata sarebbe stata  sostituita nella sua destinazione d’uso dal nuovo progetto di una linea  ferroviaria ad alta velocità ancora più impattante e costosa, il tutto  in un territorio altamente antropizzato che già possedeva una linea  ferroviaria internazionale a doppio binario sottoutilizzata?
Porsi  delle domande è sempre indice d’intelligenza ed i primi NO TAV oltre  che lungimiranti si dimostrarono molto arguti nel ricercare le proprie  risposte attraverso lo studio approfondito dei progetti (spesso reperiti  con estrema difficoltà a causa dell’ostracismo sistematico di cui erano  fatti oggetto), l’analisi del territorio, il lavoro di esperti  competenti, senza cedere alla tentazione di lasciarsi incantare dalle  sirene del circo mediatico che al soldo del potere industriale e di  quello politico, dispensava a piene mani dati falsi ed informazioni  completamente fuorvianti e disancorate dalla realtà.
Quello dei primi  NO TAV fu un lavoro gravoso e difficile, portato avanti con dispendio  di tempo, denaro ed energie, spesso nell’indifferenza generale dei loro  concittadini e di fronte all’aperta ostilità della stampa e della  politica. Nonostante ciò man mano che gli anni passavano, i risultati di  questo impegno iniziarono a produrre i propri frutti. Le tante serate  informative passate ad illustrare le negatività dei progetti, a fare  sentire tramite gli altoparlanti il rumore del TAV, a condividere con  gli altri cittadini dubbi e domande, non si dimostrarono uno sforzo  inutile, così come di estrema utilità si rivelò la grande mole di studi,  di pubblicazioni, di libri che man mano nacquero sull’argomento.
I  cittadini della Valsusa acquisirono nel tempo, quasi per osmosi, lo  stesso atteggiamento proprio a coloro che avevano iniziato la battaglia,  arrivando ad essere non oggetto terminale dell’informazione ma soggetto  attivo dell’informazione stessa, attraverso la partecipazione ed il  confronto. I NO TAV valsusini iniziarono a crescere nel numero man mano  che cresceva il loro bagaglio di conoscenza e l’assunzione di  consapevolezza costituì a sua volta stimolo per la ricerca di nuove  conoscenze da condividere con gli altri.
La dimostrazione di  questa piccola “anomalia genetica” che per molti versi rende unici i  valsusini e tanti problemi sta creando ai grandi potentati economici e  finanziari e agli uomini politici che li servono fedelmente, si può  riscontrare semplicemente facendo una gita in Valle di Susa e passando  qualche ora a discorrere con gli abitanti. Resterete stupiti ascoltando  le parole del macellaio che sciorina i dati e le caratteristiche  idrogeologiche del territorio meglio di quanto non facciano generalmente  i geologi professionisti, dimostrando in maniera incontrovertibile come  il progetto del TAV oltre a perforare montagne ricche di amianto ed  uranio prosciugherà gran parte delle falde acquifere e stravolgerà gli  equilibri idrogeologici dell’intera valle, mettendo a repentaglio  l’approvvigionamento idrico di molti comuni ed aumentando in maniera  esponenziale il rischio di disastrose alluvioni. Spalancherete la bocca  di fronte ad un operaio metalmeccanico che disquisisce d’infrastrutture  ferroviarie e trasporti con proprietà di linguaggio e cognizione di  causa superiori a quelle degli ingegneri strapagati delle ferrovie,  spiegandovi come l’intero progetto del TAV in Italia sia una bufala di  proporzioni colossali che butterà alle ortiche 90 miliardi di euro del  contribuente per costruire un’infrastruttura ciclopica che non sarà in  grado di rispondere a nessuna delle necessità reali del nostro paese.  