giovedì 29 marzo 2012

Ci stanno ammazzando?

Marco Cedolin e Fabio Polese
Ieri un uomo si è dato fuoco nel parcheggio della Commissione tributaria, in via Paolo Nanni Costa, nella periferia ovest di Bologna. Era in debito con il fisco e voleva farla finita. A Giuseppe C., muratore di cinquantotto anni, erano stati contestati tributi non pagati e i suoi ricorsi alla commissione erano stati respinti, l’ultimo proprio di recente. L’uomo ha tentato di uccidersi incendiando la sua auto verso le otto di mattina.
C’è restato finché ha resistito e poi è corso fuori; sembrava una torcia umana. Diversi sono stati i biglietti scritti a mano (trovati dai vigili del fuoco all’interno della sua macchina) per spiegare il suo gesto. “Ho sempre pagato le tasse, poco ma sempre. Quello che ho fatto l’ho fatto in buona fede. Lasciate in pace mia moglie, lei è una brava donna. Vi chiedo perdono anche a voi” ha scritto riferendosi alla Commissione tributaria. A Roma, un altro caso: un uomo di quarantanove anni si è gettato dal balcone della sua abitazione perché disoccupato.
Questi tragici episodi sono in aumento e sono un sintomo evidente di come la crisi economica colpisce pesantemente la maggior parte delle famiglie e soprattutto le classi sociali più povere. Secondo le stime riportate dal Servizio Prevenzione del Suicidio dell’ospedale romano Sant’Andrea, il “fattore economico” ha pesato (sugli oltre 4000 suicidi complessivi in un anno) per oltre un terzo. Lo psichiatra Maurizio Pompili, che ha riportato queste stime, ha dichiarato: “Purtroppo questi dati non ci sorprendono, nella storia è un fenomeno già visto. Ci fu un boom di suicidi nel 1870, dopo una grande crisi e l’aumento del prezzo del pane”.
Intanto mentre qui si muore perché si è stremati dai debiti, Mr. Monti riscuote successi all’estero con i media di massa italiani ed internazionali che continuano l’elogio del “quanto è bravo il premier” fino allo sfinimento.....
“I giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che monotonia. E’ bello cambiare e accettare delle sfide”, queste parole di Mr. Goldman Sachs & co., ancora rimbombano pesantemente sui giovani (e meno giovani) che ogni giorno devono combattere per mantenere un lavoro sempre più incerto e precario.
Viviamo in un Paese sopraffatto dall’incertezza del futuro e chi prova a rialzarsi, viene represso a suon di bastonate democratiche. Proprio come è successo pochi giorni fa agli operai dell’Alcoa, manganellati mentre gridavano una sacrosanta verità: “un operaio, una famiglia”.

Già, una famiglia, quell’angolo di mondo tranquillo (o turbolento) all’interno del quale ciascuno sa di “contare qualcosa” anche quando all’esterno è solamente una risorsa umana da spremere come un limone fintanto che ha qualcosa da dare, per poi diventare una buccia, un peso, un rifiuto organico da “smaltire” e nulla più. Quella “casa” sicura (o meno) dove l’uomo economico, atomizzato nel suo ruolo di competitor solitario, corridore del progresso, condannato ad arrivare “primo” in una corsa truccata dove tutti sono ultimi, può tornare la sera. Accovacciarsi in posizione fetale e tentare di suggere qualche goccia di umanità e carpire uno scampolo di sentimento, di emozione, di vita. I figli, il coniuge, i genitori, quelle poche briciole di mondo che ancora hanno un nome ed un valore che prescinda dalla loro produttività. I “tuoi cari”, la tua isola felice (o infelice) che sta sgretolandosi ogni giorno di più, fagocitata dal progresso che per te ha in serbo altri programmi, volti a renderti assai più efficiente e produttivo.
L’ondata di suicidi del 1870 cui fa riferimento lo psichiatra Pompili, per giustificare il suo mancato stupore nei confronti di quelli di oggi, in realtà fu il risultato di quello stravolgimento economico e sociale meglio conosciuto come rivoluzione industriale e non solamente di un aumento incontrollato del prezzo del pane. La famiglia allargata che viveva in larga parte di autoproduzione e manteneva forti rapporti umani, all’interno di una comunità fortemente coesa, iniziò a morire, ammazzata dal lavoro salariato in fabbrica, dalle città maleodoranti, dall’incapacità dei suoi membri, diventati individui, di sopravvivere economicamente con lo “stipendio”, laddove fino a qualche anno prima vivevano con un certo agio all’interno di un sistema dove la presenza del denaro non era immanente e si rendeva necessaria solo in quegli ambiti dove l’autoproduzione, lo scambio ed il dono (e quanto altro garantito dallo spirito di comunità) non si manifestavano sufficienti. La famiglia, nella sua forma primigenia stava morendo e con lei si suicidarono molti dei suoi membri, riluttanti a diventare criceti, nella gabbia di un mondo che più non gli apparteneva. Come la mancanza di pane non fu l’unico elemento scatenante dell’ondata di suicidi della seconda metà dell’800, così la disoccupazione, l’usura di stato e il cinismo sprezzante di un governo di banchieri subumani non è l’unica causa dell’ondata odierna.
Anche oggi, come allora, quel che resta della famiglia sta morendo, ammazzata dai sacerdoti della crescita e del progresso che vedono in essa un ostacolo all’atomizzazione dell’individuo merce, deputato a sostituire l’essere umano. La mancanza di lavoro, comunque temporaneo e mal retribuito, è il cavallo di Troia attraverso il quale praticare l’eutanasia di qualunque legame famigliare ed amicale possieda l’individuo, fino a renderlo solo, acquiescente, malleabile e funzionale agli interessi della macchina economica. Per inseguire il miraggio di un lavoro che non c’è, i coniugi si adeguano a turni massacranti che pur condividendo la stessa casa li costringono di fatto a non incontrarsi più fra loro e con i figli per intere settimane. Per inseguire la speranza di lavoro, sempre più persone cadono vittima di un pendolarismo massacrante che li rende veri e propri zombie in ambito famigliare. Mentre altri si trasferiscono a centinaia di km di distanza dalla propria famiglia, per mantenere un posto di lavoro che sta sfuggendo e comunque a breve sfuggirà.
E quel che resta delle famiglie, diventa ogni giorno di più un luogo alieno, mero ricettacolo di frustrazioni personali, dove alcuni individui condividono spazi comuni, continuando a vivere la propria individualità, fatta di paura, sensazione di inadeguatezza e mancanza di qualsiasi prospettiva per il futuro.

