Marco Cedolin
Il pensiero della decrescita, nel quale mi riconosco pienamente, auspica una progressiva diminuzione della dipendenza che l’uomo ha nei confronti del denaro, oggi indispensabile al soddisfacimento di ogni sua necessità. La riduzione di detta dipendenza (o progressiva fuoriuscita dall’economicismo come molti autori amano definirla) può essere ottenuta attraverso una serie di azioni individuali mirate allo scopo, che vanno dal recupero di una sobrietà dei consumi da contrapporre al consumismo sfrenato oggi imperante, alla riscoperta della capacità di autoprodurre beni e servizi che oggi si acquistano per mezzo del denaro, al ritorno di pratiche virtuose come lo scambio ed il dono finalizzate a ridurre ulteriormente il numero di beni e servizi per fruire dei quali occorre la disponibilità di denaro.
Chiunque introduca i principi della decrescita all’interno della propria vita sarà perciò in grado di diminuire gradualmente la propria “necessità” di denaro, avendo ridotto altrettanto gradualmente sia la quantità dei bisogni (mantenendo quelli reali ed eliminando quelli superflui) sia il numero dei bisogni che necessitano di denaro per essere soddisfatti. Anche chi è stato estremamente virtuoso ed è riuscito a tradurre in pratica tutti i proponimenti con successo non potrà comunque (almeno nell’immediato) nutrire la velleità di affrancarsi completamente dal denaro, ma semplicemente ridurre la propria dipendenza. In parole povere la persona che viveva discretamente con 1200 euro al mese potrà mantenere un tenore di vita ugualmente soddisfacente con la disponibilità di 700/800 euro al mese, lavorando di meno e dedicando il “tempo liberato” all’autoproduzione e alla compagnia dei propri cari.
Il pensiero della decrescita propone un’alternativa percorribile e concreta alla nostra società fondata sulla crescita economica.
La disinformazione dei media, al contrario, di fronte al dramma della mancanza di lavoro e della ormai catastrofica perdita del potere di acquisto di salari e pensioni tenta di veicolare nell’immaginario collettivo il miraggio che si possa vivere anche senza soldi, semplicemente ricorrendo ad ogni genere di espedienti.
Lo fa attraverso un farneticante articolo comparso qualche giorno fa su Repubblica che prende spunto dal best seller “Ho speso una sterlina al giorno” scritto da Kath Kelly, un’insegnante di 47 anni residente a Bristol che nonostante percepisca 15.000 euro l’anno, per scommessa sarebbe riuscita a “tirare” un anno intero spendendo solamente circa 1,40 euro al giorno, l’equivalente di un salario o una pensione di 45 euro al mese.
Prima d’intraprendere l’eroica impresa la signora avrebbe destinato una cifra non precisata al pagamento anticipato di un anno di affitto, nonché 4.000 euro al pagamento anticipato di un anno di bollette e tasse. Credo sia inutile sottolineare che per logica tali spese andrebbero sommate alla sterlina al giorno, cambiando radicalmente sia la cifra con cui l’eroina ha vissuto sia il titolo del libro stesso.
Dopodiché la lista degli espedienti per raggiungere l’obiettivo agognato (interdetto ad alcuni milioni d’italiani che con 900 euro non riescono a tirare la fine del mese) diventa variopinta e quanto mai ricca di fantasia. Spostamenti in autostop, ma chi deve andare a lavorare può permetterselo? Partecipazione ad eventi e buffet gratuiti in qualità d’imbucata per reperire qualcosa di commestibile, magari portando anche gli amici per condividere con loro il desco “gratuito”. Frutta e verdura “trovata” nei giardini e nelle aiuole, che evidentemente a Bristol sono più rigogliosi e meno inquinati rispetto ai nostri. Carne, pesce e uova acquistati a sconto (con meno di un euro e mezzo?) dai negozi nell’orario di chiusura per poi stiparli nel congelatore, tanto la corrente è già stata pagata precedentemente. Shampoo e saponette acquistati (con meno di un euro e mezzo?) nei grandi supermercati all’ingrosso. Post – it applicati sulla porta di casa degli amici dopo lunghe volate in bicicletta a sostituire le telefonate, quando il tempo è bello, cosa che a Bristol mi risulta essere abbastanza rara. Caffè sostituiti da zuppa di gallina, preparata con le carcasse regalate dall'amico macellaio. Cento sterline racimolate attraverso la raccolta delle monetine trovate in terra per la strada. Un viaggio in Francia in autostop, con tanto di attraversamento di Eurotunnel pagato grazie alla generosa elemosina di una turista francese. Addirittura un lavoro come volontaria (il salario rientra nella sterlina al giorno?) in una fattoria e infine perfino una visita dal dentista e l’acquisto di una bicicletta nuova (la vecchia era stata rubata) sempre attingendo a meno di un euro e mezzo al giorno?
