domenica 28 settembre 2003

Hanno deciso di lasciarci al buio

Marco Cedolin

Da questa notte alle 3.30, non senza genuina sorpresa siamo tutti un po' più americani non solo nella epocale “battaglia al terrorismo” ma anche nella condivisione di un inspiegabile Black out generalizzato.
In queste prime ore il circo dei media di regime si sta profondendo in ogni genere d'informazione, affrontando con estrema noncuranza il problema di cadere continuamente in contraddizione.
La cronaca racconta di treni bloccati in galleria, paura per gli ammalati la cui vita è legata alle macchine, coraggiosa reazione dei cittadini che, come i temerari americani non si sono lasciati prendere dal panico.

Non sarebbe serio così a caldo e senza le informazioni necessarie incominciare a disquisire sulle cause ed i perché di questa anomalia, ma una certezza già si evince dalle parole dei primi “esperti” che si stanno profondendo in TV.
Ci diranno che il nostro sistema energetico è giunto al collasso e l'energia non basta più a soddisfare i consumi, peccato però che il Black out sia iniziato nel cuore della notte, quando la portata dei consumi è ahiloro del tutto insignificante.

Non importa troveranno comunque motivazioni complesse ed esaudienti per la maggior parte di noi che purtroppo non siamo in possesso di approfondite competenze sul funzionamento delle centrali elettriche e della produzione di energia in generale.
Ci diranno che la situazione in Italia è parossistica, noi abbiamo superficialmente abiurato il “nucleare” ed ora siamo costretti con enorme dispendio monetario ad importare energia proprio da quei paesi come la Francia che con grande lungimiranza il nucleare lo hanno invece sposato in pieno.

Ci chiederanno, sia pur soppesando con attenzione le parole quanto ci sia piaciuto provare l'ebbrezza delle città sprofondate nel buio, come tante piccole Baghdad, ci prospetteranno lo spettro della rinuncia a tutta la tecnologia della quale siamo giocoforza figli adottivi.
Parleranno di centrali nucleari “sicure”, di necessità impellenti, di programmi improcrastinabili, della inevitabilità di muoverci per tentare di colmare il gap che ci divide dal resto d'Europa.
Ci chiederanno un sacrificio, ma piccolo, quello di ripensarci ed abbracciare col sorriso sulle labbra il ritorno del nucleare in Italia.

E' il momento di guardarci davvero tutti negli occhi e dimostrare che il nostro cervello non si è ancora liquefatto nel caleidoscopio di uno schermo TV. Una notte di Black out non può e non potrà mai indurre le persone intelligenti a scendere nel buio, quello vero, che non sparisce quando riallacciamo due fili di rame.

sabato 27 settembre 2003

Terrorismo olografico

Ossia come un pugno di ectoplasmi assassini può cambiare il destino del mondo.

Marco Cedolin


La prerogativa che sta alla base del progetto è la constatazione che nulla più dell'ignoto spaventa l'animo umano.
Da evitare dunque le atomiche coreane, la potenza militare cinese, i black block, gli anarco insurrezionalisti, tutti inutili in quanto materialmente collocati nello spazio e nel tempo.
Il protagonista inconsapevole del progetto esiste già, lo abbiamo visto in decine di film americani. Uccide, rapisce, si appropria di ordigni nucleari, grattacieli, navi, aerei, missili sperimentali. Oppure semina bombe con la fantasia di un bambino, alcune esplodono se un autobus rallenta, altre reagiscono a comandi vocali o allo spirare di un refolo di vento.
Talvolta nell'arsenale terrifico sostituisce alle armi tradizionali veri campionari di virus letali o composti chimici che non lasciano alcuna via di scampo.

