Marco Cedolin
Panem et circenses stavano alla base del consenso popolare nell’antica Roma decadente, dove i Veltroni dell’epoca organizzavano le notti bianche all’interno del colosseo e il palinsesto dei Berlusconi imperiali era rigorosamente “in diretta” spaziando dalle contese all’ultimo sangue fra gladiatori, al desco per le belve feroci che anziché paté e bocconcini venivano invitate ad addentare ben più succulenti schiavi in versione croccantini 3 X 2.
Panem et circenses è un motto che calza (o forse calzava) a pennello anche per la nostra società occidentale del turbocapitalismo, quella che se non sei trasgressivo non ti diverti e devi scegliere il modo più cool di trasgredire, magari iniziando con una striscia di coca, un jeans strappato da 300 euro o uno schermo al plasma con annesso home theatre acquistato a rate che termineranno nel 2012. Quella che “basta andare su Second Life per rifarti una vita come vuoi tu” salvo poi scoprire che il mondo virtuale altro non è che una replica fedele fin nei minimi particolari di quello reale, con annesso turbocapitalismo e multinazionali globalizzate, ragione per cui anche lì ti toccherà fare lo sfigato precario che non arriva a fine mese.
Quella che in TV tutti piangono e piangi anche tu perché ti commuovi e poi tutti ridono e ridi anche tu perché “bisogna” divertirsi e il cast di una fiction diventa alla fine la tua famiglia, quella che non hai mai potuto costruire perché ti mancavano i soldi o il tempo o entrambi. Quella che fai di tutto per seguire il “grande sport” e ti dibatti fra parabole, decoder e schede prepagate, per poi scoprire che la competizione sportiva ormai la fanno schiere di avvocati nelle aule dei tribunali che si scontreranno sugli eventi truccati che tu hai visto in TV con il tuo decoder e l’unico elemento vero di tutta la rappresentazione erano i tuoi soldi fagocitati dalla scheda prepagata.
Anche panem et circenses ai giorni nostri sono entrati profondamente in crisi, il primo va centellinato perché ha ormai raggiunto prezzi da capogiro, il secondo rischia di non divertire più, perché con la pancia vuota l’intrattenimento ludico risulta poco efficace.
E allora siccome i cortei per chiedere il “panem” sono un retaggio del passato, troppo retrò e assai poco trendy, meglio una fiaccolata per pretendere il “circenses” come accaduto martedì 6 novembre a Como. Di fronte alla decisione da parte di Mediaset di epurare la fiction “Vivere” dai propri palinsesti, decretandone in questo modo l’eutanasia dopo 8 anni e circa 2000 puntate, un centinaio di persone accorse per assistere all’ultimo ciak, hanno srotolato un lungo striscione recante la scritta “Non chiudete Vivere” e sono partite in corteo fiaccole alla mano per convincere Confalonieri a desistere dal suo intento. Sempre durante questa settimana qualcosa di simile è accaduto anche negli Stati Uniti, dove il cast della fiction Gray’s Anatomy, unitamente a molti telespettatori, ha inscenato una manifestazione di protesta contro la soppressione del programma, con tanto di cartelli colorati e cori ritmati.
Toccate pure il “panem” ma non il “circenses” se volete conservare il consenso popolare, sembra il duro monito suggerito da queste vicende. Gli amanti delle fiction soppresse non sono certo pericolosi no global o giovani violenti che intendono mettere in crisi l’ordine sociale, ma se togli loro il “circenses” potrebbero iniziare a pensare al “panem” e la cosa si rivelerebbe assai più pericolosa.
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