E'
di questo pomeriggio la notizia dell'ennesimo incidente in una delle vetuste centrali nucleari francesi. In questo caso si tratta
dell'impianto di Fessenheim in
Alsazia, a pochi passi dal confine con la Germania, il reattore in
assoluto più vecchio (fu inaugurato nel 1977) fra i 58 del paese che
il presidente Hollande aveva inserito fra gli argomenti della propria
campagna elettorale, promettendone la chiusura entro il 2017, sempre
che la centrale riesca ad arrivare integra fino a quella data.
Come
sempre accade qualora si tratti di disastri nucleari le notizie sono
poche e frammentarie e dopo che in un primo tempo i giornali avevano
parlato di un incidente serio, con morti e feriti, citando come fonte
i vigili del fuoco dell'Alto Reno, l'accaduto è stato prontamente
ridimensionato non appena la fonte è diventata Edf (che controlla
l'impianto) ed ha riferito di una semplice fuga di vapore di acqua
ossigenata, prodotta dopo che in un serbatoio era stato iniettato
perossido che ha reagito con l'acqua. Fuga che non avrebbe provocato
gravi conseguenze, tranni lievi bruciature alle mani di due
operai....
Insomma
come spesso accaduto in passato difficilmente riusciremo ad avere un
quadro realistico riguardo alla reale portata di questo incidente,
non solo in termini di danni agli operai coinvolti, ma anche di
eventuali rilasci di radioattività nell'ambiente. Sulle home page
dei grandi giornali la notizia è già scalata in poche fra quelle di
secondaria importanza e domani con tutta probabilità non ne resterà
più alcuna traccia.
Un
quadro realistico a tinte fosche, quanto mai limpido nelle sue
coordinate, è invece quello costituito da almeno un centinaio di
vecchie carcasse nucleari presenti in tutta Europa che scricchiolano
e stridono sotto il peso degli anni, con il rischio di deflagrare,
non appena un incidente o un evento naturale intervenga a metterne in
crisi l'integrità.
I
governi esitano a chiudere gli impianti (preferendo procastinare di
volta in volta lo spegnimento dei reattori), perché lo
smantellamento degli stessi risulta costosissimo e produce un'enorme
quantità di scorie radioattive che andrebbero stoccate in sicurezza,
ma gli scienziati non hanno la benchè minima idea di dove e come
possa avvenire un'operazione di questo genere.
La
politica prevalente continua ad essere quella del tirare a campare,
incrociando le dita e sperando che nessuna di queste bombe ad
orologeria malauguratamente esploda.
Fra
la prospettiva di un disastro di proporzioni bibliche possibile ma
non probabile e quella di un esborso monetario sicuro, di rilevanza
tale da dimostrare l'assoluta anti economicità dell'atomo, come
sempre è accaduto in passato la classe dirigente politica e
finanziaria preferisce tergiversare, dimostrandosi disposta a
rischiare sul tavolo da gioco la vita di milioni di cittadini,
essendo la contropartita costituita da un carico da centinaia di
miliardi di euro.
A
quando il prossimo scricchiolio? Fra una settimana o un mese? Sempre
sperando non si tratti dell'ultimo, quello che le nostre orecchie più
non saranno in grado di percepire.
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