Marco Cedolin
Poche volte nella sia pur disastrata storia politica italiana del dopoguerra un governo è stato in grado nel lasso temporale di un solo anno di accumulare una massa d’insuccessi simile a quella dell’esecutivo capitanato dal “professore”.
In sole 24 ore Romano Prodi è riuscito nella difficile alchimia di raccogliere prima i fischi e le contestazioni di coloro che appoggiano le forze armate e sostengono la politica dell’amministrazione americana, poi i fischi e le contestazioni di coloro che avversano il militarismo, le politiche di guerra e la costruzione della nuova base americana di Vicenza.
Il Presidente del Consiglio ieri mattina era stato infatti pesantemente contestato ed invitato a “tornare a casa” da larga parte degli astanti, in occasione della parata militare del 2 giugno. Stamattina all’auditorium Santa Chiara di Trento, dove partecipava ad un Festival dell’economia, Prodi è stato accolto al grido di “vergogna” da parte di un folto gruppo di vicentini del movimento NO Dal Molin che hanno anche interrotto per qualche minuto il convegno, prima che il moderatore dello stesso desse il microfono ad uno di loro per consentire un breve intervento.
Di fronte alle argomentate proteste dei cittadini il Premier è rimasto in silenzio, salvo commentare successivamente con i giornalisti affermando che “queste contrapposizioni che vengono fatte da un giorno all’altro distruggono il paese”.
Le rimostranze di Romano Prodi nei confronti delle contrapposizioni sembrano tanto più incomprensibili se pensiamo che il governo, reduce dalle disastrose elezioni amministrative, sta perdendo consensi e ricevendo critiche da parte di fasce sempre più ampie e composite della società italiana, a destra come a sinistra, e si ritrova ormai arroccato sulle posizioni del Premier, “imposte” perfino ad una parte cospicua della maggioranza che non le condivide.
L’imposizione del dodecalogo fatto firmare a forza a tutti i partiti della coalizione (alcuni dei quali non lo condividevano) in occasione del ruzzolone di febbraio si è rivelato un maldestro tentativo di blindare una linea di governo in aperta distonia tanto con il programma elettorale originario quanto con la sensibilità dell’elettorato che aveva portato quel programma al governo.
Per i ministri ed i leader della maggioranza sembra ormai diventato quasi naturale essere oggetto di contestazioni ogni qualvolta si ritrovano per loro sventura a rapportarsi in qualche maniera con la società civile, a prescindere dal fatto che questo avvenga in un’università, davanti ai cancelli della Fiat o durante una cerimonia ufficiale.
Più il governo tenta di ostentare sicurezza, più emergono le contraddizioni, la confusione, l’incapacità di rapportarsi con i problemi reali del paese che non sono la distribuzione delle poltrone nel nascente Partito Democratico e neppure gli inciuci concernenti la messa in cantiere della nuova legge elettorale. Le vicende concernenti Visco ed Unipol fanno solo da corollario ad un quadretto già di suo desolante.
Il 9 giugno G.W. Bush è stato invitato a Roma da un governo, parte del quale lo ha sempre contestato aspramente per le devastazioni e le guerre messe in atto in giro per il mondo dalla sua amministrazione. Prodi ha intimato ai suoi ministri di astenersi dal partecipare alla manifestazione di protesta contro il Presidente americano che sicuramente sarà anche in Italia assai calorosa e partecipata, come ultimamente avviene in ogni paese al quale Bush decida di fare visita. Non contento di avere dato un simile sfoggio di democrazia il “professore” ha inoltre vietato anche ai leader dei partiti della sua maggioranza di partecipare alla contestazione a Bush, ricevendo in merito dagli stessi delle risposte non proprio accomodanti.
Dopo avere gestito in maniera pessima, spesso con l’ausilio dei manganelli e di false promesse che difficilmente saranno mantenute, l’emergenza dei rifiuti a Napoli, Romano Prodi si troverà presto dinanzi a scogli quanto mai ostici e pericolosi. L’ostinazione nel volere portare avanti propositi peregrini fortemente contestati dai cittadini quali la truffa del TAV in Valle di Susa e la costruzione della nuova base militare americana Dal Molin non sembra davvero costituire un preludio alla diminuzione delle contrapposizioni. Al contrario le contrapposizioni sembrano destinate ad approfondirsi nei mesi futuri, a meno che il Premier decida d’intimare a tutti gli italiani di non contrapporsi, costringendoli magari con la forza a firmare un qualche patto di fiducia e fedeltà, così come ha fatto con i partiti della propria coalizione.
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