lunedì 25 agosto 2008

A tutto gas

Marco Cedolin

Sono ormai note da tempo le ambizioni della classe dirigente del nostro Paese, intenzionata a trasformare l’Italia in un vero e proprio “hub” nella distribuzione del gas a livello europeo. Proprio per raggiungere questo scopo si susseguono uno dopo l’altro colossali progetti infrastrutturali finalizzati all’importazione di enormi quantitativi di gas che travalicano di gran lunga il fabbisogno nazionale.
Mentre è in dirittura di arrivo il potenziamento del gasdotto algerino Ttpc che trasporterà 6,5 miliardi di metri cubi di gas in più l’anno, l’ENI ha già iniziato il potenziamento del gasdotto Tag che trasporta in Austria il metano estratto dai giacimenti siberiani, per consentire il trasporto aggiuntivo di 3,2 miliardi di metri cubi annui. Entro la fine del 2012 la società Galsi s.p.a. della quale fanno parte Edison, Enel ed Hera, dovrebbe terminare la costruzione di una nuova pipeline di 2280 km che via Sardegna trasporterà annualmente 8,5 miliardi di metri cubi di metano aggiuntivo dall’Algeria a Piombino, in Toscana, il cui tratto off shore risulterà il più profondo al mondo raggiungendo la profondità di 2.880 metri
Nel corso del 2013 dovrebbe essere inaugurato il gasdotto South Stream che attraverso la Grecia trasporterà il gas russo fino in Puglia.

Parallelamente alla costruzione di sempre nuove pipeline in Italia è prevista nei prossimi anni la costruzione di 13 impianti di rigassificazione che potrebbero assorbire annualmente oltre 100 miliardi di metri cubi di gas liquido trasportato per mezzo delle navi gasiere.
Il primo rigassificatore che si affiancherà a quello costruito una trentina d'anni fa dall'Eni a Panigaglia sarà quello di Rovigo. Costruito da una società di cui fanno parte Exxon Mobil, Qatar Petroleum ed Edison, l’enorme cassone di cemento armato è stato assemblato in un bacino di carenaggio spagnolo ad Algeciras, vicino a Gibilterra e dovrebbe prendere il largo a fine agosto, trainato da una flotta di rimorchiatori oceanici, in direzione dell’Italia, dove arriverà entro il mese di settembre per essere sistemato al largo del delta del Po ed ancorato definitivamente sul fondo del Mare Adriatico. Se i tempi saranno rispettati entro la fine dell’anno le prime navi metaniere dovrebbero arrivare dal Qatar partendo dal porto petrolchimico di Ras Laffan situato nel Golfo Persico ed una volta a regime l’impianto sarà in grado di trattare 8 miliardi di metri cubi di metano liquido l’anno.
Al rigassificatore di Rovigo dovrebbero affiancarsi nei prossimi anni quello off shore di Livorno costruito dalla tedesca Eon, il rigassificatore di Trieste appannaggio del colosso iberico dell’energia Gas Natural, quello di Augusta che sarà costruito dalla Erg, il rigassificatore di Porto Empedocle di competenza dell’Enel, l’impianto di Porto Recanati che sarà realizzato da Gaz de France ed il rigassificatore di Falconara appannaggio dell’Api.

Nonostante questo ambizioso programma energetico, anche di fronte alle reiterate proteste dei cittadini che dovranno convivere con impianti altamente impattanti e pericolosi, sia stato portato avanti giustificandolo a più riprese come indispensabile per fare fronte all’incremento esponenziale dei futuri consumi energetici italiani, appare evidente come in realtà esso sia funzionale esclusivamente ad incrementare i profitti dei colossi dell’energia. Infatti anche immaginando nel futuro del nostro Paese un trend economico quanto mai ottimista (partendo da una realtà economica che all’ottimismo lascia ben poco spazio) appare evidente la sproporzione fra le potenzialità italiane
di consumo di gas ed i volumi di metano che le nuove infrastrutture consentirebbero di trattare. Se poi abbandoniamo per un attimo l’ottimismo ingiustificato per calarci in una realtà che parla il linguaggio della recessione, segnato dalla diminuzione della produzione industriale e dalla delocalizzazione delle imprese, ecco che la politica dei rigassificatori perde in chiave futura ogni significato che non sia quello della mera speculazione economica calata come sempre sulle spalle dei cittadini che alla fine saranno gli unici a dovere pagare il conto.

2 commenti:

Luca C. ha detto...

D'altra parte, la siderurgia è stata quasi completamente smantellata, l'elettronica, dove eravamo tra i primi al mondo, completamente distrutta, e ci rimane giusto un po' di petrolchimica. La scelta di un hub del gas mi sembra anche legata a questo regresso.
Ciao
Luca

marco cedolin ha detto...

Caro Luca,
Sicuramente anche il decadimento di comparti produttivi un tempo d'importanza primaria ha avuto un peso, come giustamente fai notare tu, nella scelta di trasformare l'Italia in un hub del gas.

Ciao
Marco