sabato 14 febbraio 2004

Uniti nell'Ulivo e su tutto il resto?

Marco Cedolin

L'Italia è un paese nel quale l'arte di scimmiottare il prossimo sta assurgendo al ruolo di una gestualità quasi sacrale, perpetrata con serietà ed indifferenza, quasi l'imitazione degli altrui modelli non costituisse una scelta bensì una necessità imprescindibile.
E' ancora vivo dentro i nostri occhi il ricordo della fulgida ed emozionante convention di Forza Italia al palazzo dei congressi dell'Eur, quella dei confetti tricolori e dell'inno di Mameli cantato a squarciagola per intenderci, che già una nuova festa, un nuovo baccanale autocelebrativo prende vita e si materializza, per ironia della sorte di nuovo a Roma e di nuovo all'Eur.
Cambiano gli attori insomma ma resta immutato il palcoscenico, la forma della rappresentazione, la scelta della coreografia, ovviamente tutti strumenti importati direttamente da quel modello di democrazia moderna e cosmopolita che sono gli Stati Uniti.

"Uniti nell'Ulivo" è il nuovo slogan, ricco di appeal e fascinosamente trend, coniato dai leader del centrosinistra dopo una diatriba infinita, per rappresentare la lista unitaria voluta da Romano Prodi.
Quale maniera migliore di tenere a battesimo un evento epocale di siffatta rilevanza, che organizzare una convention, di quelle che, si sa fanno tanto America, così pregne di suggestioni da arrivare a toccare davvero il cuore della gente.
Nell'atmosfera rarefatta e intellettualmente chic, fra i maxischermi troneggianti, veri caleidoscopi di colori, fra i 25 ragazzi dagli sguardi gai, chiamati a sventolare prepotentemente i vessilli dei paesi dell'UE, con sullo sfondo il Big Ben con le lancette bloccate sulla mezzanotte a simboleggiare questo evento epocale, sedevano, con la compostezza che solo i grandi uomini politici dimostrano di possedere, tutti i leader di quel centrosinistra che oggi più che mai ambisce a proporsi come unica reale alternativa allo strapotere di Silvio Berlusconi.

Lo sfuggente Piero Fassino, uomo veloce d'intelletto e dalle larghe vedute, l'enigmatico Francesco Rutelli, attento al culto dell'immagine e sublime oratore, il carismatico Massimo D'Alema, passato attraverso mille e più battaglie (giudiziarie e non) tutte combattute nel nome della sinistra, il raffinato stratega Enrico Borselli, figlio di un socialismo vaporizzatosi nelle persecuzioni giudiziarie.
Tutti presenti in questo giorno di festa dell'anima, in questo giorno di rinnovata speranza nel futuro, tutti a testimoniare che uniti si può vincere, ma uniti da cosa?
Non certo dalle idee che latitano e quando sembra di poterle intravedere somigliano troppo a quelle del clan di Berlusconi, non certo dai programmi, che in verità di questi non ve ne è ombra alcuna, non certo dal proprio passato politico, talmente variegato da abbracciare quasi tutto il vecchio arco costituzionale. Probabilmente uniti davvero solo nell'ulivo, inteso come forza con aspirazioni di governo, di potere, di redistribuzione delle poltrone che contano.

C'è ancora tempo per commuoversi alzando gli occhi verso il maxischermo, dinanzi all'immagine toccante del brindisi fra Ciampi e Romano Prodi, due naufraghi del pensiero democristiano, di quel pensiero oggi così vicino alla sinistra.
C'è ancora tempo per gioire della presenza di due giornalisti controcorrente come Gad Lerner e Michele Santoro, uomini che in ogni momento sono stati e staranno dalla parte del popolo, sempre che al primo non si vada a parlare male di Sharon e del secondo ci si scordi la lunga connivenza con quel personaggio non proprio adamantino che è Maurizio Costanzo.
C'è ancora tempo per lo show del redivivo Sergio Cofferati, l'eroico paladino dell'articolo 18, l'uomo che con il proprio disimpegno balneare ha deciso quello stesso articolo dovesse rimanere privilegio di pochi, perché si sa, il referendum per l'estensione dello stesso a tutti i lavoratori sarebbe stato un affronto troppo grande all'imprenditoria nostrana.

Si potrebbe ancora spendere qualche parola riguardo a quell'alfiere del pensiero di sinistra che è l'ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, accolto dall'ovazione della platea nel suo profondersi in una commovente orazione in difesa della magistratura.

Ma quanta tristezza dentro a queste convention, vuoti teatrini dell'effimero, manifestazioni che neppure nel nome appartengono alla nostra cultura.
Quanta tristezza in questa politica infarcita di maxischermi, di bandierine, di vessilli, di slogan ma depauperata da qualunque cosa che somigli a un'idea o a un programma.Quanta tristezza nell'osservare questo governo e questa opposizione così squallidi e al tempo stesso così simili nel loro squallore, al punto da dividersi a turno le convention e i palazzetti dell'Eur.

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