giovedì 10 aprile 2003

La festa del grottesco

Marco Cedolin

L'informazione delle nostre Tv sta dimostrando in queste ore di attingere a risorse davvero inesauribili.
Ieri sera mi sono addormentato con nel cuore le angosciose immagini dei giornalisti massacrati da un carro armato americano, nell'evidente intento di eliminare ogni osservatore. Mi sono rimasti impressi gli occhi spaventati degli inviati Rai, assurti improvvisamente al ruolo di "target", un'evenienza di cui nessuno li aveva avvisati prima di partire.

Stamattina, nel momento in cui cercavo con fatica di orientarmi nello spaziotempo e riprendere conoscenza davanti a una tazzina di caffè ho avuto la malaugurata idea di accendere la Tv, con quell'innata propensione al masochismo che troppo spesso mi porta a farmi del male.
Lo shock è stato enorme, per un attimo mi è sorto il dubbio di essere vittima di alcune settimane di sonno criogenico. Invece no, era proprio il 9 Aprile 2003.
Dal tubo catodico stavano fuoriuscendo immagini e commenti distonici rispetto a tutta la realtà da me conosciuta. Gli inviati Rai a Baghdad, per i quali ero quasi giunto alla commozione poche ore prima vedendoli frustrati e sull'orlo di una crisi di nervi, saliti sul carro del vincitore e dimentichi dei loro colleghi assassinati il giorno precedente declamavano con toni trionfalistici e sguardo estatico l'ingresso dei carri armati americani in città.

Il popolo Iracheno, per la sorte del quale avevo marciato, lottato, sofferto si stava profondendo secondo i commentatori in una sorta di festa di carnevale ritardata, inneggiava a G.W.Bush il liberatore coraggioso e integerrimo, e i suoi mercenari venivano osannati come eroi.

Il mio atrofico cervello si era forse perso qualcosa? E i bombardamenti a tappeto perpetrati per 20 giorni? E le famiglie sterminate, i bambini massacrati le case rase al suolo, i giornalisti uccisi? E i milioni di pacifisti come me che hanno sfilato nelle strade di tutto il mondo? Possibile che tutto questo coacervo di avvenimenti luttuosi alligni soltanto fra le pieghe della mia fervida fantasia?

Forse in effetti non mi sono ancora svegliato e giaccio succube dell'attività onirica. Preferisco tergiversare con me stesso, vado a sbrigare alcune commissioni, ingurgito un pò di caffeina, mi dò pizzicotti a intervalli regolari sul braccio destro che adesso mi duole, ma quando verso le 13 torno a casa sono ancora tutti lì.
Gli inviati festanti, gli Iracheni festanti, gli americani festanti, Baghdad trasformata in una sorta di bengodi dove tutti si amano e trasudano felicità.
Non mi stupirei se da un momento all'altro il conduttore del Tg si rivolgesse a me direttamente e mi dicesse - pirla che non sei altro ma non hai capito che la guerra, i genocidi, i feriti sui pavimenti degli ospedali, i sopravvissuti che maledicendo gli americani piangevano i loro morti erano soltanto uno scherzo?- Magari poi comparirà anche Berlusconi truccato di tutto punto e mi spiegherà che sono caduto nel tranello della sinistra farneticante e a nulla mi servirà obiettare che non occorre essere di sinistra per avversare la guerra senza se e senza ma.

Sono da poco passate le 15, l'ultima cosa che riesco a guardare in tv prima di crollare in un'ascetica introspezione interiore è una "diretta rai", si proprio quel genere di "diretta" che sabato il servizio pubblico non avrebbe concesso alla grande manifestazione di Roma per la pace.
Certo le immagini proposte rivestono maggior importanza e sono prive di un significato politico. La tautologia arriva al limite del grottesco.

Lilli Gruber, vicina di casa di Josè Couso e Taras Trotsyuk si profonde con entusiasmo sincero e una sorta di fervore mistico nella telecronaca di un evento che a suo dire passerà alla storia. Una quindicina di ragazzotti Iracheni, contornati da una quarantina di cameramen danno l'assalto ad una statua di Saddam Hussein. Il patetico tenzone va avanti per oltre un'ora durante la quale stento a decidere se siano più penose le immagini o il commento della Gruber stessa. Alla fine il tutto si conclude con l'arrivo degli indomiti marines che legato un cappio intorno al collo del Saddam virtuale tentano di decapitarlo con l'ausilio di un carro armato come in ogni teatrino dell'orrore che si rispetti.
La democrazia deve essere portata con la violenza ed occorre istruire alla violenza per condurre alla felicità, e con queste parole che mi ronzano nel cervello mi abbandono fra le braccia di Morfeo auspicando un altro risveglio.

1 commento:

marco schanzer ha detto...

Questi post vanno raccolti in un libro...ogni qualche anno.....Comunque , anche il massacro di quel paese e' stato beatamente digerito.....Non sono invece convinto che la demonizzazione del pur non angelico Saddam sia riuscita . Troppo fiero in tribunale e sul patibolo , troppo articolate le sue opinioni , troppo raffinati i suoi ministri .Sicuramente l'Iraq non ha insegnato nulla alle masse europee , che assistono senza reazioni al perpetuarsi del modello .