domenica 14 marzo 2004

Chiamata alle armi

Marco Cedolin

Continuo a rigirare nervosamente fra le mani i bordi stropicciati della cartolina precetto; è arrivata giovedì, verso mezzogiorno, quando il sole era alto sopra l'orizzonte.
Ha l'odore acre delle vite spente con violenza senza un perché, come mozziconi di sigaretta, ed è scritta con il sangue di troppe vittime innocenti perché la si possa leggere senza che brucino gli occhi.
Il potere ha sempre bisogno di un nemico per giustificare le proprie azioni, un nemico tangibile e da tutti riconosciuto, un nemico da combattere per il bene comune, un nemico che incuta terrore e spinga le masse a dimenticare le proprie idee per accalcarsi unite sotto ad una sola bandiera, che sarà quella del potere.

L'11 marzo di Madrid non è molto differente dall'11 settembre di New York, né lo sarà dall'11 maggio di Roma o dall'11 luglio di Tokio.
La logica, l'unica logica che si cela dietro a massacri di tali proporzioni, è quella di costruire un nemico, che abbia un volto agghiacciante, spietato, che entri nelle nostre case, nelle nostre coscienze, nelle nostre paure, che ci privi dei nostri valori, dei nostri punti fermi, delle nostre certezze, che risvegli in noi gli istinti peggiori e ci renda deboli, spaventati, influenzabili, pronti ad essere indirizzati laddove c'è necessità che noi si vada.
La scelta del “terrorismo” come grande satana del nostro secolo non è casuale, né poco ponderata ma risulta invece la via più semplice (se non l'unica) a disposizione dell'imperialismo per veicolare il proprio progetto di egemonia globale.
Non esistono in questo momento nel mondo nazioni così potenti da essere proposte con serietà quali antagoniste credibili dal punto di vista militare, inoltre uno stato sovrano ha una disposizione geografica ben delimitata e se mai scelto come nemico giustifica reazioni solo in quella specifica area del globo.

Il terrorismo è il nemico perfetto. Non essendo legato ad un luogo specifico alligna dappertutto e in nessun posto, sarà perciò possibile combatterlo ovunque senza che nessuno possa avere qualcosa da eccepire.
Non avendo eserciti fisicamente schierati si potrà attribuirgli la forza e pericolosità che si desidera in proporzione all'entità dell'azione (mascherata da reazione) che s'intende intraprendere.

Il terrorismo non ha amici, nazioni che parteggino per lui, persone che possano schierarsi al suo fianco. E' semplicemente l'incarnazione del male, per cui ogni qualvolta un massacro o un'invasione avverrà nel nome della lotta al terrorismo nessuno potrà argomentare condanne che abbiano una patente di credibilità.

Il terrorismo può colpire ovunque e questo risulta essere uno dei punti focali che ne fanno il nemico perfetto.
Se si trattasse di una nazione il pericolo verrebbe percepito come fortissimo dalle popolazioni confinanti ma scemerebbe man mano che aumenta la distanza dallo stato in questione.
La risultante sarebbe un appoggio convinto dei paesi vicini ed uno molto più scettico se non addirittura inesistente da chi percepirebbe lontana la minaccia.
Essendo l'incubo terrorista in grado di colpire dovunque ed in qualunque momento nessuno potrà essere padrone dell'illusione di sentirsi al sicuro, scettico o non allineato.

Se a quanto detto finora aggiungiamo il fatto che il terrorismo a differenza di un esercito reale può subire sconfitte ma mai definitive, sarà sempre possibile insomma dire che una parte dell'organizzazione è sopravvissuta e ha ingenerato nuove cellule e nuovi terroristi, in nuovi luoghi e nuovi tempi; ecco che anche l'ultimo tassello del mosaico si sistema al suo posto.
Il fenomeno terrorista è l'unico nemico veramente adatto a veicolare il progetto di guerra permanente tanto caro all'amministrazione Bush, ai firmatari del Progetto per un nuovo secolo americano, al boia Sharon e a tutti i loro fratelli che appoggiano il disegno imperialista nel mondo.

In questi giorni di dolore tutti, politici, economisti, scrittori, esperti, militari, operai, casalinghe, industriali, uomini e donne, stanno continuando a domandarsi chi sia stato e perché.
Alcuni lo fanno in buona fede, altri no. Sarà stata L'ETA? Saranno stati gli uomini di Bin Ladin? Sarà una vendetta degli arabi o piuttosto un tentativo di destabilizzare la situazione interna della Spagna?

Il perché di tanto orrore lo si può facilmente evincere dal senso dei titoloni che sono apparsi a caratteri cubitali sui nostri quotidiani, sulle nostre TV, nei salottini chic dell'informazione mediatica di regime.
“Attacco all'Europa” - “Il ground zero spagnolo” “Anche noi europei abbiamo il nostro 11 settembre” sono solo pochi ma esaustivi esempi.
Il perché di un simile massacro lo si percepisce nella carta ruvida della cartolina precetto che sto ancora tenendo fra le mani, triste metafora del violento schiaffo in faccia che a Madrid il potere ha voluto dare al pacifismo di un'Europa (quella dei popoli beninteso) che non ha mai perso occasione per osteggiare il progetto della guerra permanente.
Il perché trasuda dallo stanziamento di un miliardo di euro appena avallato dall'UE con lo scopo d'investire in armi, uomini e mezzi atti a preservarci dall'incubo terrorista, nonché a rimpinguare le casse dell'industria degli armamenti e di tutti i parassiti che vivono alle spalle della macchina bellica e repressiva.
E' un perché ancora appena tratteggiato ma avremo modo di poterlo apprezzare in maniera ben più profonda nel corso dei mesi a venire, parla di riarmo europeo, di guerra, di stati di polizia, di soppressione dei diritti, di libertà violate, discriminazione, amici e nemici, di morte.

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