Erano i
primi anni 90 quando in Val di Susa s'iniziò a parlare del progetto
per la costruzione di una nuova linea ferroviaria ad alta velocità
che unisse Torino a Lione. In un primo tempo l'opera venne presentata
come rivolta a mobilitare i passeggeri, successivamente dal momento
che i potenziali viaggiatori latitavano, la destinazione d'uso
diventò quella del trasporto merci. Nell'intendimento dei proponenti
la nuova infrastruttura avrebbe dovuto costituirsi come parte
integrante di un ipotetico asse ferroviario ad alta velocità in
grado collegare Lisbona con Kiev, prima che la "grande crisi"
costringesse il Portogallo e molti altri stati a rinunciare a
qualsiasi velleitario progetto di alta velocità....
La
popolazione valsusina manifestò fin da subito la propria aperta
contrarietà nei confronti del nuovo progetto, dal momento che esso
avrebbe determinato una lunga serie di criticità, tanto dal punto di
vista ecologico, quanto da quello sanitario e sociale. La Val di Susa
è infatti una stretta vallata alpina che già all'epoca risultava
profondamente infrastrutturizzata attraverso fabbriche, acciaierie,
una linea ferroviaria internazionale preesistente, due statali e
l'autostrada del Frejus che era in fase di costruzione. Per una nuova
grande opera davvero non ci sarebbe stato più spazio.
Pur
posto di fronte a molte perplessità e contestazioni il progetto
continuò comunque ad andare avanti, fino a quando nell'inverno del
2005, diventato esecutivo, comportò l'installazione di un primo
cantiere in località Venaus. Nonostante la Valle fosse stata già
dalla fine di ottobre pesantemente militarizzata, l'insofferenza e la
rabbia della popolazione continuarono a crescere a dismisura, fino a
sfociare l'8 dicembre in una vera e propria sommossa popolare,
durante la quale oltre 70mila valsusini, insieme ai propri sindaci,
invasero l'area di cantiere ribadendo il proprio NO perentorio alla
costruzione dell'opera. Trovandosi di fronte al rifiuto categorico
dell'infrastruttura, da parte della stragrande maggioranza della
popolazione locale e dei suoi amministratori, in una situazione ad
alta tensione sociale, il governo non poté fare altro che sospendere
il progetto, ma riuscì comunque a mantenerlo in vita, tramite un
Osservatorio presieduto dall'arch. Mario Virano, al quale fu dato il
compito di trovare una qualche forma di mediazione.
Il TAV
Torino - Lione "risorse" di fatto nel 2011, quando il 27
giugno, nel corso di una vera e propria battaglia condotta con l'uso
dei gas lacrimogeni, oltre 2000 agenti delle forze dell'ordine
occuparono con la forza la Maddalena di Chiomonte, presidiata da mesi
da alcune migliaia di cittadini della valle. Proprio a Chiomonte
infatti, in una zona difficilmente accessibile, il nuovo progetto
aveva spostato il luogo deputato ad ospitare il primo cantiere, dove
scavare il tunnel geognostico di 7,5 km, propedeutico a quello di 57
km che costituirà di fatto l'opera, dal momento che lasciata
decantare nell'oblio l'intera tratta nazionale, il nuovo TAV "low
cost" creato da Virano sarà limitato esclusivamente allo scavo
del megatunnel.
Nello
scorso mese di Gennaio, a quasi due anni dall'inizio
dell'occupazione, nonostante la contestazione popolare e e
l'insofferenza dei valsusini restino altissime, è iniziato lo scavo
dei primi 12 metri del tunnel di Chiomonte, sancendo di fatto l'avvio
di un'opera che sul terrorio nessuno vuole, ma la politica, le banche
ed il malaffare attendevano bramosi da oltre 20 anni, come un
rubinetto al quale abbeverarsi in tranquillità per i decenni a
venire.
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