martedì 27 aprile 2010

Il nucleare? Fa bene alla salute!


Marco Cedolin
L’intraprendenza del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è pari solamente alla scelleratezza con cui il caramogio di Arcore è solito sottoscrivere con le altre nazioni accordi talmente sfavorevoli al nostro paese da risultare perfino imbarazzanti per coloro che ne beneficiano sfregandosi allegramente le mani.

Nel maggio del 2004 il Cavaliere diede prova del proprio genio firmando con il Presidente francese Chirac un accordo in merito alla suddivisione dei costi del TAV in Val di Susa, nell’ambito del quale l’Italia era disposta ad accollarsi il 50% del costo totale della tratta internazionale (di 72 km) pur risultando essa solamente per un terzo di competenza italiana. I francesi ringraziarono e portarono a casa il cadeaux.

Il 30 novembre 2005, costretto a trovare un barbatrucco che potesse permettere alla società Impregilo di defilarsi dal disastroso affare dei rifiuti in Campania, il genietto di Arcore varò nientemeno che un decreto legge che consentiva la risoluzione ope legis dei contratti con le società appaltatrici. Impregilo ringraziò e pochi mesi più tardi venne perfino premiata con l’appalto per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina.

Alla fine di agosto 2008 il salapuzio più famoso d’Italia firmò il cosiddetto accordo fra Italia e Libia, nell’ambito del quale l’Italia si impegnava a versare 5 miliardi di dollari a Gheddafi, in cambio della promessa di un maggior controllo da parte del paese libico in merito alle imbarcazioni cariche di clandestini che regolarmente salpano alla volta delle coste italiane, e dal momento della stipula dell’accordo Gheddafi sta continuando a sorridere compiaciuto.

Nell’autunno del 2008 il Silvio “nazionale”, dopo avere fortemente osteggiato la vendita di Alitalia ai francesi caldeggiata dal governo Prodi, ha pensato bene di svenderla ad una cordata d’imprenditori italiani che si sono a loro volta premurati immediatamente di risvenderla ai francesi, ad un prezzo notevolmente più contenuto rispetto a quello che Air France era disposta a sborsare solo qualche mese prima. I quotidiani d’oltralpe sono parsi perfino imbarazzati quando si sono ritrovati a fare dell’ironia sulla vicenda.

Nello febbraio 2009, un Silvio Berlusconi impettito come non mai ha realizzato il suo vero capolavoro, firmando a Roma con il presidente francese Nicolas Sarkozy un accordo che prevede in collaborazione con la Francia la realizzazione sul suolo italiano di 4 centrali nucleari che utilizzeranno la tecnologia francese. Una vera manna per la Francia, unico paese al mondo a dipendere quasi totalmente (circa 80%) dal nucleare per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico, ed ha necessità di esportare e capitalizzare i propri investimenti nell’atomo. Una vera iattura per l’Italia che dopo il referendum del 1987 era riuscita a liberarsi da una tecnologia pericolosa ed antieconomica che buona parte dei paesi nel mondo stanno abbandonando.

Lunedì 26 aprile 2010 (proprio il giorno in cui si commemorava la tragedia di Chernobyl) il Cavaliere è riuscito ancora una volta a superare sé stesso, siglando durante un incontro “informale” con Putin un memorandum d’intesa con la Russia, avente come oggetto la realizzazione in territorio russo di un reattore termonucleare sperimentale Ignitor.
Ed annunciando all’Italia intera l’intenzione d’inaugurare entro tre anni il cantiere della prima centrale nucleare su suolo italiano. Naturalmente dopo un’intensa campagna pubblicitaria (naturalmente a spese del contribuente) mirata ad orientare l’opinione pubblica dei cittadini, trasferendola su posizioni favorevoli all’atomo.Il nucleare? Fa bene alla salute! Come la “vecchia” acqua Lurisia, dovete berla tutti è il vero gerovital.

