Marco Cedolin
Le auto bianche ritornano ad invadere Roma, bloccano il traffico di Genova, lasciano a piedi viaggiatori un po’ in tutta Italia, ma la cosa suscita scarso interesse, al più provoca un poco di fastidio e si confonde nelle pagine dei giornali fra la marea di scioperi messi in atto, promessi o soltanto minacciati che infarciscono le cronache di questi mesi. I tassisti, diciamocelo chiaramente, non piacciono quasi a nessuno, godono fama di avere un pessimo carattere, vengono giudicati una corporazione chiusa economicamente poco interessante poiché caratterizzata da singole individualità, fanno la cresta sulle corse e non foraggiano i sindacati istituzionali. Il centrosinistra li considera nemici giurati, il centrodestra li tratta con diffidenza tranne cavalcarne saltuariamente la protesta a proprio uso e consumo, l’informazione li stigmatizza come disturbatori, l’opinione pubblica li tratta come lavoratori arricchiti e petulanti che difendono i propri privilegi.
Insieme a benzinai e farmacisti proprio coloro che vivono sui taxi sono vittime del pacchetto Bersani sulle liberalizzazioni, da più parti considerato come una delle pochissime “cose buone” fatte dal governo Prodi in questo primo anno di attività. Liberalizzare, creare più concorrenza e competitività, al fine di ridurre i prezzi, aumentare l’offerta per il consumatore e creare nuove opportunità di lavoro sembra una ricetta magica condivisa dalla maggioranza degli italiani di ogni colore politico. Sicuramente nell’ottica di proponimenti così virtuosi qualche sacrificio da parte di categorie benestanti (solo i farmacisti purtroppo lo sono davvero) e neppure troppo “simpatiche” risulterebbe pienamente accettabile e Bersani potrebbe fregiarsi dell’etichetta di uomo illuminato della quale da molti viene accreditato.
Liberalizzare le licenze dei taxi facendo si che molti disoccupati possano intraprendere la professione con il solo investimento monetario dell’acquisto di un’auto e del suo mantenimento creerebbe sicuramente una sperequazione sociale nei confronti di coloro che la licenza l’hanno acquistata a caro prezzo magari indebitandosi, ma consentirebbe nuova occupazione e probabilmente comporterebbe un certo risparmio per i cittadini fruitori del servizio. Anche liberalizzare le licenze per l’attività di benzinaio potrebbe costituire stimolo per nuova occupazione, pur manifestandosi come un provvedimento in controtendenza con le politiche portate avanti negli ultimi 15 anni che hanno mirato a ridurre drasticamente il numero dei punti vendita di carburante (in Italia molto più alto rispetto agli altri paesi europei) privilegiando l’esistenza di attività di media dimensione ed eliminando i piccoli benzinai.
Permettere ad un giovane farmacista di aprire una nuova attività, senza per questo dovere acquistare una licenza a prezzi improponibili, potrebbe anche in questo caso rivelarsi proponimento virtuoso in grado di creare nuove opportunità di lavoro e maggiore concorrenza a tutto vantaggio dei consumatori, pur danneggiando coloro che hanno fino ad oggi sborsato cifre considerevoli per acquistare la licenza di una farmacia.
Si tratterebbe insomma di imporre un sacrificio economico ad alcune categorie di lavoratori al fine di privilegiare altri lavoratori potenziali e in prospettiva creare qualche vantaggio per i consumatori.
Purtroppo il pacchetto Bersani non va in questa direzione che, seppur discutibile potrebbe offrire molti elementi di condivisione, non liberalizza insomma, ma al contrario si propone di sostituire i privilegi che oggi appartengono ad una moltitudine di individualità (gli appartenenti alle pseudo corporazioni dei tassisti, benzinai, farmacisti) per accentrarli in un oligopolio i cui fruitori saranno una ristretta cerchia di soggetti della grande imprenditoria economica e finanziaria.
La norma che permette ad un singolo soggetto di cumulare più licenze di taxi è infatti prodromica di un futuro nel quale le grandi compagnie di taxi di proprietà d’importanti gruppi industriali, finanziari e cooperativi (Fiat in testa) sostituiranno i piccoli imprenditori tassisti di oggi e chi guiderà materialmente il taxi spaccandosi la schiena in giro per la città sarà un lavoratore precario, magari “acquistato” giornalmente dalle agenzie interinali come già oggi avviene con gli autisti degli autobus delle grandi compagnie di trasporto. I privilegi rimarranno ma ricadranno nelle tasche di pochi singoli soggetti (laddove prima erano distribuite su una molteplicità) ed i benefici per il consumatore finiranno per azzerarsi con l’immancabile creazione di cartelli come già accaduto con le banche e le assicurazioni.
Nel caso dei benzinai (che sciopereranno la settimana prossima) e dei farmacisti non si tratterà di una liberalizzazione ma semplicemente della possibilità di subentrare nei privilegi (senza nessun esborso monetario per l’acquisto di una licenza) da parte dei grandi ipermercati attualmente nelle mani di una decina di soggetti che spaziano da Auchan (famiglia Agnelli) alle Coop, a Carrefour, Panorama ecc.
Le nuove norme permetteranno inoltre, contrariamente a quanto avveniva in passato, il possesso delle farmacie da parte di soggetti quali gli ingrossi farmaceutici e le stesse industrie farmaceutiche, permettendo in questo modo la creazione di veri e propri oligopoli del farmaco che comprendano tutta la filiera dalla produzione alla distribuzione. Un recente emendamento che ha finora avuto il via libera della Camera estende inoltre ai farmaci di fascia C non rimborsati dal servizio sanitario nazionale il ventaglio dei prodotti farmaceutici che potranno essere venduti all’interno degli ipermercati, equiparandoli in questo modo quasi per intero ad una farmacia.
Per il giovane farmacista si prospetterà come unica opportunità quella di andare a lavorare alle dipendenze di un ipermercato ed i consumatori potranno godere inizialmente di un risparmio che nel tempo tenderà ad elidersi sempre più di pari passo con la scomparsa delle piccole farmacie. Al contempo molti benzinai e le farmacie più piccole saranno costretti a chiudere i battenti andando ad ingrossare la copiosa fila dei disoccupati italiani che rappresentano ormai una realtà virtuale in quanto sia l’Istat che i vari governi si rifiutano di ammetterne l’esistenza.
Intanto mentre scende la sera i tassisti sono ancora a Roma, in Piazza S. Apostoli e giurano che non se ne andranno fino a quando non riceveranno una risposta dal governo. I giornali li racchiudono dentro qualche trafiletto perché sono scomodi, cattivi e qualcuno giura anche violenti, al punto che perfino quando come oggi la polizia li carica lo fa soltanto per proteggere un autista “crumiro” che casualmente si aggirava nei paraggi del corteo, forse al fine di alzare la tensione e riconfermare come si tratti di una categoria che non merita alcuna solidarietà. La solidarietà al contrario è tutta per Bersani ed i nuovi oligopoli chiamati impropriamente liberalizzazioni, ma nell’Italia di oggi troppo spesso bastano le parole, anche qualora svuotate di ogni contenuto.
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