Ci troviamo oggi di fronte ad una serie d’investimenti
di portata epocale, operati da parte dello Stato e finalizzati alla
costruzione di nuove infrastrutture ferroviarie. Per avere un’idea
delle grandezze economiche oggetto della questione, basti pensare che
i costi della sola tratta TAV Torino – Milano – Napoli si aggirano sugli 80 miliardi di euro, ai quali andranno
aggiunti gli 11 miliardi di euro (previsti quindi soggetti ad
incrementi esponenziali) della linea Torino – Lione, più altri investimenti nell’ordine delle decine di miliardi di
euro per la futura tratta Milano – Venezia – Trieste e per il
terzo valico Milano – Genova.
Le
infrastrutture per i treni ad Alta Velocità dovrebbero rappresentare
comunque un valore aggiunto all’attuale rete ferroviaria italiana,
non potendo vantare caratteristiche funzionali atte a migliorarla, né
tanto meno a sostituirla. Senza soffermarci ad analizzare la mancanza di
motivazioni che sostengano la necessità delle nuove infrastrutture,
dovrebbe essere prerogativa imprescindibile di ogni investimento
aggiuntivo il fatto che la rete ferroviaria oggi operativa sia
perfettamente funzionante, il più possibile sicura, sufficientemente
moderna, e totalmente in grado di rispondere alle normali esigenze
del traffico su rotaia.
Facciamo
dunque un breve viaggio all’interno delle ferrovie italiane per
renderci conto in quale stato di salute versino e se veramente
possiamo permetterci di destinare le risorse altrove.....
Circa
due terzi del sistema ferroviario italiano è costituito da linee a binario
unico, una percentuale nettamente superiore a quella degli altri
Paesi Europei più avanzati, quali Gran Bretagna, Olanda, Francia,
Svizzera, Germania e Belgio.
In
alcune regioni la situazione sotto questo aspetto è drammatica, in
Valle d’Aosta non esiste un solo chilometro di doppio binario sugli
81 esistenti, in Abruzzo i chilometri a doppio binario sono solo 96
sui 541 totali, in Molise 23 su 266, in Basilicata 24 su 368, in
Sicilia 146 su 1387.
Ma a
preoccupare maggiormente non è tanto l’arretratezza delle
infrastrutture esistenti, quanto l’assoluta incapacità del sistema
ferroviario italiano di garantire un servizio sicuro e al limite
della decenza in tutte le sue componenti.
Mentre
si progettano treni super veloci, con veemenza ed impeto i treni attuali continuano a deragliare, a
scontrarsi, ad accumulare ritardi, a fermarsi nel bel mezzo della
campagna per la rottura di locomotori che risalgono alle guerre
puniche, ad accogliere i viaggiatori in carrozze infestate da cimici,
zecche e perfino scorpioni, a mostrare una realtà all’interno
della quale nulla funziona.
Non
funzionano le stazioni, antiquate, gestite in maniera inadeguata,
sporche e con informazioni per i passeggeri spesso frammentarie e di
difficile consultazione.
Non
funziona la programmazione dei convogli, molti dei quali giornalmente
vengono soppressi senza procedere all’adeguata informazione, mentre
altri sono costretti a restare fermi in attesa dell’incrocio con il
convoglio proveniente dalla direzione opposta, costringendo i
passeggeri ad attese che rasentano l’eternità.
Non
funzionano le carrozze ferroviarie, dove spesso il riscaldamento è
rotto, parimenti ad ogni altro congegno meccanico o elettronico, fino
a far si che i vari interruttori messi in bella mostra somiglino a
tante piccole lucine prive di significato.
Non
funziona il sistema delle coincidenze, pregiudicato a monte dai
cronici ritardi che le rendono solo fantasiose ipotesi stampate sulla
carta.
Non
funziona la nuova gestione dei lavoratori, ispirata al dumping
contrattuale che privilegia i tagli indiscriminati di costi e
personale, caricando gli oneri sulle spalle dei viaggiatori, sotto
forma di disservizio acuto e generalizzato.
Ma
soprattutto non funzionano, o meglio non sono adeguati, i sistemi di
sicurezza che dovrebbero tutelare l’incolumità fisica di
passeggeri e ferrovieri, come l’ennesimo tragico incidente
ferroviario di Roccasecca dimostra purtroppo senza possibilità di
appello. Negli ultimi anni si è assistito ad una sequela
continua di gravi incidenti che si sono succeduti con una frequenza
impressionante.
Il 14
maggio 2003, si scontrano due treni a Roma e molte persone rimangono
ferite.