domenica 18 aprile 2010

Nuvole di cenere su sfondo monocromatico


Marco Cedolin
I vapori cenerini del vulcano Eyjafjallajokull, partiti dall’Islanda, hanno ormai conquistato quasi tutta l’Europa, mettendo impietosamente in evidenza l’estrema vulnerabilità di una società tecnologicamente evoluta, qualora costretta a confrontarsi con gli elementi di una natura troppo spesso sottovalutata.
La nube eruttata dal vulcano islandese sta andando beffardamente a spasso per migliaia di km (stando alle parole degli esperti dovrebbe aver raggiunto in queste ore l’Italia centrale), senza curarsi di distanze e confini, paralizzando di fatto larga parte del traffico aereo europeo. La concentrazione delle ceneri in atmosfera che secondo l’OMS non dovrebbe determinare gravi rischi per la salute umana, mette invece a repentaglio il buon funzionamento dei reattori dei jet, rendendone pericoloso e sconsigliabile l’uso.

Si apre così lo spaccato su un’umanità ormai votata all’ipercinetismo ed educata alla movimentazione schizofrenica di merci e persone. Un’umanità abituata (anche grazie all’imperversare dei voli low cost) a “bruciare” migliaia di km per una riunione di affari, per un weekend esclusivo, per una rimpatriata in famiglia. Figlia di quella globalizzazione che trova nell’aereo il principale asse portante.
“Mi divido fra Londra e New York”, “Vivo in California ma quasi tutti i miei affetti sono a Roma e ci torno ogni volta che posso”, “Vado a Parigi almeno una volta la settimana, perché è lì la sede della multinazionale in cui lavoro”, “Ho passato buona parte dell’ultimo anno in aereo, ma durante i voli riesco a recuperare tempo lavorando al pc”, “Questo weekend andiamo a Praga, tanto con l’aereo s’impiega meno tempo che per una gita fuori porta”.
Sono solo alcune delle frasi facenti parte di un lemmario fino a qualche tempo fa appannaggio dei vip, ma recentemente divenuto di uso comune, ad indicare la sempre più stretta dipendenza dell’uomo nei confronti dell’aereo, in una società dove le distanze vengono compresse a dismisura, senza curarsi minimamente delle conseguenze e dei costi ambientali ed economici derivanti da questo atteggiamento.
Famiglie allargate sull’asse di migliaia di km, ognuna delle quali consuma ogni anno risorse che basterebbero a sostenere centinaia di famiglie del terzo mondo per tutta la durata della loro esistenza. Riunioni di organismi politici e multinazionali che inquinano come un complesso industriale. Pacchetti vacanza che possono fare concorrenza ad un petrolchimico.

Un’umanità che trovatasi in questi giorni di fronte al blocco forzato dei voli, manifesta tutto il proprio disorientamento. Specchiandosi negli aeroporti semideserti trasformati in bivacchi, nelle stazioni ferroviarie prese d’assalto alla ricerca di un improbabile succedaneo, nel tentativo frustrato di continuare a vivere ad “alta velocità” in mancanza dell’unico mezzo che può consentire di farlo. E fra le pieghe del disorientamento spicca naturalmente l’imbarazzo dei vip, politici, attori e miliardari a la page costretti a disertare appuntamenti improcrastinabili o peggio ancora ad affrontare per forza di cose lunghi e “faticosi”viaggi in corriera in grado di riportarli alla meschina condizione degli altri esseri umani, come accaduto al cancelliere tedesco Angela Merkel di ritorno dagli Stati Uniti via Lisbona.

Ma oltre a far riflettere sul rapporto di dipendenza ormai instauratosi fra l’uomo e l’aereo e su quanto siano vulnerabili rispetto agli eventi naturali i fragili equilibri di una società iper tecnologica, la progressione della nube scaturita dal vulcano Eyjafjallajokull non può mancare di mettere in evidenza il fatto che la terra rappresenta un sistema aperto, dove ogni evento, sia esso di origine naturale o indotto dall’attività umana, ha ripercussioni all’interno dell’intera biosfera, anche a decine di migliaia di chilometri dal punto dove si è generato.

