Marco Cedolin
Spesso camminando per le vie della mia città in questi giorni di piena estate, durante i quali l’esercito israeliano sta massacrando la popolazione del Libano, mi capita di volgere lo sguardo all’insù alla ricerca di quelle bandiere che dovrebbero essere appese ai nostri balconi ma gli occhi si perdono nel vuoto delle ringhiere intercalato a qualche sdrucito tricolore reduce dal baccanale delle notti mondiali.
Il Primo Ministro israeliano Olmert, piglio da sceriffo e faccia da consumato agente del Mossad ha iniziato a bombardare il Libano con il proprio arsenale ipertecnologico, corredato oltretutto da una discreta dose di armi chimiche non convenzionali vietate dagli accordi internazionali, come ritorsione al rapimento di 02 (due) soldati israeliani da parte delle milizie Hezbollah che sembra abbiano rinvenuto la coppia di militari a passeggio sul proprio territorio.
Tutto è kafkiano in questa guerra motivata con ragioni ammissibili solo nel delirio di uno psicopatico ma accettate dalla Comunità Europea e dal nostro Presidente Romano Prodi che si sono limitati a mettere in luce una certa sproporzione nella risposta israeliana.E’ kafkiana la partigianeria con la quale il Ministro degli Esteri D’Alema è corso in Israele per distribuire a piene mani solidarietà ed appoggio, nonché l’impegno dei nostri soldati in una guerra mercenaria volta a disarmare le milizie Hezbollah e portare a termine la pulizia etnica nella regione. E’kafkiano l’atteggiamento di politici e giornalisti che per settimane hanno continuato a parlare di situazione critica evitando accuratamente di pronunciare la parola guerra mentre sul Libano venivano scaricate tonnellate di bombe e missili che radevano al suolo interi villaggi, ponti, infrastrutture, quartieri della Capitale, perpetuando un massacro ed una catastrofe dalle proporzioni inenarabbili.
Solo ad oggi, mentre il genocidio continua, a causa della crisi almeno 1000 civili libanesi, fra i quali moltissimi bambini, hanno trovato la morte fra le mura delle proprie case e circa un milione di persone (un quarto della popolazione totale del Libano) hanno dovuto abbandonare il tetto per trasmigrare alla condizione di profughi.La crisi che ora anche politici e giornalisti hanno iniziato a chiamare guerra ha riportato indietro di 50 anni un paese come il Libano che dopo un passato martoriato stava iniziando a conoscere un presente migliore fatto di pace e discreta prosperità. Il futuro sarà tale da far rimpiangere perfino il passato e parlerà il linguaggio che Israele sembra avere in serbo per tutto il Medioriente, un linguaggio fatto di vite spese dentro a campi profughi, di povertà assoluta, di macerie, di morte, di odio che cresce laddove si è ormai persa anche la speranza.
E’ kafkiano il tenore dei telegiornali e del circo mediatico occidentale all’interno del quale ci si ostina a proporre l’annientamento e l’invasione di uno stato sovrano come un conflitto fra due superpotenze. Il continuo paragone dal punto di vista militare fra gli attacchi dell’esercito israeliano e la risposta Hezbollah è puro esercizio di fantasia senza alcun riscontro nella realtà.Israele possiede uno fra gli eserciti più potenti, meglio addestrati e meglio armati del mondo, mentre gli Hezbollah rispondono a bombe e missili dalla potenza e precisione devastanti con razzi katyusha pericolosi soprattutto per gli uccelli.
Nonostante ciò i vari TG si ostinano a proporre l’inviato da Beirut che parla da una città in gran parte rasa al suolo in alternanza con quello da Haifa che illustra l’incendio di una drogheria o la distruzione di un paio di macchine parcheggiate.Fermo restando il convincimento che tutte le vittime civili meritino grande ed eguale rispetto, è enorme la sproporzione fra le strade ed i quartieri lindi e puliti di Haifa, dove le ambulanze arrivano entro 8 minuti dalla chiamata ed i feriti vengono trasportati in strutture ospedaliere allo stato dell’arte e il cumulo di macerie delle città libanesi. Macerie sotto le quali i poveretti vengono lasciati “marcire” per mezze giornate intere, poiché non esistono più strumenti per scavare e le ambulanze non arriveranno mai in quanto le strade sono ormai distrutte.
E’ proprio all’interno di questa sproporzione che nasce il convincimento di trovarci di fronte ad un’informazione partigiana e malata, poiché non si può chiamare incontro di boxe il pestaggio selvaggio di un bimbo di 3 anni da parte di un uomo nerboruto che brandisce una mazza da baseball.
E’ kafkiano l’atteggiamento dell’ONU, un organismo ormai privo di ogni credibilità, divenuto arma impropria nelle mani dell’imperialismo americano e dei suoi figli o padri che dir si voglia. Un organismo impaludato nel proprio immobilismo che riesce ad esperire solo piani di pace inaccettabili con lo scopo neppure troppo nascosto di concedere ad Israele il tempo necessario affinché l’opera di genocidio possa essere portata a completamento nella sua interezza.
E’ kafkiana l’intenzione d’inviare in Libano un corposo contingente militare internazionale (sotto la bandiera dell’ONU o quella della NATO) con il compito di portare a termine la pulizia etnica messa in atto da Israele, rendendo duratura l’occupazione del Libano e l’allontanamento dalle proprie case di un quarto della sua popolazione. Un contingente che gli stessi israeliani pretendono sia costituito da soldati pronti a combattere, ma combattere per chi e per cosa?
Ma in tutto questo teatrino dell’assurdo dove un morto israeliano conta quanto 15 cadaveri libanesi, in questa sorta di borsino della tragedia vissuto con ipocrita impotenza ciò che più mi amareggia è non ritrovare quelle bandiere. Dove sono le centinaia di migliaia di persone che in Italia sfilavano per le strade protestando contro l’imminente invasione dell’Iraq?
Dove sono i pacifisti con le loro bandiere, le loro convinzioni, il loro no alla guerra?Dove sono i balconi addobbati di bandiere arcobaleno a ricordare che non siamo ciechi ma abbiamo un’anima, una dignità e una coerenza?
Le ringhiere purtroppo restano vuote, come le piazze, come le coscienze smacchiate indelebilmente attraverso la voglia di vacanze, la coppa del mondo, l’ultimo concerto di Madonna e la serietà al governo.
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