Il "terrorista" è senza dubbio la figura ideale per veicolare il progetto.
Innanzitutto è folle, megalomane e ripugnante, in secondo luogo già vecchia conoscenza di tutti coloro che hanno in casa un televisore (e di quella esigua minoranza che non lo possiede non occorre preoccuparsi), infine essendo una figura di fantasia è ideale per innescare quella paura dell'ignoto che era la nostra premessa.
Dopo aver scelto l'attore occorre creare una contiguità fra le imprese sullo schermo e quelle nella realtà. Questo poichè anche al reale occorre dedicare una minima attenzione, non sarebbe credibile proporre una battaglia contro la Spectra semplicemente mutuandola dai film di 007.
Si tratta di creare ad arte una o più azioni eclatanti, la cui gravità dovrà essere commisurata al tipo di risposta che s'intende dare.

Insomma si creerà la strage dell'11 settembre quale giustificativo ad una progressiva colonizzazione del globo, piuttosto che gli omicidi D'Antona e Biagi nell'intento d'introdurre progressivamente uno stato di polizia.
Il meccanismo è il medesimo anche se si svolge ovviamente su due piani diversi.
Costruito ad arte l'evento tragico, premurandosi non esistano tracce evidenti della nostra manipolazione si passa alla fase dell'attribuzione di responsabilità.
Questa può essere avviata tramite false rivendicazioni o rendendo manifesti i sospetti legati alle nostre indagini,fa poca differenza.
L'importante è scegliere un "fantasma" che possa risultare credibile nell'immaginario collettivo, anche in questo caso la Spectra non sarebbe oggettivamente proponibile.
L'ideale è rifarsi a qualche sigla realmente esistita, come le Brigate Rosse o inventare ex novo una cellula eversiva, magari con la complicità di un miliardario saudita che sia disposto a fare da capro espiatorio dietro lauto compenso.

A questo punto, data la drammaticità degli eventi sarà consequenziale l'altissima attenzione che i media dedicheranno all'argomento.
Non sarà difficile fornire loro grandi quantità di materiale su cui lavorare, filmati di repertorio inerenti fantomatici campi di addestramento paramilitare, liste di proscrizione con nominativi fasulli, rivendicazioni copiate dal lemmario in uso negli anni di piombo e così via, non esiste limite alla fantasia.
Creato il "mostro" e la consapevolezza della sua esistenza nell'opinione pubblica non ci sarà capo di stato, partito politico, autorità, giornalista, scrittore, sindacalista, attore, regista, generale, giudice, nè personalità alcuna che potrà esimersi dal condannarlo pubblicamente e senza mezzi termini.

Tutti a questo punto saranno concordi sulla ferale pericolosità del "terrorismo" e sull'assoluta necessità di annientarlo e di appoggiare qualsiasi iniziativa atta a preservare la società dal micidiale pericolo.
Si potrà così incominciare a limitare la libertà del singolo tramite perquisizioni, intercettazioni, fermi personali senza limiti di tempo e vessazioni di ogni genere.
Si potranno emettere leggi speciali o aggirare quelle esistenti, quando non addirittura agire fuori dalla legge o dal diritto internazionale.
La giustificazione di ogni abuso sarà sempre la "lotta al terrorismo" nell'interesse e per conto dei cittadini.

Nessuno oserà opporsi al nostro operato e nel caso qualcuno fosse così stupido da farlo basterà additarlo come fiancheggiatore dei terroristi per demolirne ogni credibilità e alla bisogna eliminarlo anche fisicamente.
Uno dei grandi vantaggi conseguenti alla situazione che abbiamo creato consiste proprio nella possibilità di screditare o eliminare con la massima facilità qualunque avversario, sia esso un singolo, una formazione politica o uno stato sovrano.
La persona comune si sentirà seriamente minacciata nei suoi interessi e nella propria incolumità personale, avendo ormai somatizzato la pseudo realtà nella quale un manipolo di esaltati psicopatici è pronto a tutto pur di creare caos e terrore.
La minaccia verrà percepita tanto più intensamente quanto più ignote rimarranno le motivazioni dei terroristi ed i mezzi di cui essi dispongono per mettere in atto i loro intendimenti.
Per mantenere questa situazione nel tempo basterà evitare che si verifichino dei cali di tensione.
Non sarà necessario produrre altri eventi eclatanti ma occorrerà operare qualche arresto, mantenere altamente visibile la presenza delle forze dell'ordine, diffondere spesso la notizia di nuovi sospetti, rendere noto il ritrovamento di armi, batteri o sostanze chimiche, al fine di dimostrare che il nemico è sempre dietro l'angolo pronto a colpire.
L'inafferrabilità del nemico, che essendo una nostra invenzione risulterà sempre imprendibile, contribuirà a mantenere alto quel senso di terrore atavico che umanamente si prova di fronte all'ignoto.