Se anziché trovarci di fronte ad una nube di ceneri e vapore indotta da un’eruzione vulcanica che potenzialmente potrebbe influire sul clima nei prossimi anni e le cui conseguenze vengono giudicate catastrofiche dalle compagnie aeree che già reclamano gli aiuti statali e lamentano la perdita di centinaia di milioni di dollari a causa della sospensione dei voli, ci trovassimo a fare i conti con un disastro di origine antropica, la situazione risulterebbe assai peggiore.

La “nube” radioattiva ingenerata dallo scoppio di una centrale nucleare o quella tossica determinata dall’esplosione di un complesso chimico, si comporterebbero infatti pressappoco allo stesso modo, con la differenza che si tratterebbe di miasmi letali per la popolazione ed il problema non sarebbe costituito dall’attesa negli aeroporti, bensì dalla sopravvivenza dei cittadini.
Troppo spesso la cieca fiducia nella tecnologia e l’insana smania di dominio sulla natura, propagandate dall’orientamento del pensiero, finiscono per farci dimenticare la nostra condizione di piccoli uomini che in realtà non dominano alcunché, ma rischiano di farsi male seriamente, come bambini che giocano con i cocci di una bottiglia.

venerdì 2 aprile 2010

Ponte sullo Stretto: facciamo il punto


Marco Cedolin
Intorno alla questione del Ponte sullo Stretto di Messina esiste a livello dell’informazione una certa dose di confusione che porta molti cittadini a domandarsi se la costruzione del Ponte sia già iniziata e nel caso quanto siano avanzati i lavori.

Tale confusione è stata sostanzialmente indotta dal fatto che lo scorso 23 dicembre la costruzione dell’opera sia stata ufficialmente inaugurata dal ministro Matteoli in persona.
In realtà “l’inaugurazione” del 23 dicembre aveva per oggetto non il Ponte ma una serie di opere considerate propedeutiche alla sua realizzazione, consistenti nella ristrutturazione e deviazione della ferrovia esistente. Opere che lungi dal manifestarsi esclusivamente funzionali alla costruzione del Ponte potrebbero avere un senso e venire portate a compimento anche se il Ponte non fosse mai realizzato. Sostanzialmente il governo ha inteso vendere mediaticamente l'inaugurazione del Ponte, partendo con dei lavori di scarso impatto economico, senza per ora affrontare l'opera vera e propria, iniziata la quale non si potrebbe più per forza di cose tornare indietro.

La costruzione del Ponte vero e proprio, già finanziato dal Cipe lo scorso anno con 1,3 miliardi di euro, nella misura di circa il 20% del costo previsto di 6,1 miliardi di euro, non è iniziata affatto, anzi non esiste neppure ancora il progetto definitivo dell’opera.
Come ha comunicato personalmente Pietro Ciucci, amministratore delegato di Stretto di Messina spa, lo stanziamento del Cipe è avvenuto sulla base del progetto preliminare, l’unico attualmente esistente.
Sempre secondo le parole di Pietro Ciucci la realizzazione del progetto definito dovrebbe iniziare alla fine di aprile ed arrivare a compimento (previsione in sé molto ottimistica) entro la fine di settembre, onde permettere l’avvio dei cantieri entro la prima metà del 2011. Tempistica che, confidando nell’ottimismo un pò visionario di Ciucci, dovrebbe permettere d’inaugurare l’opera già nel gennaio del 2017.
In attesa di conoscere il progetto definitivo, non resta dunque che auspicare un ripensamento radicale della politica del governo in merito ad un’infrastruttura tanto ciclopica , devastante e costosissima, quanto inutile, prima che inizi il cantiere vero di quella che sarebbe destinata a diventare la Salerno – Reggio Calabria del nuovo millennio.

giovedì 1 aprile 2010

Piemonte: come regalare una Regione in 3 mosse (sbagliate)