Rimarrete in ossequioso silenzio dinanzi all’impiegato del comune che a  differenza di molti oncologi omertosi, in quanto a libro paga dei grandi  poteri, vi illustrerà tutti gli effetti dell’amianto sulla salute  dell’uomo, arrivando a spiegarvi come quando si parla di amianto non  esistano soglie di tollerabilità in quanto anche una sola fibra se  inalata da un soggetto predisposto alla malattia può indurre a distanza  di una ventina di anni l’insorgenza del mesotelioma pleurico che nel  100% dei casi conduce alla morte entro pochi mesi dal momento della  diagnosi. Strabuzzerete gli occhi dinanzi all’insegnante di scuola  materna che vi ragguaglierà, come tanti economisti al soldo dei potenti  si sono dimenticati di fare, sull’assoluta mancanza di prospettive di  ritorno economico del progetto TAV Torino – Lione. Non esistono nella  realtà i passeggeri e le merci da trasportare, gli unici due  collegamenti diretti giornalieri fra Torino e Lione sono stati da tempo  soppressi per mancanza di passeggeri ed il traffico merci sulla linea  storica, in costante calo, si aggira oggi sui 5 milioni di  tonnellate/anno, a fronte dei 40 milioni di tonnellate/anno  indispensabili perché parlare di TAV possa avere economicamente un  senso. Avrete ormai imparato a non stupirvi più di nulla quando un  normale pensionato vi renderà partecipi dell’evidenza che in una valle  alpina larga mediamente 1,5km, all’interno della quale sono già presenti  un’autostrada, una linea ferroviaria internazionale a doppio binario,  un fiume, 2 statali e alcune strade provinciali, un’infrastruttura come  il TAV proprio non potrebbe trovare posto, se non al prezzo di ridurla  allo stato di mero corridoio di transito. Qui in Valsusa transitano già  oggi il 35% delle merci che attualmente valicano le Alpi e noi abbiamo  il diritto di praticare l’agricoltura, l’allevamento, l’accoglienza  turistica, vogliamo costruire delle prospettive di vita per il nostro  futuro e quello dei nostri nipoti, non morire in un corridoio strapieno  di veleni, vi dirà mentre starete per accomiatarvi, dopo avere ormai  maturato la convinzione che in questo modo d’intendere il progresso ci  sia qualcosa di profondamente sbagliato.
Proprio attraverso  l’acquisizione della conoscenza e del sapere, attinti a piene mani dal  lavoro di chi aveva iniziato a “studiare” in prima persona i progetti  del treno ad alta velocità e non dalle parole false e fuorvianti  dispensate dalla stampa e dalla TV, i NO TAV valsusini sono riusciti nel  tempo ad emanciparsi dai dogmi del pensiero dominante fino ad arrivare a  mettere in dubbio oltre alla buona fede di politici, industriali,  giornalisti e pseudo scienziati dai lauti stipendi, i fondamenti stessi  di una società costruita sul mito della crescita e dello sviluppo.  Questo poiché la conoscenza induce per forza di cose l’assunzione di  consapevolezza e la creazione di uno spirito critico che una volta nato  spazierà necessariamente al di fuori del contesto che lo ha ingenerato.
Il  macellaio che ha maturato conoscenze in campo geologico non potrà  limitarsi a riflettere sul disastroso impatto ambientale determinato  dalle gallerie del TAV nel Mugello, la cui costruzione ha dissipato 100  miliardi di litri di acqua di montagna e prosciugato in maniera  irreversibile decine di pozzi, sorgenti e torrenti, ben comprendendo che  la stessa situazione, magari amplificata, verrebbe a determinarsi anche  in Valle di Susa nel caso in cui l’opera fosse portata a compimento.  Una volta in possesso della conoscenza egli sarà costretto giocoforza a  confrontarsi con il problema della cementificazione indiscriminata del  territorio, delle trivellazioni petrolifere in Val di Noto, della  violenza con cui sistematicamente i “costruttori del progresso” fanno  scempio dell’ambiente in cui viviamo, nel nome della crescita e dello  sviluppo. L’operaio metalmeccanico diventato esperto di ferrovie e  trasporti, dopo aver realizzato che il TAV è un’opera tanto inutile  quanto costosa, non potrà esimersi dal domandarsi per quali ragioni in  una realtà come quella attuale, dove si paventa a breve termine il  progressivo esaurimento delle fonti energetiche fossili e la  concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera sta innescando  mutamenti climatici dagli effetti potenzialmente catastrofici, si  continuino a progettare infrastrutture estremamente invasive per far  correre mezzi di locomozione altamente energivori ed inquinanti, quando  fra 20 o più anni i lavori di costruzione saranno terminati e la  situazione contingente si rivelerà presumibilmente molto più grave di  quella odierna.
