giovedì 12 ottobre 2006

Questa finanziaria è tutta da rifare

Marco Cedolin

Presentata poco più di una settimana fa come la finanziaria che avrebbe dovuto far piangere i ricchi e donare il sorriso ai poveri, la nuova manovra targata Romano Prodi ha prima stentato nel farsi comprendere (complice il reiterato sciopero dei giornalisti che ha determinato un grave stillicidio dell’informazione) ed una volta compresa ha finito per rivelarsi un disordinato coacervo di provvedimenti in grado di scontentare praticamente tutte le categorie sociali del nostro paese.
I sindaci delle grandi città hanno inveito con furia belluina contro il taglio dei finanziamenti agli enti locali, fino a rivoltarsi contro il loro stesso governo. Confindustria nonostante la regalia da “cuneo fiscale” si è detta contrariata e non disposta ad accettare il trasferimento del TFR presso l’INPS in un apposito “fondo infrastrutture”. I sindacati hanno espresso soddisfazione molto tiepida, faticando non poco a trovare la giustificazione per prodursi in qualche sorriso. Gran parte delle associazioni (anche di quelle politicamente vicine al governo) e la maggioranza dei cittadini, hanno espresso un numero tale di perplessità che occorrerebbe riscrivere altre 250 pagine per nutrire qualche speranza di elencarle tutte.

Nello stesso momento in cui il Ministro Padoa Schioppa presentava la manovra all’Europa, incassando l’approvazione del Commissario UE Almunia, in Italia la manovra si scioglieva come un cono gelato sotto il solleone, nell’evidente impossibilità di tradurre nella realtà un tale conglomerato di pressappochismo, scelte sbagliate, decisioni scellerate. Nonostante la televisione ed i giornali continuassero a diffondere in maniera ossessiva e fuorviante solamente le tabelline concernenti le aliquote dell’IRPEF, producendosi in esempi molte volte improbabili (mi è capitato perfino di sentire stime riferite a famiglie con due figli e mezzo) volti a dimostrare che per i cittadini si sarebbe trattato di una finanziaria in grado di “toccarli” in maniera tutto sommato trascurabile, l’evidenza non ha tardato a prendere corpo. Nonostante la commistione perversa fra nuovi tagli e nuovi prelievi fiscali venisse mascherata con il nobile proposito di un’improbabile redistribuzione della ricchezza, “traducendo” il testo appariva sempre più chiaro come l’unica cosa che s’intendesse distribuire sul serio fosse in realtà la povertà, oltre la soglia della quale s’intendeva trasferire buona parte della popolazione.Come risultato di tutto ciò la manovra finanziaria, svestita del falso populismo di cui era infarcita, si è trasformata in un vero e proprio “cantiere” di quelli che tanto amano Lunardi e Fassino.Tutto ma proprio tutto è stato messo in discussione ed elevato a materia per “tavoli”, confronti, trattative pubbliche e segrete, inciuci e scambi di favori.

Nel berciare scomposto dei commensali intenti alla spartizione della tavola imbandita s’intrecciano senza sosta aggiustamenti di aliquote, esenzioni di classi, caroselli di cifre, ipotesi d’imposte, abrogazione di soglie. I sindaci dissenzienti sono stati calmierati attraverso la promessa di una riduzione di 600 milioni di euro dell’entità del taglio, unitamente alle assicurazioni sul fatto che potranno procedere ad un’infinità di prelievi fiscali dalle tasche dei cittadini.Confindustria ha ricevuto la promessa di una revisione del capitolo relativo al TFR, il finanziamento “occulto” e continuativo delle missioni di pace/guerra all’estero dovrebbe venire stralciato, l’imposta di successione è ancora in fase di definizione così come lo sono le regole del nuovo superbollo per i SUV e le esenzioni per i veicoli di nuova immatricolazione, ma sostanzialmente quasi tutti i capitoli concernenti il reperimento delle risorse ed una parte di quelli che fanno riferimento alla destinazione delle stesse sono ancora avvolti nel mistero del divenire.

Per ora non ci restano che le algide cifre volte ad infarcire le tabelline dell’Irpef, pur sapendo bene che saranno altre decisioni ad incidere pesantemente sul nostro tenore di vita e sulla qualità dei servizi essenziali, le esternazioni ad effetto (magari smentite qualche ora dopo) del ministro di turno, il biascicare inconcludente di politici, giornalisti, economisti, sinistri, destristi ed ogni altro esemplare della fauna che compone il circo della cattiva informazione.

domenica 1 ottobre 2006

Rubo ai ricchi ed anche ai poveri

Marco Cedolin

Per quanto si tenti di guardarla con occhio benevolo, per quanto ci si sforzi d’interpretarla in maniera positiva, per quanto si tenti di soppesarla con cautela, si è costretti ad ammettere che la nuova finanziaria sta nascendo sotto una cattiva stella.
Romano Prodi nelle vesti di novello Robin Hood è poco credibile, troppo sovrappeso e troppo poco incline ad imprese eroiche, così come inclini a ben altro genere d’imprese sono Little John Fassino e gli altri suoi compagni. L’Italia come rappresentazione della foresta di Sherwood non convince, deturpata dalle infrastrutture e dall’inquinamento propone più piloni di cemento armato che alberi. Gli Sceriffi di Nottingham sono troppi e quando espropriano le case per fare passare il TAV, per costruire un inceneritore o una circonvallazione raccontano di farlo per il bene dei poveri.

Il tutto è ancora in fase di discussione, di concertazione, di confronto fra le parti ma fra le pieghe del brusio di questo conciliabolo qualche indicazione di massima sembra emergere e prestarsi a qualche sia pur prematura considerazione.
Innanzitutto l’entità della manovra sembra attestarsi definitivamente sui 33 miliardi di euro, una grossa cifra che imporrà giocoforza altrettanto grossi sacrifici per tutti a prescindere dalla logica con la quale si è inteso ripartirla.