Vale la pena fare una analisi sui risultati elettorali in Piemonte che hanno molto da insegnare a chi volesse pensare ad una fuoriuscita dal nostro “medioevo “ italiano ed alla costruzione di una alternativa. In Piemonte si è dispiegata nella forma più larga possibile quella alleanza “postulivista”, autocentrata sul PD, che sta nei sogni di una parte del cosiddetto centro-sinistra italiano. Dodici liste alleate a sostegno della Bresso, dall’ UDC fino a Verdi, Radicali e Rifondazione, compresa qualche lista inventata dell’ultim’ora per raccogliere ( o far perdere) fino all’ultimo voto. Un caso unico in tutta Italia.
Erano 29 le liste totali (record italiano), grazie in particolare a quel singolare comma scandaloso del regolamento regionale (molto più grave dei casi Polverini-Formigoni) per il quale qualunque consigliere regionale ( capogruppo o responsabile della proprietà del simbolo) poteva far presentare una lista senza la necessità di raccogliere le 17-18mila firme richieste (infatti è presumibile che solo la Lista 5 Stelle le abbia regolarmente raccolte). Da 2 mesi praticamente tutti i sondaggi davano un testa a testa fra i due principali candidati, Cota e Bresso, con un lieve vantaggio della seconda (1% cioè meno di 20.000 voti), ignoravano la presenza del candidato 5 Stelle (Bono), ne tantomeno stimavano, come è abitudine dei nostri sondaggisti “embedded” la possibile dimensione e origine dell’astensione, delle bianche e nulle. Un singolare caso di giornalismo di regime bipolare che accomuna le due aree politiche che governano, come sezioni di partito, le principali redazioni dei giornali e TV, con una totale prevalenza PD nei tre principali strumenti informativi piemontesi, La Repubblica, La Stampa, RAI 3.
Per capire la dimensione di questo vulnus di democrazia è sufficiente dire che, a risultati acquisiti, dei 3,64 milioni di elettori piemontesi 1,44 milioni (il 39% degli elettori) non hanno votato il candidato di nessuna delle 29 liste presenti (di questi ben 134 mila hanno annullato la scheda o votato bianca ). I due partiti “maggiori” (PDL e PD ) hanno preso insieme 913.494 voti ( il 25% degli elettori ). Se si aggiunge gli alleati principali (Lega Nord 317.065 voti ) Italia dei Valori ( 130.649 voti) UDC ( 130.649 voti) e si aggiunge la lista personale della candidata presidente del centro sinistra si può concludere che le 5 forze politiche attualmente presenti in Parlamento tutte insieme sono state votate da meno del 44% degli elettori piemontesi. Le altre 23 liste hanno raccolto il voto di circa il 17% degli elettori. Il 39% come detto, non ha votato nessuno. Una conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che da tempo non esiste in Italia nessun bipolarismo, ne tantomeno una vocazione al bipartitismo ma che anzi è crescente il rifiuto radicale delle principali forze politiche in particolare le prime due, che circa 7 elettori su 10, almeno nelle elezioni “locali”, non votano. Dati assolutamente analoghi avevamo segnalato riferendoci alle ultime elezioni regionali in Abruzzo ( caso Del Turco) e Sardegna (caso Soru ). Non ci sono molti dubbi che sono 4 i “ temi “ prevalenti su cui si manifesta la disaffezione a questa politica e che nulla hanno a che fare con il cosiddetto “qualunquismo”: 1) la Precarietà sociale e del lavoro 2) i grandi temi dell’Ecologismo 3) il rifiuto dello strapotere della Casta 4) la Corruzione (quest’ultimo un po’ meno sentito in Piemonte, probabilmente l’unico record positivo di cui ci si possa con prudenza vantare).