L’impiegato comunale che ha studiato gli effetti  delle sostanze tossiche sulla salute dell’uomo, dopo avere preso  coscienza della ferale pericolosità dell’amianto e dell’uranio sarà  costretto a guardare intorno a sé. Scoprirà allora che in Italia stanno  nascendo come funghi nuovi megainceneritori (impropriamente definiti  termovalorizzatori e finanziati attraverso il denaro pubblico) che oltre  a scaricare nell’atmosfera immensi quantitativi aggiuntivi di anidride  carbonica emettono diossina, furani, idrocarburi policlici, acidi  inorganici, ossido di carbonio e nanoparticelle finissime che sono  altamente patogene e non vengono rilevate dagli strumenti di controllo,  né bloccate dai filtri degli impianti. Si accorgerà che nel bel mezzo  della Valle di Susa, fra i comuni di Bruzolo e San Didero, l’acciaieria  Beltrame continua a disperdere nell’ambiente quantitativi di diossina  equivalenti alle emissioni di 20 megainceneritori e lo fa con  l’Autorizzazione ambientale integrata (Aia) della Provincia di Torino.  Percepirà le schizofreniche contraddizioni che appartengono ai pifferai  del pensiero dominante. Politici, scienziati, giornalisti, e grandi  poteri economici e finanziari che individuano nei mezzi di trasporto di  merci e persone una delle principali cause dell’effetto serra e delle  malattie derivanti da inquinamento ambientale e sostengono con grande  enfasi progetti di limitazione del traffico automobilistico  metropolitano e campagne di rottamazione delle auto più inquinanti  finanziate attraverso il denaro del contribuente. Pifferai che dopo  avere lanciato l’allarme ed averlo diffuso attraverso mirate campagne  mediatiche, con altre campagne mediatiche altrettanto mirate esaltano la  bellezza della globalizzazione, la necessità di aumentare la crescita e  lo sviluppo mediante lo spostamento di sempre più merci e persone che  dovranno coprire distanze sempre più lunghe e farlo in tempi sempre più  brevi. Pifferai che propongono come elementi imprescindibili del  progresso la costruzione di nuove autostrade, nuove gallerie, nuovi  viadotti, nuove linee TAV, finalizzate ad aumentare il numero dei mezzi  di trasporto in circolazione, la loro velocità e pertanto la possibilità  di coprire distanze sempre maggiori nella stessa unità di tempo. Ma non  erano proprio i mezzi di trasporto i primi nemici da combattere in  quanto fra i maggiori responsabili dell’effetto serra e dei decessi per  inquinamento?
L’insegnante di scuola materna che ha preso coscienza  di tante nozioni di economia, arrivando a scoprire il disastroso  rapporto costi/benefici delle linee TAV e il machiavellico sistema di  “finanza creativa” attraverso il quale è stata fino ad oggi finanziata  l’opera contraendo debiti a “babbo morto” che inevitabilmente ricadranno  sulle future generazioni, non potrà estraniarsi dalla realtà che la  circonda. Non tarderà a comprendere come una società fondata  sull’incremento del Pil e sulla spasmodica necessità di perseguire la  crescita infinita in un mondo finito, sarà per forza di cose destinata a  collassare, quando dopo avere cementificato anche l’ultimo metro  quadrato di territorio non potrà più crescere, pur rimanendo la crescita  prerogativa imprescindibile per la sua esistenza.
Il pensionato che  ha accumulato conoscenze tecniche e scientifiche nell’intento di  difendere il futuro dei propri nipoti, si accorgerà che in Italia molte  altre persone stanno facendo la stessa cosa. A Brescia dove il futuro è  minato da un megainceneritore, a Vicenza dove è condizionato dalla  costruzione della nuova base militare americana Dal Molin, a Serre dove  l’ennesima velenosa discarica lo ammorberà con l’insorgenza di tumori, a  Civitavecchia dove una centrale a carbone “entrerà” nei polmoni delle  nuove generazioni, a Bassano del Grappa dove a rubare il futuro ci  pensano una zincheria e la mafia che la sostiene, ad Acerra dove un  nuovo megainceneritore sta per sorgere in un’area già oggi simile a un  girone dell’inferno dantesco, tanto è alta l’incidenza delle patologie  tumorali derivanti dall’inquinamento del suolo e dell’aria, a  Civitavecchia dove la nuova Centrale Turbogas avvelenerà il territorio  arrivando perfino a mutare il microclima della zona. Il pensionato si  renderà conto di non essere più solo e condividerà la propria battaglia  con quelle degli altri, le proprie conoscenze con le loro e quasi senza  rendersene conto avrà maturato nuove consapevolezze.
La  Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso e il sindaco di Torino  Chiamparino, insieme ad un immenso stuolo di uomini politici di ogni  colore, industriali, sindacalisti, giornalisti, opinionisti, pseudo  scienziati, sociologi ed esperti di comunicazione, hanno più volte  etichettato i NO TAV valsusini come nemici del progresso in preda alla  sindrome Nimby (non nel mio giardino) tentando in questo modo di  screditarne l’immagine ed esorcizzare la valenza della loro lotta,  attribuendole caratteristiche riduttive ed egoistiche.
