lunedì 13 ottobre 2008

Grandi Opere e crisi finanziaria

Marco Cedolin

Fra le tante soluzioni volte a contenere la dilagante crisi finanziaria che sta sconvolgendo i mercati, accanto all'iniezione di liquidità consistente nello stanziamento di centinaia di miliardi di euro (o dollari) di denaro pubblico destinati a sostenere il sistema bancario e alla nazionalizzazione degli istituti di credito volta a metterli al riparo dagli imprevisti, molti fra politici ed economisti sembrano indicare una terza via che a loro dire dovrebbe garantire ottimi risultati nel medio periodo.
L'idea sarebbe quella di destinare altri centinaia di miliardi di denaro pubblico ad un massiccio piano di costruzione di grandi infrastrutture, rifacendosi a quanto messo in atto da Roosevelt dopo la crisi del 29, stimolando in questo modo tanto la crescita economica del Pil quanto la ripresa dell'occupazione. Al fine di sostenere questa strategia alcuni uomini politici, tanto del PD quanto del PDL, intendono proporre in sede europea una risoluzione che consenta ai Paesi membri di superare il tetto del 3% previsto dai parametri di Maastricht, considerando gli esborsi in favore delle reti TEN non più come spese generanti indebitamento, bensì come investimenti destinati allo sviluppo infrastrutturale europeo. Un escamotage che potrebbe permettere di reperire le risorse finanziarie per le numerose tratte TAV attualmente allo stato di progetto, semplicemente contraendo nuovi debiti come già fatto in passato, senza doversi preoccupare del vincolo dei parametri di stabilità

Senza entrare nel merito di quanto abbia realmente inciso il massiccio programma infrastrutturale di Roosevelt negli anni 30 sulla ripresa economica statunitense, credo occorra comunque portare delle riflessioni volte a dimostrare come la presunzione di trasporre quella "strategia" all'interno della realtà attuale, oltretutto nella forma pensata dalla nostra classe dirigente, rappresenti un'idea peregrina senza costrutto alcuno.

L'Italia (e L’Europa) del 2008 è costituita da un territorio ad altissima densità di popolazione e d'infrastrutture, assolutamente non paragonabile con gli Stati Uniti degli anni 30. Il livello d'inquinamento e la percentuale di terreno ricoperto da materiali inorganici nelle zone nevralgiche del nostro Paese, come la pianura padana, sono tali da non permettere fisicamente l'insediamento di nuove grandi infrastrutture, se non al prezzo di ridurre il territorio stesso allo stato di ambiente invivibile ed eliminare definitivamente la residua attività agricola sopravvissuta fino ad oggi.


Quello delle grandi infrastrutture, a parità di capitale investito, risulta essere in assoluto il settore che genera i più scarsi risultati in termini di occupazione, sia quantitativamente sia qualitativamente, dal momento che larga parte degli occupati vengono impegnati in mansioni di basso livello estremamente pericolose, come potrebbe confermare qualunque serio economista. A questo proposito Marco Ponti, fra i più quotati economisti italiani che alla luce della sua carriera certo non può essere tacciato di simpatie ambientaliste, in una recente intervista

alla mia domanda:
I promotori dell’Alta velocità (sia pubblici che privati) affermano che la costruzione delle nuove tratte può costituire un volano in grado d’incrementare l’occupazione all’interno dei territori attraversati dai progetti. Davvero la costruzione di grandi infrastrutture, è in grado di creare “posti di lavoro” in ambito locale? E la prospettiva occupazionale le sembra in grado di giustificare l’investimento di decine di miliardi di euro di denaro pubblico in grandi infrastrutture come il TAV?
Risponde:
"Questo argomento appare davvero debolissimo. Si tratta di opere ad alta intensità di capitale, non di lavoro (basta visitare un cantiere della TAV). Ma soprattutto, il confronto va fatto con spesa pubblica in altri settori, per loro natura ad alta intensità di lavoro, come l’assistenza agli anziani, o il recupero edilizio ecc. Inoltre si tratta di occupazione temporanea, con forti picchi, che poi scompare alla chiusura dei cantieri, con tutte le conseguenze sociali che questo comporta. Il motivo vero sembra essere invece quello di trasferire soldi pubblici all’industria italiana, visto che negli appalti la concorrenza funziona pochissimo".

Qualunque ipotesi volta a sostenere l’occupazione destinando capitali miliardari alla costruzione di grandi infrastrutture si palesa dunque come una velleità priva di fondamento totalmente disancorata dalla realtà.

Perché la messa in cantiere delle grandi infrastrutture abbia un senso (che vada al di là della mera costruzione di Pil e debito pubblico) occorre inoltre che esse rivestano un carattere di pubblica utilità e permettano nel tempo un ritorno economico dell’investimento. La maggior parte delle grandi opere di cui è prevista la costruzione non rispondono assolutamente a questi requisiti.Tanto le tratte TAV che dovrebbero far parte delle reti TEN, quanto le decine di inceneritori che stanno per sorgere come funghi o le centinaia di parcheggi sotterranei che determineranno lo sventramento dei centri storici delle nostre città, non sono mai stati oggetto di un serio studio concernente i costi/benefici dell’opera, essendo stati valutati solo ed esclusivamente dal proponente della stessa che per forza di cose non si manifesta certo come un soggetto in grado di esprimere un parere oggettivo. Per suffragare la presunta utilità delle infrastrutture vengono inoltre sistematicamente presi come riferimento dei modelli previsionali (di crescita dei flussi di traffico, della produzione di spazzatura, del numero di auto circolanti ecc.) basati esclusivamente sulla crescita economica dei decenni passati e pertanto assolutamente inattuali alla luce della realtà contemporanea.
Pensare di uscire dalla crisi finanziaria e dalla recessione attraverso investimenti che incrementeranno il debito pubblico (scimmiottando in qualche maniera la politica di Roosevelt) non sembra già in sé essere una buona idea. Indirizzare tali investimenti verso opere infrastrutturali incompatibili con l’integrità del territorio, bucando montagne ricche di amianto ed uranio, prosciugando le falde idriche, avvelenando l’aria ed il suolo con emissioni nocive, mettendo a repentaglio la stabilità degli edifici dei centri cittadini e non preoccuparsi del fatto che tali opere una volta edificate non saranno utili né tanto meno fonte di un ritorno economico lo è sicuramente ancora di meno.