Si potrà andare avanti così a oltranza fino a quando tutti i nostri obiettivi non saranno raggiunti e anche proseguire nel caso ne emergano di nuovi.
Il metodo funzionerà, statene certi, la sua infallibilità è connaturata nelle basi sulle quali si erge la nostra società.
Con questo sistema in Italia a cavallo degli anni 70- 80 si è ribadita la nostra condizione di colonia a sovranità limitata, si sono eliminati molti personaggi scomodi, si sono coperti scandali eclatanti.
Più di recente, attraverso gli omicidi D'Antona e Biagi si è costretto il mondo del lavoro ad accettare in silenzio riforme inique e impopolari perpetrate con arroganza e incapacità, nonchè si sono poste le basi per la costruzione di uno stato di polizia.
Chi ancora avesse qualche dubbio può volgere lo sguardo verso gli Stati Uniti che per mezzo della "lotta al terrorismo" hanno già invaso e conquistato due stati sovrani, Afghanistan ed Iraq e si apprestano a continuare la loro opera di colonizzazione su scala mondiale.
Secondo il sistema spiegato in precedenza l'ologramma si chiama Al Qaida, un'organizzazione spietata, ramificata in tutto il mondo, con migliaia di affiliati pronti a morire per la causa.
Oltre al crollo delle torri gemelle, l'evento eclatante appunto, Al Quaeida in quasi due anni non è stata in grado, pur potendo contare su migliaia di potenziali martiri neppure di effettuare l'ombra di un'azione terroristica.
Migliaia di terroristi spietati si sono addestrati per anni in campi paramilitari per poi darsi alla vita bucolica sonnecchiando qua e là.
Bin Ladin, assassino efferato e teorico della vendetta Islamica esce periodicamente in videocassetta come un'enciclopedia di cucina, a promettere strali divini che mai prenderanno corpo.

Eppure anche dinanzi all'evidenza di questa farsa, costruita oltretutto in maniera alquanto grossolana, nessuno potrà mai permettersi di asserire che si tratta di Terrorismo Olografico.
Sarebbe emarginato, additato come terrorista e privato di ogni credito. molti di noi in rete possono farlo, è vero, ma solo in quanto non abbiamo voce e l'urlo di Munch che ci sorge spontaneo sarebbe un ologramma anche lui.

giovedì 25 settembre 2003

Basta con la violenza negli stadi

Marco Cedolin

Il mondo del calcio sta perdendo la testa a tutti i livelli, specchio fedele di una società figlia dell'ipercinetismo più sfrenato, condizionata in ogni sua sfumatura da un rapporto profondamente sbagliato con il "dio denaro", tramortita dalla cacofonia di suoni indotta dal sovradosaggio dell'informazione spazzatura.
Lo sport, tutto lo sport è ormai morto da tempo, lo hanno ucciso la prevaricazione degli sponsor, i diritti TV, i procuratori, i contratti miliardari, gli interessi economici.
Le penose manifestazioni "sportive" alle quali assistiamo oggi altro non sono altro che misere parodie senza senso alcuno, se non quello del business sfrenato.
Una società profondamente malata, privata di ogni valore che non sia monetizzabile non può ingenerare altro che mostri, siano essi campionati di calcio privati di ogni credibilità o stadi che sempre più spesso diventano veri e propri campi di battaglia nei quali i "reietti" sfogano la propria frustrazione in un corpo a corpo al tempo stesso animalesco e liberatorio.

