venerdì 24 ottobre 2008

L'ecologia fa bene all'occupazione

Marco Cedolin

Fra le molte motivazioni che dimostrano quanto sia anacronistica e priva di qualsiasi valenza oggettiva la battaglia fin qui condotta in sede europea dal governo e da Confindustria contro il nuovo piano UE che intende limitare le emissioni inquinanti nel prossimo decennio, una più di ogni altra dovrebbe indurre alla riflessione l’incartapecorita classe dirigente italiana.
Lo spunto non proviene da qualche avanguardia di pensatori ecologisti e neppure dalla folta schiera di coloro che si stanno avvicinando alla filosofia della decrescita, bensì da uno studio realizzato dall’Università di Berkley, concernente gli effetti sull’economia delle politiche di efficienza energetica intraprese dalla California all'indomani dello shock petrolifero del 1977. Effetti che sono stati valutati dagli studiosi americani unicamente nell’ottica del modello di sviluppo basato sulla crescita economica tanto caro a Berlusconi e agli industriali italiani.

David Roland-Holst, economista del Center for Energy, Resources and Economic Sustainability del prestigioso ateneo californiano ha messo in luce come nel corso dell’ultimo trentennio l’introduzione in California di altissimi standard di efficienza energetica sia per quanto concerne gli edifici, sia nell’ambito degli elettrodomestici, abbia determinato la creazione di un vero e proprio circolo virtuoso che oltre a determinare un miglioramento dello stato di salute dell’ambiente ha comportato la creazione di un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro a fronte dei 25mila persi.
Il notevole risparmio energetico, grazie al quale la California consuma oggi la stessa quantità di energia che bruciava 30 anni fa, mentre nel resto degli Stati Uniti nello stesso lasso di tempo i consumi sono raddoppiati, ha evitato la costruzione di 24 nuove centrali elettriche di media potenza, lasciando nelle tasche dei cittadini una gran quantità di dollari sottratti al pagamento delle bollette dell’energia.
Lo spostamento di grandi risorse da un settore a bassissima incidenza d’occupazione come quello dei prodotti petroliferi, ad altri settori come l’alimentare, le manifatture ed i servizi che comportano un elevato numero di occupati si è rivelata una molla in grado di sollevare l’economia californiana che a fronte di "perdite" per 1,6 miliardi di dollari nel settore energetico, nel corso del trentennio preso in esame, ha visto crescere il volume d'affari complessivo di ben 44,6 miliardi di dollari.

Non resta che domandarsi quando l’imbolsita classe politica del nostro Paese abbandonerà il convincimento perverso secondo cui l’ambiente sarebbe il peggiore nemico dell’economia e anziché continuare a sovvenzionare a fondo perduto la FIAT e gli altri “baroni” del parassitismo imprenditoriale italiano con rottamazioni e regalie assortite, inizierà a destinare il denaro pubblico alla costruzione di qualcosa di utile per la collettività.
Anziché recarsi a Bruxelles a contestare gli alti costi del nuovo pacchetto ambientale, rendendosi ridicolo di fronte a tutto il resto d’Europa, chi governa il Paese dovrebbe mettere in atto grandi investimenti finalizzati alla ristrutturazione in chiave di efficienza energetica del patrimonio immobiliare italiano, al miglioramento del sistema di distribuzione dell’energia e all’autoproduzione energetica locale, compiendo in questo modo il primo passo indispensabile per liberare una cospicua parte delle risorse che oggi vengono bruciate nell’acquisto di petrolio e gas, contribuendo a migliorare tanto lo stato dell’ambiente quanto quello dell’economia, generando nuova occupazione e diminuendo la nostra dipendenza dai combustibili fossili.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Secondo me..... volendo scherzarci sopra, la gran parte dei politici italiani, non riesce a staccarsi dall'idea che i combustibili fossili siano l'unica via, perchè inconsciamente ci si rispecchiano! Cioè essendo degl'inutili fossili pure loro, aberrano un cambiamento radicale, perchè sanno della loro conseguente fine come istituzione ormai obsoleta... come la benzina!! Scherzi a parte, il trittico di sviluppo economico che la politica ha creato con banche,media,produttori industriali e perchè no,con la chiesa, ha portato il sistema al collasso. Ora purtroppo l'unica strada di prossima obbligata percorrenza è quella dell'involuzione ( che tu chiami decrescita ) ma il problema che stiamo per affrontare nostro malgrado non è come continuare a fare profitti trovando alternative a quelle attuali, è come confrontarsi con una realtà ormai assodata e per certi versi culturalmente cruda, cioè come ci si deve preparare a una DECRESCITA storica obbligata!

Ciao a tutti, ceci

smemorato ha detto...

il problema è che in Italia manca la cultura della politica "verde" siamo passati da Ripa di Meana a Pecoraro Scanio: senza parole...

Anonimo ha detto...

In Italia manca cultura punto.
tutti uguali. tutti allo stesso livello.
AG

marco cedolin ha detto...

Cara Ceci,
come ho scritto molte volte il vero discrimine è rappresentato dalla volonta di scendere la china "dolcemente" attraverso una decrescita felice o serena o invece precipitare rovinosamente attraverso una recessione incontrollabile dagli effetti potenzialmente catastrofici sia dal punto di vista economico che da quello sociale.

Caro smemorato,
verissimo quello che dici, senza contare che siamo arrivati perfino alla Francescato, il che lascia ancora più a corto di parole...

Caro AG,
sicuramente tutti uguali e tutti allo stesso livello!

Anonimo ha detto...

Diciamo che agli italiani manca la memoria di quando avevano la pancia più vuota, più che la cultura ecologica sul mio blog tempo addietro postai qualcosa su cui riflettere

http://coc.ilcannocchiale.it/2008/06/23/nulla_si_distrugge.html

Anonimo ha detto...

http://coc.ilcannocchiale.it/2008/06/23/nulla_si_distrugge.html

Anonimo ha detto...

http://coc.ilcannocchiale.it/

2008/06/23/nulla_si_distrugge.html

marco cedolin ha detto...

Caro Marco,
il documento che hai postato tempo fa sul tuo blog in effetti dovrebbe indurre a riflettere sul fatto che gli atteggiamenti virtuosi dal punto di vista ecologico e sociale, ben lungi dall'essere appannaggio di una qualche parte politica, costituiscono semplicemente una rappresentazione di quel buon senso che il modello di sviluppo del consumo per il consumo sta da tempo distruggendo.

La sobrietà (come ricordato anche da Alain De Benoist in Comunità e decrescita)è sempre stata parte integrante dei costumi umani fin dalla notte dei tempi, poichè da essa dipendeva la stessa sopravvivenza delle comunità.

Così come lo spreco inutile è stato guardato con occhio critico fino quasi alla metà del novecento, per poi diventare solo negli ultimi decenni un esempio di virtù sul quale poggiare l'intera società.

A presto
Marco

Anonimo ha detto...

good start