sabato 16 maggio 2009

L'Europa perde il Pil ma non il vizio


Marco Cedolin
I dati economici concernenti il primo trimestre del 2008 risultano essere ben più disastrosi di quanto non facessero supporre le previsioni degli esperti, e l’economia della zona euro precipita come mai prima d’ora dalla fine della seconda guerra mondiale.
Complessivamente nei primi tre mesi dell’anno il Pil europeo ha registrato un calo del 2,5 %. La Germania, da sempre considerata “locomotiva d’Europa”, ha perso nel primo trimestre 3,8 punti di Pil, l’Italia ha fatto segnare un pesantissimo –5,9%, In Spagna la discesa è stata del 2,9% e la Francia dopo 6 mesi di calo continuo è ufficialmente entrata in recessione con una diminuzione del Pil dell’1,2%.

L’Europa è in crisi e ad ogni nuovo trimestre le stime negative redatte in precedenza devono essere riviste al ribasso, mentre gli economisti ed i mestieranti della politica continuano a spostare più in là (fine 2009, inizio 2010, fine 2010) la data d’inizio della fantomatica ripresa che dovrebbe concretizzarsi in virtù di un qualche esercizio alchemico la cui origine resta sconosciuta.
L’ologramma della crisi finanziaria, utilizzato per tentare di raschiare il fondo di un barile ormai svuotato, attraverso sempre più ingenti trasfusioni di denaro pubblico, all’interno di un sistema bancario ben più tossico di quanto non lo siano i titoli ritenuti tali, sembra ormai prossimo a dissolversi. Scomparso l’ologramma non tarderà a palesarsi la vera crisi, quella del modello di sviluppo basato sulla crescita infinita e sull’incremento del Pil. Un modello di sviluppo che ha iniziato a disgregarsi, vittima della presunzione in esso contenuta, di potere crescere indefinitamente all’interno di un mondo finito che pone dei limiti fisici invalicabili.
Solo un folle potrebbe pensare sia possibile incrementare all’infinito il numero di automobili prodotte e vendute, di autostrade costruite, di barili di petrolio consumati, di terreni cementificati. Così come solo un folle tenterebbe di curare un malato di obesità, attraverso l’assunzione bulimica di cibo.

Nell’Europa della delocalizzazione industriale, della disoccupazione in crescita esponenziale e degli alchimisti finanziari, una classe dirigente fatta di burocrati privi di fantasia, ma pronti ad obbedire agli ordini dei propri padroni, continua a recitare un copione sgualcito e stantio. Un copione dove si promette la ripresa economica ormai prossima (2009? 2010? 2011?) da realizzarsi attraverso l’incremento della produzione, dei consumi e naturalmente del Pil, vera panacea che tutto guarisce come per incanto. Poco importa il fatto che il Pil e la crescita siano ormai solamente gli elementi di un modello di sviluppo in fase di disgregazione, del quale stiamo iniziando a pagare le conseguenze in maniera sempre più pesante. Così come poco importa l’evidenza in virtù della quale solamente cambiando radicalmente strada si potranno porre le basi per la “ripresa”di un’economia diversa da quella di rapina praticata fino ad oggi.
Crescita e Pil, dal 2010? Basta ripeterlo ogni mese come un mantra al borsino delle illusioni e va bene così.

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