Nell'ambito di questa realtà grottesca e anticorata si collocano i gravi disordini avvenuti sabato allo stadio Partenio di Avellino, con protagonisti gli ultras napoletani e comprimari i poliziotti preposti al servizio d'ordine dell'impianto.
A differenziare questi incidenti da tutti quelli che regolarmente avvengono in quasi tutti gli stadi italiani è stata la furia invereconda con la quale i tifosi napoletani hanno assalito le forze di polizia, riuscendo in breve tempo a ridurle alla propria mercè.
I filmati dell'accaduto hanno infatti più volte riproposto le scene di poliziotti che, liberatisi in fretta e furia dei manganelli e suppellettili varie si profondevano in una ritirata che ben poco aveva di strategico, inseguiti e bastonati a più riprese da un'orda di tifosi inferociti.
Agenti che, dismessi i panni di tutori dell'ordine costituito davano vita a un fuggi fuggi disperato, con alle spalle, incalzante la furia belluina di giovani col volto coperto che li percuotevano con ogni sorta di corpo contundente.

Lungi da me l'idea di fare dell'ironia su un episodio di cotanta gravità, poiché la violenza non è mai giustificabile né giustificata, nemmeno quando esistano seri motivi per porla in atto, tantomeno qualora il motivo sia una partita di calcio, gioco che sta ormai perdendo ogni parvenza di serietà perfino nell'immaginario collettivo dei tifosi.

Resta comunque il fatto che mi sono sembrate oltremodo sproporzionate le reazioni del ministro Pisanu e del SIULP (sindacato di polizia) che hanno fatto assurgere gli agenti di polizia coinvolti al ruolo di martiri immolati sull'altare della barbarie imperante e delle società di calcio irresponsabili e, tali reazioni m'inducono giocoforza a un paio di riflessioni.
Non è forse un pochino esagerato, nel deplorare l'atteggiamento criminale dei tifosi, parlare di oscure trame dell'estremismo politico, di infiltrazioni eversive volte a sovvertire l'ordine costituito e di connivenza delle società con i facinorosi?
Non si è forse semplicemente trattato nella fattispecie di errori marchiani da parte di chi deteneva la responsabilità nella costituzione, distribuzione e disposizione del servizio d'ordine all'interno dello stadio?

Ma soprattutto mi piacerebbe sapere il ministro Pisanu e il SIULP che oggi con tanta caparbietà e indignazione discettano di tutela dell'incolumità personale e rispetto dell'individuo, dov'erano durante i vergognosi fatti di Napoli e Genova?
Dov'erano quando il loro “assistiti” prelevavano senza averne diritto i degenti dagli ospedali per portarli in caserma, bastonarli, insultarli e violentarli nella propria intimità di persone?
Dov'erano quando i poliziotti in casco, scudo e manganello, versione “robocop”, forti della loro superiorità non trovavano di meglio che assalire e bastonare a sangue famigliole, studentesse e ogni genere d'individuo che fosse stato impossibilitato a difendersi?
Dov'erano quando i “tutori dell'ordine” introducevano molotov, coltelli e false prove assortite in confezione famiglia all'interno della scuola Diaz, al fine di giustificare un becero pestaggio che invero mai troverà giustificazione alcuna?

Per indignarsi, lorsignori dovrebbero sapere che l'incolumità personale è un bene che va distribuito a 360 gradi ed indirizzato ai cittadini tutti.E i primi a tutelarlo dovrebbero essere proprio quei poliziotti ai quali giustamente non piace prendere bastonate sulla schiena quando dalla parte dei più forti ci sono gli altri, ma dovrebbero ben guardarsi dal comportarsi alla stregua dei “teppisti” come spesso fanno, quando in posizione di forza vengono a trovarsi loro.

giovedì 18 settembre 2003

Che strana cosa la democrazia

Marco Cedolin

Ho sempre creduto fermamente nella logica del "cogito ergo sum" (tranquilli non sto andando a scuola serale di latino insieme a Berlusconi) ma in questi ultimi anni mi sto purtroppo rendendo conto che se in realtà noi tutti esistessimo in funzione della nostra possibilità di avere un pensiero l'Italia sarebbe popolata solo da 56 milioni di ectoplasmi, più un unico superuomo alla Nietzsche che si sente investito da una qualche volontà divina o divinatoria e si pone quale mentore del non pensiero degli Italiani tutti.