La vera  sindrome in realtà è quella del potere che costringe tutti costoro ad  inseguire ad oltranza il mito della crescita e dello sviluppo, nella  speranza di rimanere attaccati un giorno di più alle proprie poltrone,  anche di fronte all’evidenza che si tratta di una strada sbagliata ormai  non più praticabile. Sono loro gli arretrati, i nemici del progresso, i  dinosauri incartapecoriti, non gli abitanti della Valle di Susa e tutti  coloro che in Italia stanno prendendo coscienza di come questa non sia  la strada giusta, in quanto destinata a non portare da nessuna parte.
Sono  loro che guardano senza vedere e ascoltano senza sentire, impegnati a  perpetuare l’unica logica che conoscono, quella delle speculazioni, dei  giochi di potere, delle scalate societarie, degli intrighi di palazzo,  della malversazione. Vaneggiano di progresso ma stanno costruendo una  civiltà frenetica, priva di valori, votata all’ipercinetismo,  all’insicurezza, alla precarietà, alla paura del futuro.Perseguono la  velocità degli spostamenti ed ignorano quella pensiero, costruiscono  treni ed auto sempre più veloci, senza accorgersi che se non ci si ferma  un attimo a riflettere fra poco non ci sarà più nessun posto in cui  valga la pena di andare.
Guardano al mondo come ad una materia prima  ed osteggiano coloro che riescono a vederlo come un organismo vivente,  guardano alle persone come a delle risorse e le manganellano quando  prendono coscienza di sé e chiedono di poter decidere del proprio  futuro.Inseguono un modello di sviluppo che in realtà non riesce più a  progredire ma sta sortendo il solo effetto di riportare indietro la  qualità della vita di tutti.
Mercedes Bresso, Chiamparino e tutti  coloro che ne condividono il pensiero, temono i NO TAV valsusini molto  più di quanto essi stessi non vogliano ammettere. Li temono perché sono  consapevoli del fatto che non esiste nulla di Nimby nel loro pensiero e  lo spirito critico accumulato attraverso la conoscenza li porterà  inevitabilmente molto più lontano di quanto i primi oppositori del treno  veloce potessero supporre, talmente lontano da lasciarsi alle spalle  quel “NO” nel quale li si vorrebbe rinchiusi come dentro a un bozzolo.
Il  macellaio, l’operaio metalmeccanico, l’impiegato comunale, l’insegnante  di scuola materna, il pensionato, lottando contro il TAV hanno  accumulato conoscenza, condividendola con i loro vicini di casa ed i  loro amici che a loro volta hanno fatto altrettanto, rafforzando quella  rete di rapporti conviviali e quel piacere dello “stare insieme” che  costituiscono il filo conduttore di questi 15 anni di lotta, e si sono  rivelati fondamentali nel superamento del difficile inverno 2005. La  conoscenza ha indotto quella consapevolezza e quello spirito critico che  li hanno portati a contestare oltre al TAV la velenosa presenza  dell’acciaieria Beltrame e l’insensato progetto della seconda canna del  Frejus che si manifesta foriero di futuri incrementi del traffico di  mezzi pesanti all’interno della Valle di Susa, ma anche ad emanciparsi  dal ruolo di cittadini silenti che subiscono passivamente qualunque  trama si ordisca sopra la loro testa. L’emancipazione ha prodotto nuovi  “perché” e la ricerca di nuova conoscenza, vissuta attraverso la  condivisione delle motivazioni per cui molte altre realtà in Italia  lottano contro le grandi opere e le nocività. Il Patto di Mutuo Soccorso  creato nel 2006 ed oggi ancora in fase embrionale ha già messo in  relazione fra loro oltre 300 realtà di lotta che condividono  reciprocamente il proprio sapere e le proprie esperienze, all’interno di  una rete comune mirata a creare solidarietà ed interscambio fra tutti i  soggetti che la compongono, ed i NO TAV valsusini rappresentano senza  dubbio il fulcro intorno al quale si è ingenerato questo processo che  tanto sta spaventando la consorteria del cemento e del tondino ed i  partiti politici che la sostengono.