Il 6
dicembre 2003, nei pressi di Quarto Oggiaro (MI) un convoglio urta
una motrice ferma sullo stesso binario e deraglia, provocando il
ferimento di 14 persone, 5 delle quali in modo serio.
Il 18
dicembre 2003, a Viterbo un treno finisce per errore su un binario
morto, dove si scontra con un carrello - gru utilizzato per i lavori
sulla ferrovia. Il capotreno muore in ospedale, ma non si riscontrano
feriti fra i passeggeri.
Il 9
gennaio 2004, un treno senza macchinisti a bordo si muove
improvvisamente come per magia (in realtà per effetto della forza di
gravità) dalla stazione di Calalzo (BL) e percorre alcuni chilometri
a binario unico, in discesa in direzione Belluno. Fortunatamente le
carrozze non deragliano sulla statale che corre parallela alla linea
e la Polizia Ferroviaria riesce a far sgombrare in tempo utile la
linea dagli altri convogli in transito. Il malfunzionamento
dell’impianto frenante e la mancata attivazione degli strumenti di
blocco, sembrano all’origine dell’incidente.
Il 20
marzo 2004, a Stresa, deraglia l’ultima carrozza del treno diretto
in Francia, proprio mentre sopraggiunge un altro convoglio in
direzione opposta. L’urto fra la motrice e la carrozza deragliata è
inevitabile e le conseguenze sono di 1 morto e 37 feriti.
Il 26
marzo 2004, deraglia, fortunatamente senza ribaltarsi il convoglio
Como – Milano, passeggeri e macchinisti nell’occasione rimangono
illesi.
Il 16
maggio 2004, nei pressi di Genova, il locomotore del treno passeggeri
proveniente da Livorno, deraglia a causa di una rotaia deformata e
colpisce una casa sfondandola per metà. Nell’incidente muore una
donna e 38 persone rimangono ferite.
Il 13
settembre 2004, a Cuneo deraglia il treno proveniente da Torino, il
bilancio è di 2 morti.
Il 3
dicembre 2004, nei pressi della stazione di Palagianello (TA) si
scontrano un treno merci ed un convoglio passeggeri, nell’incidente
rimangono ferite 6 persone, di cui 2 gravemente.
Il 7
gennaio 2005, a Crevalcore, a pochi chilometri da Bologna, su una
linea a binario unico, un convoglio interregionale diretto a Bologna
si scontra con un treno merci carico di pesanti barre di ferro, che
procede in direzione opposta. L’impatto è terribile e provoca 17
morti (fra i quali 4 macchinisti e un capotreno) e 80 feriti.
Il 20
dicembre 2005, nella stazione di Roccasecca (FR) un treno carico di
pendolari e studenti diretto a Campobasso, lanciato a 120 km/h
tampona il convoglio Roma – Cassino, ancora fermo in stazione. Un
uomo muore in ospedale, la sua figlioletta resta a lungo in coma e si
contano una sessantina di feriti, molti dei quali in gravi
condizioni.
Il 29 giugno 2009 a Viareggio un treno che trasporta 14 cisterne cariche di gpl deraglia e nello scoppio che ne consegue muoiono bruciando come torce 32 persone.
Il 12 luglio 2016 (oggi) due treni si scontrano frontalmente su un tratto di linea a binario unico fra Andria e Corato, provocando la morte di 25 persone (il bilancio è ancora provvisorio) ed il ferimento di altre 50.
Le cause
di un numero d’incidenti di questa enorme rilevanza non può
attribuirsi alla fatalità, ma va ricercato nella presenza di due
elementi di rischio, quali l’arretratezza dei sistemi di sicurezza
ed il taglio indiscriminato del personale ferroviario. La gestione di
tipo “manageriale” delle ferrovie e la volontà di tagliare in
maniera sempre più sostanziosa i finanziamenti a favore della rete
ferroviaria tradizionale, incanalando tutte le risorse disponibili
nel progetto dell’Alta Velocità, sono alla base di questi
risultati. Le scelte operate hanno determinato la distruzione totale
di tutto quel sistema di organizzazione del lavoro (uffici verifiche,
uffici veicoli, officine e reparti di manutenzione ferroviaria) che
rappresentava il principale caposaldo della sicurezza del trasporto.
Sui due
terzi dell’intera rete ferroviaria italiana (oltre 10.000 km.) il
sistema di sicurezza, denominato “blocco meccanico Fs. è obsoleto
e si affida alla segnaletica e alla professionalità di macchinisti e
capotreni.