La campagna elettorale, che di fatto i giornali hanno presentato come ed esclusivamente riguardante i 5 partiti suddetti, si è presentata oggettivamente inconsistente: Sulla Precarità e la Corruzione il tema è limitatamente affrontabile dalle istituzioni regionali. Sulle logiche della Casta, a parte qualche schermaglia inconsistente, era difficile identificare differenze: pessimo argomento comunque per il centro-sinistra locale, specie dopo la diffusione della notizia della doppia liquidazione ai consiglieri uscenti (ereditata dalla precedente coalizione di centro-destra e tranquillamente mantenuta, quasi tutti d’accordo, da quella di centro-sinistra ) e la diffusione ripetuta delle tabelle che indicavano i consiglieri piemontesi fra i più pagati, insieme a quelli della Calabria; (fino a 15 anni fa era esattamente l’opposto, tant’è che il Piemonte, all’epoca di Brizio, veniva definito, positivamente, come la regione “sabauda”). Da aggiungere una campagna elettorale spendacciona da entrambi i principali contendenti, assolutamente diversa dalle precedenti, con manifesti e faccioni (e slogan da barzelletta ), pagati salatamente, su tram ed autobus di tutta la regione, che hanno finalmente fatto conoscere le facce semisconosciute di un buon numero di consiglieri regionali uscenti già tre mesi prima del voto. Per non parlare del sontuoso enorme pulman bianco ( Avanti con Bresso) che ha girato mezzo Piemonte, osservato da molti con motivata perplessità.
Di corruzione e mafia poco si è discusso, tranne qualche afflollatissima e preoccupata conferenza, con Libera e Caselli, del tutto a lato della bagarre elettorale.
Impossibile una discussione, complessa, sul grande problema della Sanità, (78% del bilancio regionale) , in particolare nomine, costi unitari, efficienza e liste di attesa su cui mancano, come è noto a chi se ne occupa seriamente, dati e procedure affidabili e neutrali, non essendoci, non casualmente, un Ente terzo che faccia le verifiche; problema italiano fra i più gravi e incredibili, tema che andrebbe rapidamente messo all’ordine del giorno se esistesse nel paese una forza riformista. Il tema ha affascinato per un pò i giornalisti, in difficoltà di argomenti, poi si è spento da solo, in mezzo ad un mare di numeri contraddittori perfino all’interno della stessa coalizione.
Sui temi che noi chiamiamo in senso ampio compiutamente ecologisti si è centrato il nocciolo della campagna elettorale e sono quelli che ne hanno deciso le sorti; con un problema: che sui principali argomenti, la TAV (che ha assunto un significato più generale che andava ben al di là della Val di Susa) , gli Inceneritori (uno in avvio ed altri 2-3 in progetto), la Tangenziale Est di Torino, l’Inquinamento delle città (Torino ed il Piemonte vantano da tempo un assoluto record negativo) i due competitors principali avevano assolutamente le stesse identiche posizioni, in qualche caso nessuna posizione formalmente espressa. Ad esempio il cosidetto “programma” della coalizione Bresso, un faldone illeggibile di circa 70 pagine, che quasi nessuno ha letto, non conteneva fino a 3 giorni dalla scadenza una sola parola sul problema inquinamento (mentre falliva la domenica ecologica Chiamparino-Moratti nell’ indifferenza di molti comuni, meno di loro preoccupati da un possibile avviso di garanzia; un succedaneo insignificante per rispondere ai dati diffusi ampiamente che dicevano che a metà febbraio le due metropoli avevano già raggiunto i 35 “sconfinamenti” permessi nell’arco di 12 mesi dell’anno).
Sugli Inceneritori, a seguito di una timidissima richiesta dei Verdi di esprimersi contro, il Pd e la Bresso supplivano alla “dimenticanza” inserendo nella versione finale, nelle ultime ore, la conferma dell’Incenerimento come soluzione del problema. Questione poco nota e divertente, come poco noto ma meno divertente è se alla fine i Verdi hanno formalmente firmato il programma o se, chi lo ha fatto, lo ha fatto a nome della lista. Sulla vocazione del PD a cancellare gli “ecologisti “ dalla scena, preoccupati dall’imminente risultato francese, si potrebbe scrivere un libro; sono noti solo alcuni dei modi attraverso i quali questa vocazione antiecologista si è manifestata: alcune figure marginali collocate nella lista Bresso, il veto assoluto a parlare dei Verdi nell’informazione locale, una lista “autonomista” nata negli ultimi giorni con la scritta Europa Ecologia a lato, risultato circa 4000 voti, 0 ,2%, ma forse sufficiente a far saltare un eletto dei Verdi perso per un migliaio di voti; assoluto rifiuto ad accettare con i Verdi quell’accordo tecnico fatto con Rifondazione (nessun assessore, presenza nel listino in cambio della non adesione formale al programma ).