La Valle di Susa dopo gli  accadimenti dell’inverno 2005, quando la politica tentò d’imporre il TAV  attraverso la militarizzazione del territorio e l’uso indiscriminato  del manganello, con il solo risultato di provocare una vera e propria  rivolta popolare che la condusse ad una sconfitta cocente, è diventata  un vero e proprio crocevia del sapere. Laddove i grandi poteri avrebbero  voluto costruire un mortifero corridoio di transito per merci di  fantasia e persone senza volto è nato invece un grande corridoio di  pensiero vivo e vitale, dove le persone comunicano guardandosi negli  occhi e le idee prendono forma in libertà. Le serate informative, le  assemblee, le iniziative culturali sono tantissime e sempre più  partecipate e contribuiscono a costruire un terreno fertile per  l’acquisizione di nuove conoscenze , non solo di carattere  tecnico/scientifico, ma anche umano e sociale. Questo nuovo  arricchimento di conoscenza ha condotto i NO TAV valsusini a maturare la  consapevolezza di come il vero nemico da combattere non sia costituito  dal TAV, dall’acciaieria, dall’inceneritore, dalla base militare, dal  Mose, dal rigassificatore, dalla centrale a carbone o da quella  turbogas, bensì dal perverso sistema sviluppista che può sopravvivere  solo attraverso la continua crescita dei consumi e del Pil, determinando  la costruzione d’infrastrutture ed opere sempre più grandi ed  impattanti che fagociteranno porzioni sempre maggiori di territorio,  ammalorando progressivamente lo stato dell’ambiente e riducendo la  qualità della vita di tutti noi. In virtù di questa consapevolezza  risulta evidente come le lotte portate avanti contro le singole opere e  nocività, anche qualora l’esito delle stesse sia premiante, non si  riveleranno mai risolutive del problema che alligna a monte, nel sistema  della crescita infinita, che continuerà a dispensare opere e nocività  con sempre maggiore frequenza, dal momento che il suo unico scopo è  quello di crescere e poi crescere ancora. Alla luce di questa evidenza  anche portare avanti le azioni di contrasto senza mettere in discussione  l’intero paradigma della crescita e dello sviluppo, rischia di  rivelarsi una pratica sterile che nel migliore dei casi può proporsi  come obiettivo un rallentamento temporaneo del ritmo con cui le singole  opere vengono portate a compimento, al quale il sistema risponderà  proponendo un numero sempre crescente di nuovi progetti. Opporsi al TAV  affermando che l’incremento di traffico futuro sarà molto inferiore a  quello ventilato e comunque tale incremento potrà essere gestito  attraverso un potenziamento della linea ferroviaria attualmente  esistente è un atteggiamento tanto giusto dal punto di vista razionale,  quanto sbagliato in prospettiva perché giustifica intrinsecamente  l’assurto in virtù del quale in Valle di Susa dovranno necessariamente  transitare più merci e più persone. Alla stessa stregua opporsi agli  inceneritori e alle discariche semplicemente argomentando che  un’efficiente raccolta differenziata e la scelta di metodi di  smaltimento meno impattanti come il Trattamento Meccanico Biologico  (TMB) sarebbero in grado di evitare il ricorso all’incenerimento e al  conferimento in discarica del pattume, rappresenta un atteggiamento  virtuoso che però accredita come “sostenibile” il continuo incremento  della massa dei rifiuti legato alla crescita esponenziale dei consumi.  Parimenti lottare contro la costruzione delle centrali a carbone o  turbogas e dei rigassificatori, sostenendo che esistono sistemi migliori  e meno inquinanti per fare fronte all’aumento del fabbisogno energetico  significa accettare a priori la prospettiva di un futuro nel quale il  consumo di energia dovrà per forza aumentare in maniera esponenziale.
Il  vero salto di qualità di cui stanno iniziando a farsi interpreti i NO  TAV valsusini consiste proprio nello spostamento del problema dalle  opere e dalle nocività al sistema sviluppista che oggi crea quelle opere  e quelle nocività e domani dovrà necessariamente crearne di sempre più  grandi è sempre più nocive, poiché la grandezza dimensionale e  quantitativa è il termine primario nella scala valoriale della crescita  che si ciba d’incremento della produzione, incremento dei consumi,  incremento delle infrastrutture che servono a veicolare più velocemente i  prodotti, incremento degli impianti destinati a smaltire i rifiuti del  consumo, incremento del pil che consentirà ancora più produzione, più  consumi, più traffico dei mezzi di trasporto delle merci, più  infrastrutture necessarie per contenerli tutti, più capacità di smaltire  nuovi rifiuti e così via in un circolo vizioso il cui unico terminale  sarà per forza di cose l’annientamento della biosfera e di tutti gli  esseri viventi che ne fanno parte.
