Marco Cedolin
Che quella nucleare sia in assoluto una fra le fonti energetiche più insostenibili per l’ambiente, pericolose per l’uomo e costose sotto il profilo economico è un dato di fatto che dovrebbe risultare evidente a chiunque abbia studiato almeno un poco l’argomento.
Anche se si volesse considerare basso (pur non essendolo) il rischio
di una contaminazione radioattiva innescata dalla fusione di uno o più
reattori, così come purtroppo avvenuto nelle tragedie di Chernobyl e Fukushima
di cui ancora oggi si ignora il reale impatto sulla salute umana e la
biosfera, il vero problema dell’energia nucleare, sia dal punto di vista
ambientale che da quello economico rimane quello della gestione delle scorie radioattive,
parte delle quali sono destinate a rimanere pericolose per 250mila
anni, una lunghezza temporale che travalica qualsiasi nostra
immaginazione....
Se per le scorie a bassa e media intensità, destinate a mantenere la propria radioattività rispettivamente per qualche decina o centinaia di anni, i progetti di stoccaggio all’interno di formazioni geologiche profonde possono essere suffragati da un minimo di credibilità, ben differente è invece il problema concernente quelle ad alta intensità (plutonio) dal momento che nessuno oggi potrebbe essere in grado di prevedere i cambiamenti morfologici che interverranno sul pianeta nell’arco di centinaia di migliaia di anni. Quello che ai giorni nostri potrebbe apparire come un luogo sicuro, fra qualche migliaio di anni potrebbe non esserlo affatto e dovrebbe essere impossibile restare indifferenti di fronte all’eredità di morte che per forza di cose lasceremo in dote alle generazioni future proseguendo su questa strada.
Ogni reattore produce annualmente 30 tonnellate di scorie radioattive ad alta intensità e lo smantellamento di una centrale nucleare al termine della propria vita operativa produce una quantità di scorie tre volte superiore rispetto a quelle prodotte durante i 40 anni della propria attività. Per smantellare le centrali nucleari europee e stoccare (non mettere in sicurezza) le relative scorie è stato calcolato dalla commissione UE che servirebbero 268 miliardi di euro, cifra che renderebbe pesantemente antieconomico l’uso dell’atomo se confrontato a qualsiasi altra fonte energetica.
Nonostante tutte queste evidenze, gli esperti incaricati dalla UE di
studiare l’energia nucleare al fine di valutarne l’inserimento
all’interno degli investimenti sostenibili, hanno prodotto un rapporto
che suggerisce di etichettare l’energia atomica come un investimento
verde basato su un combustibile sostenibile. A sostegno della propria
tesi gli esperti del Joint Research Center della Commissione UE sugli
investimenti sostenibili hanno rilevato che secondo le loro analisi non
esisterebbe alcuna prova scientifica che l’energia nucleare arrechi più
danni alla salute umana o all’ambiente rispetto alle altre tecnologie
con cui viene prodotta l’elettricità e che lo stoccaggio dei rifiuti
nucleari all’interno di formazioni geologiche profonde sarebbe ritenuto
appropriato e sicuro.
Adesso il rapporto in questione verrà esaminato da due comitati di
esperti, un modo elegante per dire che si attenderà l’esito del braccio
di ferro fra Paesi favorevoli e scettici nei confronti del nucleare,
prima che la Commissione Ue prenda una decisione definitiva.
Indipendentemente da quella che risulterà la decisione finale, il solo fatto che l’Unione Europea prenda in considerazione l’inserimento dell’energia nucleare fra le tecnologie che potranno ricevere aiuti dal fondo per la transizione equa all’interno del Green Deal, dimostra inequivocabilmente la qualità e la credibilità con la quale l’Europa intende creare quella “svolta verde” che in realtà, comunque la si voglia dipingere, sarà invece di ben altro colore.
Fonte:DolceVita online
3 commenti:
L'accentramento , della produzione di energia , in grandi centrali ,
sfila il potere alla popolazione , per darlo ai predatori .
La risposta , deve essere concreta . Autoprodurre , con metodi migliori .
Ogni occasione ( ristrutturazioni )va colta .
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kinzzu
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