2 commenti:

Luca C. ha detto...

Io poi vorrei capire dove vogliono costruirle, queste nuove tratte...
Le tratte tra le principali città del Nord Italia ormai sono cantierizzate. Quella destinata a scorrere tra Milano e Napoli ormai è a buon punto. E sono probabilmente le sole tratte che fossero giustificate sul piano strategico, anche se a mio avviso quella da Roma a Napoli è stata realizzata molto male (su quelle del Nord non ho abbastanza informazioni).
E poi, cosa resta?
La tratta che va da Napoli a Reggio-Villa San Giovanni in alcuni tratti è ancora a binario semplice. Non sarebbe forse meglio raddoppiare il binario della ferrovia già esistente, sempre ammesso che ce ne sia bisogno?
Vogliamo fare l'alta velocità tra Roma e Falconara Marittima, per farci passare sei treni sei nell'arco delle 24 ore, mentre la ferrovia normale resta in gran parte a binario semplice?
Perché poi ci sono alcune ferrovie che avrebbero effettivamente bisogno di un potenziamento, e di un raddoppio (per esempio la Roma-Falconara Marittima, o la tratta adriatica).
Ma qui invece di pensare al potenziamento del già esistente pensano a costruire ferrovie nuove
di sana pianta.
E per brevità ho parlato solo di qualche ferrovia, ma il discorso sarebbe da estendere anche a strade, aeroporti, parcheggi sotterranei e non, ecc.
Luca

marco cedolin ha detto...

Caro Luca,
alla luce delle tue correttissime osservazioni ti riassumo la situazione attuale delle trattae TAV, ben sapendo che mi odierai dal momento che il riassunto è un pò lungo :-)

Partiamo con quelle esistenti o in costruzione il cui costo complessivo arriverà a sfiorare i 90 miliardi di euro.

Tratta Torino - Milano: costruita ed in esercizio da Settimo Torinese a Novara, manca il completamento dei nodi di Torino e Milano.
Tratta Milano - Bologna: in fase di costruzione, l'ottimista Moretti giura che la inaughererà entro la fine dell'anno, ma ho l'impressione che ci credano solo lui ed il sito di Trenitalia.
Tratta Bologna - Firenze: attualmente in fase di costruzione, (di essa fanno parte 70km di gallerie la maggior parte delle quali prive del tunnel parallelo di soccorso e pertanto non utilizzabili per legge ad alta velocità)manca il sottoatraversamento della città di Firenze con relativa stazione sotterranea i cui lavori che devono ancora iniziare sono destinati a durare circa 7 anni.
Tratta Firenze - Roma: in pratica esisteva già dal momento che si tratta della "vecchia" linea costruita per il Pendolino che necessita semplicemente delle opportune modifiche al sistema di elettrificazione, differente per i nuovi TAV.
Tratta Roma - Napoli: già costruita ed in esercizio fra Roma e Gricignano, manca ancora il completamento del nodo di Napoli.

E veniamo alle tratte in previsione, con la debita premessa che i costi previsti andrebbero generalmente moltiplicati 3 o 4 volte per sperare di avvicinarsi a quello che sarà il costo reale.

Tratta Torino - Lione: il vecchio progetto definitivo dovrebbe risultare accantonato per fare spazio ad un nuovo progetto preliminare attualmente alla fase di studio nell'ambito dell'Osservatorio Virano, costo previsto circa 15 miliardi di euro (in parte di competenza francese)con tutta probabilità alla fine i miliardi necessari sarebbero circa 60.
Tratta Milano - Verona: il progetto preliminare è stato approvato nel 2003, non mi risulta ci sia ancora il definitivo.
Tratta Verona - Padova: il progetto preliminare è stato approvato con riserva nel 2006, non esiste il definitivo.
Tratta Padova - Mestre di 24 km inaugurata nel 2007 pur restando un mistero l'utilità di una tratta TAV di soli 24 km.
Tratta Venezia - Trieste: il progetto preliminare è stato bocciato per incompatibilità ambientalale riguardante le gallerie nel Carso.
Tratta Verona - Brennero (200km più doppio tunnel BBT di 55 km)la costruzione è già simbolicamente iniziata con lo scavo del cunicolo esplorativo di Aica ed è stata formalmente inaugurata dal Presidente Napolitano, costo previsto della tratta di competenza italiana circa 25 miliardi di euro.
Terzo Valico Tortona - Genova: il progetto definitivo è stato approvato nel 2003 dopo che erano stati bocciati i 3 precedenti, costo previsto di 5 miliardi di euro che lieviteranno ben oltre i 15 miliardi.
Tratta Napoli - Bari: al momento esiste solo uno studio di fattibilità ma sono già stati stanziati i fondi per elaborare il progetto preliminare. L'ipotesi riguarda una nuova linea TAV della lunghezza di 146,6 km lungo la quale dovrebbero sorgere ben 15 stazioni (presenza del tutto incompatibile con un servizio ad alta velocità)il costo previsto è di 5,3 miliardi di euro che anche in questo caso saranno destinati a salire oltre i 15.