Il grado di sensibilità raggiunto  attraverso l’acquisizione di conoscenze e saperi sempre maggiori dai  valsusini che lottano contro il TAV, li sta portando ad uscire da quel  bozzolo del “NO” ormai troppo piccolo per contenere il loro pensiero. In  Val di Susa sta nascendo la consapevolezza di come non sia sufficiente  combattere qualcosa se contemporaneamente non ci si prodiga nel  tentativo di costruire un’alternativa che non si limiti a tentare di  preservare l’esiguo grado di benessere e qualità della vita ancora  presenti, ma si proponga di creare un sistema completamente differente,  partendo da una prospettiva in cui il benessere e la qualità della vita  della persona siano centrali rispetto alle esigenze dell’economicismo.
Affiancare  al rifiuto un atteggiamento che sia anche propositivo non significa  trovare delle alternative percorribili per riuscire a far passare 40  milioni di tonnellate/anno di merci con il minore impatto  socio/ambientale possibile, ma ribadire come quei 40 milioni di  tonnellate/anno in Valle di Susa non ci dovranno passare mai, in quanto  il volume di traffico merci che transita lungo la Valle è già oggi  eccessivo e si deve mirare a ridurlo drasticamente.
Proporre un  sistema alternativo a quello della crescita significa eliminare il  ricorso agli inceneritori e alle discariche non solamente attraverso la  raccolta differenziata e il TMB ma anche e soprattutto operando una  riduzione dei consumi superflui, degli imballaggi, delle confezioni,  diminuendo drasticamente il volume dei rifiuti e rendendo la natura dei  prodotti il più possibile compatibile con le pratiche di riuso,  recupero, riutilizzo e riciclaggio. Significa opporsi alle centrali a  carbone, a quelle turbogas, ed ai rigassificatori, non limitandosi a  sostenere la necessità d’incrementare il ricorso alle fonti energetiche  rinnovabili ma anche e soprattutto ponendosi l’obiettivo primario di  ridurre nettamente i consumi di energia. E sarà possibile ottenere  questo scopo aumentando l’efficienza energetica degli edifici,  incentivando la pratica della cogenerazione, riducendo l’impatto della  macroeconomia globalizzata che comporta spostamenti schizofrenici delle  merci attraverso tragitti sempre più lunghi a favore di una  microeconomia autocentrata fondata sulle filiere corte, nonché  diminuendo i consumi superflui nell’ottica di una ritrovata sobrietà.
Proporre  un sistema alternativo a quello sviluppista significa per i NO TAV  valsusini affrancarsi dal dogma del progresso ed accostarsi al pensiero  della decrescita, con la consapevolezza che non si sta tornando indietro  ma semplicemente andando avanti attraverso una strada nuova che intende  porre la scienza e la tecnologia al servizio dell’uomo e non la persona  ed il proprio habitat al servizio della crescita e dello sviluppo. Una  strada lungo la quale la cooperazione prevalga sulla competizione  sfrenata, l’altruismo sull’egoismo, il piacere dello svago e  dell’accrescimento culturale sull’ossessione del lavoro, l’importanza  della vita sociale sul consumo illimitato, il gusto per la qualità del  nostro operato sull’efficientismo produttivista, il ragionevole sul  razionale, il piccolo sul grande, la qualità sulla quantità. Una strada  che ci porti a riscoprire come il benessere e la felicità si possano  realizzare attraverso la soddisfazione di una quantità limitata di  bisogni reali, anziché attraverso il soddisfacimento illusorio di  un’infinita miriade di bisogni effimeri indotti dalla macchina  pubblicitaria e dai condizionamenti sociali. Come la vera ricchezza e la  vera gioia allignino nella costruzione di relazioni sociali conviviali,  nel godimento del tempo liberato, nella riscoperta della nostra natura  umana, piuttosto che non nella nevrotica bulimia che ci porta a  fagocitare senza sosta quantità sempre maggiori di beni materiali, nel  vano tentativo di riempire quei vuoti esistenziali che devastano la  nostra interiorità. Il pensiero della decrescita non va inteso come  foriero di recessione o impoverimento, bensì come un’occasione per tutti  che sia funzionale ad un nuovo tipo di società, nella quale la qualità  della vita e l’interazione con l’ambiente al quale apparteniamo (e che  non ci appartiene) siano valorizzati e prevalgano sulla produzione e sul  consumo di prodotti inutili e nocivi.