Laddove il binario è
unico, il capostazione deve fare in modo che i treni che procedono in
opposte direzioni non si scontrino, perciò, attivando a distanza dei
semafori, ottiene che un treno arrivi in stazione restando sul
«binario di corsa» e l’altro venga deviato su uno secondario. I
semafori, piazzati laddove occorre rallentare, sono sempre due,
preceduti da tre cartelli che ne annunciano la presenza. Il primo
semaforo «di protezione» anticipa al macchinista che tipo di
segnale troverà al secondo semaforo, quello «di arresto», 1.500
metri dopo. Se il primo è verde, sarà verde anche il secondo,
quindi la velocità potrà essere mantenuta. Se invece è giallo, è
probabile che l’altro sarà rosso, perciò occorre iniziare a
rallentare da subito. Se il macchinista non vede il primo semaforo,
c’è sempre la possibilità che possa vedere il secondo e
rallentare. Ma, se non vede neanche questo, c’è poco da fare. Il
capostazione, che segue su un pannello i movimenti dei treni, può
solo sperare che il treno proveniente dalla parte opposta non abbia
ancora raggiunto i propri semafori, perché in questo caso può
mandargli il rosso e fermarlo, altrimenti lo scontro è inevitabile.
La
maggior parte delle linee italiane (11.300 km su 16.000) sono prive
del Sistema Controllo Marcia Treno (SCMT) indispensabile per la
sicurezza. Tale sistema funziona attraverso punti informativi
distribuiti lungo il percorso, interfacciati con gli impianti di
segnalamento che forniscono informazioni in tempo reale al
macchinista, il quale può correggere ogni errore, con la prerogativa
che il treno verrà bloccato automaticamente nel caso questo non
avvenisse. Lungo le linee prive di SCMT, per evitare il costo della
presenza di un secondo agente in cabina di guida che sarebbe in
questo caso indispensabile, si ricorre all’escamotage
dell’apparecchio Vacma. Tale apparecchio inutile e dannoso, ben
lungi dall’esprimere un qualche contenuto tecnologico consiste
semplicemente in un pedale che il macchinista deve pigiare
ripetutamente come un robot ogni 55 secondi per tutta la durata del
viaggio. Occorre mettere in evidenza come il sistema VACMA sia
pericoloso, in quanto focalizzando l’attenzione del macchinista
all’interno della cabina rischia di distoglierla dai segnali
presenti all’esterno, nonché ricordare che importanti studi medici
hanno giudicato tale sistema nocivo per la salute del macchinista
stesso.
Sulle
nostre linee manca inoltre il sistema radio internazionale, attivo da
tempo sui mezzi interoperabili europei, che per mezzo di ponti radio
dedicati presenti lungo la linea garantisce il perfetto funzionamento
in qualsiasi situazione geografica. I macchinisti sono così
costretti a servirsi dei normali cellulari commerciali, con tutti i
limiti in termini d’immediatezza, affidabilità e semplicità d’uso
a cui si aggiungono le enormi difficoltà di comunicazione dovute
alle zone d’ombra presenti nella rete.
Da
un’indagine condotta nel mese di ottobre 2005 da Altroconsumo, su
un campione di 5.000 pendolari lombardi, il 75% si è dichiarato
globalmente insoddisfatto dalla qualità del servizio, con punte che
arrivano al 94% d’insoddisfazione fra gli utenti della tratta
Milano – Novara. Le maggiori cause d’insoddisfazione rilevate
sono state nell’ordine la mancanza d’informazione in caso di
disservizi, la scarsa pulizia delle carrozze e dei bagni, l’eccessivo
affollamento, il malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento, i
ritardi e la mancata sicurezza delle condizioni di viaggio.
Il
materiale rotabile è vecchio e in cattivo stato di conservazione,
mancano i finanziamenti e spesso per effettuare la riparazione di un
locomotore si attinge a pezzi di ricambio prelevati da un altro
locomotore della stessa specie. Le locomotive diesel usate per il
trasporto regionale hanno un’età media di 23,8 anni, quelle
elettriche di 21,3 anni, le motrici diesel cargo di 31,4 anni, i
vagoni delle vecchie “littorine” ancora numerosissimi arrivano a
un’età media di 44 anni. La maggior parte dei 50.000 carri merci
esistenti sulla rete ferroviaria italiana ha un’età media di 30/40
anni.
Queste
cifre più adatte a un museo ferroviario che non all’attività su
rotaia di un paese che ama definirsi tecnologicamente avanzato,
dimostrano quanto sia prioritaria la necessità di un immediato
rinnovo del parco circolante.