Due anni fa il giorno dopo il crollo delle torri gemelle ho appreso con genuino stupore di essere anche io americano ed avendo letto in tenera età "La Metamorfosi " di Kafka sono immediatamente corso in bagno trafelato, sbucciandomi un gomito contro lo stipite della porta e un ginocchio nella susseguente caduta contro la vasca da bagno, spiritato dalla frenesia di correre a guardarmi dinanzi allo specchio.
Fortunatamente la mia brutta faccia era rimasta inalterata, simile a quella della sera prima, quindi semplicemente gli altri pensavano io fossi americano, perchè qualcuno lo aveva detto loro, ma in realtà restavo quello di sempre, sia pur impossibilitato nel comunicare il vero stato delle cose all'esterno.

Da quel giorno in poi le "sorprese" si sono susseguite a ritmo regolare. Un mattino mi sono ritrovato a deplorare e combattere il terrorismo, ma come si fa a combattere e deplorare un qualcosa che si è fermamente convinti neppure esista?

Un'altra volta, verso mezzodì ho appreso di essere convinto europeista, pur non avendo mai condiviso neppure un crine di quel cavallo zoppo che è l'UE.

Addirittura, e in questo caso non riesco a ricordare se fosse sera o mattina, sono stato reso edotto di aver condannato pubblicamente i brigatisti dell'omicidio Biagi ( i brigatisti, vi rendete conto? Come se fosse serio nel 2001 esprimere dissenso verso la carboneria) e pochi mesi dopo ho espresso sincero (sincero?) dissenso verso coloro che proditoriamente (proditoriamente?) fischiavano e contestavano il rinnegato (rinnegato!)Pezzotta, colpevole di essersi venduto insieme ai voti dei suoi iscritti all'acquirente Silvio Berlusconi.

Ma le mie gesta inconscie non sono finite qui, ho appoggiato guerre preventive, soccorso e compatito gli "amici americani" (che strano valore però quello dell'amicizia), ho portato a Bush la mia solidarietà (e la cicuta che preparavo con cura da tre anni?), ho asserito di desiderare le riforme e mi sono accorto di volere che a governarmi fosse la "cosca" della Casa delle Libertà.

Tutto questo fino ad oggi quando il mio patologico sdoppiamento di personalità schizoide è assurto al proprio acme e mi sono ritrovato ad esprimere solidarietà ed amicizia nientemeno che al boia Sharon e di conseguenza riprovazione e antipatia nei confronti del popolo palestinese, eh si perché non credo sia possibile professarsi amici dello stupratore, senza mancare di rispetto nei confronti della vittima dello stupro.
Anche in democrazia fortunatamente la parola "troppo" è ancora parte integrante del desueto vocabolario della lingua italiana, sono sinceramente stufo di restare muto con questo pesante bavaglio sulla bocca, mentre giornali e TV illustrano con dovizia di particolari tutte le sfumature inerenti il mio pensiero.

martedì 16 settembre 2003

Il peggior nemico del cane

Marco Cedolin

Il ministro della salute Sirchia ci è ormai da tempo noto per la sua maniera originale di approcciare i problemi.
Dall'alto dello scranno sul quale siede, impegnato a vigilare sull'integrità fisica di noi tutti, pontifica e legifera con tale massimalismo e miopia di visione da lasciare basito chi leggi e leggine deve subirle sulla propria pelle.
Dopo aver perpetrato ogni genere di abominio per quanto riguarda i tagli alla sanità pubblica, i ticket e la classificazione dei farmaci salvavita, dopo essersi profuso nella lotta contro il fumo attraverso un ampio ricorso al cattivo gusto e uno ahimè molto meno ampio a quel bene ormai in disuso che è l'intelligenza, ci offre oggi l'ultima chicca e non occorre essere cinofili per apprezzarne appieno la valenza.
A venire sovvertito è il valore millenario di "miglior amico dell'uomo" che il cane riveste fin dall'antichità.