Ma il vero capolavoro del PD riguarda la TAV e i Verdi Verdi. Sulla TAV c’è poco da dire: mentre si susseguivano provocazioni, carotaggi inutili, botte e incendi di sconosciuti ai presidi, a cui il movimento dei NoTav rispondeva con ripetute manifestazioni , ( inclusa la presenza a quella torinese dell’ 8 marzo che confermava una attivissima presenza di donne nei No Tav ), fino alla più grande, per la quale si è parlato di 40.000 persone, gli esponenti del PD insistevano sull’ “isolamento “ dei No Tav. Fino ad inventare quell’incredibile autogol della manifestazione Si Tav ideata da Chiamparino al Lingotto: qualche centinaio di militanti e di sponsor confindustriali. Ma il vero capolavoro è stato raggiunto dai due soliti parlamentari PD che in più occasioni hanno giustificato la repressione ( per fortuna solo in minima parte esauditi) contro i facinorosi che allignerebbero fra i “quattro gatti” NoTav. Una singolare tenzone non solo svolta con comunicati stampa ma proseguita a tutte le ore del giorno su Faceebook, dove la possibilità dell’insulto reciproco è più facile, in un confronto diretto con i nemici; un vero capolavoro per il quale Cota dovrebbe almeno spendersi in un personale ringraziamento con i due suddetti. E’ finita così che a 10 giorni dal voto, anche in seguito ad un appello di cui pochi parlano, firmato da molte decine di No Tav e dilagato su FBK, il fronte No Tav è uscito dall’ “ isolamento” schierandosi apertamente a favore dell’unica lista apertamente No Tav , quella dei 5 Stelle. Risultato: 90.000 voti e due eletti da Grillo nella regione ( 10 volte i 9.373 voti mancati dalla Bresso), 20-30% ottenuto dai grillini in numerosi comuni della valle azzerando verdi e rifondazione, il dilagare del voto disgiunto in tutta la regione, molte migliaia di voti, fino al punto che, incredibilmente, nell’area torinese, i partiti del centro-sinistra hanno preso più voti della loro candidata.
Per ultimo i Verdi Verdi : dopo almeno una decine di incontri ( torinesi e romani) era pressocchè acquisito il possibile miracolo che con i Verdi, oltre alla Civica, oltre ad un gruppetto autonomista, ci fosse anche la lista di Lupi, consigliere uscente, da anni nel centro-destra con una superficiale connotazione ecologista, dopo una presenza nei Verdi fino ai primi anni ’90.Tutti apparentemente disponibili e interessati a partecipare al percorso avviato verso la Costituente ecologista. La possibile riaggregazione, data per acquisita perfino sui giornali, prevedeva come unica soluzione la presenza di un ecologista nel listino Bresso. Questione non di poco conto; non solo perché questa aggregazione avrebbe probabilmente dato ai Verdi due rappresentanti e magari una terza presenza in Giunta in caso di successo significativo; ma perché la nuova collocazione dei Verdi Verdi nel centro-sinistra, da anni accreditati all’1-1,5%, non era per nulla irrilevante in una competizione dove lo scarto fra i due contendenti era valutato in qualche decina di migliaia di voti. Questione ripetutamente segnalata e nota agli " addetti ai lavori".
Il rifiuto arrogante del PD, nel quale era stato sanzionato dall’inizio ( sponsor Bersani ) l’obiettivo di impedire nel nuovo Consiglio la presenza di eletti in qualche modo anti Tav o davvero ecologisti, a parole motivato dall’intoccabilità del listino, ha riportato all’ultimo momento i Verdi-Verdi nell’alveo del centro-destra, con 33.411 voti ottenuti (1,76 %), il doppio di quanto ottenuto dai Verdi (0,76%), un quinto dei quali sarebbe stato sufficiente a invertire il risultato ed a riconfermare la Bresso.
Questa telenovelas, tutta assolutamente vera e verificabile, insegna come un singolare cocktail di arroganza e incapacità politica può regalare in poche mosse sbagliate una Regione, che non si merita e poteva evitare cinque anni di Cota… Agli ecologisti indica come la strada di un nuovo movimento politico che li unisca attraverso una nuova larga aggregazione non è più questione dei prossimi mesi, richiede il coraggio di cambiare e non permette improvvisazioni.
(mm)