Marco Cedolin
Nel circo dell’informazione italiana si possono trovare notizie di ogni risma e colore, spesso affastellate disordinatamente le une sopra le altre, spesso enfatizzate al di là della loro valenza effettiva, oppure sussurrate perché non diano troppo disturbo, ma tutte in possesso della prerogativa di risultare politicamente corrette.
Quando una notizia si pone in aperta antitesi con le linee di pensiero tanto care alla politica, come quella del risultato del sondaggio realizzato da Harris Interactive e pubblicato sulle pagine del Financial Times, concernente il gradimento dei cittadini europei nei confronti dell’euro, ecco che finiamo unicamente per trovarla sintetizzata in poche righe dentro un trafiletto Ansa.
Così tutti gli italiani che non sono abbonati al Financial Times e non si dilettano a spulciare ogni recondito andito dei notiziari Ansa, sono rimasti all’oscuro riguardo ad una notizia interessante, pur avendo ricevuto un’overdose di calciomercato, informazioni dettagliate sul “grande fratello” inglese, tutti i dati salienti del nuovo “mascalzone latino”, oltre alla 99° puntata delle esternazioni del Vaticano sui pacs e al sequel dei voli pindarici del ministro Visco che assicura diminuirà le tasse nel 2009 quando sarà alla fine della legislatura.
Circa 5300 cittadini europei, chiamati a dare un giudizio sulla loro nuova moneta, hanno dimostrato uno scarso gradimento ed altrettanto scarsa fiducia nei confronti dell’Euro.
Più di due terzi degli italiani, dei francesi, degli spagnoli e la maggioranza dei tedeschi ha attribuito all’euro un effetto negativo sull’economia del proprio paese. In Francia coloro che giudicano l’euro positivamente hanno raggiunto a stento il 5%.
Inoltre più della metà del campione ha dichiarato di preferire la vecchia moneta nazionale e individua nella massiccia immigrazione la causa principale della riduzione dei propri salari, mentre solo un quarto degli intervistati valuta positivamente l’ingresso della Bulgaria e della Romania nell’Unione Europea.
L’argomento trattato è sicuramente molto complesso e un sondaggio, per quanto sia scientificamente corretto, non può certo nutrire la presunzione di dare risposte incontrovertibili, ciò nonostante i risultati palesano una profonda distonia fra il pensiero dei cittadini europei e quello della classe politica che li governa, in termini di materia economica.
Una differenza di vedute e valutazioni che non sembra essere limitata al solo ambito monetario, ma al contrario estendersi alle molte scelte discutibili che la UE sta da tempo portando avanti, come il travagliato percorso della tristemente nota direttiva Bolkeinstein e la fine ingloriosa della novella Costituzione Europea stanno a dimostrare.
L’indagine proposta dal Financial Times avrebbe sicuramente meritato maggiore spazio all’interno del becero palinsesto della nostra informazione che evita accuratamente di proporre ogni argomento “politicamente scorretto” temendo possa diventare fonte di riflessione e critica di tutto ciò che non deve assolutamente essere messo in discussione.
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