Marco Cedolin
Ieri in Germania, nella tratta di 31 km fra Lathen e Melstrup, il Transrapid, un vero mostro tecnologico in grado di declassare i TAV nostrani al ruolo di anacronistici retaggi del passato, si è schiantato alla velocità di 200 km/h contro una piattaforma mobile destinata alla manutenzione causando la morte di 23 fra i 30 passeggeri del convoglio.
Un brivido corre lungo la schiena al solo pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se anziché una corsa di prova con una trentina di passeggeri a bordo si fosse trattato di una normale corsa di linea con il convoglio occupato da centinaia di persone e i brividi si moltiplicano se pensiamo che il treno si è praticamente polverizzato a 200 km/h, una velocità inferiore alla metà di quella massima di 450km/h di cui il Transrapid è accreditato.
La causa della sciagura è stata attribuita ad un errore umano imputabile agli addetti alla manutenzione, ma il vero errore umano si palesa senza dubbio nello sciagurato progetto che pone sulla rotaia (per la precisione a circa 10 cm. dal suolo trattandosi di un treno a levitazione magnetica) un mezzo privo di conducente in grado di sfrecciare ad oltre 400 km/h nell’evidente impossibilità di porre rimedio ad una imprevista situazione di pericolo.
Il treno a levitazione magnetica, attualmente a livello mondiale operativo solo nel collegamento fra Shanghai ed il suo aeroporto, rappresenta il gradino successivo al TAV nella scala evolutiva dei treni superveloci. Rispetto al “nonno” può vantare una superiore velocità ed un minore impatto ambientale delle infrastrutture (pur sempre fortemente invasive) deputate a farlo correre. La complessità delle stesse infrastrutture le rende però enormemente costose ed esistono forti perplessità legate alle conseguenze sul corpo umano del forte campo magnetico necessario per muovere il treno.
L’incidente tedesco, oltre a porre in risalto la pericolosità di sistemi di trasporto tanto avveniristici quanto scarsamente inclini al rispetto delle più elementari regole della sicurezza, ci porta ad una riflessione sulla spasmodica ricerca di “velocità” che ammorba la nostra società contemporanea. E’ lecito domandarsi quante risorse energetiche ed ambientali sia ragionevole sacrificare sull’altare di un molte volte risibile risparmio di tempo.
Nonostante la diffusa propensione all’ipercinetismo e un’artificiosa “fretta compulsiva” che sempre più s’insinuano nelle nostre giornate, credo sarebbe opportuno riconsiderare razionalmente ritmi e tempi che ci stanno sempre più sfuggendo di mano.
Una normale linea ferroviaria, scarsamente impattante dal punto di vista ambientale, sulla quale corrano treni altrettanto normali, pilotati da un conducente in carne ed ossa, possibilmente puliti e sicuri, rappresenterebbe un vero segnale di progresso.Il futuro non alligna nell’illusorio risparmio di tempo pagato a caro prezzo ma nella capacità di usare in maniera costruttiva il tempo che si ha a disposizione, premurandosi che ne ereditino un poco anche i nostri nipoti.
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