Quello che, al fine di  farne meglio comprendere le dinamiche, ho descritto fin qui come un  processo di evoluzione lineare del pensiero, indotto dall’acquisizione  di conoscenze e saperi che generalmente non fanno parte del bagaglio  della persona comune, è in realtà un fenomeno molto complesso, ricco di  sfaccettature e di variabili ed estremamente variegato nei tempi e nei  modi della sua progressione. Sarebbe esercizio d’ingenuità molto lontano  dalla verità oggettiva, affermare che oggi tutti i NO TAV valsusini  abbiano maturato un grado di consapevolezza tale da essersi emancipati  dal modello della crescita e dello sviluppo e condividere con  convinzione i proponimenti che Maurizio Pallante enuncia nel Programma  politico per la decrescita.
Le decine di migliaia di persone che in  Valle di Susa si battono contro il TAV costituiscono un insieme  estremamente composito, per estrazione sociale, culturale, sensibilità  politica, età, possibilità materiale di partecipare alla lotta, capacità  e volontà di acquisire la conoscenza. Altrettanto composito risulta  essere per forza di cose anche il grado di consapevolezza maturato da  ciascuno di loro e di conseguenza il suo spirito critico nei confronti  del sistema sviluppista. Alcune persone hanno già fatto propri molti dei  valori della decrescita, scoprendo l’importanza dell’autoproduzione e  degli scambi non mercantili, anteponendo quando possibile la produzione  dei beni all’acquisto delle merci, uscendo dalla logica consumista,  praticando uno stile di vita maggiormente sobrio. Molte altre stanno  iniziando ora a confrontarsi con il pensiero della decrescita, essendo  arrivate, attraverso il percorso della lotta contro il treno veloce, a  tratteggiare quelle stesse conclusioni che Pallante esprime in maniera  organica nei suoi scritti, ma non hanno ancora avuto il modo ed il tempo  per tradurre in pratica i loro convincimenti. Altre ancora stanno  decolonizzando il proprio immaginario dai dogmi della crescita e dello  sviluppo e riflettendo sulla valenza della parola progresso ma non si  sono fino ad oggi avvicinate alla decrescita ritenendola una teoria (e  non una pratica) difficilmente percorribile nell’immediato. Tante altre  si trovano ancora all’inizio del proprio percorso ed incominciano solo  oggi ad intuire le contraddizioni di cui è infarcito il pensiero  dominante che da un lato li “terrorizza” vaticinando cambiamenti  climatici e catastrofi ambientali, dall’altro li rassicura diffondendo  il messaggio che grazie alla crescita e allo sviluppo tutto andrà per il  meglio. Da un lato presenta le impietose immagini dei grandi fiumi  ridotti ad acquitrini e profetizza il prossimo esaurimento delle risorse  idriche, dall’altro propone come indispensabile la costruzione di  sempre nuove gallerie che rimarranno indispensabili e imprescindibili  anche quando la loro costruzione dissiperà miliardi di metri cubi di  quell’acqua di cui si lamenta la penuria.
Si può comunque  affermare senza tema di smentita come esistano molte e profonde  consonanze fra la lotta contro il TAV portata avanti da noi valsusini ed  il pensiero della decrescita, poiché proprio il concepimento di una  società fondata sulla decrescita si manifesta come il terminale naturale  del processo di maturazione fin qui descritto, che sia pur con tempi  diversi sta portando tutti noi a percorrere la stessa strada, la quale  comporterà per forza di cose il rifiuto del sistema sviluppista della  cui progenie il TAV è figlio prediletto. Lottare contro il TAV e lottare  per costruire una società della decrescita rappresentano due  atteggiamenti complementari che permetteranno ad ogni valsusino di  trasformare quello che inizialmente era solo un “NO” ad  un’infrastruttura costosa, inutile e devastante, nella concreta  costruzione di una prospettiva di futuro migliore (o semplicemente di  futuro), per se stesso e per le generazioni a venire.
Tratto dal libro "Proposta di un programma politico per la decrescita " Autori Vari - Editori Riuniti - Roma 2008 .

 
 
7 commenti:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/11/difendiamo-la-val-di-susa-e-i-suoi-abitanti/117563/
Potrei sapere perche' il mio commento di questa mattina e' sparito , dopo la pubblicazione ?
Gentile Marco,
nel caso siano scomparsi dei commenti lo si deve alla piattaforma di blogger, che dopo 3 anni di funzionamento perfetto, nell'ultimo mese sta creando qualche problema di troppo.
Personalmente elimino raramente dei commenti (mai quelli degli utenti abituali) nel caso ci siano frasi offensive o turpiloquio, ma mi premuro sempre di segnalarlo in quella sede, spiegando il motivo dell'eliminazione.
