venerdì 8 settembre 2006

L'arte del nemico invisibile

Marco Cedolin

Quando intorno al V secolo AC il Maestro Sun Tzu si accingeva a scrivere “l’arte della guerra” non esistevano ancora i mass media, la televisione e le registrazioni digitali. Non si stava avvicinando il quinto anniversario dell’11 settembre e Al Jazira doveva ancora lanciare nelle edicole il nuovo video dell’infinita produzione CIA, incentrato sulle bucoliche passeggiate di Osama Bin Ladin intento a progettare la distruzione delle Torri Gemelle, mentre con passo sicuro pratica esercizio di trekking fra le montagne dell’Afghanistan.

Nonostante ciò il suo libretto universalmente considerato un vero capolavoro nell’ambito della strategia militare è stato tramandato fino ai nostri giorni, contribuendo alla formazione di generazioni e generazioni di generali ed esperti militari. Insegnamenti vecchi di oltre duemila anni sembrano essere di un’attualità sconcertante, tanto universale pur nella sua semplicità è la valenza dei concetti esposti.
Esiste però un piccolo particolare in virtù del quale il libretto di Sun Tzu si mostra anacronistico ed incapace d’interpretare la realtà dei nostri giorni, fatta di videoclip e di dissolvenze.
Sun Tzu nel suo componimento immagina sempre di avere di fronte un vero nemico. Un nemico in carne ed ossa per intenderci, magari scaltro, magari coraggioso, talvolta numericamente superiore, altre volte inferiore, talvolta propenso ad attaccare in massa oppure a tergiversare ma sempre e comunque dotato di una dimensione reale.

Nel mondo di Sun Tzu l’esistenza di un nemico era prerogativa imprescindibile perché fosse necessario l’uso “dell’arte della guerra”, nel mondo di Geoge Bush e di tutta la schiera di feudatari che ne compongono la corte, la prerogativa è costituita invece dalla guerra (artistica o meno poco importa non essendo i firmatari del PNAC palati così fini) e in mancanza di un nemico si procede a costruirlo “in laboratorio”. Nessun nemico sarà mai perfetto e funzionale a giustificare le mira imperialistiche di una nazione o di un blocco di nazioni come un nemico che non esiste.

Il nemico che non esiste è il più scaltro di tutti, il più feroce di tutti, il più pericoloso di tutti, e conseguentemente il più detestabile. Il nemico che non esiste compare e scompare con la velocità di una tigre, colpisce senza pietà, alligna dappertutto ed in nessun posto ed è immarcescibile.
Nel mondo di Sun Tzu i nemici (quelli reali) venivano sconfitti e le guerre finivano, in quello dei nostri giorni i nemici (costruiti in laboratorio) si rigenerano come per incanto e la guerra diventa un’arte permanente da portare avanti giorno dopo giorno per conseguire gli scopi più svariati.
Nel mondo di Sun Tzu i generali badavano alla strategia ed i soldati combattevano contro altri soldati. Nel nostro le strategie vincenti sono quelle dei mass media con le loro schiere di pennivendoli, produttori di videoclip e opinionisti da talk show, mentre battaglioni di mercenari e droni (intelligenti?!) massacrano popolazioni civili.

Nel nostro mondo si avvicina il quinto anniversario dell’11 settembre, forse la più grande e drammatica rappresentazione filmica che la storia abbia mai conosciuto ed il nemico che non esiste diventa ogni giorno più invisibile e al contempo onnipresente, un nemico camaleontico che si specchia nel viso smunto di Osama Bin Ladin a passeggio fra le montagne o nelle foto segnaletiche dei “terroristi” pachistani autori di un attentato che non è mai esistito, con buona pace del Maestro Sun Tzu che al nemico invisibile non aveva proprio pensato.

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