Marco Cedolin
Presentata poco più di una settimana fa come la finanziaria che avrebbe dovuto far piangere i ricchi e donare il sorriso ai poveri, la nuova manovra targata Romano Prodi ha prima stentato nel farsi comprendere (complice il reiterato sciopero dei giornalisti che ha determinato un grave stillicidio dell’informazione) ed una volta compresa ha finito per rivelarsi un disordinato coacervo di provvedimenti in grado di scontentare praticamente tutte le categorie sociali del nostro paese.
I sindaci delle grandi città hanno inveito con furia belluina contro il taglio dei finanziamenti agli enti locali, fino a rivoltarsi contro il loro stesso governo. Confindustria nonostante la regalia da “cuneo fiscale” si è detta contrariata e non disposta ad accettare il trasferimento del TFR presso l’INPS in un apposito “fondo infrastrutture”. I sindacati hanno espresso soddisfazione molto tiepida, faticando non poco a trovare la giustificazione per prodursi in qualche sorriso. Gran parte delle associazioni (anche di quelle politicamente vicine al governo) e la maggioranza dei cittadini, hanno espresso un numero tale di perplessità che occorrerebbe riscrivere altre 250 pagine per nutrire qualche speranza di elencarle tutte.
Nello stesso momento in cui il Ministro Padoa Schioppa presentava la manovra all’Europa, incassando l’approvazione del Commissario UE Almunia, in Italia la manovra si scioglieva come un cono gelato sotto il solleone, nell’evidente impossibilità di tradurre nella realtà un tale conglomerato di pressappochismo, scelte sbagliate, decisioni scellerate. Nonostante la televisione ed i giornali continuassero a diffondere in maniera ossessiva e fuorviante solamente le tabelline concernenti le aliquote dell’IRPEF, producendosi in esempi molte volte improbabili (mi è capitato perfino di sentire stime riferite a famiglie con due figli e mezzo) volti a dimostrare che per i cittadini si sarebbe trattato di una finanziaria in grado di “toccarli” in maniera tutto sommato trascurabile, l’evidenza non ha tardato a prendere corpo. Nonostante la commistione perversa fra nuovi tagli e nuovi prelievi fiscali venisse mascherata con il nobile proposito di un’improbabile redistribuzione della ricchezza, “traducendo” il testo appariva sempre più chiaro come l’unica cosa che s’intendesse distribuire sul serio fosse in realtà la povertà, oltre la soglia della quale s’intendeva trasferire buona parte della popolazione.Come risultato di tutto ciò la manovra finanziaria, svestita del falso populismo di cui era infarcita, si è trasformata in un vero e proprio “cantiere” di quelli che tanto amano Lunardi e Fassino.Tutto ma proprio tutto è stato messo in discussione ed elevato a materia per “tavoli”, confronti, trattative pubbliche e segrete, inciuci e scambi di favori.
Nel berciare scomposto dei commensali intenti alla spartizione della tavola imbandita s’intrecciano senza sosta aggiustamenti di aliquote, esenzioni di classi, caroselli di cifre, ipotesi d’imposte, abrogazione di soglie. I sindaci dissenzienti sono stati calmierati attraverso la promessa di una riduzione di 600 milioni di euro dell’entità del taglio, unitamente alle assicurazioni sul fatto che potranno procedere ad un’infinità di prelievi fiscali dalle tasche dei cittadini.Confindustria ha ricevuto la promessa di una revisione del capitolo relativo al TFR, il finanziamento “occulto” e continuativo delle missioni di pace/guerra all’estero dovrebbe venire stralciato, l’imposta di successione è ancora in fase di definizione così come lo sono le regole del nuovo superbollo per i SUV e le esenzioni per i veicoli di nuova immatricolazione, ma sostanzialmente quasi tutti i capitoli concernenti il reperimento delle risorse ed una parte di quelli che fanno riferimento alla destinazione delle stesse sono ancora avvolti nel mistero del divenire.
Per ora non ci restano che le algide cifre volte ad infarcire le tabelline dell’Irpef, pur sapendo bene che saranno altre decisioni ad incidere pesantemente sul nostro tenore di vita e sulla qualità dei servizi essenziali, le esternazioni ad effetto (magari smentite qualche ora dopo) del ministro di turno, il biascicare inconcludente di politici, giornalisti, economisti, sinistri, destristi ed ogni altro esemplare della fauna che compone il circo della cattiva informazione.
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