Marco Cedolin
Secondo i dati diffusi lo scorso anno dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza i tentativi di suicidio fra i giovanissimi
in età compresa fra i 14 ed i 19 anni sono raddoppiati nel biennio
2015/2017, facendo sì che ben 6 ragazzi su 100 abbiano tentato di
togliersi la vita.
A livello mondiale il suicidio è la seconda causa di morte fra giovani e giovanissimi,
in Giappone e negli Stati Uniti addirittura la prima. Solamente in
Italia 200 ragazzi under 24 si tolgono la vita ogni anno. All’Ospedale
pediatrico Bambino Gesù di Roma i ricoveri in pronto soccorso per
ideazione e comportamento suicidario sono aumentati di 20 volte negli
ultimi otto anni e hanno riguardato anche bambini di 10-11 anni.
In Europa oltre un quarto degli adolescenti con età media di 14 anni mette in atto comportamenti autolesivi occasionali o ripetuti nel tempo, in Italia il fenomeno riguarda circa il 20% dei ragazzi.
Stando alle statistiche 1 bambino su 5 ha problemi di salute mentale,
è stato riscontrato un aumento del 37% nella depressione adolescente e
un aumento del 200% del tasso di suicidi nei bambini fra i 10 ed i 14
anni.....
Al 12% dei bambini e degli adolescenti americani è stato
diagnosticato il Disturbo da Deficit di Attenzione o
dell’Iperattività (ADHD), con un incremento del 43% rispetto al 2003. In
Gran Bretagna i casi di ADHD in età scolare sono passati dall’1% degli
anni ’90 al 5% del 2017. In Germania la somministrazione di dosi
giornaliere di farmaci per l’ADHD è passata da 10 milioni a 53 milioni.
Alla luce di questi numeri, per molti versi impietosi, risulta evidente come i giovani e i giovanissimi delle nuove generazioni siano alle prese con una sorta di malessere che si sta diffondendo sempre più e rischia di minare in profondità la loro qualità di vita e le prospettive di futuro.
Le cause di questo disagio, che molte volte rischia di sfociare in
tragedia, sono naturalmente molteplici e spesso affondano le proprie
radici già nei primi anni di vita del bambino, quando la sua personalità
in via di formazione è in assoluto più vulnerabile. I bimbi di oggi,
figli del progresso, vivono una realtà profondamente differente rispetto
a quella di qualche decennio fa. Non esiste più quella “strada” dove giocare e fare comunità
senza la mediazione degli adulti che un tempo costituiva una vera e
propria “società dei bambini”, dove i pargoli accumulavano esperienza di
vita con i propri coetanei e interagivano fra loro per molti versi
autonomamente. Non esiste più spazio per la noia, in assoluto il
maggiore stimolo per la creatività e la fantasia.
Non esiste più l’anarchica spensieratezza del fanciullo, permeata
d’ingenuità ma al contempo pietra fondante sulla quale costruire la
propria crescita.
I bimbi di oggi sono veri e propri “manager” in erba, con un’agenda giornaliera fitta d’impegni come
e più dei loro alter ego adulti. Lezione di tennis, lezione di canto,
piscina, lezione di danza, lezione di judo, di calcio, d’inglese, di
violino e chi più ne ha ne metta. Ogni attimo della loro giornata è
rigidamente programmato e scandito da orari precisi. Il bimbo di oggi
non fa scelte, non prende decisioni, non dispone del proprio tempo,
perché altri lo hanno già fatto al posto suo. Semplicemente rispetta una
scaletta di appuntamenti, all’interno dei quali il gioco non si rivela
come esperienza spensierata anarchica e gioiosa, bensì come competizione con regole ben definite dove lo scopo ultimo è quello di primeggiare per compiacere gli adulti.
Anche i genitori di oggi sono molto diversi da
quelli di qualche decennio fa che affidavano i propri figli alla “scuola
della strada”. Più presenti per certi versi, ma anche più assillanti,
iperprotettivi, incapaci di prendersi cura del loro lato emotivo. Hanno
la tendenza a forzare il bambino, imponendogli obiettivi e traguardi che
spesso travalicano le sue possibilità, determinando ansia da prestazione
e costringendolo a correre sempre più veloce sul piano inclinato di una
precocizzazione senza senso. Al tempo stesso più distratti, incapaci di
porsi come una guida o un esempio, inadeguati quando si tratta di
comprenderli in profondità e interpretare il loro disagio, scarsamente
propensi ad ascoltarli.
La conseguenza di tutto ciò è incarnata da generazioni di bimbi
incapaci di provare gioia, spensieratezza e divertimento, che una volta
diventati adolescenti non possiedono gli strumenti per affrontare la
vita e se stessi adeguatamente e rischiano di perdersi fra le pieghe
della depressione, degli atteggiamenti maniacali (Hikikomori) e della solitudine, producendo per forza di cose i dati allarmanti che abbiamo citato in precedenza.
Dati di fronte ai quali è indispensabile fermarsi a fare una profonda
riflessione, perché i bimbi e gli adolescenti di oggi saranno gli adulti
di domani e il disagio non produce progresso ma solamente altro
disagio.
Fonte:Dolcevita online
1 commento:
Quanta amara verita in qeusto articolo. Ricordo ancora quando da bambino i pomeriggi si passavano al parco in primavera e estate, e magari all'oratorio se faceva più freddo, o casa di un amico a giocare. E per giocare intendo cose come costruire con i lego o giochi simili, oppure con le macchinine o ancora disegnando. Ovviamente le mamme erano sempre in casa, sempre gentili e pronte a preparare magari la "merenda" fatta di pane e cioccolato, o miele (e non le merendine). E non vivevo in campagna, ma in una zona che adesso è considerata pieno centro a Milano. Bei tempi, bei ricordi... andati.
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