La suddivisione dei quattrozzampe scodinzolanti in “buoni” e “cattivi”, stilando una sorta di lista di proscrizione della “potenziale pericolosità”, basata esclusivamente sul parametro della dimensione si dimostra fin da subito un approccio sbagliato al problema.
Non è il cane, come erroneamente si potrebbe evincere dal Sirchia pensiero ad aver tradito la fiducia dell'uomo mutando il proprio atteggiamento nei suoi confronti, bensì esattamente il contrario.
Se si dovesse infatti stilare una “lista nera” delle razze da epurare questa comprenderebbe chi adotta un cane con il solo scopo di farne un “oggetto di difesa” (guardie del corpo, antifurti ed altri orpelli tecnologici sarebbero certo più adatti alla bisogna), chi il cane lo “compra” rigorosamente di razza e addestrato per il solo gusto di sfoggiarlo in giro e gode nel prevaricare il proprio prossimo (della serie il mio è più grosso e cattivo e senti come ringhia), chi nel cane non cerca un compagno fedele ma semplicemente una rappresentazione di ciò che non è mai riuscito ad essere (speriamo morda e azzanni come non sono mai riuscito a fare io), chi nel cane non vede altro che una sorta di automa da fare scodinzolare, ringhiare, mordere e accucciare a proprio piacimento, conquistandosi così anche lui un granello d'onnipotenza, chi si serve del cane fintanto che la reciproca compagnia lo aggrada, per poi abbandonarlo magari in autostrada quando il giochino non è più funzionale al suo divertimento. E potrei continuare fino ad arrivare a 100 senza sforzo se non fossi amante della breviloquenza.

100 appunto sono le razze dei “cani cattivi” stilate dal ministro Sirchia e fra di essi compaiono animali sulla cui pericolosità la nostra fantasia mai aveva avuto modo di soffermarsi.
Il Lessie per tradizione amico dei bambini, il San Bernardo che con l'immarcescibile fiaschetta è sempre stato il protagonista dei salvataggi in montagna, perfino il Terranova che ha fama di essere fra i migliori “bagnini di salvataggio” esistenti al mondo.

Come se non bastasse oltre a guinzagli, museruole ed altre amenità varie (comunque rientranti nella logica) i padroni dei “cani cattivi per legge” dovranno stipulare un'assicurazione sui danni eventualmente provocati dagli stessi.
Ecco qui il colpo di genio finale che, oltre ad ingrassare ulteriormente le già pingui pance delle imprese assicurative che ogni anno succhiano una cospicua parte del nostro reddito, finirà per aumentare in maniera esponenziale il drammatico problema dell'abbandono dei poveri animali.

Le troppe aggressioni avvenute negli ultimi anni, non stanno a significare che i cani nel nuovo millennio stanno diventando “cattivi e sanguinari” ma piuttosto che l'uomo sta diventando sempre più stupido, arrogante e prevaricatore. L'assicurazione, caro ministro Sirchia, se proprio intende foraggiare le Compagnie dei tanti suoi amici, sarebbe meglio stipularle non sulla testa dei cani, discriminandoli a seconda della razza (di discriminazioni riguardanti la razza penso ce ne siano a sufficienza già fra noi che camminiamo su due zampe), ma piuttosto sulla testa di quei padroni che hanno completamente travisato quale sia la logica del rapporto fra uomo e animale, un rapporto che andrebbe basato sul reciproco piacere di stare insieme e non su una mera sudditanza del quattrozampe, utilizzato solamente per sopperire alle lacune della nostra caratterialità.