martedì 8 agosto 2017

A Marcinelle gli italiani andavano a lavorare

Marco Cedolin

Per le istituzioni italiane, ormai ridotte allo sfascio e trasudanti livore nei confronti dei cittadini che le mantengono con tutti i loro privilegi da sceicchi, ogni occasione è buona per tentare di giustificare la scellerata politica dell'immigrazione selvaggia che sta sprofondando  il paese nel caos,  ma arricchisce a dismisura la sinistra al caviale e buona parte dell'universo cattolico del buonismo peloso.
Anche oggi, in occasione dell'anniversario della tragedia di Marcinelle, dove persero la vita 136 minatori italiani....

Sergio Mattarella e Laura Boldrini non hanno trovato di meglio che mancare di rispetto ai famigliari delle vittime, proponendo un ingiustificabile parallelismo fra gli emigranti italiani del dopoguerra ed i rifugiati, clandestini, richiedenti asilo, o comunque si voglia chiamare la massa di disperati che gli scafisti ufficiosi o ufficiali traghettano quotidianamente sulle nostre coste, con lo scopo di lucrare attraverso l'accoglienza di questi poveracci.

A Marcinelle ed altrove gli italiani andavano per lavorare, recandosi in paesi che avevano un disperato bisogno di mano d'opera, all'interno di un "mondo" che usciva da una guerra devastante e stava sperimentando una crescita economica senza paragoni.

In Italia i migranti vengono accolti e sussidiati  attraverso i pochi soldi rimasti alla collettività, all'interno di un paese in profonda crisi occupazionale, dove le poche occasioni di lavoro viaggiano sul piano inclinato del dumping sociale e l'unica prospettiva concreta è quella di un soggiorno a tempo indefinito a spese dello Stato.

Non esistono parallelismi, non esistono consonanze, esistono solo la cattiva fede (e il cattivo gusto) di quattro cialtroni che nessuno ha mai votato, ma si ritengono in diritto di pontificare sugli italiani, badando bene a girarsi dall'altra parte ogni qualvolta uno di loro si ammazza per la disperazione.

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