E' probabile che la sparizione sia temporanea, ma nel caso i commenti non tornassero io ho comunque la copia che mi arriva via mail e potrò pubblicarli nuovamente.
propongo di rimuovere queste comunicazioni di servizio
Caro Marco
un'analisi lucidissima su quello che è stato il modello di sviluppo delle nostre 'care civiltà occidentali' che con alti e bassi, va avanti dall'inizio dell'era industriale. Un modello che evidentemente, per le ragioni che hai esposto e che non andrò a ripetere, è arrivato al 'capolinea' in quanto è arrivato a fagogitare oltre al territorio, all'ambiente, alla biosfera lo stesso essere umano. Per la prima volta quel paradigma di sviluppo mostra chiaramente tutti i suoi limiti e comincia a far intravedere in maniera netta quello che può essere considerato come un vero e proprio 'declino' della stessa civiltà umana, proiettata sempre più verso la 'autodistruzione'. Il problema è che questo modello 'attira' ancora, fa presa nei confronti dei miliardi di essere umani che ancora vivono in maniera assolutamente compatibile con il ciclo della natura, spingendoli nei nostri territori, finendo per alimentare questa spirale 'autodistruttiva'. Esiste un nuovo paradigma di sviluppo che può bloccare, rallentare questo processo, si chiama 'sviluppo sostenibile', presuppone un cambio radicale di mentalità nella testa delle persone, è un processo difficile in quanto i mass media, strumenti nelle mani di chi detiene il potere di condizionare la mente le persone-consumatori, non ha interesse alcuno nei confronti di questa alternativa, anzi.....Lavoro lungo, difficile, speriamo di arrivarci prima dell'ennesima catastrofe ambientale..
Chi antepone l'autoproduzione al acquisto , ha individuato la forza per arrestare la "crescita" .
Autoprodurre , e' un potere gigantesco , che vanifica quasi tutto il sistema di potere attuale , per quanto questo possa apparire inarrestabile .
E' bene apprezzare l'enormita' di questo potere , in particolare come risposta alla disperazione generata dal presente sistema .
Una SOCIETA' di NON DIPENDENTI , puo' godere del potenziale umano .
Il che non e' poco .
Vanifica disgrazie e prepotenze che a molti paiono ineluttabili .
Io , la "crescita'" , la chiamerei "growth" , perche' la ho vista coi miei occhi uscire e spandersi dagli Usa .
E credo sia tuttuno con il "signoraggio" , cioe' coi costi aggiuntivi del usare il denaro fatto comunque da un privato e non dalla societa' .
Lei , in questo momento e' un icona per le tante vittime che si trovano nella necessita' di smontare la sudditanza psicologica che e' strumento chiave del sistema di potere .
Il suo tipo di intelligenza sarebbe stato utile agli usiani per interpretare meglio la demolizione di quei grattacieli a New York nel 2001 .
E serve ai Libici per non prendersela con Gheddafi o con tutto il popolo Italiano .
Ci dica qualcosa del suo percorso personale , questa sua intelligenza , e' cresciuta con la problematica in Val di Susa ? O si e' formata in un diverso contesto ?
Quali erano le radici culturali in valle , che hanno consentito questa reazione mentre altrove le menti erano paralizzate ?
Cosa esattamente , andrebbe esportato dalla Val di Susa ?
Perche' non stabilite un dialogo coi greci che hanno capito di essere stati fregati ?
Per diffondere il senso critico !
La prego pero' di spiegare meglio l'essenza della situazione in Val di Susa :
-come e' nato il problema ? E' solo una questione di geografia che rende "ineluttabile" la trasformazione della valle in un canale ?
Come si paragona al Brennero , a cui non e' andata poi cosi' male considerando che era un passaggio chiave gia'migliaia di anni fa ?
Vi e' stato il ruolo catalizzante di qualche politico , magari gia' morto , nel tirare le speculazioni verso la valle ?
Ha a che vedere con le pressioni del capitalismo o della politica francese per facilitarsi le operazioni in Italia ?
Sconfiggere la sudditanza dal "growth" , non e' difficile , ma il "growth" e' solo una scusa per la prepotenza .
Chi e' il mittente del TAV , oggi ?
I nostri politici ?
I francesi ?
I nostri politici sotto pressione dai francesi ?
Una volta capito questo , il problema potrebbe apparire ridimensionato .
http://informarexresistere.fr/2011/06/17/manifesto-dei-beni-comuni-gli-stati-generali-no-tav-la-libera-repubblica-della-maddalena/
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