Infine come corollario alla mistica esperienza l’acquisto di un regalo del costo di 2000 euro (con i soldi risparmiati vivendo con meno di un euro e mezzo al giorno) per le nozze del fratello ed il pagamento di parte delle spese del ricevimento che sicuramente non saranno state esigue se in molti avranno deciso di agire da imbucati seguendo l’esempio di Kath.
Per chi voglia godere appieno dell’articolo comparso su Repubblica: http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/esteri/sterlina-giorno/sterlina-giorno/sterlina-giorno.html
14 commenti:
Ciao Marco,
è la prima volta che passo di qua...
Mi ha colpito il tuo modo di scrivere, piacevole a anche ironico.
Beh definirei l'articolo in questione come la Corazzata Kotionkin: una c.....pazzesca!
Riguardo al conseguimento di una decrescita dei consumi superflui, sono sempre più convinto sia la strada giusta. Sicuramente se domani vinco un milione di euro al grattaevinci, lo perseguirò di meno, ma al momento....
Ho sempre avuto soldi e tutte le cavolate che volevo, fino ad accorgermi che il superfluo invece che arricchire, impoverisce!
Il saper rinunciare alle cose inutili, inizialmente sembra darti una sofferenza, ma subito dopo ti da la sensazione di una liberazione, perchè constati che non ne avevi realmente bisogno e c'hai saputo rinunciare. Una conquista insomma.
Un saluto.
L'articolo è davvero una cagata.
Piuttosto bisogna pensare bene come vivere meglio ogni giorno senza pensare all'aiuto di altri.
Insomma, io prendo la bici e uso i piedi al posto dell'auto (che la uso solo per lunghe distanze o quando ho roba ingombrante). Come auto un'utilitaria ovviamente!
Che altro fare? Bere acqua dal rubinetto, evitare di farsi ingannare dai colori, insegne, offerte dei supermercati.
Zero carne. Fanculo chi uccide gli animali.
Il telefonino ce l'ho da 4 anni e cerco di mandare meno sms possibili. Se uno mi chiede una cosa..o mi chiama lui o nada!ahah
In linea generale pensare a lavorare per comprare è una stronzata.
Preferisco andare in giro a vedermi i vari paesaggi che andare al centro commerciale o in discoteca!
Ma tante cose dipendono dalla personalità!
Caro Luca,
il processo di maturazione di consapevolezza che tu hai definito una conquista credo sia la base per qualsiasi reale cambiamento.
Ciao Danx,
mi sembra tu abbia già le idee molto chiare, ovviamente molte cose dipendono dalla personalità e nulla deve essere vissuto in maniera coercitiva. Faccio o non faccio qualcosa solamente perchè ho preso consapevolezza che è meglio così.
E' la prima volta ke passo dal tuo blog...e ti faccio i complimenti sia per i consigli ke dai nell'articolo, sia per il modo di scrivere piacevolissimo...se riuscissimo a seguirli vivremmo molto meglio...anke se di questo passo..saremmo costretti a farlo...
se vuoi passa dal mio blog...ne sarei felice...
ti saluto
Rossella
Cara Rossella,
grazie per i complimenti e per la sensibilità dimostrata nei confronti di un argomento non fra i più semplici da comprendere.
Non mancherò di visitare il tuo blog.
A presto
Marco
Grande Marco, questi sono i post che preferisco...
la gente deve cambiare mentalità e lo deve fare con "le buone", perchè se aspetta di essere costretta dalle circostanze di una grave crisi economica senza precedenti sarà molto più dura.
Riporto queste sagge parole di John Zerzan...volutamente fraintese dai fautori del consumismo che lo hanno definito un black block!
"Per salvare il mondo bisogna tornare all'età della pietra, e l'unico modo per farlo è distruggere le industrie e il resto.
Vedo dappertutto sempre più segnali che la vita del consumismo non sia una vita del tutto appagante, penso che ci siano troppe cose, lavorare e consumare constantemente è una follia...sta distruggendo tutto e deve essere fermato.
Trovo che poco valga la pena di essere salvato. Trovo pochi benefici nel preservare questo sistema e possedere tutte queste cose comporta una coercizione: siamo costretti a stare in miniera e alla catena di montaggio, altrimenti non avremmo tutte queste cose. Un mondo di cose
che dobbiamo rincorrere per tutta la vita! Credo che nessuno davvero ci creda, ma per "inerzia" tutto va avanti...
Dev'essere fermato! Dev'essere distrutto!"
John Zerzan
Ciao Marco,
Sì, avevo visto il pezzo che citi.
