Esiste un filo per molti versi indissolubile, teso a legare
nel bene e nel male gli Stati Uniti al destino della cannabis, un po' come
accade in quei rapporti sentimentali fatti di sensazioni forti dove l'amore e l'odio
rappresentano per molti versi le due facce della stessa medaglia.
Il marijuana Tax Act, firmato nel giugno del 1937
dall'allora presidente americano Roosevelt, volto ad impedire la coltivazione
di qualunque tipo di canapa anche a scopo medico e terapeutico, determinò di
fatto la messa al bando della canapa un po' in tutti i Paesi del mondo che non tardarono
a seguire in modo compatto l'esempio statunitense. Il provvedimento rappresentò
l'acme di una pesantissima campagna di stampa durata alcuni anni nel corso
della quale la marijuana venne demonizzata nella maniera più becera, arrivando perfino
ad attribuire ad essa alcuni fra i più sanguinosi fatti di cronaca dell'epoca
ed ogni tipo di devianza immaginabile....
Così la canapa, diventata nell’immaginario collettivo marijuana (termine fino ad allora usato solamente in Messico) e messa sullo stesso piano dell’eroina e delle droghe sintetiche ben più pericolose, pur essendo una pianta dalle qualità eccezionali, venne bandita senza alcuna esitazione e l’ostracismo è durato per quasi un secolo, praticamente fino ai giorni nostri.
Alla base di una scelta di questo genere non vi fu ovviamente solo l’onda lunga dello spirito proibizionista che permeava la società americana dell’epoca ma anche la spinta dettata dai magnati dell'industria petrolifera e di quella chimica e farmaceutica che nelle grandi potenzialità di questa pianta vedevano un serio pericolo per i propri interessi presenti e futuri.
Oggi a distanza di oltre 70 anni dalla sua messa al bando,
la canapa sta iniziando a risorgere dalle proprie ceneri e paradossalmente
proprio gli Stati Uniti che ne avevano decretato la fine rappresentano
attualmente il Paese trainante di questa riabilitazione.
La California nel 1996 fu il primo Stato a liberalizzare la
cannabis per uso terapeutico, ad esso nel tempo si sono uniti Colorado, Stato di
Washington, Oregon, Alaska e Washington D.C. e più recentemente Nevada, Maine, Massachusetts,
Florida, Michigan, Arkansas, Montana e North Dakota. Ad oggi ben 29 stati hanno
liberalizzato la cannabis esclusivamente per l'uso terapeutico, mentre in altri
10, fra i quali la California, è
permesso anche l’uso per scopo
ricreativo ed oggi la marijuana viene considerata alla stessa stregua
dell’alcool, la produzione al fine della vendita con regolari licenze concesse
dallo stato è tassata con un’accisa del 15% ed è consentita l’autoproduzione
per uso personale fino ad un massimo che a seconda dello stato in questione può
variare da 6 a 12 piante.
Il
presidente americano Donald Trump ha recentemente firmato l'Agriculture
improvement act che fra le altre norme legalizza la produzione di canapa negli
USA e l’FDA ha dichiarato la propria intenzione di rendere nei prossimi mesi
più efficienti i percorsi per chi vuole produrre e commercializzare la cannabis
ed i suoi derivati, incluso il cannabidiolo (CBD).
La nuova legge approvata da Donald Trump permetterà
l'ingresso sull'intero territorio statunitense di un'infinità di prodotti a
base di canapa e per i contadini statunitensi sarà molto più facile ottenere i
permessi per coltivare la canapa e portare sul mercato i suoi derivati. Inoltre
la nuova legge ha rimosso la canapa dall'elenco delle sostanze controllate a
livello federale consentendone una produzione commerciale, ammesso che le
piante non contengano più dello 0,3% di THC. Dovrebbero pertanto venire eliminate
le difficoltà commerciali e gli ostacoli finanziari che finora avevano
interessato l'intero settore a causa della mancanza di una normativa su base
federale.
Occorre inoltre ricordare come già nel 2017 l’FDA avesse
approvato per la prima volta un farmaco a base di CBD, l'Epidiolex, utilizzato
per curare l'epilessia, aprendo in questo modo la strada all'utilizzo dei
derivati della canapa in ambito farmacologico.
La coltivazione della canapa per uso industriale, negli
Stati Uniti da ormai alcuni anni sta sperimentando una crescita vertiginosa e
solamente fra il 2016 ed il 2017 è passata da 10mila acri coltivati ad oltre
23mila.
Nel 2017 la vendita al dettaglio di prodotti derivati dalla canapa ha raggiunto gli 820 milioni di dollari, il 22% dei quali costituito da prodotti per la cosmetica e la cura del corpo, il 17% dagli alimenti, il 13% dal tessile, il 23% dal CBD, il 18% dalle applicazioni industriali ed il 2% dalla produzione di carta e materiali per la bioedilizia.
Nel 2017 la vendita al dettaglio di prodotti derivati dalla canapa ha raggiunto gli 820 milioni di dollari, il 22% dei quali costituito da prodotti per la cosmetica e la cura del corpo, il 17% dagli alimenti, il 13% dal tessile, il 23% dal CBD, il 18% dalle applicazioni industriali ed il 2% dalla produzione di carta e materiali per la bioedilizia.
La maggior parte delle stime prevede che entro il 2022 le
vendite di CBD negli Stati Uniti possano raggiungere un fatturato di 22
miliardi di dollari, all'interno di un mercato come quello della canapa che si
annuncia nel prossimo decennio in crescita esponenziale.
Non è un caso il fatto che quasi tutti i grandi colossi industriali come Philip Morris, Coca Cola, Pepsi, Guinness e molti altri stiano guardando con estrema attenzione al mercato dei derivati della canapa, considerandolo uno dei settori più promettenti e ricchi di prospettive nel prossimo futuro. Proprio la Coca Cola, un colosso del settore sempre estremamente attento a cogliere le mode del momento, sembra sia seriamente intenzionata a proporre fra non molto in una partnership con il produttore canadese Aurora Cannabis una versione “alla cannabis” del proprio prodotto, utilizzando il CBD come ingrediente.
Non è un caso il fatto che quasi tutti i grandi colossi industriali come Philip Morris, Coca Cola, Pepsi, Guinness e molti altri stiano guardando con estrema attenzione al mercato dei derivati della canapa, considerandolo uno dei settori più promettenti e ricchi di prospettive nel prossimo futuro. Proprio la Coca Cola, un colosso del settore sempre estremamente attento a cogliere le mode del momento, sembra sia seriamente intenzionata a proporre fra non molto in una partnership con il produttore canadese Aurora Cannabis una versione “alla cannabis” del proprio prodotto, utilizzando il CBD come ingrediente.
Come accadde quasi un secolo fa, quando gli USA furono il
Paese trainante nel processo di demonizzazione della canapa e nella sua messa
al bando a livello mondiale, oggi dunque proprio gli Stati Uniti sembrano
profilarsi con vigore come i maggiori
artefici della sua riscoperta, dal momento che senza dubbio la crescente “voglia
di canapa” oggi dilagante in America non tarderà a contaminare ben presto anche
il resto del mondo.
Fonte DolceVita online
1 commento:
meno male!!!!!
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