Su questo retroterra di pesante demolizione di ogni rapporto sociale che prescinda dall’economia, sta crescendo l’ondata di suicidi che abbiamo iniziato a sperimentare e con tutta probabilità si acuirà nel prossimo futuro, di pari passo con il sempre più accentuato ridimensionamento delle prospettive occupazionali e la progressiva eutanasia della famiglia, dello stato nazione e della comunità.
Solamente un secolo fa la scala valoriale usata per misurare le persone era ancora incentrata sulle sue qualità morali. Il coraggioso e il vigliacco, il ladro e l’onesto, l’uomo d’onore e la spia, l’uomo “di cuore” ed il cinico e così via.
Oggi l’unica scala valoriale universalmente accettata è quella economica. Il vincente ed il perdente, l’uomo (o la donna) di successo e quello che non ne ha mai avuto, l’uomo che può mantenere agiatamente la propria famiglia e quello che la campa a fatica, la persona che lavora e quella che è disoccupata. L’uomo che possiede beni economici che gli garantiscono di acquistare affetti e sentimenti e quello cui questi beni economici vengono meno e teme di perdere (se non li ha già persi) i sentimenti e gli affetti che possedeva e troppo spesso ritiene che una corda o una latta di benzina rappresentino l’unica soluzione. In fondo potrebbero anche esserlo, se destinati agli umanoidi che hanno creato questa situazione.

8 commenti:

Catherine ha detto...

Ce lo stiamo chiedendo tutti Marco .. che altro dire? :(

marco schanzer ha detto...

http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2012/03/decrescita-sostenibile.html#comment-327584

alessandro.sal ha detto...

Io toglierei il punto di domanda. Non so dove ci stanno portando, ma per tentare di comprendere le ragioni della costruzione di questo inferno in terra non credo serva ancora studiare l'economia. Dovremmo rivolgersi ad uno psichiata (pure molto molto bravo) o forse ad ad un esorcista.

marco schanzer ha detto...

Concordo , ma entrambe queste soluzioni rivelano un atteggiamento passivo , giacche ce' una terza opzione : prendere il potere attraverso il lavoro , eliminando le deleghe . Io lo ho fatto varie volte nell'arco della mia vita . E se manca l'educazione alle masse , quande' che cominciamo a fornirgliela ????

danieleivan.grossi ha detto...

Angelo Vecchione che poi si firma Stefania Caterina non sono d'accordo con te su quello che hai scritto. Al mio paese si dice aiutati che Dio ti aiuta.
Forza scendere in piazza e se ce da non mangiare non si mangia ma non lo faranno neanche loro comunque.

bolon ha detto...

le elitès tecnofinaziarie e più in generale il potere dominante come fanno a non essere CONSAPEVOLI del disastro a cui ci stanno portando?
Vada per il popolo bue lobotomizzato a dovere, ma gli altri...
Allora io mi chiedo:
-Queste elitès sono emanazioni di poteri ancor più oscuri brutali e disumanizzanti(luciferini)?
-Oppure sono semplicemente sconsiderate ed inconsapevoli, divorate dal modello edonistico-distruttivo fine a se stesso?

In entrambi casi non vedo alcuna soluzione, a meno di qualche EVENTO di portata globale, c'è il baratro.

marco schanzer ha detto...

Un misto delle cose che dice lei .Piu' il fatto di sapere che fare quete cose , usare gli strumenti che usano , li mette al centro di un mondo in cui sarebbero altrimenti dei paria . Hanno una paura ingiustificata di una societa' equa . Un altro fattore , legato ai precedenti , e' il semplice scegliere la rotta di moinor resistenza . Ciascuno approfitta della passivita' del popolo , della loggia di famiglia , della poltrona che gli viene offerta , etc . nella mancanza di una forte visione riformista .

alessandro.sal ha detto...

@ bolon e marco s.:
cio' che scrivete e' esattamente quello che intendevo nel mio post precedente. La loro "paura di una societa' equa", come scrive Marco S. nel suo ottimo post, e' secondo me giustificatissima dal loro punto di vista. E' la paura che vengano tirati giu' dal piedistallo autoreferenziale che si sono costruiti, della perdita degli innumerevoli privilegi socio-economici e del potere di decidere della vita e della morte altrui, nonche' del piacere di infliggere sofferenze ed umiliazioni agli altri.
Consiglio a tutti la lettura di questa "lettera a Monti":
http://www.stampalibera.com/?p=43039#more-43039