Devo dire che la tua impostazione è ragionevole e condivisibile.
Quel che mi preoccupa, come tu sai, è il processo di trasformazione collettiva, nei suoi aspetti poltici, eccetera.
Comunque, sia, "l'autoriforma" individuale, mi sembra un ottimo punto di partenza.
Grazie, un abbraccio,
Carlo
L'articolo apparso sulla Repubblica è una buffonata che non merita neppure commenti.
Il pensiero della decrescita presenta alcuni punti problematici, ma mi sembra uno dei tentativi più seri e interessanti di uscire dall'ideologia dello "sviluppo".
La mia impressione è che a i suoi fautori tendano a prescindere da altri aspetti, a cominciare da quello geopolitico e da quello spirituale, per soffermarsi unicamente sull'ecologia e sull'economia.
Ciao
Luca
Alla fine Repubblica non è che un altro dei tanti mezzi di regime per tirarci merda addosso, pagandola pure! Per cui secondo me se impariamo ad avere un approccio più critico ( ma molto di più ) di quello che abbiamo ora, nei confronti dei canali comunicativi impostoci dalla "società", forse, forse, ci indirizziamo sulla strada giusta, o quanto meno se non giusta, almeno differente.... il che non guasta!
Ciao Ceci
Ciao Alba,
in effetti l'alternativa non si pone fra decrescita e crescita.
Si tratta semplicemente di scegliere fra l'opzione di costruire volontariamente una decrescita "dolce" e felice o continuare per la nostra strada che in tempi brevi ci porterà ad una decrescita forzata che felice non lo sarà affatto in quanto parlerà il linguaggio del coas e della violenza all'interno di un ambiente stravolto e devastato.
Un abbraccio
Marco
Caro Carlo,
come hai detto tu "l'autoriforma individuale" può essere un ottimo punto di partenza.
Fondamentale sarà però il passaggio da individuale a collettivo che implica una profonda volontà politica di cui al momento non mi riesce di percepire alcuna traccia. Nell'ambito di questo argomento ovviamente sei tu la persona più indicata per portare delle riflessioni che permettano di approfondire la questione.
Caro Luca,
i fautori della decrescita che ho avuto modo di studiare in maniera abbastanza approfondita, da Pallante a Latouche a De Benoist, non prescindono affatto dall'aspetto spirituale che anzi ritengo sia parte fondamentale del processo di decrescita.
L'aspetto geopolitico invece, come dici tu, è stato oggetto di scarsa considerazione e meriterebbe ben più di un approfondimento dal momento che si tratta di una questione basilare.
Il più grosso problema con il quale giocoforza è costretto a scontrarsi a monte qualsiasi progetto di decrescita è costituito dall'enorme difficoltà consistente nel decolonizzare l'immaginario collettivo forgiato da oltre mezzo secolo di modello dominante imperniato sulla crescita e sullo sviluppo.
Cara Ceci,
credo come suggerisci tu occorra davvero un approccio molto più critico con i canali della disinformazione impostici dalla società.
Ciao Marco è da molto che leggo i tuo blog però è la prima volta che scrivo.
Da quando ho letto per la prima volta della decrescita(circa un anno fa) la mia vita è radicalmente cambiata difatti sto cercando di eliminare tutto l'inutile ed il superfluo dalla mia vita. Tra l'altro ho fatto anche una tesi di laurea sulla decrescita (ne trovi un pezzo nel mio blog). Come te sono convinto che alla base di tutto ci sia prima il cambiamento individuale o come afferma Latouche la decolonizzazione del nostro immaginario, che è la condizione senza la quale la decrescita non sarebbe possibile. Il problema è passare però dall'individuale al collettivo ed è li che deve entrare la politica che deve agire attraverso le leggi per riformare l'attuale sistema. Sono convinto però che l'impegno individuale sia molto importante perchè porta con sè la forza dell'esempio che è uno dei capisaldi della filosofia gandhiana. A presto
Ciao Antonio,
sono felice che l'aver preso contatto con la decrescita abbia cambiato in positivo la tua vita e non mancherò di leggere sul tuo blog l'estratto della tua tesi sul tema.
Come hai sottolineato tu accanto alla volontà di cambiamento individuale occorre un'altrettanto forte volontà di cambiamento a livello politico, per far si che un progetto di decrescita possa esistere al di fuori del singolo ed affermarsi a livello di comunità.
Creare la decrescita ad esempio attraverso l'incremento dell'efficienza energetica degli edifici o della rete di distribuzione dell'energia è totalmente impossibile senza una volontà politica che vada in questo senso.
Ciò non toglie che l'impegno individuale rimanga comunque la base di tutto.
Ciao
Marco
necessita di verificare:)
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