Ogni
giorno vengono soppressi tra 200 e 300 treni, poiché manca il
personale che dovrebbe guidarli, oppure mancano fisicamente le
carrozze o le motrici.
Si
concreta dunque in tutta la sua disarmante evidenza la realtà di un
sistema ferroviario drammaticamente in crisi in ogni sua componente,
da quelle legate alle infrastrutture, piuttosto che alla sicurezza,
ai mezzi o all’operatività del personale.
Gli
investimenti miliardari dispensati a piene mani per il progetto
dell’Alta Velocità, appaiono se possibile ancora più insensati ed
inutili se osservati alla luce dello stato di profonda agonia nel
quale versano le nostre ferrovie. Così come risulta del tutto
incomprensibile l’assoluta disinvoltura con la quale il mondo
politico s’infervora sulla necessità di costruire linee per treni
che sfrecceranno a 300 km/h da un capo all’altro dell’Europa,
mentre il nostro sistema ferroviario attuale arranca
nell’arretratezza e non riesce neppure a trasportare con un minimo
di decenza i pendolari per poche decine di chilometri.
4 commenti:
Articolo inceccepibile ma non sono assolutamente d'accordo sulla formula binario unico = mancanza di sicurezza. Riporto a tal proposito una serie di riflessioni di un tecnico della sicurezza intervenito nel gruppo facbook ""candidati senza voce", Francesco Preti:
La sicurezza si compone di elementi che costano poco: 1. sistema gestione sicurezza 2. sistema di riporti obbligatorio 3. cultura non punitiva sui riporti di sicurezza. Poi serve un forte regolatore ed un'entità indipendente per l'investigazione della sicurezza. E' tutto questo che manca, non il binario doppio.
Il vero errore umano è di chi aveva la potestà di investire in un sistema automatico e non l'ha fatto.
Controllo automatico. Giusto! E quanto cazzo poteva costare? <"La nostra ipotesi è che sulla tratta dell'incidente fra treni in Puglia mancassero i sistemi automatici di supervisione della linea ferroviaria, ma ci fosse solo il sistema di segnalazione telefonico". Stefania Gnesi, ricercatrice dell'Istituto di Scienza e Tecnologie dell'informazione. > la ricercatrice si dimentica che con il sistema attuale il personale direttivo di stazione era in grado di rilevare la presenza di due treni sulla stessa tratta ed avrebbe tranquillamente potuto tagliare la tensione e bloccare i treni. Ci sarebbero inoltre problemi di giurisdizione, secondo il TG2. Orribile, lo Stato garantisce una licenza di esercizio senza sottomettere il privato alle autorità regolatrici ferroviarie. Da inviare alla Corte di Giustizia Europea.
La sicurezza necessaria per evitare incidenti mortali è un rateo di successo 10 alla meno nove. Un errore ogni miliardo di operazioni. Si raggiunge solo con sistemi automatici. L'uomo si ferma a 10 alla meno 6. Quindi l'errore è basarsi sull'uomo, quando l'errore umano puo' portare a catastrofi..
Da L'Espresso online: Roberto Zucchetti, professore del centro di ricerca di economia dei trasporti dell’Università Bocconi di Milano getta acqua sul fuoco della polemiche sulla sicurezza: «Partiamo dai dati finora emersi: è una linea a binario unico con un sistema di segnalazione arretrato, il cosiddetto “blocco telefonico” con i due capistazione che si mettono in contatto. Quello che non riesco a spiegarmi è come sia stato possibile su una linea di scarso traffico dove quel treno, come avviene tutti i giorni, dovrebbe aspettare di partire appena l’altro libera il binario. L’errore potrebbe essere stato del capostazione oppure del macchinista che ha interpretato male. Ma in entrambi i casi è difficile capire come abbiano potuto commettere un errore così grossolano. Qui l’errore umano non basta, ci deve essere stata una concatenazione di cause o un doppio errore umano che ha portato allo scontro. È inspiegabile, con il passaggio di un treno all’ora».
Ciao, come stai?
Fresca di giornata (il tempo è galantuomo...):
Le mani delle cosche sui cantieri del Terzo valico: finanziavano campagne pro Tav
http://europadeipopoli.org/Appunti_16/NoMafia.htm
A presto,
Maurizio
Numeri da paura per un paese che si definisce sviluppato.
questa estate ho dovuto fare il pendolare in Liguria tratta Loano-celle Ligure,non ho incontrato un controllore,treni in ritardo o linee non adeguate,dovevo partire 2 ore prima per essere puntuale ,sono invalido all'80% e non sto a elencarvi i disagi che ho dovuto subire. veramente si viaggia meglio in Cambogia
Posta un commento