giovedì 4 settembre 2008

La tecnica non ci salverà dalla tecnica


Marco Cedolin

Uno dei tratti caratteristici tipici della società occidentale che poggia sui miti della crescita e dello sviluppo è quello di manifestare cieca fiducia nell’onnipotenza della tecnologia che sarebbe in grado di porre rimedio a qualsiasi genere di problema, compresi quelli che sono stati ingenerati proprio da un uso smodato e spesso inappropriato della tecnologia stessa.
Sempre più spesso, tentando di dare corpo a questa illusione, nascono progetti che nutrono la velleità di “curare” le svariate malattie causate all’ambiente proprio dall’attività umana, usando come rimedio quella stessa attività umana che ha portato la biosfera ad ammalarsi.
Un esempio eclatante in questo senso è costituito dal progetto del MOSE di Venezia che proponendosi la riduzione delle alte maree, peggiorate a causa dell’attività industriale, anziché tentare di raggiungere lo scopo attraverso una riduzione dell’ingerenza umana volta a riportare l’ecosistema lagunare allo stato di salute degli inizi del 900, ha preferito riempire la laguna di cassoni di cemento armato che probabilmente non serviranno allo scopo e comprometteranno ancora più pesantemente gli equilibri di una laguna già pesantemente ammalorata.
Anche la produzione cinematografica è zeppa di richiami al mito dell’onnipotenza tecnologica che tutto può, come stanno a dimostrare i sempre più numerosi film all’interno dei quali attraverso le esplosioni nucleari tutto può essere “curato”, dal tornado più spaventoso al riscaldamento globale, dal pericolo meteoriti a quello della glaciazione, dalla desertificazione alla più colossale delle alluvioni.

Emblematica dimostrazione di questo cortocircuito logico è costituita dal progetto di “Geo Engineering” presentato da Stephen Salter, dell'Università di Edimburgo che ritiene di poter ridurre il problema del riscaldamento globale causato dalla sempre più pesante ingerenza della tecnosfera nei confronti della biosfera, attraverso l’inserimento negli oceani di oltre 1300 navi robotizzate della lunghezza di circa 45 metri e del peso di 300 tonnellate ciascuna che 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno dovrebbero avere il compito d’irrorare le nuvole per mezzo dell’acqua marina.
Secondo l’intendimento del prof. Salter le goccioline spruzzate da questa flotta senza equipaggio agirebbero da nuclei di condensazione e dovrebbero far diventare le nubi sopra gli oceani chiare, aumentando in questo modo la superficie in modo da far brillare le nuvole e riflettere maggiormente le radiazioni del sole nello spazio, con la conseguenza di contrastare il riscaldamento causato dai combustibili fossili.
Naturalmente, per ammissione dello stesso Salter, questa operazione dal costo relativamente contenuto stimato in 100 milioni di euro l’anno, potrebbe con tutta probabilità influenzare radicalmente il clima su scala regionale, portando ad una diminuzione delle precipitazioni e ad altri effetti che non sono al momento prevedibili e lasciano presagire la possibilità che ancora una volta la “cura” possa mostrarsi assai più pericolosa della stessa malattia che intendeva curare.

L’unico vero rimedio per ridurre il riscaldamento globale non parla il linguaggio delle grandi opere e non presuppone l’uso di ciclopiche mirabilie tecnologiche, ma richiede di abbracciare senza ulteriori esitazioni la filosofia della decrescita con lo scopo di ridurre i danni determinati da una tecnosfera ormai cresciuta a dismisura senza porsi alcun limite. Per “raffreddare” il pianeta e ridurne lo stato di progressivo inquinamento occorre iniziare a smettere di avvelenarlo, ripensando radicalmente gli equilibri esistenti fra la voracità dei nostri consumi e lo sfruttamento delle risorse terrestri. La tecnologia, lungi da essere considerata un nemico da bandire, potrà aiutarci in questo percorso, consentendoci ad esempio di razionalizzare i consumi energetici e diminuire gli sprechi, di camminare sul pianeta (che non è nostro) del quale facciamo parte con un passo più leggero, di non ripetere gli sbagli del passato, come la cieca fiducia nel mito della crescita e dello sviluppo c’indurrebbe erroneamente a fare.
L'articolo del Corriere della Sera riguardo al progetto di Stephen Salter:

4 commenti:

Alfiere ha detto...

Caro Marco, ogni volta che leggo un articolo scritto da chi - come te - è un sostenitore della decrescita felice, provo una strana sensazione:

il cuore mi si fa più leggero...

E' bello sapere che c'è gente come te.

marco cedolin ha detto...

Ciao Alfiere,
grazie del commento e delle belle parole.

Marco

Anonimo ha detto...

Ciao,ho letto il tuo articolo e un tot di domande si stanno frullando nella mia testa.Ma con cosa funzionano i motori delle 1300 navi che spruzzano acqua sulle nubi? (mi immagino ste navi a forma di bombolotta spray).Perchè se vanno a gasolio e/o altri derivati petroliferi ci dobbiamo aspettare un effetto serra che neanche nella coltura intensiva dei pomodori ci si riesce,per non parlare dell'inquinamento ecc.,sommare sto popò di navi a tutto il parco del trasporto marittimo è semplicemente la follia di un emerito pirla e per una cosa che forse è più dannosa che altro....oibò !Probabilmente qui si rientra nel merito dell'articolo di ieri.Io sono un amante della tecnologia ,ma mi rendo anche conto che spesso veniamo usati dalla tecnoplogia invece che usarla.Si decantano le lodi di questa e quest'altra autovettura e/o motocicletta e, guardando bene, questi mezzi sono mossi da dei motori che sono stati inventati più di un secolo fa,e salvo ovviamente dei miglioramenti e affinamenti vari ,concettualmente sono rimasti gli stessi.Ma se siamo tanto intelligenti perchè non ci siamo inventati qualcos'altro?Forse perchè non conviene a qualcuno che muove i fili,meglio sfruttare quello che c'è e guadagnare soldi e potere che rischiare un'alternativa.Sono negativo ,lo so,ma girando per il mondo ho visto le medesime cose ,con le dovute differenze dovute alle varie culture,che ho vissuto in Italia :tecnologia si ma anche sfruttamento del territorio,sfruttamento dei popoli,lavaggio del cervello e divisioni.se questo è il progresso !
Chiedo nuovamente venia per i miei vagheggiamenti arterosclerotici,ma mi ci trovo benissimo a scrivere sul blog di Marco,era da molto tempo che non scrivevo :-)
Caro Marco,sto preparando,per adesso solo mentalmente,un racconto di come vanno le cose qui in Cina dal mio punto di vista,preparati :-))
un abbraccio

Mariano

marco cedolin ha detto...

Caro Mariano,
sono felice che il blog ti abbia dato gli stimoli per tornare a scrivere, oltretutto con l'ottimo risultato di produrre sempre riflessioni interessanti.
Quando vorrai raccontare qualcosa dalla Cina ti ospiterò volentieri sul blog, dal momento che il Corrosivo è nato anche per raccogliere gli spunti di chi ha piacere di collaborare.

Un abbraccio
Marco