Il primo sacrificio in ordine d’importanza riguarda il taglio dei finanziamenti agli enti locali, nell’ordine dei 5 miliardi di euro. Questo taglio si ripercuoterà automaticamente su servizi essenziali quali sanità e scuola ed indurrà le amministrazioni a recuperare almeno parzialmente il minore gettito attraverso l’introduzione di nuove tasse e l’innalzamento delle aliquote di quelle che già esistono.
A questo riguardo è probabile l’introduzione del ticket sul pronto soccorso (fatti salvi i casi più gravi) sulle ricette, l’aumento di oltre il 10% dei ticket sulla diagnostica e sulle prestazioni specialistiche, l’introduzione della “tassa di scopo” e la devoluzione del catasto a partire da Febbraio 2007.
E’ bene sottolineare come il taglio dei finanziamenti agli enti locali e tutte le sue conseguenze in termine di decadimento del servizio e aumento della tassazione colpirà in maniera indiscriminata tutti i cittadini a prescindere dall’entità del loro reddito, rivelandosi in proporzione maggiormente gravoso per coloro che hanno scarsa disponibilità finanziaria e non possono oltretutto permettersi a livello sanitario e scolastico l’alternativa privata.

Dopo le accese discussioni delle ultime settimane le pensioni non dovrebbero essere oggetto d’interventi sostanziali, tranne un ritardo nei tempi “di uscita” per coloro che andranno in pensione il prossimo anno.
Sarà però anticipata al 2007 la riforma del TFR che da tempo suscita forti perplessità. In questo ambito l’intenzione sembra quella di destinare all’INPS al fine di “ossigenarla” una quota del TFR che precedentemente restava immobilizzata nelle aziende.

In campo IRPEF è previsto un modesto innalzamento (da 7500 a 8000 euro) del vergognosamente basso limite di reddito sotto al quale non si pagano le tasse, tale da consentire al massimo il recupero dell’inflazione. A questo proposito credo sia doveroso sottolineare come il vero problema che affligge chi deve sopravvivere con un reddito di 600/650 euro al mese non risieda certo nelle tasse ma nell’impossibilità di mettere tutti i giorni qualcosa sotto i denti e dotarsi di un riparo contro le intemperie.
Dovrebbe (anche se le discussioni a questo riguardo sono ancora molto accese) salire al 43% l’aliquota per i redditi superiori ai 70.000 euro e diminuire leggermente quella per i redditi inferiori ai 40.000 euro, intervento che se sarà confermato si manifesterà, insieme all’aumento degli assegni famigliari per i redditi medio/bassi, come l’unico di tutta la finanziaria vagamente ispirato all’eroe popolare inglese.

La tassazione delle rendite salirà al 20% uniformandosi agli altri paesi europei, anche se si ventila che da questa operazione potrebbero essere esentati i nuovi “bond-infrastrutture” verso i quali si vuole evidentemente indirizzare l’attenzione del risparmiatore.

Saranno aumentati i contributi dei lavoratori autonomi e parasubordinati, colpendo anche in questo caso in maniera indiscriminata milioni di contribuenti dalla componente estremamente eterogenea. Non esistono infatti affinità di reddito fra un ricco notaio e il ragazzo che guida il camion dei gelati, il titolare di un grande magazzino e un rappresentante di prodotti per cartoleria, un farmacista e la signora che sopravvive dentro una piccola merceria.

Sono previsti svariati interventi per sostenere il mezzogiorno, dal deja vu del bonus automatico per le imprese che assumono e fanno investimenti, al progetto d’importazione francese che consiste nell’individuazione di alcune aree nelle quali sarà possibile avviare nuove piccole attività imprenditoriali con sgravi fiscali e contributivi, fino al creativo escamotage di destinare le risorse stanziate per la costruzione del Ponte di Messina alla costruzione nel meridione di quelle infrastrutture basilari che attualmente mancano.

Sarà introdotta una supertassa per i SUV nel tentativo incomprensibile di colpire le categorie più ricche solamente in funzione del fatto che viaggino su un fuoristrada anziché in coupè o sullo station wagon. Per pareggiare il conto saranno esentati dal pagamento del bollo di circolazione per 5 anni coloro che dal primo gennaio 2007 acquisteranno un’auto euro4. Un provvedimento di falso spirito ecologico volto da un lato a favorire il monopolista italiano delle automobili, dall’altro a penalizzare le categorie meno abbienti che oltre al danno consistente nel non potersi permettere di cambiare l’auto, subiranno anche la beffa di pagare un balzello dal quale i redditi più alti (sempre che non incorrano nell’errore di acquistare un SUV) saranno esentati.

Il pubblico impiego è oggetto di feroci singolar tenzoni fra le varie parti dello stesso governo e le organizzazioni sindacali.
Le risorse destinate al rinnovo dei contratti allignano ancora nell’imponderabile mentre sembra sarà preso per buono l’assurto in virtù del quale sarà possibile assumere un lavoratore ogni 5 effettivi che per pensionamento o altro usciranno dal lavoro. Una condizione che porta automaticamente a riflettere sulle prospettive di occupazione che s’intendono dare ai giovani in questo paese.
Sarà riproposta la (spesso ventilata dal governo Berlusconi) polizza obbligatoria per i danni dovuti a calamità naturali. Un provvedimento finalizzato a preservare lo Stato da grandi esborsi in caso di terremoti, alluvioni ed altre catastrofi il cui costo ricadrà inevitabilmente sulle spalle dei cittadini proprietari di un immobile (la stragrande maggioranza degli italiani) con un peso inversamente proporzionale alla loro capacità di reddito.