Marco Cedolin
Le stigmate del progresso s'intravedono sulle macerie delle case di Kabul, nel volto dei bambini iracheni uccisi da 12 anni di embargo assassino, ai quali continua a fare seguito un’eternità di occupazione armata, nel ventre dei B 52 che lanciano i loro fiori di morte sulle popolazioni inermi, nelle bombe al fosforo bianco che trasformano le persone in tizzoni ardenti senza vita, simili a pezzi di carbone, nelle gabbie da tortura di Guantanamo, fra il caracollare degli storpiati negli ospedali di Emergency.
La “civiltà” del nuovo millennio parla il linguaggio dell'egoarca, fatto di genocidi, prevaricazione, arroganza, sopraffazione del più debole. Fiamme di parole sputate come sentenze di morte, roghi senza fine che trasudano vergogna.
La libertà di questi nostri giorni vive nel grande orecchio di Echelon, negli arresti ingiustificati, nelle cariche delle forze dell’ordine portate contro la popolazione inerme, colpevole solamente di protestare contro l’inceneritore ed il TAV destinati a rubare loro il futuro, nei suicidi di stato, negli occhi delle madri costrette a piangere un figlio passato fra le mani della polizia e privato della vita senza un perché. Aleggia fra gli asfissiati del teatro maledetto di Mosca, fra i milioni di cinesi sfollati a forza dalle loro case destinate a trasformarsi nell’invaso della più grande diga del mondo, nei visi dei palestinesi trucidati durante l’operazione piombo fuso, nelle ossa annerite dei martiri di Falluja.
La giustizia trascolora nelle guerre preventive, negli ultimatum, nella vile pratica degli “omicidi mirati”, nella barbarie delle taglie, nella palude delle mistificazioni.
Il futuro è già iniziato, nella folle corsa agli armamenti, nella soppressione della libertà individuale, in un mondo del lavoro che assurge ad immensa arena dove incrociare le armi del ricatto e dell'intimidazione, nella disumanizzazione dell’individuo, trasformato nel tubo digerente della macchina di un progresso che sta riportandoci indietro di almeno mille anni.
Il futuro è come un libro appena tratteggiato che parlerà di mutamenti climatici, di stress, di vite invivibili dentro città invivibili, di diritti violati, di globalizzazione, di oligarchia delle multinazionali, di collari elettronici, di uomini soli con la loro solitudine, piccoli automi decerebrati al servizio del potere.
La libertà di questi nostri giorni vive nel grande orecchio di Echelon, negli arresti ingiustificati, nelle cariche delle forze dell’ordine portate contro la popolazione inerme, colpevole solamente di protestare contro l’inceneritore ed il TAV destinati a rubare loro il futuro, nei suicidi di stato, negli occhi delle madri costrette a piangere un figlio passato fra le mani della polizia e privato della vita senza un perché. Aleggia fra gli asfissiati del teatro maledetto di Mosca, fra i milioni di cinesi sfollati a forza dalle loro case destinate a trasformarsi nell’invaso della più grande diga del mondo, nei visi dei palestinesi trucidati durante l’operazione piombo fuso, nelle ossa annerite dei martiri di Falluja.
La giustizia trascolora nelle guerre preventive, negli ultimatum, nella vile pratica degli “omicidi mirati”, nella barbarie delle taglie, nella palude delle mistificazioni.
Il futuro è già iniziato, nella folle corsa agli armamenti, nella soppressione della libertà individuale, in un mondo del lavoro che assurge ad immensa arena dove incrociare le armi del ricatto e dell'intimidazione, nella disumanizzazione dell’individuo, trasformato nel tubo digerente della macchina di un progresso che sta riportandoci indietro di almeno mille anni.
Il futuro è come un libro appena tratteggiato che parlerà di mutamenti climatici, di stress, di vite invivibili dentro città invivibili, di diritti violati, di globalizzazione, di oligarchia delle multinazionali, di collari elettronici, di uomini soli con la loro solitudine, piccoli automi decerebrati al servizio del potere.
Non esiste progresso nel nuovo medioevo del XXI secolo, solo un capitalismo decadente che per non morire si ciba d'illusioni e di libertà.
6 commenti:
In tutto questo trovo veramente ridicolo il fatto che l'IDV abbia votato No al rifinanziamento delle missioni, "di pace" (...loro le chiamano così...).
il 1 dicembre è entrato in vigore il Trattato di Libona che dipietro ha votato SI...quindi adesso facciamo parte a pieno titolo di quest'UE guerrafondaia...che non ha nessun interesse alla pace!
Non ci poteva pensare prima?
10 e lode per l'articolo.
@Alba, ci stanno pensando da anni e anni....
Vane
@Vane
mi riferivo a Di Pietro...
Magari visto che è così pacifista(?)...poteva votare NO al Trattato di Lisbona.
Non sarebbe servito a molto, ma almeno salvava la faccia!
Ciao...a presto
Cara Alba e Vane,
credo che il "pacifismo" di Di Pietro sia qualcosa di molto simile "all'anima ambientalista" riscoperta alla bisogna dallo stesso Tonino.
Insomma una mano di vernice verde o arcobaleno dipinta in gran fretta col pennello cinghiale.
Quando era al governo (non un secolo ma un paio d'anni fa) Di Pietro sottoscrisse diligentemente le missioni di guerra/pace senza fiatare. Così come, sempre al governo in qualità di ministro delle infrastrutture diede la propria benedizione al TAV, al Mose, agli inceneritori e perfino al Ponte sullo Stretto, salvando la società che il ministro Bianco avrebbe voluto smantellare.
Oggi che si ritrova all'opposizione e ha bisogno di seguaci, per costruire happening folkloristici come il NO B day, riscopre la propria anima pacifista ed ambientalista. Ben sapendo che il suo voto all'opposizione non conta assolutamente nulla e può permetterselo. Il trattato di Lisbona invece va benissimo anche per il Di Pietro di opposizione, dal momento che anche la parte "di sinistra" dei suoi seguaci tutto sommato lo vede di buon occhio.
Ciao italianovero,
grazie per i complimenti, sono contento che l'articolo ti sia piaciuto.
Marco
Scusate il refuso, il ministro dei Trasporti era naturalmente Bianchi e non Bianco :-)
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