Il documentario Warology, operazione l'altra guerra, di Morgan Menegazzo e Mariachiara Pernisa, da poco disponibile nelle librerie italiane, offre lo spunto per una serie di riflessioni interessanti sul tema della guerra, suggerendone l'osservazione da angolazioni differenti rispetto a quelle a cui siamo abituati ed intuendone le evoluzioni all'interno di una società soggetta a mutazioni tanto rapide quanto radicali.
Il concetto stesso di guerra, travalica i confini dello scontro fra eserciti di opposte fazioni, per entrare nell'individualità di ciascuno di noi, dove tutti ci ritroviamo a rivestire il ruolo di "soldati" dalla culla alla morte, soggiogati dal dogma della competizione che ci viene inculcato fin dalla più tenera età, quale unica maniera di rapportarci con i nostri simili.
La guerra assurge così, ogni giorno di più allo stato di modus vivendi. Siamo in guerra in ufficio con i nostri colleghi, nel traffico cittadino con l'automobilista che ci affianca al semaforo, al ristorante con le coppie di amici insieme alle quali condividiamo il desco, in palestra con chi fa ginnastica accanto a noi, in famiglia con il coniuge, i figli, i genitori.
In ossequio all'assioma secondo cui l'unica forma di esistenza considerata soddisfacente passa attraverso l'imperativo di competere, combattere e risultare vincenti, iniziamo a vestire la divisa fra i banchi dell'asilo e la portiamo addosso, come una seconda pelle, per tutto il corso della vita, senza mai togliercela, neppure negli ultimi anni della senescescenza. Con tutto il suo corollario di vittorie e di sconfitte, che troppo spesso rappresenta un fardello dal peso insostenibile.....
La guerra viene inculcata dentro di noi attraverso l'educazione e la propaganda mediatica (che ne è parte integrante) e ci rende strumenti al suo servizio e molto opportunamente in Warology si afferma che "se ciascuno di noi decidesse di non far più guerra a quelli che ha intorno, probabilmente la cosa risulterebbe favolosamente contagiosa."
Ma le guerre del futuro non contempleranno necessariamente le azioni militari e l'uccisione del nemico, al fine di ottenere la conquista dei territori. Saranno anche guerre condotte da eserciti invisibili che usano l'arma della manipolazione di massa, per soggiogare, anziché uccidere, i nemici/consumatori e conquistare sempre nuove fette del mercato globale. Sostituendo così il rischio di perdere la vita di fronte ad una baionetta, con quello di perdere la capacità di giudizio e la libertà di scelta di fronte ad uno schermo lcd.
La sfida rimane sempre quella di riuscire a liberarci dal nostro destino di vittime sacrificali, acquisendo conoscenza e consapevolezza dei fili invisibili che guidano la nostra esistenza, affinché essa sia funzionale agli interessi dei burattinai. E' possibile reagire ai condizionamenti, anche qualora ci tempestino fin dalla più tenera età, ma l'operazione costa sudore e fatica e svestire i panni di vittima è difficile almeno quanto svestire quelli da soldato, soprattutto per noi che vittime e soldati lo siamo contemporaneamente.
L'umanità è infine in guerra anche contro la biosfera che la ospita. La natura, il clima, gli animali, sono nemici da soggiogare e piegare alla nostra volontà, attraverso l'arma della tecnologia. E più la tecnologia diventa potente e sofisticata, più l'uomo acquisisce il convincimento di avere vinto sempre nuove battaglie, senza rendersi minimamente conto che sta perdendo l'unica guerra che conti, quella per la sopravvivenza.
Ma anche la natura, attraverso il controllo climatico e la manipolazione batteriologica, può diventare un'arma micidiale, dal momento che cicloni, terremoti ed epidemie hanno potenzialità distruttive superiori a quelle degli ordigni atomici. Facendo si che ogni percorso circolare ci riporti al punto di partenza, a quella guerra che ci hanno addestrato a vincere, pur sapendo che all'interno di ogni guerra si cela solamente la sconfitta.
Warology
Warology
1 commento:
Bravo Marco.
Ottime considerazioni su un tema scottante e trascurato da tutti i soloni di psicologia sociale.
Mi pare che le capacità di riflessione sulle questioni più importanti della nostra esistenza, cioè su ciò che condiziona il nostro esistere e su quanto ci viene dato per scontato, si sia persa con gli anni del "benessere" e con l'inesorabile allontanamento dal mondo reale.
La Natura stessa che, pur con le sue ferree leggi ci è sempre stata amica, ora improvvisamente la consideriamo una bestia da domare. Partendo da questo legame ancestrale di pacifica convivenza, col passar del tempo ci siamo vieppiù incattiviti nei suoi confronti e di conseguenza anche nei confronti dei nostri simili.
Da qui l'aggressività di tutti contro tutti: competizione esasperata che nella società attuale, dopo il soddisfacimento dei bisogni primari di sopravvivenza, non ha più ragione di esistere.
(Avevo preparato un pezzo più lungo ma vedo che l'argomento d'attualità sul blog è già cambiato. Lo tengo per i miei futuri interventi...)
Ciao.
-- Michele
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